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Appendice A Nietzsche nel metadiscorso freudiano

1. Per la storia del movimento psicoanalitico

Per la storia del movimento psicoanalitico (1914) è un testo polemico, scritto

immeditamente dopo la rottura con Jung ed è diviso in tre parti: la prima tratta della scoperta della psicoanalisi; la seconda del costituirsi e dello svilupparsi del movimento psicoanalitico e, infine, la terza è dedicata proprio alle defezioni di Adler prima e di Jung poi.

Il riferimento a Nietzsche si trova nella prima parte del testo, è piuttosto articolato e lega il nome di Nietzsche ad altri autori, ovvero Otto Rank e Arthur Schopenhauer. Ricostruendo il contesto delle sue prime scoperte e, in particolare della teoria della rimozione, Freud propone la seguente argomentazione:

Sono certo di aver elaborato autonomamente la teoria della rimozione; non so di alcuna fonte che mi abbia influenzato e avvicinato ad essa, e per lungo tempo ho ritenuto che si trattasse di una concezione originale fino a quando Rank ha segnalato il passo di Mondo

come volontà e rappresentazione di Schopenhauer ove il filosofo tenta una spiegazione

della follia. Ciò che là è detto circa la riluttanza ad accettare ciò che della realtà risulta penoso, coincide così perfettamente con il contenuto del mio concetto di rimozione, che ancora una volta ho potuto ringraziare le lacune della mia cultura che mi avevano permesso di fare una scoperta. Altri, infatti, hanno letto quel brano senza soffermarvisi, senza fare questa scoperta, e forse lo stesso sarebbe capitato a me se negli anni giovanili avessi trovato più gusto nella lettura di autori filosofici. Più tardi mi sono interdetto l’alto godimento delle opere di Nietzsche con il deliberato obiettivo di non essere ostacolato da nessun tipo di rappresentazione anticipatoria nella mia elaborazione delle impressioni psicoanalitiche. In compenso dovevo esser disposto – e lo sono di buon grado – a rinunciare ad ogni pretesa di priorità in questi casi – e non sono rari – in cui la faticosa indagine psicoanalitica non può far altro che confermare le nozioni intuitivamente acquisite dai filosofi.1

Questo lungo riferimento offre diversi elementi che possono rivelarsi utili per misurare i legami tra Freud e Nietzsche, ma, allo stesso tempo, prima di fare ciò è necessario chiarire diversi aspetti di questo riferimento che non sembrano del tutto chiari ad una prima lettura: perché Rank, Schopenhauer e Nietzsche sono intrecciati in questo passo freudiano? E che rapporto c’è tra questi autori e una presunta priorità delle scoperte freudiane?

Il riferimento denota solo che vi è uno stretto intreccio tra queste componenti, ma non ne spiega tuttavia le dinamiche interne: per fare ciò è necessaria una doppia operazione, da una parte è necessario esplicitare il contesto di questo riferimento e collocarlo all’interno della cornice in cui è nato, dall’altro lato è necessario ricorrere all’extratesto e allargare la visuale anche oltre il contesto di questa singola opera. Otto Rank, così come Adler e Jung, è uno degli allievi di Freud che, in seguito ad alcune polemiche di carattere teorico e tecnico, oltre che personale, arriva alla rottura con il maestro. Per la stora del movimento psicoanalitico, come già accennato, nasce proprio come scritto polemico nei confronti di Adler e Jung, ma, non ancora di Rank: mentre le defezioni dei primi due risalgono rispettivamente al 1911 e al 1913, la rottura con Rank non arriverà se non nel 1924, in seguito alla pubblicazione, da parte

di quest’ultimo, de Il trauma della nascita. Nel 1914, quindi, ovvero nell’anno di pubblicazione di Per la storia del movimento psicoanalitico, non è possibile parlare di attriti tra Rank e Freud, anzi, proprio a seguito delle defezioni di Adler e Jung, Rank era diventato uno dei collaboratori più stretti di Freud. Eppure c’è un elemento della futura rottura con Rank già presente in nuce nel 1914, rimasto latente per dieci anni, ma pronto ad esplodere al momento opportuno: la questione della priorità e il legame con Nietzsche. Rank, infatti, un paio di anni dopo i primi screzi avuti con Freud, regala a quest’ultimo, in occasione del suo settantesimo compleanno, un’edizione delle opere complete di Nietzsche, un po’ come a volere ammonire il maestro di non illudersi di essere stato il primo ad avere fatto certe scoperte, perché Nietzsche era arrivato prima di lui. Le opere di Nietzsche regalate da Rank a Freud si trovano tutt’ora a Londra, intonse, nella biblioteca personale di Freud.

