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Appendice B Le corrispondenze

7. Nietzsche nella corrispondenza con Zweig

La corrispondenza tra Freud e Zweig è una delle corrispondenze più singolari dell’intero carteggio freudiano. Nonostante copra un periodo relativamente breve, ovvero dal 1927 al 1939 e, nonostante sia una corrispondenza anche piuttosto “striminzita” rispetto alle altre ben più corpose e voluminose, il carteggio Zweig- Freud è indubbiamente il più importante ai fini di una riconsiderazione del rapporto Freud-Nietzsche: è infatti l’unica corrispondenza freudiana in cui la presenza di Nietzsche è veramente significativa e costante, ma, ancora più importante, la corrispondenza con Zweig, come ha ben indicato Meghnagi intitolando la versione italiana Lettere sullo sfondo di una tragedia, è caratterizzata soprattutto dalla comune preoccupazione nei confronti del dilagante pangerminismo, dalla paura che il nazismo tedesco avesse prima o poi invaso l’Austria, cosa che in effetti si verificò e, infine, dal confronto che questi autori intrattengono intorno alla loro comune provenienza ebraica. Se si conciliano questi aspetti e li si collega con la strana e improvvisa presenza nietzscheana che, invece, nelle altre corrispondenze freudiane è quasi del tutto assente, si può comprendere come questi due elementi abbiano, nella visuale freudiana, una correlazione.

La prima apparizione del nome Nietzsche nella corrispondeza è in una lettera di Zweig del settembre 1930. Scrive Zweig:

Lei ha tutti i diritti di essere lasciato in pace e di essere protetto dalla psicologia di letterati. Saprà certamente che è stato Lei a spegnere il lume della vita della letteratura viennese. Essa aveva la sua ragione d’essere nella sua conoscenza dell’animo, nella sua gioia ludica di invenzione linguistica. Ha mostrato che l’animo umano per così dire ha sette piani e che gli scrittori viennesi ne hanno graziosamente descritto solo il colore del tetto; ma con una perspicacia, accuratezza e vivezza incomparabilmente più grande di chiunque altro, compreso Arthur Schnitzler che mi piace e ammiro di cuore come uomo e scrittore, Lei ha espresso ciò che finora si era sottratto alla conoscenza. Altri si ritroveranno, temo, senza difese di fronte al contenuto intellettuale dell’analisi, alla sua portata, alla sua ricchezza fattuale e al suo potere rivelatorio, così come davanti al

fenomeno intellettuale di Nietzsche.42

Già questo prima apparizione, evidentemente, è un esplicito accostamento di Freud a Nietzsche: così come la produzione nietzscheana ha costituito un terremoto culturale, allo stesso modo, secondo Zweig, anche la psicoanalisi freudiana possiede un carattere altrettanto rivoluzionario. Zweig, quindi, nel 1930, a trent’anni dalla morte di Nietzsche e in pieno clima pangermanista, scrive a Freud paragonandolo a Nietzsche: Freud risponde alla lettera dell’amico senza fare nessun riferimento alla questione, facendo letteralmente finta di non aver colto il paragone.

Trascorrono poco più di due mesi e Zweig, in un’altra lettera, scrive a Freud di un progetto che starebbe coltivando, spiegando dettagliatamente il suo punto di vista sulla questione. Si tratta, probabilmente, della lettera più lunga del carteggio e, indubbiamente, quella più importante dalla prospettiva dell’analisi del rapporto Freud-Nietzsche.

Sempre di nuovo i miei pensieri ritornano sul tema di un saggio che dovrei scrivere, se ne avessi il tempo, sul Suo rapporto con Nietzsche. A me sembra che Lei abbia realizzato tutto ciò che Nietzsche intuitivamente sentiva come compito, senza però essere in grado di conseguirlo veramente con tutto il suo idealismo poetico illuminato da geniali ispirazioni. Egli ha tentato di rappresentare la nascita della tragedia, Lei lo ha fatto in Totem e tabù. Egli anelava ad un mondo al di là del bene e del male; con l’analisi Lei ha scoperchiato un regno con cui innanzitutto questa frase si accorda. L’analisi ha cambiato tutti i valori, ha superato il cristianesimo, rappresentato il vero anticristo, e liberato il genio della vita ascendente dall’ideale ascetico.

