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3 2 Città, differenziazione ed organizzazione

3.5. La scuola di Chicago: Park e Bogardus

All’inizio degli anni venti del Novecento, il concetto di distanza sociale è stato utilizzato per la prima volta dalla sociologia americana nell’ambito di un’indagine sulle relazioni interrazziali svolta da un gruppo di ricerca dalla Scuola di Chicago di cui faceva parte R. E. Park. E’ opportuno tener presente che società nordamericana, a cavallo fra il XIXX ed il XX secolo, fu interessata da intensi processi d’immigrazione da cui derivarono forti problematiche d’integrazione che si posero all’attenzione degli studiosi americani del tempo. Oltre all’eterogeneità tra i diversi gruppi etnici, si delineavano le contraddizioni tra la formazione della classe media e quella della classe operaia, dunque, tra i quartieri residenziali e ed i suburbi delle città.

L’attenzione di Park si rivolge essenzialmente alla città, in particolar modo alla realtà metropolitana che assume le caratteristiche di un “laboratorio sociale” entro cui si immergersi per coglierne i fenomeni, le dinamiche, i dettagli. L’approccio con cui Park e gli altri studiosi della scuola di Chicago studiano la città viene definito “ecologico” per il parallelismo tra lo spazio rubano ed i comportamenti dei gruppi al suo interno da un lato e dall’altro l’ambiente naturale dove diverse specie di animali e vegetali mettono in atto strategie di competizione e di cooperazione per la sopravvivenza della specie; inoltre, l’aggettivo ecologico fa riferimento all’attenzione prestata alle caratteristiche dei contesti in cui gli individui agiscono (caratteristiche come la conformazione dello spazio, la numerosità degli abitanti, la densità abitativa) (Jedlowski, 1998). Park, nel 1922,

pubblica, con riferimento alla ricerca suddetta, un articolo dedicato specificamente al concetto di distanza sociale97. In questo articolo il sociologo americano distingue quattro dimensioni della distanza sociale: la distanza normativa, la distanza interattiva, la distanza culturale e la distanza personale. La distanza normativa corrisponde alla distanza sociale prescritta dalle norme. La distanza interattiva è quella che si manifesta nelle relazioni tra individui. La distanza culturale fa riferimento al sistema valoriale degli individui ed al grado di affinità che esiste tra i valori da essi professati. Infine, la distanza personale è “il grado di comprensione o di simpatia che intercorre tra due persone che occupano una posizione diversa” (Gallino, 2006: 444).

Ethington (1997) muove delle critiche alla concettualizzazionedi distanza sociale elaborata da Park. Questi, pur rifacendosi al pensiero di Simmel, impoverisce la riflessione di quest’ultimo in quanto prende in considerazione soltanto il senso metaforico del concetto di distanza sociale, mettendo da parte il suo significato geometrico. In realtà, fa notare Ethington, nella riflessione di Simmel, il senso metaforico ed il senso geometrico della distanza sono due significati che devono esser intesi come forze operanti simultaneamente. Il concetto di distanza sociale,come detto, fu applicato da Park allo studio delle relazioni interrazziali, dunque ad un particolare tipo di distanza sociale. Park opera un parallelismo tra la “coscienza di classe” e la “coscienza di razza”: si tratta di uno stato mentale in cui si diventa consapevoli delle distanze che ci separano da altre classi o da altre razze. Le distanze che separano gli individui, per Park, non sono distanze spaziali ma sono essenzialmente distanze psicologiche. Riconoscendo la presenza di molteplici differenze nelle società, la distanza sociale viene intesa come una funzione dello stato mentale in cui le differenze si incontrano; un’istintuale consapevolezza della differenza. Park, infatti scrive che ciò che ordinariamente viene chiamato pregiudizio sembra essere la disposizione più o meno spontanea e istintiva a mantenere la distanza sociale Il pregiudizio è considerato come una forza spontanea conservativa che tende a preservare l’ordine sociale. Se Simmel ha suggerito che esiste una relazione biunivoca tra la distanza geometrica e quella metaforica, per cui la distanza geometrica concorre a produrre quella metaforica e viceversa, il modello di Park asserisce che è l’istinto personale a guidare verso il mantenimento della distanza sociale e a tradursi, successivamente nello spazio geometrico, attraverso la scelta degli spazi residenziali e produttivi. L’ordine prodotto a livello psicologico trova espressione nel territorio ed una mappa urbana consente di visualizzare il modello d’interazione tra i gruppi sociali nella città.

