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55 Per Crespi la distanza sociale è connessa ai processi di formazione dell’identità individuale e collettiva (si tratta di una dimensione soggettiva e percettiva).

2.5. Diverse concezioni della (dis)uguaglianza

In questo paragrafo, seguendo l’indicazione di Schizzerotto (2002), intendiamo soffermare brevemente l’attenzione sulle diverse concezioni di eguaglianza che si sono affermate nel dibattito a riguardo: l’eguaglianza degli esiti, l’eguaglianza delle opportunità, l’eguaglianza di riconoscimento (Pizzorno, 1993) e l’eguaglianza delle capacità di acquisizione (Sen, 1992). Le diverse concezioni di eguaglianza sono dovute alla diversità dello spazio di valutazione e degli oggetti di valore individuati; con le parole di Sen, la diversità degli approcci è dovuta alle diverse risposte che si possono dare alla domanda “eguaglianza di che cosa?”.

Il primo approccio menzionato, quello dell’eguaglianza degli esiti o dei risultati, sostiene che tutti devono “ricevere in parti eguali” e che, considerando le traiettorie di vita degli individui, bisogna perseguire l’uguaglianza delle condizioni di arrivo a prescindere dalle diversità esistenti nelle condizioni di partenza.

Secondo il principio dell’uguaglianza delle opportunità, l’obiettivo che una società deve perseguire non è la distribuzione eguale delle risorse fra le diverse posizioni sociali bensì quello di garantire a tutti gli individui eguali possibilità di accesso alle diverse posizioni sociali. In tal modo la realizzazione delle possibilità viene a dipendere dal talento, dalle preferenze e dall’impegno che ognuno decide di investire (Pisati, 2000).

L’eguaglianza di riconoscimento è stata concettualizzata da Pizzorno (2003). Questi evidenzia due processi attraverso cui si producono situazioni di disuguaglianza (o uguaglianza intesa come l’altro termine di una coppia oppositiva ed usato dall’autore nel corso del suo saggio) e su questa base distingue tra uguaglianza distributiva e riconoscitiva. La prima riguarda la distribuzione di diverse “caratteristiche” tra gli individui che compongono una determinata popolazione; pertanto si ha la (dis)uguaglianza di reddito, ricchezza, talenti, occasioni (opportunities), capacità (capabilities). Tali caratteri sono considerati “oggettivi”, dato che “non si assume, infatti, che essi siano anche gli stessi che i soggetti di quella popolazione percepiscono come inegualmente distribuiti. (…) In altre parole non si assume che i valori che guidano l’osservatore delle disuguaglianze siano necessariamente gli stessi con cui quelle disuguaglianze, se viste, sono guardate da chi vive entro i confini che sono serviti a prenderne le misure” (Pizzorno, 1993: 469).

Non si ipotizza, inoltre, che la rilevata distribuzione di quei caratteri sia all’origine dei comportamenti individuali e collettivi della popolazione analizzata. Ad esempio, stimare la disuguaglianza di reddito in una determinata società non comporta il conoscere le percezioni di tale disuguaglianza tra gli individui che compongono quella società. L’uguaglianza riconoscitiva è connessa ad un “riconoscimento reciproco tra pari”; per questo è indicata anche con il termine “paritaria”. Alla base vi è il processo di esclusione/inclusione. Si tratta di un’uguaglianza “soggettiva”, in quanto riguarda la percezione di essere inclusi o esclusi in una determinata cerchia. “Individui o gruppi vengono ammessi all’interno di cerchie dove saranno considerati uguali agli altri che già le occupano; e automaticamente disuguali (in genere, superiori) ad altri che ne sono esclusi. Le disuguaglianza vengono quindi prodotte da uguaglianze esclusive” (ibidem: 470). I criteri di inclusione/esclusione che di volta in volta operano e le cause che sono all’origine del loro impiego sono variabili. Esempi sono dati dal sesso, dalla cultura, dall’origine regionale, dagli stili di vita, dalla posizione gerarchica. Pizzorno distingue tra criteri che corrispondono a valori condivisi in una società ampia (come la ricchezza, la cultura, il successo professionale) e criteri che corrispondono a “valori locali” intendendo con questo termine valori utilizzati per elevare carriere e costituire cerchie esclusive; essi sono validi non per la società intera ma per una certa area di persone e per questa diventano criteri di esclusione. Quando certi diritti (ad esempio, relativi a consumi, livelli di istruzione, posizioni di prestigio o di potere politico) si estendono a più individui, per cui le cerchie prima considerate esclusive si allargano, può succedere che vengono elaborati nuovi criteri di esclusione attraverso l’affermazione e l’esercizio di nuovi valori da parte delle cerchie esclusive dette “cerchie di privilegio”. Anche coloro che vengono esclusi (ad esempio dall’accesso a certe professioni o dalle possibilità di successo economico), d’altra parte, possono

tendere a costituire delle cerchie definibili come “cerchie di rifugio”. In tal modo danno origine alle subculture o alle controculture.