Essa ha ricondotto la volontà di potenza a ciò che sta alla sua base. Anzi in questioni particolari, che preoccupavano molto Nietzsche, relative all’origine linguistica di concetti morali, l’analisi ha affrontato e risolto un problema infinitamente più vasto e importante del parlare e del pronunciare, dell’associazione e comunicazione dei pensieri. Lo spirito logicista che egli rifiutava in quanto socratico, Lei lo ha confinato in modo molto più preciso nella sua immediatezza, nella sua limitatezza ai domini coscienti, e grazie al fatto che Lei è uno scienziato della natura, e inoltre uno psicologo che avanza passo dopo passo, ha ottenuto quel che Nietzsche avrebbe volentieri realizzato: la descrizione scientifica e la comprensibilità dell’animo umano – e inoltre, poiché è un medico, ha insegnato come regolarlo e come intervenire per curarlo. Credo anche, che una quantità di osservazioni particolari, che riguardano per esempio lo scrittore Freud, mostrino dei collegamenti con Nietzsche, e che l’intrepidezza del

42 Freud, E. (a cura di) (1968), p. 65.

Nietzsche «che fa filosofia col martello», è di gran lunga superata da quella che ha cercato e scoperto l’orfico e il dionisiaco di Nietzsche in una direzione di efficacia semplicemente oggettiva, in cui agisce ancora oggi in ognuno di noi. Purtroppo non sono in grado, almeno per ora, di scrivere questo saggio, perché al momento e per i prossimi anni non mi è data la possibilità di padroneggiare tutto il materiale. Ma certo è un peccato perché il mondo sarebbe certamente pronto a rizzare le orecchie, poiché ha il pallino di catalogare e comprende solo ciò che può classificare. Ora sarebbe ancora magnifico se si dedicasse una volta alla reale «volontà di potenza» cioè a dire la volontà di potenza dei politici nella lotta sociale e se la trattasse in uno dei Suoi libricini gialli, dalla sua chiarezza ideologica cosciente fin nelle profondità. Allora il cerchio del rapporto Freud-Nietzsche sarebbe chiuso. Se conoscesse qualcuno in grado di scrivere sul tema da me abbozzato bene e a fondo, con una facile padronanza del materiale, volentieri gli metto a disposizione questi primi schizzi.43

Il saggio che Zweig desiderava scrivere, in realtà, non vide mai la luce, forse, anche per le resistenze freudiane a questo progetto. In ogni caso, Zweig aveva indubbiamente ragione a sostenere che il “mondo sarebbe certamente pronto a rizzare le orecchie” per un simile progetto. Come si è visto nel primo capitolo, numerosi sono stati i saggi intorno all’argomento che, da quel 1930 in cui Zweig scriveva questa lettera a oggi, hanno visto la luce. Inoltre, Zweig non doveva avere neanche tutti i torti a pensare che il mondo “ha il pallino di catalogare”; la grande fortuna dell’accostamento Freud-Nietzsche è dovuta, più che ai volumi di Assoun e Gasser o ai numerosi saggi presenti nella letteratura scientifica, molto probabilmente, alla fortuna che questo accostamento ha trovato nei manuali, soprattutto liceali, in cui Freud viene spesso “catalogato” come un “filosofo nietzscheano” o, ancora più erroneamente, come un attento lettore di Nietzsche.

È interessante notare come Zweig, oltre alla descrizione del proprio intento di scrivere un saggio sul rapporto Freud-Nietzsche, inviti anche l’amico a scrivere uno dei suoi “libricini gialli”, riferendosi alla copertina dei volumi pubblicati dall’Internationaler Psychoanalytischer Verlag ed è proprio a partire da questo invito che prenderà avvio la risposta di Freud.

Non posso certo [kann ich doch nicht] scrivere il libro giallo, che desidera da me. So troppo poco dell’istinto umano per il potere […]. Quello sul rapporto tra l’influenza di Nietzsche e la mia [Den über das Verhältnis von Nietzsche’s Wirkung zu meiner],

43 Ivi,p. 70-71.

dovrebbe scriverlo [sollten Sie doch schreiben], non c’è bisogno che io lo legga [ich brauche ihn ja nicht zu lesen]. Lo scriva un giorno [Schreiben Sie es einmal], quando non ci sarò più [wenn ich nicht mehr da bin] e Lei sarà inseguito dal mio ricordo. Che Lei passi le Sue riflessioni su questo argomento a qualcun altro, non va; e chi dovrebbe essere? Io non conosco nessuno.44

Freud, non senza un certo umorismo, rifiuta l’invito di Zweig a scrivere un libro sulla volontà di potenza che, tra le altre cose, trasforma in “istinto umano per il potere” [Machtstreben der Menschen] e commenta, ironicamente, la proposta del saggio di Zweig: Freud invita l’amico a scrivere il saggio, ma aggiunge immediatamente che non c’è bisogno che lui lo legga, quindi, velatamente, sta dicendo che un tale lavoro non lo interessa e che, anzi, potrebbe addirittura infastidirlo. Che senso avrebbe, altrimenti, invitare Zweig a scrivere il saggio solo dopo la propria morte? Ciò può significare soltanto che un lavoro del genere, se fosse stato costretto a leggerlo, in vita, l’avrebbe infastidito e quindi, invita l’amico a realizzare questo desiderio solo

post mortem.

