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IL TESTO NELLA SEMIOLOGIA INTERPRETATIVA

3.2. Le strade del senso e la ricezione della teoria glossematica

3.2.3. Verso una semantica testuale

«Riduciamo troppo spesso l’oggetto della linguistica alla sola “forma”. La “sostanza” linguistica, giudicata non pertinente relativamente al sistema linguistico, è infatti strutturata attraverso dei sistemi di cui una linguistica limitata non tiene conto. È questa “sostanza semioticamente formata” costituita da sistemi non descritti dalla linguistica […], ma all’opera in ogni testo, che costituisce secondo Hjelmslev, il “punto di contatto della lingua con le altre istituzioni sociali”. […] Conveniamo piuttosto sul fatto che niente di langagier dovrebbe sfuggire alla linguistica, e che la semiotica testuale non ha fatto che rimediare alle insufficienze di una linguistica troppo limitata. […] È compito allora della semiotica pensare l’interazione di diversi sistemi che producono un testo, come la sua inserzione nella situazione di comunicazione da cui prende il suo senso.» (Rastier 1989: 38, trad. nostra).

Rastier riparte laddove Hjelmslev si era fermanto (§§ 1.5, 1.5.1). Ne La stratificazione del

linguaggio (1954) Hjelmslev fa emergere, infatti, in modo più evidente che altrove, l’importanza

dell’analisi del livello della sostanza250. L’analisi della sostanza nel piano del contenuto permette a Rastier di mostrare come in realtà la sua semantica interpretativa si situi nell’ambito più generale di una semiologia, termine ripreso più volte ripreso dallo stesso autore (§§ 2.1.1, 2.1.2), che possa rendere conto dell’interazione fra diverse istituzioni sociali (CLG: 25), fra cui la lingua. È, infatti, dall’analisi del livello della sostanza che emerge l’interazione fra la lingua e le altre istituzioni

sociali (Hjelmslev 1953, 1954). Rastier si situa, allora, in un luogo di continuità fra Saussure e

Hjelmslev: ciò che è sostanza per la linguistica può diventare forma per un’altra scienza, cioè ciò che è oggetto di analisi per la linguistica puà diventare oggetto di analisi di un’altra scienza. Questa

249 «A la fois rétrospéctive et prospective, cette étude ne prétend pourtant pas faire œuvre historique. Pour faire le point

d’un moment de la linguistique, elle prolonge dans une situation toute autre l’étude que Greimas consacrait en 1957 [sic! 1956] à l’actualité du saussurisme. » (Rastier 2006c: 93).

250 «On distingue deux sortes de substance : (i) La substance ou matière (angl. purport), qui rappelle fort la substance

cartésienne ou la Ding an sich kantienne ; (ii) la substance sémiotiquement formée, qui, à la différence de la substance tout court, peut et doit appartenir à l’objet de la science. La linguistique étant définie comme une science de la forme, les sèmes n’appartiennent à son objet qu’en tant qu’unités de la substance sémiotiquement formée.» (Rastier [1987] 2009: 19).

possibilità di incontro fra diversi punti di vista (CLG: 17) da cui svolgere l’analisi è offerto, appunto, dalla sostanza, che si rivela essere il luogo di incontro fra le diverse istituzioni sociali. Come abbiamo già visto altrove (§ 1.5), Hjelmslev osserva che « [l]a descrizione della sostanza deve, quindi, consistere prima di tutto in un accostamento della lingua alle altre istituzioni sociali, e costituire il punto di contatto tra la linguistica e gli altri settori dell’antropologia sociale.» (Hjelmslev 1954: 54). Nonostante non si possa tracciare un filo diretto fra la teoria del linguaggio hjelmsleviana e la teoria del testo di Rastier (cf. Ablali 2002), che si staglia sullo sfondo della sua

semantica interpretativa, possiamo tuttavia attestare come questa sia in continuità rispetto alla

teoria del linguaggio hjelmsleviana in un luogo teorico cruciale, quello della sostanza che si pone al centro dell’analisi linguistica (Hjelmslev 1954). Ciò si accompagna ad una rivalutazione della determinazione sociale e della nozione saussuriana di istituzione sociale ripresa dallo stesso nell’analisi dei fatti di linguaggio (Hjelmslev 1953, 1954). Rastier riparte, quindi, dal punto in cui Hjelmslev si era fermato251.