Nonostante Rank rimproveri al maestro un certo ritardo rispetto a Nietzsche, e quindi ciò avvenga durante un momento in cui la rottura si era già consumata, questo stesso rimprovero, seppur con toni certo più conciliativi, può essere fatto risalire a molti anni prima, addirittura a prima della stesura di Per la storia del movimento

psicoanalitico. In data 1 aprile 1908, durante uno degli incontri del mercoledì in casa

Freud, come si è già visto nel primo capitolo, Hitschmann propone una lettura commentata della terza sezione di Genealogia della morale e, durante il dibattito successivo alla lettura, Rank, insieme ad altri, tra cui il di lì a breve dissidente Adler, sottolinea il valore anticipatorio della filosofia nietzscheana nei confronti della psicoanalisi. Potrebbe non essere un caso, dunque, se nel momento di fare polemica contro Adler e Jung, che pure erano entrambi grandi estimatori di Nietzsche, Freud approfitti e sottolinei, ancora una volta e pubblicamente, la sua estraneità nei confronti di quella filosofia. Non sembra infatti del tutto alieno dalla forma mentis freudiana prendere le distanze dai suoi allievi dissidenti e, ad un tempo, serrare le fila degli allievi in quel momento ancora presenti, ammonendoli implicitamente di non seguire l’esempio dei primi due.

Dopo qualche mese dalla relazione di Hitschmann su Genealogia della morale e la relativa discussione, anche un altro allievo di Freud, Häutler, decide di commentare alcuni passi nietzscheani, questa volta però tratti da Ecce homo. Quindi, nel 1908, per ben due volte si discute di Nietzsche negli incontri del mercoledì, entrambe le volte però, Freud si dimostra restìo all’accostamento, mentre, al contrario, un gruppo di allievi se ne dimostra entusiasta. Poi, nel 1909, Freud ha in analisi Ernst Lanzer,

l’uomo dei topi, il quale, come visto in precedenza, cita un passo di Al di là del bene

e del male in cui è anticipato il concetto di rimozione. Nel 1910 Freud riporta il passo

citato da Lanzer sia nel Caso clinico dell’uomo dei topi, sia nella quarta edizione della Psicopatologia della vita quotidiana. Infine, nel 1911, Rank pubblica un breve articolo in cui evidenzia come il concetto di rimozione sia stato anticipato da Schopenhauer.

A questo punto l’intreccio Rank-Schopenhauer-Nietzsche-anticipazioni diventa più chiaro: così come altri avevano fatto notare a Freud che il concetto di rimozione era stato anticipato da Nietzsche, allo stesso modo Rank gli fa notare che, prima ancora di Nietzsche, questo concetto può essere fatto risalire a Schopenhauer, mentre Freud, da parte sua, ribadisce pubblicamente, dopo averlo fatto nel privato delle riunioni del mercoledì, che non solo lui non conosceva i passi in questione e, più in generale gli autori in questione, ma che non aveva neppure intenzione di leggerli.

Questa volontà di non leggere Schopenhauer o Nietzsche, in questo caso, nasce più da uno scarso interesse per le questioni relative alla priorità della scoperta che non a una idiosincrasia nei confronti di questi autori. In effetti, anche nel 1932, sempre in relazione a Schopenhauer, ma relativamente a un altro concetto, Freud aveva affermato: «E perché mai, Signore e Signori, un audace pensatore non dovrebbe aver

