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3 2 Città, differenziazione ed organizzazione

3.4 La distanza sociale nella vita moderna

Importanti riflessioni sulla distanza sociale, nell’opera del pensatore tedesco, si possono intravedere anche nel saggio La metropoli e la vita dello spirito pubblicato nel 1903. Esso presuppone e riassume alcuni punti principali dell’opera Filosofia del denaro edita tre anni prima. Il saggio offre una lettura della vita e della condizione dell’uomo moderno nel quadro di uno spazio specifico ed esemplificativo, quello della metropoli. Questa, infatti, rappresenta la modernità;: le relazioni sociali della città sono le relazioni proprie della società moderna e, per Simmel, studiare la città vuol dire studiare la società della modernità. Nella metropoli sono osservabili tutte le tendenze ed i processi della modernità. Per Simmel non è possibile individuare principi di causalità tra i fenomeni; piuttosto sono rilevabili interazioni, corrispondenze e reciprocità degli effetti. Inoltre, divengono visibili le ambivalenze inerenti ai processi della modernità. La metropoli, ad esempio, è sia spazio della libertà della massima espressione dell’individualità, sia ambito di ipertrofia dell’intelletto, di mancata percezione delle differenze. Mentre si ampliano le possibilità di

movimento per gli individui, questi sono sovrastati da un sistema di interdipendenze (Jedlowski, 1995: 24-25).

La modernità è l’epoca del cambiamento, delle innovazioni, le quali appaiono particolarmente visibili nella città ed in essa trovano il luogo tipico di espressione. Il principio fondamentale della modernità è il mutamento in se stesso; nella modernità il mutamento diventa norma, pertanto la modernità è considerata come condizione di crisi permanente. Volatilità, transitorietà, flussi continui e instabilità delle forme la caratterizzano. Anche la cultura, volta ad elaborare l’idea di modernità, è caratterizzata dal cambiamento il quale influenza il perdurare dei significati: i concetti stessi con cui essa cerca di comprendere il mutamento continuo non restano, infatti, stabili nel tempo (Jedlowski,1995: 19; Bagnasco, 1992: 711).

Essendo la modernità una formazione storica, nonostante la tendenza a sottrarsi ad ogni forma, è anch’essa caratterizzata da tratti distintivi, da una “specifica costellazione» di fenomeni e tendenze e atteggiamenti degli individui (…)”. Nell’analisi simmeliana della modernità emerge con evidenza il concetto di “effetto di reciprocità”; il sociologo tedesco coglie ed esprime le corrispondenze che si generano tra i diversi elementi della modernità: ognuno di essi è in relazione con gli altri (Jedlowski, 1995; Bagnasco, 1994: 23-25).In “La metropoli e la vita dello spirito” Simmel analizza proprio questa costellazione e privilegia “i movimenti con cui la personalità si adegua alle forze ad essa esterne (Simmel, 1995: 36)”; in altre parole, la personalità degli individui, la loro interiorità, si adatta agli elementi esterni, modificandosi, ed a sua volta li modella.

L’avvicendarsi continuo di impressioni esteriori ed interiori genera una base psicologica tipica delle individualità metropolitane, ossia “l’intensificazione della vita nervosa”. Questa si contrappone alla vita psichica della città di provincia e della vita di campagna, caratterizzata dalla sentimentalità e dalle relazioni affettive radicate negli strati più inconsci della psiche. Nella città di provincia, questi elementi hanno origine dalla quieta ripetizione delle abitudini, dal “(…) il ritmo lento, più abitudinario e inalterato dell’immagine sensorio-spirituale della vita (…)” (ibidem: 36). L’uomo della città è, invece, sottoposto ad un sovraccarico di stimoli anche in contraddizione tra loro (talvolta contraddittori); all’attenzione del cittadino metropolitano, quando attraversa la strada, quando si immerge nella vita economica, professionale e sociale si impongono veloci immagini cangianti, impressioni inattese, contrasti forti, interazioni molteplici e variegate. Nell’elaborazione di tali differenze, sarebbe richiesta agli individui una quantità di coscienza nettamente superiore rispetto a quella richiesta quando le impressioni perdurano, quando si differenziano poco e si succedono con una certa regolarità (come avviene, appunto, nella città di provincia o nella vita di campagna). Al sovraccarico di stimoli l’uomo della città si adatta attraverso lo sviluppo delle sue capacità razionali, proteggendosi da “reazioni emotive profonde”. Rispetto ai flussi ed ai

