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Appendice B Le corrispondenze

3. Freud e Nietzsche: divergenze assiologiche 1 Divergenze assiologiche sugli elementi culturali in comune

3.1.2 La vecchia e la nuova fede

Al di là del reale valore della prima inattuale nell’economia della riflessione nietzscheana, vogliamo prenderne in considerazione alcuni passaggi riflessivi per valutare, attraverso un confronto con il testo freudiano, se possano essere stati condivisi da Freud.

David Strauss è un teologo proveniente dagli ambienti della sinistra hegeliana, sebbene abbia avuto, con l’ambiente hegeliano, non pochi problemi e attriti, proprio a causa delle sue posizioni teoriche in tema di religione. La costellazione culturale straussiana è ben descritta da Nietzsche che, a proposito di Strauss, con un tono polemico caratteristico dell’intera inattuale, scrive: «esalta Darwin come uno dei massimi benefattori dell’umanità»14

. Anche se Freud non usa esattamente questa

12 Campioni, 20 dicembre 2013, Sala “Grottesca” del Rettorato, Dipartimento di Studi Umanistici,

Università del Salento, Lecce.

13 «Il transfert mimetico è così intenso che Nietzsche attribuisce a Strauss esattamente quel ruolo di

“fondatore della religione dell’avvenire” che lui qualche anno dopo cercherà a ogni costo di incarnare» [Girard, Fornari (2002), p. 168 n. 60]. In effetti, la stessa dinamica e, la stessa accusa, Nietzsche la rivolgerà anche contro Wagner.

espressione per definire la sua posizione nei confronti di Darwin, è fuor di dubbio che avrebbe sottoscritto l’impostazione straussiana sul tema, allo stesso modo, Freud avrebbe indubbiamente condiviso il piacere di Strauss di «venir paragonato a Lessing o a Voltaire»15, ovvero gli altri referenti culturali straussiani insieme a Hegel e Darwin e, al contrario, Freud non avrebbe probabilmente condiviso il giudizio nietzscheano secondo cui «nessuno dei grandi scrittori tedeschi è così popolare presso i piccolo scrittori tedeschi come Lessing»16, si è già visto, infatti, come proprio Lessing costituisca uno dei punti di riferimento letterari di Freud.

Ciò che probabilmente caratterizza in modo decisivo la prima inattuale è l’utilizzo, da parte di Nietzsche, di un termine che, in seguito, anche grazie all’opera di alcuni autori fortemente influenzati dalla produzione nietzscheana, come Thomas Mann, entrerà in qualche modo nel linguaggio comune con sinonimo di “debole”, “decadente”, “di scarso valore”, “inautentico”, “sciatto”, “utilitarista”, “meschino”, “conforme al gregge”, “gretto”, “dominato da interessi economici”, “tendente al compromesso”, insomma, in base al contesto in cui viene utilizzato, nonostante la variazione semantica viene comunque sempre inteso in senso spregiativo: si tratta dell’aggettivo “filisteo”.

Nel contesto della Inattuale e a differenza dell’uso successivo più generalizzato, Nietzsche utilizza il termine “filisteo” in un senso abbastanza specifico, infatti scrive: «Com’è noto, la parola filisteo è presa dalla vita studentesca, e definisce in senso lato, e tuttavia affatto popolare, l’opposto del figlio delle Muse, dell’artista, del vero uomo di cultura»17. Effettivamente, così inteso, l’aggettivo “filisteo”, non solo sembra adeguato per definire Freud, ma, probabilmente, lo stesso Freud ci avrebbe visto più un titolo di vanto che non di demerito. Probabilmente, però, Freud, quanto Strauss, avrebbero forse avuto qualcosa da ridire sulla definizione nietzscheana, ciò a causa dell’origine del termine “filisteo”. Freud, da ebreo, non avrebbe certo gradito essere definito “filisteo” poiché il termine deriva dalla tradizione giudaica e, soltanto in seguito, entrò nell’uso degli studenti tedeschi del XVII e XVIII secolo. Nella tradizione giudaica era usato per indicare gli abitanti della terra di Canaan, adoratori di divinità pagane e nemici del popolo ebraico, fatto, questo, che non poteva essere ignoto neanche al teologo Strauss, ma, se si utlizza il termine “filisteo” non nel senso 7. 15 Ivi, § 10. 16 Ivi, § 4. 17 Ivi, § 2

