IL TESTO NEL METALINGUAGGIO SEMIOTICO: UNA SECONDA APERTURA ALL’ERMENEUTICA
2.4. La definizione di discorso nella Scuola di Parig
La nozione del discorso nell’ambito della Scuola di Parigi è presentata in relazione alla nozione di enunciazione e si definisce come prodotto dell’enunciazione stessa (VESS: 184). Il
discorso, inteso come pratica linguistica realizzata, è posto, allora, per definizione, in relazione a un
elemento non-linguistico: il soggetto, la situazione di enunciazione, il contesto, il quadro socio- storico, ecc.
La nozione di discorso proposta nella terminologia semiotica considerata (specialmente nel DRTL) riporta in primo piano un’idea strumentale della lingua. Essendo il prodotto compiuto di un’enunciazione, esso presuppone un’idea di lingua intesa come strumento di comunicazione (Benveniste 1966: 153-154). È in questa linea che si colloca la Semantica strutturale di Greimas (1966). Discorso, enunciazione e comunicazione sono tre nozioni che si interdefiniscono nell’ambito della semantica strutturale161, così come nell’ambito più generale della Scuola di Parigi (Courtès 1976, 1993; cf. anche Rastier 1973). «Il discorso, considerato come manifestazione del linguaggio» (Greimas 1966: 46), è l’oggetto linguistico immediatamente disponibile per l’analisi semantica, poiché è «l’unica fonte d’informazione sulle significazioni» (Ibidem). Tuttavia, in accordo con ciò che emerge dall’analisi della voce discorsivizzazione del DRTL (§ 2.3.2.), Greimas distingue «i concetti di manifestazione e di discorso, cui corrispondono due fasi riconoscibili nel passaggio dall’universo immanente alla sua realizzazione: la manifestazione semica dei semi si accompagna alla «messa in discorso» dei sememi nella quale essi si uniscono alle articolazioni comparabili del piano dell’espressione» (Greimas 1966: 135). Il discorso manifesta il linguaggio nel senso che è il prodotto compiuto del suo uso e, proprio in quanto tale, rappresenta il documento linguistico immediatamente disponibile all’analisi. Questa nozione può essere, perciò, estesa dalla semiotica linguistica a tutti gli altri tipi di semiotiche.
Il discorso «è non solo il luogo in cui avviene l’incontro del significante e del significato, ma anche il luogo dove avvengono le distorsioni della significazione, dovute alle esigenze contraddittorie della comunicazione» (Greimas 1966: 49). Detto altrimenti, il discorso è il luogo
della significazione e il luogo della comunicazione insieme162. L’approccio semantico di Greimas,
161 «La comunicazione è infatti un atto e, appunto per questo, essa è soprattutto una scelta. All’interno dell’universo
significante a partire dal quale essa opera, la comunicazione sceglie ogni volta determinate significazioni e ne esclude altre. Essa rappresenta quindi l’esercizio di una certa libertà, ma di una libertà limitata. Le costrizioni del discorso sono di due specie: esaminando l’enunciato, il quale può essere considerato come l’atto di comunicazione realizzato ed autosufficiente, ci si rende conto che la libertà della sua formulazione si inserisce in una rete di costrizioni date a priori. […] D’altro canto, il mondo umano e “naturale” che circonda il parlante, che funziona come uno schema molto generale entro il quale si realizzano gli avvenimenti-messaggi, è relativamente stabile. La libertà della comunicazione è perciò limitata dall’abitudine che, sul piano linguistico, si esprime attraverso la ripetizione.» (Greimas 1966: 42).
162 Tuttavia, da questo stesso punto di vista le unità del discorso non possono mostrare questa doppia attitudine: «il
infatti, parte proprio da questa duplicità, «cercando ora di stabilire la distinzione che esiste tra la comunicazione della significazione nel discorso e la sua manifestazione propriamente detta» (Greimas 1966: 50). Tuttavia, è soltanto nell’ambito di una nozione di discorso che condensa questi due aspetti che si può lavorare in vista della loro distinzione. Nella nozione di discorso promossa dalla Scuola di Parigi possiamo osservare, allora, la riunione in un unico punto di vista di due attitudini epistemologiche che riconosciamo come distinte rispettivamente nella semiologia della
significazione e nella semiologia della comunicazione (§ 2.1.2.). La nozione di discorso riunisce
due idee della lingua, intesa come sistema di significazione e come sistema di comunicazione insieme, che possono essere estese dalla lingua alle altre semiotiche. Ecco allora che la nozione di
discorso che emerge nell’ambito della Scuola di Parigi trova giustificazione in una querelle
epistemologica di più ampio respiro (§§ 2.1.1. e 2.1.2.).
Tuttavia, proprio per questa complessità la nozione di discorso deve essere abbandonata in favore di una nozione in un certo senso più controllabile, quale sarà la nozione di testo. Greimas spiega questo passaggio in un paragrafo dal titolo significativo «L’oggettivazione del testo», espressione con cui l’autore intende «l’eliminazione, dal testo che viene preparato, delle categorie linguistiche riferibili alla situazione non linguistica del discorso» (Greimas 1966: 184). Il testo si delinea, allora, rispetto al discorso, come un oggetto costruito, carattere identificativo di quella che diventerà ufficialmente una «semiotica del testo» (cap. 6).