intuito ciò che una spassionata, faticosa e dettagliata ricerca è in grado di

convalidare? E d’altronde, tutto è già stato detto una volta, e molti prima di Schopenhauer, hanno detto cose simili»2. Questo passo potrebbe essere utile per chiarire quello precedene in cui compaiono Rank-Schopenhauer-Nietzsche: Freud non nega che sia possibile rinvenire dei precedenti del concetto di rimozione, così come di qualsiasi altro concetto, ma, quel che gli interessa, è la validità empirica, la ripetibilità, in altre parole, la scientificità delle formulazioni della psicoanalisi; poco importa che il concetto di rimozione sia stato anticipato da Nietzsche, come suggerì a Freud l’uomo dei topi, o che prima di Nietzsche questo sia stato intravisto da Schopenhauer, come afferma Rank: per Freud, ciò che conta è che questo concetto sia valido e funzionante all’interno della teoria e della pratica psicoanalitica. È per questo motivo che Freud non ha interesse a leggere Nietzsche, perché anche se dovesse trovarvi delle anticipazioni, così come gli suggeriscono numerosi amici e collaboratori, quelle anticipazioni parrebbero comunque sterili se non confortate da

una forte verificabilità empirica e la lettura si ridurrebbe a una sterile, agli occhi di Freud, ricerca di carattere storico. Infine, questa volta sì per una idiosincrasia nei confronti di Schopenhauer, Freud fa notare che tutto è già stato detto e che molti prima di Schopenhauer hano detto cose simili. È come se Freud volesse dire che Nietzsche ha anticipato concetti psicoanalitici, come ad esempio quello di rimozione, ma già Schopenhauer l’aveva fatto prima di Nietzsche e, se solo si avesse la pazienza di andare a cercare nella storia del pensiero, si noterebbe che anche altri, prima di Schopenhauer, l’hanno fatto, ma, anche se si riuscisse ad arrivare alla prima fonte, ciò non cambierebbe il valore della scoperta psicoanalitica.

In effetti, per ciò che riguarda la rimozione, se è vero che il passo nietzscheano segnalato da Lanzer la ricorda, così come quello schopenhaueriano segnalato da Rank, è però anche vero che già Kant, ben prima di Schopenhauer e Nietzsche, aveva affermato qualcosa di simile: «Noi infatti spesso giochiamo con le rappresentazioni oscure e abbiamo interesse a porre nell’ombra davanti all’immaginazione oggetti che ci piacciono o che non ci piacciono»3. E, probabilmente, qualcuno potrebbe risalire a una fonte ancora più remota di Kant.

In definitiva, questo primo riferimento a Nietzsche è non solo una esplicita negazione da parte di Freud di averlo mai letto, ma anche un’affermazione di non volerlo neanche mai leggere.

2. La Selbstdarstellung (1924)

Il secondo dei riferimenti “storici” a Nietzsche si trova nella Selbstdarstellung [autoesposizione], tradotta in italiano con Autobiografia. In realtà non si tratta di una vera e propria biografia, in quanto non si occupa di nessun aspetto della vita di Freud, ma si tratta, semmai, di una cronaca delle sue acquisizioni psicoanalitiche. Già malato da qualche tempo, Freud espone lo sviluppo del suo pensiero fino al 1924, ma, successivamente, tornerà ancora su questo scritto nel 1935 per “aggiornarlo”, aggiungendovi un “Poscritto” e, nel 1936, apporta ancora ulteriori modiche all’intero testo.

Lo scritto, a differenza del precedente Per la storia del movimento psicoanalitico, è meno polemico: in realtà, così come quello del 1914 è contemporaneo alla rottura

con Jung, allo stesso modo questo del 1924 è contemporaneo alla rottura con Rank, tuttavia, nonostante la situazione possa apparire in qualche modo simile, questo secondo scritto sembra avere un intento diverso, più centrato sullo stesso Freud che non sui suoi allievi dissidenti. Per ciò che attiene il rapporto Freud-Nietzsche, però, è possibile notare come il riferimento freudiano alla produzione nietzscheana presenti, più o meno, le stesse caratteristiche di quello risalente a dieci anni prima: ancora una volta Freud associa al nome di Nietzsche quello di Schopenhauer e, ancora una volta, nega un eventuale influsso di entrambi sulle sue scoperte. Ma prima di prendere in considerazione le differenze tra i due riferimenti, si riporta di seguito l’intero passo in questione:

Non vorrei aver destato l’impressione che in questi miei ultimi lavori ho voltato le spalle all’osservazione paziente per abbandonarmi completamente alla speculazione. È vero invece che sono sempre rimasto in intimo contatto con il materiale analitico e non ho mai cessato di occuparmi di temi ben precisi, di natura clinica o tecnica. Anche quando mi sono allontanato dall’osservazione, ho sempre evitato con cura di accostarmi alla filosofia vera e propria. Un’incapacità costituzionale mi ha reso molto più facile questa astensione. Sono stato tuttavia sempre attratto dalle idee di G. T. Fechner, al cui

pensiero, in effetti, ho fatto riferimento per alcuni punti importanti della mia dottrina. Le

notevoli concordanze fra la psicoanalisi e la filosofia di Schopenhauer, il quale non solo ha sostenuto il primato dell’affettività e l’importanza preminente della sessualità, ma ha conosciuto addirittura il meccanismo della rimozione, non possono essere ascritte alla

mia conoscenza delle sue teorie. Ho letto Schopenhauer molto tardi nella mia vita, e per

un lungo periodo di tempo ho evitato di leggere Nietzsche, l’altro filosofo le cui intuizioni e scoperte coincidono spesso, in modo sorprendente, con i risultati faticosamente raggiunti dalla psicoanalisi; più che la priorità mi importava di conservarmi libero da ogni influsso esterno.4

Il finale di questo riferimento richiama immediatamente quello di dieci anni prima, poiché anche quello era incentrato sul problema della priorità. Eppure, questa volta, a cambiare è la premessa: sono passati dieci anni nei quali Freud ha operato quella che è stata ritenuta da alcuni una vera e propria rivoluzione del suo pensiero, ovvero, in questi dieci anni Freud ha pubblicato Al di là del principio di piacere in cui è presente il noto concetto di pulsione di morte. Freud è consapevole della assoluta novità che questo concetto porta con sé e delle critiche ad esso rivolte dall’interno e

dall’esterno della psicoanalisi, prima fra tutte le critiche, quella di aver scritto un’opera filosofica e non di carattere psicoanalitico e, proprio per questo motivo, Freud tiene a precisare che se ciò può essere vero in apparenza, non lo è però nei fatti, che invece, al contrario, legherebbero la sua attività, anche nelle opere più teoriche come Al di là del principio di piacere, all’osservazione empirica e, contemporaneamente, sarebbero invece lontante dalla filosofia “vera e propria”. È interessante questa osservazione “filosofia vera e propria”, perché è questa espressione che dà senso al resto del riferimento in cui Freud ammette l’influenza determinante di Fechner, autore da alcuni considerato come un filosofo sebbene sui

generis, negando però contemporaneamente una ipotetica influenza di Schopenhauer

e Nietzsche, filosofi strictu sensu o “veri e propri”, almeno nella percezione di Freud. La comparsa dell’elemento “Fechner” e la scomparsa di quello “Rank”, segnano una differenza profonda con il riferimento di dici anni prima: entrambe queste figure sono legate al problema della priorità; mentre Rank accusava Freud di non essere stato il primo a fare determinante scoperte, in quanto sarebbe stato preceduto da Schopenhauer e Nietzsche, Freud, come risposta, nega l’influenza di questi due autori, ma, non essendo interessato a questioni di priorità, indica egli stesso dove andare a cercare se si volessero trovare dei precedenti o dei predecessori, ovvero bisognerebbe guardare a Fechner, filosofo atipico o scienziato “filosofico”, ma non a Schopenhauer e Nietzsche, filosofi veri e propri.

Andando poi ad analizzare il contenuto del riferimento, Freud ammette di aver letto Schopenhauer “molto tardi” nella sua vita, sicuramente mai prima della segnalazione di Rank del 1910, ovvero quando Freud aveva già cinquantaquattro anni e aveva già scritto L’interpretazione dei sogni, la Psicopatologia della vita quotidiana, i Tre

saggi sulla teoria sessuale, Il motto di spirito e numerosi altri scritti e casi clinici.

Ma, a ben guardare, anche nel 1910 e per molti anni ancora, Freud non poteva certo ancora dire di “aver letto” Schopenhauer; la segnalazione di Rank, infatti, riportava un passo del Mondo come volontà e rappresentazione lungo giusto un paio di pagine, che non possono certo essere sufficienti per poter affermare di “aver letto” l’autore. In effetti sembra che la lettura freudiana di Schopenhauer si possa far risalire a non prima dell’agosto 1919, durante la stesura di Al di là del principio di piacere, periodo in cui Freud invia una lettera a Lou Salomé in cui scrive: «Ho scelto come argomento della mia indagine il tema della morte, dal quale sono approdato a una singolare concezione relativa alle pulsioni e devo leggere ogni genere di cosa in proposito, per

la prima volta, per esempio, Schopenhauer. Ma non leggo volentieri»5.

