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Appendice B Le corrispondenze

3. Freud e Nietzsche: divergenze assiologiche 1 Divergenze assiologiche sugli elementi culturali in comune

3.4 Diversi approcci alla religione

Anche per quanto riguarda i diversi approcci al fenomeno religioso valgono le stesse considerazioni relative alla morale e alla storia; se il piano descrittivo delle argomentazioni freudiane e nietzscheane può essere effettivamente paragonabile, non può esserlo quello prescrittivo o quanto meno quello assiologico.

Nietzsche, figlio di un pastore protestante, dimostra un atteggiamento nei confronti del fenomeno religioso estremamente controverso e complesso, ma, nonostante le differenti atmosfere e sfumature attraverso le quali passa il tortuoso percorso intellettuale nietzscheano, è forse possibile ritrovare minimi comun denominatori tra le diverse fasi della sua produzione che consentono di ridurre all’essenziale questo particolare approccio al fenomeno religioso e, quindi, paragonarlo a quello freudiano. Freud, ebreo ateo, dimostra in apparenza un approccio più lineare e coerente, spesso accusato di essere estremamente riduttivo e per certi versi semplicistico, ma in realtà più sfaccettato e complesso di quanto non possa apparire a prima vista.

In ogni caso, le differenze di approccio tra Freud e Nietzsche possono comunque essere ricondotte a differenze caratteriali e “professionali” che, come si vedrà nel prossimo capitolo, possono essere considerate tipiche, nel senso dei Tipi psicologici descritti da Jung e, queste stesse differenze, possono essere sintetizzate con una proposizione dello stesso Nietzsche: «La mancanza di conoscenza dell’uomo circa se stesso è il problema di Sofocle, la mancanza di conoscenza dell’uomo circa gli dèi quello di Eschilo»1. Considerando Sofocle ed Eschilo come espressione di due differenti tipi psicologici e come rappresentanti della stessa differenza di cui sono portatori Freud e Nietzsche, si può quindi anche affermare che il problema freudiano, come per Sofocle, che Freud ammirava a tal punto da fare dell’Edipo il cardine intorno al quale ruota l’intero edificio psicoanalitico, sia il problema della conoscenza di se stesso da parte dell’uomo, mentre, per Nietzsche, come per Eschilo, autore che Nietzsche considerava l’esempio perfetto della grandezza e dell’equilibro della tragedia greca2, contrapponendolo alla banalità3 e al socratismo di Sofocle, il

1 Nietzsche (1870c), DW La visione dionisiaco del mondo, § 3.

2 Nietzsche (1870a), GMD Il dramma musicale greco «Aristotele […] nella sua celebre, molto

fuorviante definizione […] non coglie affatto l’essenza del dramma eschileo».

3

Nietzsche (1870b), ST Socrate e la tragedia «le più belle figure della tragedia sofoclea, un’Antigone, un’Elettra, un Edipo, si lasciando andare a una serie di pensieri insopportabilmente banali, e che

problema fosse quello relativo alla conoscenza del divino. In altri termini, a Freud interessano i fenomeni religiosi solo in quanto espressioni di dinamiche psichiche: circa la natura e l’esistenza di un eventuale divinità egli semplicemente non si interroga, concentrandosi esclusivamente sulle motivazioni della credenza da parte del soggetto e delle azioni che da quella credenza sono condizionate. Nietzsche, invece, si interroga anche metafisicamente (la metafisica è completamente assente in Freud, ricondotta sempre alla metapsicologia4), dedicandosi anche alle questioni relative alla verità o falsità circa la natura, l’esistenza e la eventuale consistenza ontologica della sfera divina.

Bisognerà quindi considerare tre aspetti del problema: 1) La concezione che entrambi hanno del fenomeno religioso; 2) Il ruolo giocato dall’ebraismo nel segnare la distanza di Freud dal testo nietzscheano; 3) Le implicazioni prescrittive derivanti dalle rispettive “forme di culto” (Zarathustra v/s dio Logos).

