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Il riferimento freudiano all'eterno ritorno ne Il perturbante

2. Nietzsche nel discorso freudiano

2.6 L'eterno ritorno e la coazione a ripetere

2.6.1 Il riferimento freudiano all'eterno ritorno ne Il perturbante

Freud, dopo un iniziale approccio linguistico-concettuale al tema del perturbante, propone, come esempio, un caso particolare di perturbante, un caso di facile fruizione anche per un vasto pubblico a causa della sua presenza all'interno degli schemi letterari: il tema, appunto perturbante, di pupazzi e/o automi animati. In particolare, Freud fa riferimento al racconto Il mago sabbiolino di E.T.A. Hoffmann. Questo tema dell'automa viene poi ricondotto ulteriormente da Freud alla tematica del sosia o del doppio e, proprio a questo punto, si trova il riferimento, fugace, all'eterno ritorno:

Bisogna accontentarsi di estrarre, tra i motivi che esercitano un effetto perturbante, quelli di maggior rilievo [...]. Tali sono il motivo del “sosia” in tutte le sue gradazioni e configurazioni, ossia la comparsa di personaggi che, presentandosi con il medesimo aspetto, debbano venire considerati identici [...]; l'identificazione del soggetto con un'altra persona sì che egli dubita del proprio Io o lo sostituisce con quello della persona estranea; un raddoppiamento dell'Io, quindi, una suddivisione dell'Io, una permuta dell'Io; un motivo del genere è infine il perpetuo ritorno dell'uguale, la ripetizione degli stessi tratti del volto, degli stessi caratteri, degli stessi destini, delle stesse imprese delittuose, e perfino degli stessi nomi attraverso più generazioni74.

Anche in questo caso, come è stato già spesso constatato per i riferimenti precedenti, Freud non offre nessun riferimento bibliografico che possa in qualche modo essere utile a rintracciare il luogo da cui avrebbe tratto il concetto nietzscheano di eterno ritorno. Inoltre, in questo caso particolare, Freud non solo non offre un riferimento bibliografico, ma non utilizza né il virgolettato né alcun segno che possa indicare una

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Da questo punto di vista si veda l'interessante lavoro di Colonnello (2008), in cui i tre concetti in questione sono considerati e analizzati contemporaneamente.

sua intenzione di utilizzare una espressione altrui75. Infine, anche l'espressione utilizzata non è del tutto coincidente con quella nietzscheana: Freud infatti usa “die bestätige Wiederkehr des Gleichen”, mentre l'originale nietzscheano suona “die ewige Wiederkunft des Gleichen”. L'aggettivo “beständig” ha sì una caratterizzazione temporale, ma di una temporalità più concreta rispetto a “ewig”, si potrebbe dire più immanente; il termine “beständig” può essere anche tradotto come durevole, resistente, indelebile, continuo, persistente, stabile. Invece, “ewig” si traduce quasi unicamente come eterno. Questa sfumatura semantica tra i due aggettivi riflette adeguatamente una discrepanza tra il concetto freudiano di perpetuo

ritorno [die beständige Wiederkehr] e quello nietzscheano di eterno ritorno [die

ewige Wiederkunft]. Mentre per Freud si tratta di un ritorno di alcuni aspetti (caratteri, azioni, nomi ecc.), in un altro contesto e in un'altra collocazione spazio- temporale, per Nietzsche si tratta di una riproposizione esatta con andamento ciclico del tempo stesso. In un caso c'è una ripetizione all'interno di un tempo lineare, nell'altro c'è una ripetizione del tempo stesso secondo un andamento circolare. In altri termini: Freud descrive la situazione di un uomo che si trova a dover fare una scelta simile a distanza di anni, mentre Nietzsche descrive la situazione di una persona che per una serie infinita di volte, ripete sempre lo stesso destino, compie sempre la stessa vita e muore sempre della stessa morte, all'interno di un mondo che è sempre lo stesso mondo, un mondo finito, ma che si ripete all'infinito. Se si volesse in qualche modo rappresentare meglio, semanticamente, la distinzione, si potrebbe dire che in Freud si dovrebbe più propriamente parlare di ritorno del simile e non dell'uguale. In altri termini ancora: Freud descrive un fenomeno fisico, biologico e psicologico insieme, mentre Nietzsche espone una tesi metafisica sulla natura del tempo e del mondo76.

Lasciamo ora sullo sfondo queste differenze per tornare nuovamente alle due espressioni linguistiche utilizzate da Freud e Nietzsche. Un'altra differenza, a prima vista meno significativa, è la differenza tra “Wiederkehr” e “Wiederkunft”. Sembra meno significativa poiché anche illustri studiosi del testo nietzscheano, come Karl Löwith, utilizzano il termine “Wiederkehr”77

, nonostante questo termine sia

75 A questo proposito cfr. anche Gasser (1997), p. 101.

76 In realtà, in Nietzsche, oltre all'aspetto metafisco sulla natura del tempo, è presente anche un

risvolto “esistenziale” dell'eterno ritorno, come sottolinea Lupo (2000). In ogni caso, anche l'aspetto esistenziale non è ugualmente riconducibile al piano biologico e psicologico freudiano.

totalmente assente nell'originale nietzscheano in cui, invece, si trova solo “Wiederkunft”. I due termini, in effetti, non sembrano presentare differenze semantiche significative; entrambi infatti possono essere intesi come “ritorno”. Eppure, sulla scia di Löwith, si può rintracciare una lieve sfumatura di senso tra i due termini. Löwith afferma che «la predicazione di Zarathustra non è che una faticosa mistione tra il linguaggio del Nuovo Testamento e dei drammi musicali wagneriani e la grande maestria linguistica di Nietzsche»78.

Proprio sulla scia di questa osservazione, si può notare come “Wiederkunft”, ancora oggi, sia particolarmente usato in ambito teologico per indicare la Seconda Venuta di Cristo [Wiederkunft Christi], mentre “Wiederkehr” indica un ritorno più neutro, non necessariamente associato alla letteratura religiosa. In questo senso, congiuntamente alle considerazioni precedenti, si può sostenere l’ipotesi che anche la scelta dell'espressione “Wiederkehr” al posto di “Wiederkunft” rappresenti l'ennesima sfumatura semantica che, esattamente come “beständig” in confronto a “ewig”, riveli il carattere immanente dell'argomentazione freudiana rispetto a quello metafisico dell’argomentazione nietzscheana.

Anche questo riferimento, in definitiva, non sembra essere particolarmente significativo, né quantitativamente né qualitativamente, per sostenere l'ipotesi di un'influenza del pensiero nietzscheano su Freud: è un riferimento brevissimo; non ci sono indicazioni bibliografiche, né segnali che si tratti di una citazione; è formalmente distante dall'espressione originale; è concettualmente differente dalla formulazione nietzscheana in quanto indica un fenomeno fisico in un tempo lineare e non una teorizzazione metafisica riguardante una temporalità circolare.