cambiamenti continui che si percepiscono nella metropoli gli individui reagiscono non con i sentimenti, ma con l’intelletto, organo psichico, di difesa contro lo sradicamento prodotto dai mutamenti, organo della psiche poco profondo e poco sensibile. L’intelletto permette di adattarsi ai cambiamenti ed ai contrasti della vita moderna, evitando quegli sconvolgimenti e quei drammi interiori che la sentimentalità, in virtù delle sue caratteristiche, comporterebbe (Simmel, 1995: 36- 37). Pertanto, l’abitante della metropoli, cerca di proteggersi ponendo una distanza tra sé ed il mondo esterno che lo circonda (Dal Lago, 1994: 116). L’intelletto si distingue dalla ragione: questa si confronta con i sentimenti e con il senso ed il valore delle cose, l’altro è una facoltà mentale improntata al calcolo ed alla strumentalità a riguardo delle relazioni fra persone e di ogni altro aspetto della vita(Jedlowski, 1005: 20-21).

Nella metropoli, il dominio dell’intelletto trova corrispondenza in (ed è profondamente connesso con) un aspetto fondamentale della modernità, l’economia monetaria (i cui caratteri si riflettono sullo stile di vita e sulla personalità degli individui). La metropoli è infatti sede dell’economia monetaria. Tra dominio dell’intelletto ed economia monetaria, scrive Simmel, esiste una così profonda corrispondenza, “…che nessuno saprebbe dire se sia la disposizione intellettualistica dell’animo a spingere verso l’economia monetaria, oppure se sia quest’ultima a determinare la prima. Sicuro è che la forma della vita metropolitana è l’humus migliore per questa relazione di influenza reciproca” (Simmel, 1995: 39). L’intelletto è la facoltà mentale propria della sfera del commercio ed in particolare delle transazioni finanziarie. Orientamento al calcolo, riduzione di qualità a quantità, esclusione di rapporti e reazioni che “non possono essere abbracciati da operazioni logiche” sono propri dell’economia monetaria (Bagnasco, 1994: 25). “A entrambi – (dominio dell’intelletto ed economia monetaria) - è comune l’atteggiamento della mera neutralità oggettiva con cui si trattano uomini e cose” (Simmel, 1995: 38). L’individualità dei fenomeni, infatti, non entra né nell’esercizio dell’intelletto né nella logica del denaro: l’uomo intellettuale è indifferente a tutto ciò che è individualità, così il denaro “(…) ha a che fare solo con ciò che è comune ad ogni cosa, il valore di scambio, che riduce tutte le qualità (…)” (ibidem: 38). Entrambi (intelletto e denaro) tendono a prescindere dalle differenze qualitative e dai giudizi di valore. Il denaro riduce le differenze qualitative dei beni in quantità, permettendone così lo scambio e diventando l’equivalente universale.

Mentre le relazioni affettive tra persone, dice Simmel, si basano sulla loro individualità, quelle intellettuali sono indifferenti alla singolarità degli uomini trattati in maniera indifferente in vista solo di un rendimento oggettivamente calcolabile. Nella varietà di relazioni in cui sono inseriti gli individui sembra possibile individuare una cerchia più stretta caratterizzata da elementi di affettività ed un insieme di relazioni che l’abitante della metropoli, sulla base di prestazioni e

controprestazioni, intrattiene con i suoi clienti o fornitori e spesso con quanti appartengono al suo stesso ambiente sociale. Allo stesso modo, nella società moderna, la sfera della produzione acquisisce caratteri orientati all’impersonalità, completamente diversi rispetto a quanto accadeva nelle società del passato (quando si stabiliva una conoscenza reciproca tra il cliente che ordinava le merci ed il produttore). Nella metropoli, la produzione è orientata al mercato, un insieme di clienti che rimangono sconosciuti al produttore; le azioni di entrambe le parti (produttore e cliente), dice Simmel, sono orientate da un egoismo economico, basato sul calcolo intellettuale, che non deve essere compromesso dai fattori tipici delle relazioni personali