3.4.1 Religione, storia, salute, verità (I)

All’interno della produzione nietzscheana si possono riscontrare almeno due tipi di approcci al fenomeno religioso in generale, tra di loro antitetici ed entrambi ugualmente distanti dall’approccio freudiano. Questi due diversi modi di intendere il valore dell’esperienza religiosa appartengono ai primi due periodi della produzione nietzscheana, quello wagneriano e quello “réealista”, esemplificati rispettivamente dalla seconda inattuale, Sull’utilità e il danno della storia per la vita e dal primo volume di Umano, troppo umano. Da un punto di vista assiologico si può definire il primo approccio al fenomeno religioso come positivo, il secondo come negativo. Nella seconda inattuale Nietzsche distingue tra due forme di sapere, quella storica e quella non-storica:

Non ci si meravigli, sono nomi di veleni: gli antidoti contro ciò che è storico si chiamano il non-storico e il sovrastorico […]. Con il termine «non-storico» designo l’arte […]; per «sovrastorico» intendo le potenze che distolgono lo sguardo dal divenire, volgendolo a ciò che dà all’esistenza l’impronta dell’eterno e dell’immutabile, all’arte e

certamente i caratteri drammatici sono più belli e più nobili di quanto non appaiano nelle loro parole».

4

Cfr. Freud (1901a), p. 280 «Potremmo avventurarci a risolvere in tal modo i miti del paradiso e del peccato originale, di Dio, del bene e del male, dell’immortalità, e simili, traducendo la metafisica

alla religione. La scienza – poiché è essa che parlerebbe di veleni – vede in quella forza, in queste potenze, potenze e forze avverse: essa, infatti, ritiene vera e giusta, dunque scientifica, soltanto quella considerazione delle cose che vede ovunque un divenuto, un elemento storico e mai qualcosa che è, un qualcosa di eterno; […] essa vive in un’intimia contraddizione con le potenze eternizzanti dell’arte e della religione […], cerca di togliere ogni delimitazione all’orizzonte e getta l’uomo in un mare di flutti abbaglianti e infinitamente sterminato del divenire conosciuto.5

Questo passo appare particolarmente interessante poiché Nietzsche contrappone storia e scienza da una parte, ed arte e religione dall’altra, offrendo una descrizione non troppo distante da quelle che poi sarebbero divenute le posizioni freudiane: anche per Freud la storia e la scienza stringono per così dire un’allenza e, anche per Freud, esse si contrappongono, in un certo qual modo, alla religione e all’arte, svelandone le radici psichiche che le hanno storicamente determinate. Basti pensare a

Totem e tabù in cui Freud, nel finale, avanza la sua ipotesi del parricidio primordiale

per dare conto del sorgere della credenza religiosa e definisce questa sua ipotesi una “ipotesi storica”6

, proprio in quanto vuole sottolineare, ad un tempo, il valore ipotetico della sua ricostruzione, dal momento che non esistono testimonianze documentate del parricidio primordiale, ma anche il valore storico di quella spiegazione che, per usare le parole di Nietzsche, è vera e giusta, dunque scientifica, proprio perché fornisce una ricostruzione dell’origine del religioso come elemento storico, in divenire e non come qualcosa di eterno e assoluto. La differenza tra Freud e Nietzsche, in questo caso, sembra risiedere nel fatto che laddove Nietzsche descrive questi aspetti della scienza e della storia come aspetti della loro debolezza, Freud individua, invece, nella stessa descrizione, gli elementi di forza, tanto della scienza in generale, quanto di quella specifica scienza che è ai suoi occhi la psicoanalisi. In realtà, tutta la seconda inattuale, un po’ come la prima, può essere interpretata come una critica, inconsapevole e anticipatrice, alle posizioni freudiane: così come Freud, tra Strauss e Nietzsche, si sarebbe probabilmente sentito vicino alle posizioni straussiane, allo stesso modo non avrebbe con ogni probabilità condiviso le critiche nietzscheane all’utilità della storia.

Tornando però al ruolo giocato dalla religione in questa dialettica con la storia, si può leggere:

5

Nietzsche (1873-1876), Considerazioni Inattuali, HL “Sull’utilità e il danno della storia per la vita”, II, § 10.