La semantica interpretativa di Rastier marca fortemente il suo distacco tanto dalla semantica prototipale, quanto dalla semantica strutturale (Greimas 1966b). Rispetto alla prima, lo fa scegliendo una «definizione puramente oppositiva» di sema252. Esso viene considerato, infatti,

come «una pura differenza fra unità funzionali (e sarebbe allora, in termini saussuriani, un valore linguistico considerato nel suo aspetto materiale)» (Rastier [1987] 2009: 19). La definizione oppositiva di sema253 assunta alla base della sua semantica interpretativa si oppone a quella positiva assunta, invece, alla base della semantica prototipale, per cui il sema sarebbe «una qualità di un oggetto non linguistico appartenente al mondo referenziale reale o immaginario» (Ibidem). Essa è piuttosto vicina, invece, a quella fornita dalla semantica strutturale di Greimas254: semi

251 A tal proposito, bisogna ricordare che Rastier ha curato la riedizione degli Essais linguistiques di Hjelmslev (1971),

in cui sono contenuti i saggi di Hjelmslev (1953, 1954) considerati, e, soprattutto, ha tradotto in francese e curato l’edizione dei Nouveaux essais (Hjelsmlev 1985), comparsi proprio mentre l’autore preparava il suo Sémantique

interprétative.

252 La semantica interpretativa di Rastier si sviluppa secondo tre livelli di descrizione: microsemantica, mesosemantica

e macrosemantica. La semantica componenziale o microsemantica si basa sulla nozione di sema. Per Rastier i semi sono delle unità della sostanza del contenuto, di dimensione inferiore al morfema, componenti del semema.

253 «i) Les sèmes sont des unités de la substance du contenu. ii) Ils sont des qualités d’un référent, ou des parties d’un

concept. iii) Ils sont des universaux. iv) Ils sont en petit nombre. v) Ils sont des composantes ultimes ou minimaux.» (Rastier [1987] 2009: 17). Rastier riprende la nozione di sostanza del contenuto direttamente da Hjelmslev (1954), distinguendo i due tipi di sostanza in relazione alla nozione di sema: «(i) La substance ou matière (angl. purport), qui rappelle fort la substance cartésienne ou la Ding an sich kantienne; (ii) la substance sémiotiquement formée, qui, à la différence de la substance tout court, peut et doit appartenir à l’objet de la science. La linguistique étant définie comme une science de la forme, les sèmes n’appartiennent à son objet qu’en tant que’unités de la substance sémiotiquement formée.» (Rastier [1987] 2009: 19). «La description de la substance doit (…) consister avant tout en un rapprochement aux autres institutions sociales, et constituer le point de contact entre la linguistique et les autres branches de l’anthropologie sociale.» (Hjelmslev 1954). Questo perché ciò che è sostanza per la linguistica può essere forma per un’altra scienza.

254 Greimas (1966) opera, secondo Rastier, una doppia riduzione: (i) una riduzione fenomenologica, come passaggio

smettono di essere delle qualità in re, per essere considerati soltanto delle qualità in voce, ossia soltanto delle unità della sostanza del contenuto. Ciò dimostra la comune fondazione hjelmsleviana del problema semantico (§ 3.2). Rastier prende in prestito da Pottier (1980, Sémantique et

noémique…) la sua nozione di sema: «Le sème est le trait distinctif sémantique d’un sémème,

relativement à un petit ensemble de termes réellement disponibles et vraisemblablement utilisables chez le locuteur dans une circonstance donnée de communication» (Pottier 1980a: 169). L’assunzione di questa definizione conferma, allora (i) la presa di distanza da ogni semantica prototipale, che considera i semi come qualità cha hanno realtà fenomenologica, e da ogni semantica che considera i semi come degli universali; (ii) la reintroduzione della sistuazione di

comunicazione, quindi dell’aspetto pragmatico, nella determinazione del senso. Rastier sostiene,

infatti, che da un punto di vista paradigmatico siano delle «condizioni pragmatiche globali» a permettere l’individuazione dei semi, mentre da un punto di vista sintagmatico delle «condizioni pragmatiche locali» (Rastier [1987] 2009: 34). Quindi, i semi sono definiti attraverso l’analisi delle relazioni reciproche fra sememi, ma queste stesse relazioni sono determinate dal contesto linguistico e situazionale. Le condizioni pragmatiche si presentano, perciò, innanzitutto, come le condizioni di identificazione dei semi: se il contesto linguistico e situazionale interviene nell’identificazione dei semi, ciò vuol dire che le altre istituzioni sociali intervengono immediatamente nella descrizione del piano del contenuto della lingua. Una semantica testuale non può allora ignorare la situazione di

comunicazione, e questa apertura la colloca all’interno di una determinata prospettiva semiotica,

che vedremo essere una semiotica delle culture (§ 3.4.1).