Per Park, fa osservare ancora Ethington, la distanza geometrica è una variabile dipendente, risultato di processi intersoggettivi; non ha un ruolo costitutivo , non dà forma ai fenomeni. La distribuzione spaziale delle persone in una città è vista da Park come una variabile dipendente in

un’equazione in cui la variabile indipendente e determinante è l’attitudine psicologica a prendere coscienza delle differenze. La distanza sociale, intesa come sentimento di estraneità dei membri di un gruppo nei confronti dei membri di un altro gruppo, si esprime, dunque, per Park nella spazialità fisica, determinando la distanza territoriale tra i diversi gruppi nel territorio di una città. Il territorio urbano si differenzia per aree in quanto i gruppi tendono a distribuirsi in aree diverse, chiamate da Park “aree naturali”. Lo sviluppo urbano è legato all’avvento della società industriale ed al suo assetto fordista. La differenziazione della città per aree socialmente e funzionalmente diverse avviene, per Park, secondo un modello generale (a cui, comunque, non corrisponde perfettamente nessuna città) rappresentato attraverso un diagramma composto da cerchi concentrici. Il nucleo centrale corrisponde al centro cittadino, ossia il quartiere commerciale centrale. Introno ad esso si estende un’area di transizione occupata da imprese commerciali e da piccole industrie. Nella terza area risiedono gli operai dell’industria, non lontani pertanto dal luogo di lavoro. L’area più esterna è, invece l’area dei quartieri privilegiati, chiusi verso l’esterno, occupati da abitazioni di lusso. Infine, al di là dei confini della città, vi sono le zone suburbane dove abitano i lavoratori pendolari. E’ stato evidenziato da più parti che questa struttura sociale urbana, interpretata come conseguenza di processi di specializzazione dei quartieri e di processi di differenziazione spaziale dei gruppi, utile nella comprensione della formazione delle metropoli americane degli anni Trenta del Novecento, non è utilizzabile nella comprensione delle città europee (Jedlowski, 1998; Bagnasco, Le Gales, 2001).

Successivamente, nel 1925, Bogardus elaborò la prima scala di misurazione della distanza sociale, prendendo in considerazione, tra le dimensioni della distanza sociale individuate da Park, soltanto la dimensione personale o soggettiva e convertendo questa concettualizzazione in una scala di misurazione. La scala di Bogardus misura, infatti, il grado di simpatia che un individuo ha nei confronti di un altro (Gallino, 2006: 444). Bogardus definisce la distanza sociale tra categorie diverse di persone come “la maggiore o minore apertura , da parte dei soggetti, nei confronti della «diversità » e la disponibilità a lasciarsi da essa contaminare” (Introini, 2007). Si tratta, dunque, di una disposizione psico-sociale degli attori sociali. Per lo studioso di Chicago tale atteggiamento deriva da un’operazione di categorizzazione compiuta dagli individui rispetto ad altri soggetti i quali vengono inscritti all’interno di determinate categorie sociali e, poi, su questa base, tenuti più o meno a distanza. In particolare, oggetto della ricerca di Bogardus sono le diversità razziali e gli atteggiamenti (o le attitudini) nei confronti di queste. Gli items della scala elaborata da Bogardus corrispondono ad un insieme di atteggiamenti che un individuo può assumere nei confronti di persone immigrate, ordinati a partire da quello che indica una minore distanza (cioè la posizione degli items sembra costituire una gradazione relativa alla distanza nei contatti sociali). Lo strumento

di rilevazione prevedeva di chiedere agli intervistati se accettavano un individuo di razza diversa dalla propria nel proprio paese, come visitatore, come cittadino, come collega di lavoro, come vicino di casa, come compagno di circolo, o come parente, come partner. La distanza sociale pertanto risulta minima quando le risposte a queste domande assumono un valore positivo. Gli indici ottenuti per ogni razza indicano il grado di apertura, in termini di contatto sociale, nei confronti di uomini appartenenti a razze diverse dalla propria. Quanto minore è lo spazio di contatti instaurato con un gruppo razziale tanto minori sono presumibilmente, per quest’ultimo, dice Bogardus, le opportunità di integrazione (Bogardus, 1925)