derivante dalla tradizione giudaica, bensì in quello inteso da Nietzsche, allora sia Strauss sia Freud, convinti fautori del pensiero scientifico, non avrebbero certo avuto nulla da ridire a una definizione del genere nei loro confronti. Inoltre, tanto Freud, quanto Strauss, avrebbero invece, con tutta probabilità, avuto dei dubbi sul fatto che il “vero” uomo di cultura dovesse essere l’artista figlio delle Muse, entrambi, semmai, avrebbero piuttosto considerato l’uomo di scienza come il vero uomo di cultura e, per entrambi, questo sarebbe stato facilmente identificabile con Darwin. Eppure, ammessa la definizione nietzscheana di filisteo come l’opposto dell’artista, allora se ne dovrebbe dedurre che Freud era davvero un filisteo, emblematico, a questo riguardo, il capitolo della biografia freudiana dedicato da Jones all’arte: «Sia Ernst Kris che Ernst Freud, il figlio che si è dedicato all’arte, mi hanno sconsigliato di scrivere questo capitolo, adducendo che siccome Freud aveva scarso gusto estetico non può esserci nulla di interessante da dire sull’argomento»18

. Del resto è anche noto quanto sia ostile il giudizio, negli ambienti propriamente artistici o di critica d’arte, sugli scritti freudiani intorno alle opere d’arte19

. Non potrebbe essere altrimenti, dato che quegli scritti sono esempi che Freud utilizza per dimostrare la teoria analitica e addurre ulteriori prove a favore della psicoanalisi, ma non certo per proporre una qualsivoglia teoria estetica20. Jones, però, giustamente, cerca di mitigare il giudizio, forse troppo severo, di Kris e del figlio Ernst Freud, cercando di dimostrare come Freud non fosse del tutto privo di un certo gusto estetico, sempre come fruitore e mai come “artista”, insomma, sempre da filisteo, per dirla con Nietzsche. A questo proposito Jones stila una vera e propria classifica delle discipline artistiche secondo il gusto estetico freudiano, seguendo un ordine discendente, sono: «prima la poesia, poi la scultura e l’architettura, finalmente la pittura e ultima la musica»21, dove, per “poesia” bisogna intendere la letteratura in genere. In ogni caso, particolare interesse ha la posizione della musica, tanto amata da Nietzsche, ma infondo alla lista freudiana, in particolare, poi, Freud aveva una certa avversione per

18 Jones (1953-1957), p. 479 v. III. 19

cfr. su tutti Timpanaro (1974). Jones, inoltre, fa risalire il rifiuto delle posizioni freudiane da parte degli ambienti artistici, alle affermazioni di Freud espresse in Freud (1915): «L’artista è anch’egli predisposto alla introversione e non gli ci vuole molto per diventare nevrotico».

20 Freud (1919b), p. 81 «È raro che lo psicoanalista si senta spinto verso ricerche estetiche, anche

quando non si riduca l’estetica alla teoria del bello per descriverla, come la teoria delle qualità del nostro sentire. Egli lavora su altri strati della vita psichica e ha ben poco a che fare con quei moti dell’animo […] che costituiscono perlopiù la materia d’indagine propria dell’estetica».

21

Jones (1953-1957), p. 479 v. III. cfr. anche Freud, E. (a cura di) (1977), p. 357 la lettera di Freud a Romain Rolland del 14 luglio 1929: «In quali mondo, per me estranei, Lei si muove! La mistica è per me qualcosa di precluso, come la musica»

Wagner, lo stesso Wagner che non solo è una presenza ingombrante in tutte e quattro le inattuali nietzscheane, ma che verrà sempre accostato al nome di Nietzsche negli ambienti tedeschi, e spesso antisemiti, in tutto il periodo compreso tra la morte di Nietzsche e quella di Freud.