Tuttavia, Rastier riprende da Coseriu (1973a, 1973b, 1980) la posizione in merito alla lingua intesa contemporaneamente e come istituzione sociale e come sistema funzionale, senza però che i due aspetti siano sovrapponibili: nella descrizione semantica, infatti, i due punti di vista restano ben distinti255. Per questo stesso motivo il concetto di lingua non è sufficiente, secondo Rastier, per fondare una semantica testuale, cioè per assumere il testo come oggetto specifico di conoscenza. Quindi, Rastier si rivolge ancora una volta a Hjelmslev, da cui prende in prestito le distinzioni fra

schema, norma, uso e atto (Hjelsmlev 1943a). «Il termine testo preciserà nonostante ciò la natura

dell’atto, e quelli di sistema funzionale, quella dello schema» (Rastier [1987] 2009: 40, trad. nostra).

qualità dotata di realtà fenomenologica; (ii) una soppressione della fenomenologia stessa, in favore della sola analisi del senso, recidendo la relazione senso/vissuto, senso/realtà.

255 «Les concepts de langue comme institution sociale et comme système fonctionnel ne peuvent être considérés comme

coextensifs, parce que dans chaque langue il y a des aspects systématiques et interindividuels, normaux dans la communauté considérée, c’est-à-dire “institutionnels”, et qui, cependant, ne sont pas fonctionnels, n’appartiennent pas su système idéal de différences et d’oppositions significatives de la langue elle-même.» (Coseriu 1969, «Sistema, norma e “parola”» …: 241).

Instanze immanenti di codificazione Fenomeno manifestato

1. Sistema funzionale 2. Norma 3. Uso Testo

« Dialetto » Socioletto Idioletto (scritto, orale, o altro)

Rastier ([1987] 2009: 40, traduzione e corsivo nostri)

Le norme sociali, che permettono le codificazioni delle altre istituzioni sociali al livello della sostanza del contenuto, consentono di ritrovare, attraverso la descrizione semantica, l’interazione fra la lingua e le altre istituzioni sociali. Ciò viene affrontato da Rastier attraverso la distinzione fra due tipi di semi: inerenti e afferenti. Questa distinzione terminologica riflette una distinzione teorica: 1) i semi inerenti derivano dal sistema funzionale della lingua, mentre i semi

afferenti da codificazioni altre, cioè da quelle norme socializzate, idiolettali, che codificano le altre

istituzioni sociali e la cui codificazione possiamo riconoscere nell’analisi della sostanza del contenuto; 2) per questa stessa ragione, nell’ambito di una semantica interpretativa le operazioni che permettono di identificare i semi inerenti e quelli afferenti non saranno operazioni dello stesso tipo, bensì diverse256. Rastier racchiude nella nozione di sema afferente gli aspetti pragmatici di cui è necessario tener conto durante la descrizione della sostanza del contenuto, quindi la correlazione necessaria fra testo e situazione di comunicazione che caratterizza la semantica interpretativa. Ed è in questa fuoriscita dal testo prescritta dal testo stesso che possiamo riconoscere immediatamente il suo contributo teorico alle teorie del testo contemporanee (cap. 6) e il suo distacco dall’approccio strutturale (§ 3.2.1). La situazione di comunicazione, quindi il contesto linguistico e pragmatico,

256 «Un sème inhérent est une relation entre sémèmes au sein d’un même taxème, alors qu’un sème afférent est une

relation d’un sémème avec un autre sémème qui n’appartient pas à son ensemble strict de définition : c’est donc une fonction d’un ensemble de sémèmes vers un autre.» (Rastier [1987] 2009: 46). Oltre a distinguere fra semi inerenti e

semi afferenti, Rastier distingue anche fra semi generici e semi specifici, riprendendo questa distinzione direttamente da