Nonostante questa risposta ironica e negativa, Zweig accennerà ancora molte volte all’idea di scrivere il saggio o al tema di un rapporto Freud-Nietzsche e, spesso, non troverà alcuna risposta ai suoi accenni. In data 8 gennaio 1932 scriverà: «cado quasi nel saggio “Freud e Nietzsche”, che ho iniziato e lasciato da parte una volta ancora per finire prima la mia analisi»45 e, a questo accenno, Zweig non troverà risposta alcuna. Poi, qualche settimana dopo, tornerà sul confronto Freud-Nietzsche, scrivendo: «Il mio buon dott. K. era una natura troppo passiva e troppo poco abituato ad usare il sorprendente apparto intellettuale che Lei ha creato per potere, per dirla con Nietzsche, “aiutare coloro che hanno forse più bisogno di aiuto”, che sono malati nella sensibilità e nello spirito e sono incapaci di risolvere da soli la contraddizione tra natura e cultura»46. Ancora una volta Zweig avanza l’ipotesi che l’apparato intellettuale della psicoanalisi, non sia altro che la realizzazione di un auspicio nietzscheano e, quindi, che vi sia una forte relazione tra i due autori e, infine, ancora una volta, gli accenni di Zweig incontrano il silenzio freudiano.

Passeranno un paio d’anni senza che Zweig ritorni sull’argomento, sebbene utilizzi

44

Ivi, pp. 71-72.

45

Ivi, p. 78 lettera del 8 gennaio 1932.

spesso nella corrispondenza termini di chiara matrice nietzscheana47. L’occasione propizia per ripresentare il tema a Freud si presenta quando, con l’intento di scrivere un romanzo su Nietzsche e, quindi, non più sui rapporti Freud-Nietzsche, ma esclusivamente sull’autore dello Zarathustra, Zweig chiederà a Freud di farsi intermediario tra lui e Lou Salomé e di aiutarlo in prima persona, in modo da poter raccogliere, soprattutto da lei, informazioni importanti per realizzare il progetto di questo romanzo. A tal fine Zweig scriverà un’altra lunga lettera intrisa di accostamenti tra Freud e Nietzsche e in cui, addirittura, dirà a Freud che il suo rinnovato interesse nietzscheano è dovuto proprio alla scoperta della psicoanalisi freudiana, come se, effettivamente, ci sia un legame tra filosofia nietzscheana e psicoanalisi freudiana intesa, quest’ultima, come realizzazione della prima.

questa mia [lettera] […] Le regala la prima stesura di un piano che intraprenderò subito dopo Erziehung: scrivere il romanzo della pazzia di Nietzsche. Lei sa, che dal dopoguerra in poi, ho distolto lo sguardo con amaro rifiuto da questo dio della mia giovinezza […]. Mi ci sono riavvicinato ora, dopo tanti anni, perché ho visto in Lei, Padre Freud, l’uomo che ha realizzato tutto quel che Nietzschefritz ipotizzava soltanto: che ha fatto rinascere l’antichità, trasmutato i vecchi valori, fatto piazza pulita del cristianesimo; il vero immoralista e a-teista, che ha dato nuovo nome agli istinti umani, e critico del corso che la cultura ha preso finora, e quanto altro non si potrebbe ancora dire di lui e di Lei – che però evita tutte le sue distorsioni e pazzie, perché ha appunto inventato l’analisi e non lo Zarathustra.48

La risposta di Freud, questa volta inevitabile data la richiesta di aiuto, è la risposta già presa in considerazione in precedenza in cui Freud riferisce che Salomé non ama parlare di Nietzsche. In realtà, la risposta freudiana, questa volta, è ben più articolata e, ora, può essere presa più estesamente in considerazione. Per prima cosa, Freud acclude alla sua lettera di risposta, un articolo di un autore non meglio precisato che, secondo Freud, sebbene fosse «uno psicotico probabilmente mal curato» avrebbe comunque «svelato il mistero di Friedrich Nietzsche»49. Immediatamente dopo questo misterioso articolo, Freud passa al discorso relativo a Salomé, esprimendo i suoi dubbi riguardo a una possibile partecipazione di quest’ultima al progetto di

47 Cfr. ivi, p. 103 lettera del 10 febbraio 1934 e l’accusa di “cineseria” rivolta al popolo francese. 48

Ivi, p. 114 lettera del 28 aprile 1934.