Aspetto caratteristico già menzionato dello spirito moderno è la calcolabilità (detta altrimenti spirito calcolatore) “Il corrispettivo psicologico della diffusione del denaro consiste nella crescita dell’attenzione per gli aspetti che si prestano alla calcolabilità e, di conseguenza per tutto ciò che può esprimersi in termini quantitativi anziché qualitativi” (Crespi, Jedlowski, Rauty, 2002: 161)). Come le scienze naturali tendono a trasformare ogni parte del mondo in formule matematiche, così la vita pratica, generata dall’economia monetaria,è improntata all’esattezza calcolatrice; le giornate delle persone sono piene di calcoli che riducono i valori qualitativi a valori quantitativi. La calcolabilità è una caratteristica intrinseca del denaro; essa consente di stabilire con una certa precisione le relazioni fra i diversi elementi, consente di definire con una certa sicurezza uguaglianze e disuguaglianze. Le condizioni della metropoli, dice Simmel, sono causa ed effetto di questo tratto caratteristico. Le relazioni e le attività che hanno luogo nella metropoli sono molteplici e complesse. In essa si concentrano fisicamente tante persone i cui interessi e le cui attività, diverse tra loro, si intersecano; affinché tale intersezione avvenga in maniera integrata, senza generare caos, è necessaria la massima puntualità negli accordi, negli appuntamenti, nelle interazioni, nelle prestazioni (Simmel, 1995: 40-41). Gli elementi della puntualità, la calcolabilità e l’esattezza, aspetti con cui si fa fronte alla complessità della vita metropolitana, dice Simmel, non sono soltanto connessi al suo carattere economico-monetario ed intellettualistico; essi “non possono fare a meno di colorare anche i contenuti della vita e favorire l’esclusione di tutti quei tratti ed impulsi razionali, istintivi e sovrani, che vorrebbero definire da sé la forma della vita anziché riceverla dall’esterno come in uno schema rigidamente prefigurato” (ibidem: 41).

Altro fenomeno psichico proprio della metropoli, conseguenza della fitta concentrazione e rapida successione di stimoli nervosi contraddittori, è la personalità blasé, cioè, non colui che è sciocco e privo di vita intellettuale bensì“colui che, annoiato e distante, percepisce ogni differenza come irrilevante e per il quale “tutto appare di un colore uniforme, grigio, opaco, incapace di suscitare differenze” (ibidem: 43). Questo tratto, presente già in ogni bambino della metropoli, corrisponde all’incapacità di reagire energicamente agli stimoli a cui si è esposti. “L’essenza dell’essere blasè

consiste nell’attutimento della sensibilità rispetto alle differenze fra le cose, non nel senso che queste non siano percepite (…) ma nel senso che il significato e il valore delle differenze, e con ciò il significato e il valore delle cose stesse, sono avvertite come irrilevanti. Al blasè tutto appare di un colore uniforme, grigio, opaco, incapace di suscitare preferenze” (ibidem: 43). L’abitante della metropoli è un individuo disincantato, che sembra aver già visto ogni cosa e si mostra indifferente rispetto alla varietà qualitativa delle cose. La personalità blasè, che fa propria la non reazione di fronte alla mole quantitativa di cose e stimoli, rappresenta una forma di adattamento dei nervi ai contenuti ed alle forme della vita metropolitana, una forma di autoconservazione nei confronti della metropoli (ibidem: 42-44). L’atteggiamento blasè è il riflesso anche dell’interiorizzazione dell’economia monetaria, la quale, tramite il denaro, livello ogni differenza qualitativa.

In un tessuto di relazioni complesso come quello della metropoli, gli individui sviluppano diverse forme di associazione che vanno dal riserbo, alla diffidenza, all’avversione (Bagnasco, 1992: 711). Atteggiamento tipico degli abitanti della metropoli nelle loro interazioni , nel rapportarsi gli uni agli altri, è la riservatezza96. In realtà, la vita nella metropoli, con la sua molteplicità di stimoli tra loro contraddittori e la presenza di elementi che suscitano diffidenza sembra proprio imporre l’assunzione di questo atteggiamento, da considerare come difesa della vita psichica in un modo che evita ogni coinvolgimento emotivo. L’assunzione del riserbo, comporta il fatto, dice Simmel, “che spesso per anni non conosciamo neppure di vista i nostri vicini, che ci fa apparire così spesso freddi e insensibili all’abitante della piccola città” (Simmel 1995: 45). La riservatezza, manifestata a livello esteriore, corrisponde spesso, a livello interiore, a sentimenti di avversione, reciproca estraneità o repulsione , i quali possono tramutarsi in aperta ostilità e odio quando i contatti si fanno ravvicinati. In realtà nel sistema di relazione estese metropolitane, di fronte alle impressioni provenienti dal confronto con agli altri esseri umani, non si genera soltanto indifferenza, ma, in maniera gerarchica e differenziata, si sviluppano simpatie, indifferenze, avversioni fugaci o durature.