Pottier (1974, Linguistique générale. Théorie et description…), secondo cui un sema generico è «un élément du classeme, permettant le rapporchement de deux sémèmes voisins, par référence à une classe plus générale» (Pottier 1974: 330-331), mentre un sema specifico è un elemento del «semantema» che permette di opporre due sememi vicini grazie ad una caratteristica propria. Pur non entrando nei dettagli delle nozioni semantiche di Rastier, poiché ciò che ci interessa in questa occasione è il passaggio dalla semantica interpretativa alla teoria del testo, ricordiamo brevemente soltanto alcune distinzioni: innanzitutto, l’opposizione fra semi specifici e semi generici è sempre relativa al suo insieme di definizione, poiché non identificando delle qualità de re, ma soltanto delle qualità de voce, come ricorda la sua «definizione puramente differenziale», il sema non può essere per sua natura né specifico, né generico. Negli schemi di pagg. 52 e 53 Rastier (1987) sintetizza l’apparato di strumenti teorici necessari alla descrizione semantica dei testi. Riassumendo, possiamo allora distinguere due tipi di semi (inerenti e afferenti) in corrispondenza di due distinte relazioni funzionali (rispettivamente, simmetriche e/o riflessive, asimmetriche e/o non-riflessive); possiamo poi distinguere fra semi generici (proprietà caratteristiche degli elementi di un insieme considerato) e semi specifici (proprietà caratteristica di un solo elemento di un insieme considerato); infine, la relazione fra semi è costruita per mezzo di un interpretante, nozione che non si identifica tuttavia con la relazione omonima di derivazione peirciana, ripresa ad esempio da Eco (1975) nell’ambito della sua semiotica generale. «L’interprétant d’un sème générique détermine son ensemble de définition ; celui d’un sème spécifique détermine les deux sémèmes (ou sous-ensembles de sèmes) qui sont le lieu de la relation. L’interprétant peut être une unité sémiotique quelconque, qu’elle appartienne au plan du contenu ou à celui de l’expression. La relation entre un sème et son interprétant est détérminée par un système de codification, qu’il s’agisse du système fonctionnel de la langue, ou d’autres normes. Son identification relève de la sémantique interprétative.» (Rastier [1987] 2009: 55).

intervengono nella descrizione semantica dei testi perché sono in grado di attualizzare e/o

virtualizzare i semi (considerando i termini attualizzazione e virtualizzazione nell’ambito della

teoria del linguaggio di Hjelmslev, § 2.6).

Rastier ([1987] 2009: 81).

Nella semantica interpretativa, allora, il criterio contestuale prevale rispetto al criterio funzionale dell’analisi linguistica: soltanto il contesto è in grado di attualizzare e/o virtualizzare i semi inerenti e/o afferenti, perciò il numero e la natura dei semi varia in base alle occorrenze: come precisa lo stesso Rastier, (i) ogni sema può essere virtualizzato dal contesto; (ii) ogni sema non è attualizzato che in funzione del contesto; (iii) nessun sema è attualizzato in ogni contesto257. L’interazione fra lingua e contesto è, allora, determinante non soltanto per la descrizione semantica dei testi, ma soprattutto per la costruzione di una teoria fondata su una nozione di testo

costitutivamente aperta verso un fuori-testo.

L’analisi della sostanza del contenuto, attraverso l’identificazione dei semi, porta alla (ri)costruzione del senso, oggetto teorico della semantica interpretativa258. Rastier adotta, in un contesto teorico differente rispetto a quello in cui essa è comparsa, la differenziazione fra «senso operatorio» e «senso eidetico» proposta da Klaus (1969: 92). L’analisi componenziale della sostanza del contenuto, che l’autore chiama «microsemantica», ha una validità limitata. «Faute de compositionnalité du sens, la problématique logico-grammaticale s’applique mal aux textes : les procédures de segmentation utilisant des balises sont utiles pour traiter de l’expression, mais sans

257 Hjelmslev parla a più riprese del ruolo del contesto (FTL: 49), non soltanto linguistico, nell’ambito dell’analisi del

piano del contenuto. Rastier sembra ripartire proprio da qui. «I cosiddetti significati lessicali in certi segni non sono che significati contestuali artificialmente isolati, o parafrasi artificiali di essi. In isolamento assoluto nessun segno ha significato; qualunque significato di segno sorge in un contesto, col che intendiamo contesto situazionale o contesto esplicito indifferentemente, poiché in un testo illimitato o produttivo (una lingua viva) possiamo sempre trasformare un contesto situazionale in un contesto esplicito.» (FTL: 49). Rastier parte dal presupposto che il piano del contenuto debba essere analizzato necessariamente proprio in quanto piano del contenuto del testo: «qualunque testo deve essere sempre analizzato, al primo stadio, in due parti soltanto, di cui il numero minimo garantisce la massima estensione: cioè la linea dell’espressione e la linea del contenuto, che hanno mutua solidarietà attraverso la funzione segnica. Dopo di che la linea dell’espressione e la linea del contenuto sono analizzate ulteriormente, naturalmente tenuto conto della loro interazione nei segni.» (FTL: 64).