Non c’è motivo di credere che questa affermazione freudiana non corrisponda al vero; si tratta di una lettera privata non destinata alla pubblicazione, indirizzata a un’amica e allieva, profonda conoscitrice di Schopenhauer. Quindi, ricapitolando, tanto in Per la storia del movimento psicoanalitico, quanto nella Selbstdarstellung, Freud afferma di non essere stato influenzato nelle sue scoperte da Schopenhauer o Nietzsche e, altre informazioni provenienti dalle corrispondenze, confermano le sue dichiarazioni circa una lettura tardiva di Schopenhauer6.

Si è giunti però all’aspetto più interessante ai fini del rapporto Freud-Nietzsche: Freud scrive “per un lungo periodo di tempo ho evitato di leggere Nietzsche”. Questa affermazione sembrerebbe una novità rispetto a quella di dieci anni prima, o delle sedute del mercoledì, in cui Freud affermava di non aver mai letto Nietzsche: se bisogna partire, come sostiene si debba fare Assoun, da ciò che dice Freud e prestar fede alle sue parole, allora bisogna necessariamente concludere che, durante il periodo tra il 1914 e il 1924 debba essere avvenuta una qualche lettura di Nietzsche, un po’ come è avvenuta, nello stesso periodo, una lettura di Schopenhauer.

Ammesso che sia così, bisogna ammettere che, se questa lettura è avvenuta in questo periodo, così come per Schopenhauer, non si può parlare di influenza nietzscheana sullo sviluppo del pensiero freudiano, ma, semmai, di conferma, in campo filosofico, delle scoperte avvenute in campo analitico.

Nel caso di Schopenhauer si possono distinguere tre periodi all’interno della biografia intellettuale di Freud: 1) il periodo fino al 1910 in cui, stando alle parole freudiane e agli indizi e riferimenti disseminati tra opere e corrispondenze, non c’è stata alcuna lettura di Schopenhauer; 2) dal 1910 al 1919 in cui, a seguito della segnalazione di Rank, Freud ha letto un paio di pagine de Il mondo come volontà e

rappresentazione, limitandosi a ciò e al tema della rimozione; 3) dal 1919 in poi, in

cui Freud, occupandosi del tema della morte, ha affrontato una lettura più sistematica di Schopenahuer che può considerasi la sua prima lettura di questo autore.

Nel caso di Nietzsche, probabilmente, le cose sono andate diversamente, ma prima di tirare le somme, forse, è necessario tornare al riferimento per considerare le

5 Pfeiffer (a cura di) (1966), p. 109 «Ich habe mir jetzt als Altenteil das Thema des Todes ausgewählt,

bin über eine merkwürdige Idee von den Trieben aus gestolpert und muß jetzt allerlei lesen, was dazu gehört, z.B. zum ersten Mal Schopenhauer. Ich lese aber nicht gerne» traduzione mia.

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Del resto, anche nelle opere pubblicate, i riferimenti a Schopenhauer non lasciano adito a pensare il contrario.

implicazioni ancora non del tutto chiare. Freud non si limita ad affermare che per un lungo periodo di tempo ha evitato di leggere Nietzsche, ma offre anche una spiegazione di questa sua scelta: non voleva essere influenzato, voleva cioè conservare la sua autonomia di giudizio.

Se questa è la spiegazione freudiana della sua astensione, ci si potrebbe ulteriormente chiedere: ma perché mai la lettura di Nietzsche avrebbe dovuto influenzare Freud nella formulazione della sua teoria? La risposta potrebbe trovarsi ancora una volta all’interno del riferimento, ma, andrebbe in direzione contraria rispetto alle considerazioni dei fautori di una forte influenza nietzscheana su Freud.

Normalmente si afferma che Freud non volesse leggere Nietzsche poiché non voleva scoprire di aver avuto un predecessore e quindi, perdere il primato delle proprie scoperte; questa spiegazione implica due tipi di presupposti: 1) Freud era affetto da un forte narcisismo e non voleva ferirlo dovendo ammettere il proprio ritardo rispetto a Nietzsche; 2) Freud, quando afferma di non essere interessato a questioni di priorità, proprio a causa di quello stesso narcisismo, mente. Se invece si prende in