«Ogni discorso presuppone, come sappiamo, una situazione non linguistica di comunicazione. Tale situazione è ricoperta da un certo numero di categorie morfologiche che la rendono esplicita linguisticamente, ma introducendo nello stesso tempo nella manifestazione un parametro di soggettività, non pertinente per la descrizione e che di conseguenza va eliminato dal testo, a meno che l’analisi non abbia scelto tale parametro come oggetto di descrizione.»163 (Greimas 1966: 184).
inadatte a servire da schema alla descrizione della significazione; così, i lessemi, i paralessemi e i sintagmi, per limitarci a questi, sono indubbiamente unità di comunicazione, di dimensione e di struttura diverse ; e tuttavia, tali unità, dal punto di vista della significazione, possono essere spesso paragonabili e talora anche equivalenti.» (Greimas 1966: 49). Ciò è dimostrato dalla nozione greimasiana di semema (semena = nucleo semico + sema contestuale; Sm= Ns + Cs) che si presenta come un «effetto di senso», e tuttavia soltanto come «unità di significazione» (Greimas 1966: 49 ss.).
163 Le catergorie che devono essere eliminate affinché un discorso possa diventare testo sono quattro. «1. La categoria
della persona. L’eliminazione di questa categoria avrà come conseguenza l’omogeneizzazione del testo, in cui si conserverà la forma che indica la non partecipazione al discorso, cioè la terza persona. Tutti i pronomi personali (io, lui, si, noi, voi), saranno così sostituiti da attanti convenzionali, quali locutore o scrittore, ascoltatore o lettore, così come alle forme anaforiche si sotituiranno gli attanti a cui esse rinviano. Poiché il procedimento non è destinato solo e semplicemente alla «degrammatizzazione» del discorso, il descrittore dovrà prestare attenzione alle mille astuzie che permettono al parlante di intervenire o di restare dissimulato nel testo. 2. La categoria del tempo. L’eliminazione concerne tutte le indicazioni temporali relative al nunc del messaggio. Il testo conserverà comunque il sistema di non concomitanza temporale, costruito su un allora senza rapporto diretto con il messaggio. I due sistemi temporali devono essere tenuti accuratamente distinti, perché il tempo non soggettivo è utilizzato dall’analisi funzionale. 3. La categoria della deixis. Tutti i termini deittici spaziali – determinativi, pronomi o avverbi – in quanto comportino l’apprezzamento soggettivo del parlante saranno esclusi dal testo; dovrà essere conservata la deixis spaziale oggettiva costruita sulla base di un altrove. 4. Tutti gli elementi fatici in generale. […] si deve intendere per eliminazione degli elementi fatici non solo la soppressione delle sequenze del tipo: «Pronto, mi sente?» ma l’eliminazione di ogni ridondanza sia
«Non bisogna confondere narrazione e narratività. […] La seconda viene costruita all’interno del metalinguaggio della semiotica come modello esplicativo che accomuna, a certe condizioni e da uno specifico punto di vista, una serie di fenomeni discorsivi diversi, ritrovando in essi alcune costanti formali, basi strutturali analoghe. La narratività, in altre parole, è una ipotesi
interpretativa per descrivere la struttura profonda di ogni manifestazione culturale.» (Marrone
2011: 32). Narratività e discorsività si coimplicano, come abbiamo visto, per cui la discorsivizzazione altro non è che la narrativizzazione di ciò che possiamo riconoscere, infine, come discorso. Il discorso è sempre narrativo. Ciò vuol dire che, anche se non si presenta come narrazione, si costruisce comunque intorno a una struttura narrativa.
Nell’ambito della semiologia dei testi e dei discorsi di cui il VESS tratta specificamente164
ritroviamo la relazione langue/parole/discours che abbiamo visto definire l’identità della nozione di
discorso nel dibattito epistemologico francese. Nella semiotica delle culture, invece, la cui
prospettiva di ricerca rinvia ai contributi di François Rastier (cap. 3), la definizione di discorso si fonda sul carattere necessariamente sociale delle pratiche semiotiche, fra cui le pratiche linguistiche costituiscono i primi oggetti sottoposti ad analisi. Nella semiotica delle culture la definizione di
discorso dipende dalle nozioni di uso e pratica165. Il discorso è, innanzitutto, un’attività
socializzata, una sintesi dei caratteri di altre pratiche con le quali è costantemente in rapporto. Esso diventa, quindi, un luogo teorico nel quale si condensano un insieme di pratiche. Nella semiotica delle culture il termine discorso si trasforma, allora, in un iperonimo rispetto alle nozioni di genere e testo, visto che «ogni testo deriva da un discorso per mezzo della mediazione del genere» (VESS: 185). Si delinea, allora, una relazione gerarchica fra i termini discorso/genere/testo che risponde al bisogno di rendere più stabile la relazione fra i termini, così come la relazione fra i concetti.
grammaticale sia lessicale. […] Il procedimento di normalizzazione si riallaccia così a quello di riduzione.» (Greimas 1966: 184-185).
164 «Discours n.m. (Sémiologie interprétative – Sémiologie des textes et discours) v. Langue/parole/discours » (VESS :
185). Alla definizione della relazione fra langue/parole/discours leggiamo : «Mais toute parole, pour se dire, emprunte les voies balisées des conventions du discours, normé selon l’appartenance à des genres et réglé selon les types de situation d’énonciation et les contraintes institutionnelles de sa réalisation. » (VESS : 219).
165 «Les discours sont des types d’usages linguistiques codifiés qui correspondent à des pratiques sociales différenciées
et articulent des domaines sémantiques propres : on distingue ainsi le discours scientifique, journalistique, publicitaire, politique, etc. Chaque discours se divise en genres textuels oraux ou écrits (par exemple, pour le discours journalistique, on peut caractériser des genres comme l’éditorial, la brève, le reportage, le billet d’humeur, etc.). Tout texte relève d’un discours par la médiation de son genre.) » (VESS : 185). La definizione è scritta da François Rastier et Carine Duteil- Mougel.