258 «Le sens opératoire d’un signe résulte des relations et des règles syntaxiques existant dans une langue et établissant

comment des signes se combinent en expressions, et comment ces expressions peuvent être modifiées. Le sens éidétique résulte des règles de signification et de détermination qui établissent les relations existant dans une langue entre les signes et les concepts et les objets représentés par ces concepts» (Klaus 1969: 92). Proponiamo il passaggio nella traduzione francese di Rastier.

plus.» (Rastier 2006b: 101)259. L’analisi componenziale della sostanza del contenuto porta all’individuazione dei semi, permettendo così a Rastier di distinguere fra «senso operatorio» e «senso eidetico»: il primo individua il tratto linguistico differenziale, conseguente all’adozione di una «definizione puramente oppositiva» di sema; il secondo, invece, individua le rappresentazioni concettuali ad esso associate. La semantica interpretativa, in quanto semantica linguistica, si occupa, però, soltanto del «senso operatorio». Per questa ragione, nella prospettiva interpretativa è possibile fondare una semantica testuale. Tuttavia, rispetto alla semantica strutturale, ad esempio, si chiariscono quali siano i rapporti fra «senso operatorio», «senso eidetico» e referente: è il primo a determinare il secondo, che a sua volta media la relazione fra testo e mondo260. La distinzione fra «senso operatorio» e «senso eidetico» interagisce con la distinzione fra «semi inerenti» e «semi afferenti». «I semi inerenti rientrano nel sistema funzionale della lingua; e i semi afferenti, in altri tipi di codificazioni: norme socializzate, o idiolettali.» (Rastier [1987] 2009: 44, trad. nostra). Questa distinzione oppone la semantica interpretativa anche alla semantica prototipale: mentre quest’ultima seleziona i tratti salienti nella realtà empirica e li isola negli oggetti linguistici considerati, la semantica interpretativa considera, invece, i tratti semantici appartenenti alla dimensione sociale e culturale, che comprende la realtà empirica, le istituzioni, i soggetti ecc., ossia presuppone una nozione di realtà ben più ampia, che coincide con la nozione di mondo che sta alla base della filosofia ermeneutica (cap. 4) e che permetterà a Rastier di sviluppare le sue ricerche verso una semiotica delle culture (§ 3.4.1) che si fonda, proprio in quanto teoria del linguaggio, su presupposti antropologici.

259 «Faute de compositionnalité du sens, la problématique logico-grammaticale s’applique mal aux textes : les

procédures de segmentation utilisant des balises sont utiles pour traiter de l’expression, mais sans plus. Aussi, la sémantique des textes a dû (re)définir d’autres formes d’unités et de relations qui en sont indépendantes : isotopies, thèmes et topoï, motifs et fonctions dialectiques, etc. (cf. l’auteur, 1989, 2001). Les isotopies sont des fonds sémantiques, les thèmes et topoï des formes qui peuvent être décrites comme des molécules sémiques, petits réseaux sémantiques dont les nœuds sont des sèmes et les liens des cas.» (Rastier 2006b: 101).

260 Rastier distingue inoltre fra uso, accezione e senso. «On nommera emplois les occurrances d’un même sémème qui

ne différent que par un ou plusieurs sèmes localement afférents (dont on conviendra qu’ils ne peuvent ni ne doivent être représentés en langue). […] On nommera acceptions deux sémèmes qui différents par un ou plusieurs sèmes afférents socialement normés.» (Rastier [1987] 2009: 66-67). «Les emplois diffèrent par au moins un sème afférent en contexte. […] Les acceptions diffèrent par au moins un sème afférent socialement normé. […] Les sens diffèrent par au moins un sème inhérent […] Les homonymes diffèrent au moins par tous leurs sèmes spécifiques inhérents.» (Rastier [1987] 2009: 69).

Rastier ([1987] 2009: 25).

Da questo schema deduciamo, allora, quale sia il livello di analisi che risponde al proposito di «oggettivazione del senso» (Rastier 1987, 1989), che specifica la semantica interpretativa come

semantica testuale, senza estromettere il problema della referenzialità dalla teoria del testo che si

viene così delineando. Il livello di descrizione linguistica (quello che nello schema della Fig. ?? corrisponde alla «realtà linguistica») prevede la fuoriuscita dal testo linguistico, che non si presenta, perciò, come un oggetto chiuso (§ 3.2.1), bensì come un oggetto aperto. Detto altrimenti, nella prospettiva aperta dalla semantica interpretativa è la descrizione linguistica della sostanza del contenuto che si delinea in direzione dell’extra-testuale, che esce dal testo linguistico, perché è la stessa sostanza del contenuto che prevede l’elemento extra-testuale, come mostra la distinzione fra semi «inerenti» ed «afferenti», «senso operatorio» e «senso eidetico»; nella prospettiva della

semantica strutturale, invece, la descrizione linguistica si risolve nel passaggio da un linguaggio

descrittivo all’altro, delineando così il testo linguistico come un oggetto chiuso.