49

Ivi, p. 116 lettera del 11 maggio 1934. Potrebbe essere lo stesso scritto rigettato da Freud e Jones per la pubblicazione.

Zweig, ma, la parte più interessante della lettera, ai fini di una ricognizione del rapporto Freud-Nietzsche, è probabilmente quella successiva ancora, in cui Freud si lascia andare alle sue proprie considerazioni sul progetto di Zweig.

Sto pensando se Le devo consigliare o sconsigliare di realizzare il Suo proposito. L’avversione per il progetto mi è più chiaramente cosciente che non le reazioni a favore […]. Se si tratta di un personaggio così vicino al presente come Friedrich Nietzsche, una descrizione della sua natura e dei suoi destini dovrebbe porsi lo stesso obiettivo di un ritratto, e cioè al di là della messa in luce della concezione, mettere l’accento principale sulla somiglianza. E poiché il rappresentato non può posare, bisogna aver raccolto tanto materiale su di lui da aver bisogno solo di un approfondimento e di una sapiente integrazione. Se no, succede di nuovo quello che è accaduto a quel devoto figlio col pittore ungherese: povero padre, come sei cambiato. Pensi anche, che ce ne facciamo di un Friedrich Nietzsche di fantasia? Se nel suo caso la materia per un tale ritratto è sufficiente, sta a Lei deciderlo […], ma per Friedrich Nietzsche c’è ancora qualcosa che va al di là dell’usuale. È anche la storia di una malattia, e questa è ancora più difficile da indovinare o costruire […]. Ma poi, se è la storia di una malattia, certo la maggior parte dell’interesse per il profano cade.

Non so se questi sono i miei veri argomenti contro il Suo progetto. Forse conta anche la relazione in cui mi mette con lui. Nella mia giovinezza egli significava per me una raffinatezza inaccessibile, un mio amico, il dott. Paneth, aveva fatto la Sua conoscenza in Engadina e mi aveva scritto molto di lui. Anche più tardi mi rapportavo a lui all’incirca come in Bilanz.50

Questa risposta freudiana si può dividere in tre nuclei principali: il primo è costituito dal fatto che Freud sconsiglia la realizzazione del progetto di Zweig, il secondo dalle argomentazioni che giustificano tale consiglio e, infine, l’ultima parte, la più interessante, che descrive, probabilmente per la prima e unica volta in tutte le fonti freudiane, il rapporto Freud-Nietzsche dalla prospettiva dello stesso Freud.

Il fatto di sconsigliare di realizzare il progetto, può essere considerata una semplice apparepetizione di principio, in quanto, finché non la si completa con le argomentazioni successive, non appare in alcun modo fondata. Le argomentazioni addotte da Freud non sembrano essere veramente dirimenti, esse si riducono al fatto che la vita di Nietzsche, molto vicina da un punto di vista cronologico, avrebbe dovuto essere descritta in maniera molto fedele e ciò, secondo Freud, non poteva essere realizzato a causa della scarsa conoscenza che all’epoca si aveva della

biografia nietzscheana. Inoltre, aggiunge Freud, le cose erano complicate dal fatto che Nietzsche aveva sofferto di una grave malattia mentale, sulla quale, a causa della stessa mancanza di informazioni, non era semplice pronunciarsi. Queste argomentazioni, sebbene possano avere un valore generale, perdono immediatamente di credibilità se ad avanzarle è un autore come Freud. Infatti, se Freud avesse dovuto attenersi agli stessi criteri che raccomanda a Zweig, allora non avrebbe dovuto scrivere, una ventina di anni prima, il caso del presidente Schreber. Si trattava infatti, per Schreber, delle stesse circostanze: un autore ancora vicino nel tempo, addirittura ancora in vita quando Freud scrive il suo caso e, un autore sofferente di una patologia psichica. Inoltre, anche nel caso di Schreber si conosceva poco della sua biografia e anche in quel caso non c’era stata nessuna conoscenza diretta.