L’impressione che Freud, se avesse conosciuto la prima inattuale, avrebbe solidarizzato con Strauss e i filistei, sembra confermata da un passo in cui Nietzsche istituisce un nesso tra filisteismo e quella che, quattordici anni dopo, diverrà la morale del gregge:

potrebbe essere consigliabile parlare di loro [i filistei] non più come dei «sani», bensì come dei gracili oppure, rinforzando il termine, come dei deboli. Se soltanto questi deboli non avessero il potere! Che cosa può importare loro di come li si chiama? Giacché essi sono i dominatori […]. La forza del filisteo colto viene alla luce quando egli confessa la sua debolezza.22

Anche se ci si trova ancora nel 1873, quindi quattordici anni prima di Genealogia

della morale, è chiaro che qui Nietzsche sta già descrivendo Strauss come un

esponente della morale degli schiavi. Infatti, il campione per eccellenza di questa morale è, secondo Nietzsche, l’apostolo Paolo e, in questo passo è possibile rinvenire una citazione indiretta a Paolo: «quando sono debole, allora sono forte» (2 Corinzi 12:10), esattamente come il filisteo descritto da Nietzsche che è forte quando confessa la sua debolezza. Ma, come per Darwin e Lessing, anche per Paolo la posizione freudiana è accostabile a quella nietzscheana solo sul piano descrittivo, mentre gli è opposta su quello assiologico. Tanto Nietzsche quanto Freud vedono in Paolo una espressione di ebraismo, ma mentre per Nietzsche ciò è negativo in quanto espressione della morale degli schiavi, per Freud quella stessa espressione di ebraismo costituisce il nucleo positivo della morale paolina23.

A prescindere dai giudizi di valore, comunque, anche la descrizione di Strauss e della corrente “filistea” a cui appartiene come di un elemento culturale dominante e, dominante perché si proclama debole, non pare del tutto condivisibile. Strauss si dichiara debole perché nel suo La vecchia e la nuova fede avanza tesi ateistiche che

22 Nietzsche (1873-1876), Considerazioni inattuali, DS David Straus, l’uomo di fede e lo scrittore, § 2

corsivo dell’autore.

23

Freud, E.; Meng, H. (a cura di) (1963), p. 148 lettera di Freud a Pfister del 9 maggio 1920 «Il Suo Paolo mi è piaciuto assai. Paolo, con il suo temperamento prettamente ebreo, mi ha sempre attirato».

riducono i testi sacri a narrazioni mitologiche e lo fa argomentando attraverso topoi classici dell’illuminismo, ma, questa dichiarazione di debolezza straussiana è dovuta alla constatazione del dato di fatto di trovarsi, a causa di queste posizioni ateistiche, con la minoranza, tanto della popolazione mondiale, quanto di quella tedesca, ma, anche e soprattutto, di quella accademica e della repubblica delle lettere. Freud, infondo, riceverà le stesse critiche che ha ricevuto Strauss con La vecchia e la nuova

fede quando, circa cinquant’anni più tardi, pubblicherà L’avvenire di un’illusione e,

anzi, quel testo è forse l’espressione più lampante della vicinanza teorica di Freud a Strauss, molto più che a Nietzsche.

Strauss oppone alla vecchia fede nei dogmi religiosi una nuova fede nella scienza, ma, naturalmente, come nota anche Nietzsche, la nuova fede non è una vera e propria “fede”; l’uso del termine è esclusivamente provocatorio e retorico:

“fede moderna” vorrebbe essere soltatnto un’ironica concessione all’uso linguistico? Sembra quasi che sia così, dal momento che egli qua e là lascia che nuova fede e scienza moderna si rappresentino tranquillamente a vicenda […] in fondo la nuova religione non è una nuova fede, ma coincide con la scienza, e pertanto non è affatto una religione.24

Anche L’avvenire di un’illusione si caratterizza per il fatto di sostenere la tesi di una nuova fede, in particolare, una nuova fede nella ragione. Freud non esista a parlare del «nostro dio Λόγος»25, quindi, anche Freud parla attraverso l’utilizzo di una prima persona plurale, come il filisteo Strauss, intendendo con quel “noi” una minoranza che però, servendo la ragione, alla fine riuscirà ad avere la meglio sulla superstizione e sul dogmatismo. Freud parla inoltre di verità storica dei testi sacri, rimodellata e dissimulata dalla tradizione, così come Strauss parla di verità mitica. Dietro l’affermazione freudiana «non ho detto proprio nulla che prima di me non sia già stato detto»26 c’è quindi, tra gli altri, anche lo Strauss de La vecchia e la nuova fede.

24 Nietzsche (1873-1876), Considerazioni Inattuali, DS David Straus, l’uomo di fede e lo scrittore, §

9.

25

Freud (1927a), p. 483.