Amartya Sen evidenzia l’esistenza di molteplici spazi valutativi della disuguaglianza; questa può essere valutata in diversi spazi e con variabili diverse. Così egli scrive: “Una persona con un alto reddito ma senza alcuna partecipazione politica non è povero nel senso comune del termine, pur essendo privo di un’importante libertà. Chi è più ricco di altri ma soffre di un disturbo molto costoso da curare è chiaramente svantaggiato, anche se non sarebbe mai classificato come povero nelle usuali statistiche della distribuzione del reddito. Una persona a cui è negata l’opportunità di lavorare ma a cui lo Stato concede un aiuto con un’indennità di disoccupazione può sembrare molto meno svantaggiata nello spazio del reddito di quanto non appaia nella preziosa e stimata opportunità di ottenere un lavoro appagante. Infatti (…) il disoccupato può sentirsi deprivato a causa della mancanza di libertà nella sua vita, con conseguenze che vanno ben oltre l’esiguità dei redditi: ci sono altre modalità con cui privazioni di diverso tipo inducono a guardare oltre i limiti di una povertà esclusivamente legata al reddito” (Sen, 1997: 61). Si intende che, per l’autore, la valutazione della disuguaglianza solo in termini economici costituisce una limitazione nella comprensione e nello studio del fenomeno stesso. Senza negare l’importanza del reddito, esistono altri aspetti da valutare e soprattutto che nell’analisi della disuguaglianza occorre definire gli oggetti, dunque, gli aspetti rispetto ai quali valutarla e perseguirla (reddito, opportunità, libertà). Occorre rispondere alla domanda: “eguaglianza di che cosa?”. La visione di Sen ha come punto di partenza il riconoscimento delle tante differenze che distinguono gli individui tra loro, siano esse caratteristiche personali o differenze legate alle condizioni esterne in cui vivono la loro vita.

La riflessione dell’autore fa riferimento all’idea di libertà ed ha al centro due concetti, quelli di “funzionamenti” e “capacità”. L’obiettivo da perseguire è, per Sen, quello di aumentare la libertà individuale68. I funzionamenti corrispondono a “stati di essere e di fare”, “azioni” e “modi di essere”, le cose che una persona riesce a fare e ad essere durante la sua vita. Si tratta di aspetti rispetto ai quali gli individui dovrebbero avere la libertà di scegliere; si può distinguere tra quelli elementari (ad esempio, nutrirsi adeguatamente, essere in salute) e quelli più complessi (come il rispetto di sé, la partecipazione alla vita collettiva). I funzionamenti sono gli elementi costitutivi dello star bene (well-being). Gli individui attribuiscono un’importanza diversa a questi aspetti. Dunque l’individuazione dei funzionamenti importanti dipende da un giudizio di valore; si individua ciò che ha valore e ciò che non lo ha. Le diverse combinazioni di“funzionamenti” costituiscono i diversi tipi di vita che le persone possono scegliere di condurre.

68 L’autore precisa che è opportuno porre attenzione su entrambi i concetti di libertà, quello positivo e quello negativo.

Il primo riguarda ciò che una persona può o meno conseguire; il secondo si riferisce alla mancanza di limitazioni che una persona o un’istituzione può imporre agli individui.

Per capacità, poi, si intende “abilità di una persona di raggiungere stati di esistenza dotati di valore” (Sen, 1993: 93), l’abilità a realizzare determinate condizioni di vita. Egli scrive: “Un funzionamento è un conseguimento, mentre una capacità è l’abilità di conseguire. I funzionamenti sono, in un certo senso, più direttamente collegati alle condizioni di vita, dal momento che essi costituiscono diversi aspetti delle condizioni di vita. Le capacità invece sono nozioni di libertà, nel senso positivo del termine: quali opportunità reali si hanno per quanto riguarda la vita che si può condurre” (1993: 86-87). Le capacità sono le diverse combinazioni di funzionamenti che un individuo può conseguire e tra cui può scegliere. Se i funzionamenti costituiscono lo “star bene” le capacità rappresentano la libertà dei singoli di poter conseguire lo star bene, scegliendo tra diverse vite possibili. Sen scrive che “la libertà di condurre diversi tipi di vita si riflette nell’insieme delle combinazioni alternative di functionings tra le quali una persona può scegliere; questa può venire definita la capacità di una persona. La capacità di una persona dipende da una varietà di fattori incluse le caratteristiche personali e gli assetti sociali” (Sen, 2003: 25). Dunque, per valutare il well-

being e la disuguaglianza occorre analizzare le capacità (di acquisire i funzionamenti) o libertà di

acquisire, in altre parole valutare la libertà di essere e di fare. L’approccio di Sen, come egli dichiara, non attribuisce importanza diretta ai “mezzi di vita” o “mezzi di libertà” come il reddito, i beni primari, altre risorse; questi elementi non fanno parte dello spazio di valutazione sebbene influenzino le variabili che in esso sono incluse. I beni primari costituiscono mezzi per raggiungere la libertà ma non rappresentano la libertà in sé; ciò è dovuto alle differenze tra gli esseri umani relative alle capacità di trasformare i beni primari nella libertà di perseguire i loro obiettivi. Pertanto, ad un’eguale distribuzione di beni primari possono corrispondere livelli di libertà diversi. Tra gli individui esistono differenze di sesso, età, caratteristiche specifiche, diversità ambientali, le quali possono influenzare la capacità individuale di costruire liberamente la propria vita in base ad una certa dotazione di beni primari. Così, ad esempio livelli diversi di reddito possono corrispondere a condizioni di disuguaglianza nelle capacità di fare ciò che si ritiene importante. Non bisogna trascurare altre variabili che intervengono; come già detto; ad esempio, individui con lo stesso ma in condizioni di salute diverse non possono fare le stesse cose (Sen, 1997: 23-24).