Introini (2007) evidenzia come nella definizione di Bogardus siano presenti le due dimensioni della distanza sociale: quella “oggettiva” in tal caso corrispondente alla categoria sociale dell’immigrato (o, in generale, ad una categoria sociale come può essere il povero, il disabile, ecc.) e quella soggettiva corrispondente al grado di “apertura versus chiusura, disponibilità versus rifiuto” di un soggetto nei confronti di un altro appartenente ad una diversa categoria sociale. La dimensione “oggettiva” risulta, comunque, presente solo con riferimento ai processi di conoscenza ed ai meccanismi di pregiudizio che si generano a livello soggettivo. Pur individuando l’elemento “oggettivo” di differenziazione e generatore di distanza, Bogardus, come fa osservare Gallino, non si è soffermato sull’influenza dell’aspetto “oggettivo” della distanza, indipendente dal soggetto.

Ancora Introini fa osservare la corrispondenza (o il parallelismo), rintracciata da Bogardus, tra la distanza sociale come disposizione psico-sociale degli attori (il riferimento è agli aspetti simbolici e immateriali della distanza) e la distanza che gli individui mantengono rispetto ad altri nello spazio fisico. Spazio fisico e spazio psico-antropologico sono posti su uno stesso continuum; fattori geo- spaziali e fattori psico-sociali appaiono strettamente correlati. Bogardus, scrive Introini (2007) legge la distanza sociale (intesa come disposizione psico-sociale dell’attore) “attraverso l’effettiva distanza nello spazio fisico che gli attori vorrebbero mantenere nei confronti di alter. Così facendo Bogardus finisce col porre lungo un medesimo continuum lo spazio fisico e lo spazio psico- antropologico del soggetto” Lo stesso individuo viene pensato in termini geometrici, composto da strati centrali e periferici ai quali l’accesso altrui è diversamente consentito e sempre controllato.

La spazialità fisica della società (che poi per Bogardus è innanzitutto la spazialità metropolitana)

(…) rimanda agli atteggiamenti di apertura e chiusura dei soggetti stessi che divengono i criteri del suo modellamento. Come se gli strati della sua intimità e disponibilità alla confidenza diventassero principi di strutturazione e organizzazione degli spazi metropolitani” (ibidem). Bogardus assume come data la corrispondenza tra aspetti fisici e aspetti simbolici della distanza. In realtà tra questi sussiste una “dinamica di co-produzione di cui la distanza costituisce …la sintesi processuale emergente” (così come fa notare Ethington, 1997). Bogardus assume come “dato naturale” la

sovrapposizione tra spazio sociale/simbolico e spazio fisico. In realtà, questa sovrapponibilità, quando si verifica, costituisce l’esito di un processo sociale alquanto complesso (in cui entrano in gioco le interazioni, la vita sociale ed i fattori storici, sociali e culturali che concorrono a determinare quest’ultima): la dimensione fisica della distanza è il risultato di processi di distanziazione in cui operano fattori simbolico-culturale (Introini, 2007).

Da quanto detto sopra, se Gallino fa osservare, relativamente all’analisi di Bogardus, la mancanza di una riflessione sull’influenza degli elementi strutturali nella produzione della distanza sociale, l’osservazione di Introini si rifà invece ai processi della conoscenza e della costruzione sociale dell’Altro. Una volta individuata la categoria sociale dell’immigrato, Bogardus non pone attenzione ai processi con cui si costituisce questa categorie per mezzo della quale si identificano determinati individui; lo studioso di Chicago trascura completamente il ruolo che i processi di costruzione dell’altro hanno nel determinarsi della distanza che si instaura tra gli individui (nel caso dei “bianchi” e dei “neri” è la stessa categorizzazione ad esprimere la volontà di separazione/discriminazione) (Gallino, 2006; Introini, 2007).