Sebbene Zweig non abbia avanzato queste possibili critiche alle raccomandazioni freudiane, è lo stesso Freud a rendersi conto che le sue raccomandazioni non sono credibili e che, invece, mascherano qualcos’altro, e per questo motivo, onestamente, passa all’ultima parte della sua risposta, dove, in qualche modo, tenta di rendere partecipe Zweig della natura particolare del suo rapporto con Nietzsche. È a questo punto che Freud ammette di non essere sicuro di sapere se quelli appena esposti fossero i suoi “veri argomenti” [wirklichen Argumente] contro il progetto di Zweig, anzi, aggiunge che, “forse” [vielleicht], in questo suo atteggiamento di rifiuto “gioca un ruolo anche la relazione in cui mi mette [Zweig] con lui” [spielt noch die Beziehung ein Rolle, in die Sie mich zu ihm bringen]. Questa dichiarazione freudiana è l’unica ammissione esplicita, all’interno di tutto il suo discorso, pubblicazioni e corrispondenze, di una idiosincrasia personale nei confronti di Nietzsche, anzi, probabilmente in queste poche righe e, più in generale, in questa lettera a Zweig, sono condensati tutti gli aspetti più importanti per il rapporto Freud- Nietzsche.

Una volta ammessa la sua idiosincrasia personale nei confronti di Nietzsche e giustificato, a partire da questa, il suo rifiuto nei confronti del progetto di Zweig, Freud passa a una breve descrizione della idiosincrasia stessa, scrivendo, e questo passo è tra i più citati dagli interpreti che stranamente rimuovono però il passo precedente, che Nietzsche ha rappresentato, nella giovinezza di Freud, una “raffinatezza inaccessibile” [unzugängliche Vornehmheit], si può anche tradurre una “distinzione” o una “aristocrazia” inaccessibile, quindi, il rapporto Freud-Nietzsche può essere delineato, grazie a queste poche righe, come una raffinatezza inaccessibile

in gioventù e una idiosincrasia in età matura: i due elementi sono interconnessi e indissolubili. Si può anzi affermare che l’idiosincrasia freudiana per Nietzsche sia originata proprio dal fatto che in gioventù questo costituiva una raffinatezza inaccessibile. La prova che si tratti di due elementi interconnessi è data, ancora una volta, dallo stesso passo della lettera, in cui Freud, per rendere comprensibile questa dinamica del rapporto con Nietzsche fa riferiemento al Bilanz di Zweig, ovvero il

Bilanz der deutschen Judenheit. Ein Versuch [Bilancio dell’ebraismo tedesco. Un

tentativo], un’opera pubblicata da Zweig nel 1933 in cui l’autore fa appunto un bilancio tra il sentimento d’appartenenza “etnica” di origine ebraica e quello di appartenenza “linguistica” tedesca e in cui, come Freud nel suo rapporto con Nietzsche, descrive un’infatuazione giovanile che, col passare del tempo, ha perso il suo carattere illusorio. Usando il Bilanz come metro di parogone, Freud vuole sottolineare a Zweig che, per lui, Nietzsche è un tedesco, portatore di quei valori germanici che Freud, in gioventù, ha per un momento ammirato, pur essendogli “inaccessibili” a causa della sua origine ebraica e che, in età matura, non solo non ammira più, ma in qualche modo, proprio a causa di un clima intollerante nel suoi confronti perché ebreo, ricambia lui stesso con altrettanta intolleranza. Poche lettere prima, Freud aveva scritto a Zweig: «noi proveniamo da lì [la Palestina] (sebbene uno di noi di consideri allo stesso tempo tedesco [Zweig], l’altro no [Freud])»51

, dimostrando già una certa scelta di campo chiara e decisa nei confronti di tutto ciò che può richiamarsi alla Germania, poi, qualche tempo più tardi, in risposta al doppio sentimento nazionale dell’amico, Freud lancia un’offerta ben poco lusinghiera per il sentimento germanico di Zweig: «La posso liberare dalla fissazione di dover essere tedesco. Non si dovrebbe abbandonare a se stesso questo popolo dimenticato da Dio?»52. Infine, sempre in riferimento all’amore di Zweig per la patria tedesca, Freud commenta: «Una tale passione romantica non si adatta a gente come noi»53. Bisogna anche ricordare che Zweig, proprio attraverso la scrittura del suo Bilanz, si era liberato di questo sentimento germanico che aveva nutrito per lungo tempo, quindi, usandolo come paragone, è come se Freud volesse comunicare a Zweig che, allo stesso modo, il passaggio dalla giovinezza all’età adulta l’ha liberato dal suo