Altra osservazione relativa alla dimensione spirituale della metropoli riguarda il grado di libertà senza pari che essa concede ai suoi abitanti. Le prime formazioni sociali, al contrario, appaiono costituite da una cerchia relativamente piccola, chiusa nei confronti delle cerchie vicine, segnata da una forte coesione sociale la quale, però, limita il raggio d’azione del singolo. Assumono questa forma, quando nascono, i gruppi politici, familiari, i partiti e le associazioni religiose. Successivamente, con la crescita dei gruppi (per numero, contenuti di vita ed in rapporto allo

96 Scrive a tal proposito Simmel (1995: 44-45): “(…)se al continuo contratto esteriore con una infinità di persone

dovesse corrispondere la stessa quantità di reazioni interiori che si verifica in una città di provincia, dove ciascuno conosce quasi tutti quelli che incontra e dove si ha un rapporto effettivo con ognuno, ciascuno di noi diverrebbe interiormente del tutto disintegrato, e finiremmo per trovarci in una condizione psichica insostenibile”.

spazio), la forza interna si allenta ed i confini vengono sfumati dalle relazioni con altri gruppi e l’individuo pertanto consegue una maggiore libertà e sviluppa proprie specificità grazie alla divisione sociale del lavoro che si genera nell’ambito del gruppo. All’aumento della cerchia sociale sembra corrispondere una maggiore libertà personale.

Così l’individualità si afferma nella vita della città moderna; non era così nella piccola città medioevale: il singolo era limitato al suo interno nella sua indipendenza e nelle sue possibilità di differenziazione sia verso l’esterno in termini di movimento e relazioni. Simmel dice che nella piccola città “l’uomo moderno vi avrebbe l’impressione di soffocare”. In una cerchia piccola, dalle limitate relazioni oltre i suoi confini, si determina, infatti, un elevato controllo delle prestazioni, delle condotte e delle convinzioni individuali. Il riserbo e l’indifferenza sono pertanto atteggiamenti propri delle “cerchie più ampie”; essi diventano tratti distintivi nella vita della metropoli “dove la vicinanza e la angustia dei corpi rendono più sensibile la distanza psichica” (Simmel, 1995: 49). Riserbo e indipendenza sono tratti che nella metropoli si affiancano all’atteggiamento di indifferenza dell’uomo blasé. Sono atteggiamenti necessari per mantenere l’indipendenza, “…una forma di difesa posta in essere dall’abitante della grande città di fronte all’eccesso di stimoli che caratterizza la vita metropolitana: rispetto alla quantità e alla contraddizione di questi ultimi, la capacità di non farsi coinvolgere emotivamente è necessaria per proteggere la psiche” (Jedlowski,1995: 22).

La metropoli è li luogo della massima differenziazione sociale e, quindi, il luogo dove l’individualità si sviluppa maggiormente. Cresce la libertà individuale ma cresce anche il senso di solitudine: “è solo l’altra faccia di questa libertà il fatto che a volte non ci si senta da nessuna parte così soli e abbandonati come nel brulichio della metropoli: qui come altrove, non è detto affatto che la libertà dell’uomo si manifesti come un sentimento di benessere nella sua vita affettiva” (Simmel: 1998: 49).

E’ nella città che la divisione del lavoro è maggiormente sviluppata. Una cerchia espandendosi, infatti, può accogliere molteplici e variegate prestazioni. L’alta concentrazione degli individui nello spazio urbano e la concorrenza che tra di essi si determina induce alla specializzazione; l’attività economica spinge gli individui a specializzare i loro servizi , ad indurre nuovi e differenziati bisogni per attrarre nuovi clienti e quindi per ottenere nuove fonti di reddito. Dall’altro lato anche chi consuma è spinto da una tensione verso l’individuazione. Nella metropoli si accentua il processo di differenziazione personale.

La brevità e la rarità degli incontri nella vita quotidiana della metropoli, inoltre, potrebbero accentuare la il desiderio di presentarsi agli altri in maniera caratteristica; è in quei brevi momenti

che gli altri elaborano una certa rappresentazione della nostra personalità, pertanto si accresce il bisogno individuale di fornire all’altro una precisa e “distintiva” immagine di sé (Simmel, 53).

Il saggio sulla moda del 1905 descrive altri tratti ambivalenti che si manifestano nella vita metropolitana. Gli abitanti di questa sono chiamati a differenziarsi rispetto all’enorme popolazione della città, pertanto quasi ossessivamente essi, soprattutto i ceti più colti, vanno alla ricerca di segni distintivi. Una prima ambivalenza di questo fenomeno Simmel la intravede nel fatto che il tentativo, messo in atto dagli abitanti della metropoli, di costruire una “personalità” distinta dalle altre, “tende a volte a svuotarsi di senso, a ridursi alla mera collezione arbitraria di segni esteriori” (Jedlowski, 114). Una seconda ambivalenza della moda si manifesta nella “compenetrazione in un fenomeno unico di due spinte contraddittorie: la distinzione da un lato e l’imitazione dall’altro”. Gli individui, cioè, tendono a differenziarsi dagli altri, ma allo stesso tempo cerca di imitare lo stile di quella cerchia sociale di cui riconosce l’autorevolezza; gli individui cercano di assomigliare ad una certa cerchia sociale seguendone la moda, volendo in tal modo distinguersi da tutti quelli che non la seguono.