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4. Assetto proprietario e strumenti di separazione tra proprietà e controllo

4.4 Separazione tra proprietà e controllo

4.4.3 Società italiane ed il ricorso effettivo ai principali strumenti di separazione tra proprietà e

4.4.3.2 Effetto del decreto Competitività

141 esercitare un potere sociale in merito a determinati ambiti di interesse della vita societaria, rendendo più omogenea e compatta la compagine degli individui detentori della maggioranza (Leone, 2015). Molte delle società chiuse che hanno adottato la struttura dual class, tuttavia, hanno anche inserito nei loro statuti una serie di clausole o disposizioni che pregiudicano gli interessi di alcune categorie di soggetti legati all’attività dell’impresa. Tali pratiche attribuivano poteri di veto o subordinavano l’esercizio del diritto di voto di una categoria di azionisti al voto favorevole di un’altra, istituendo così una condizione puramente potestativa.

142 Uno degli accademici che si è schierato contro il Decreto Competitività è Zingales L. (2014), il quale giudica in maniera opaca l’introduzione del voto plurimo. Lo studioso ritiene che questo strumento garantirebbe alla minoranza di soci che detengono il controllo la possibilità di imporre la sua volontà a discapito degli altri azionisti. Il voto multiplo, inoltre, bloccherebbe il ricambio ai vertici delle principali società, favorendo i gruppi di controllo delle società già quotate, e scoraggerebbe gli investimenti all’interno del nostro paese. La riforma consentirebbe allo Stato di vendere parte delle quote delle imprese quotate controllate, introducendo la struttura duale, senza il rischio di perderne il controllo. Il voto multiplo, specie se approvato con maggioranza semplice, indebolisce la protezione degli azionisti e stravolge la riforma Draghi. Mucchetti (2014), in contrapposizione a Zingales, prende le difese del voto multiplo, ricordando che l’Italia, introducendo questa nuova categoria di azioni, si accoda a molti ordinamenti societari occidentali che prevedono il voto maggiorato e il voto plurimo da gran tempo. Egli ritiene che i due grandi vantaggi derivanti dall’adozione delle dual class shares siano rafforzare gli azionisti di peso che decidono di sostenere un progetto a medio-lungo terminare e scoraggiare azioni speculative. Plateroti (2014) ritiene che la riforma possa avere un impatto positivo sulle IPO, in quanto essa favorirebbe la quotazione di nuove aziende, in particolare le piccole e medie, che rappresentano il tessuto industriale italiano. Il voto plurimo nelle imprese non quotate garantisce all'imprenditore la possibilità di aumentare il flottante da mettere in Borsa, senza per questo rischiare di farsi scalare l'azienda in modo ostile. Il periodo di 24 mesi di possesso delle azioni per poter godere del diritto al voto multiplo non rappresenta un deterrente alla partecipazione degli investitori, in quanto il voto aggiuntivo spetta a tutti gli azionisti, di maggioranza o di minoranza, e il quadro in cui si muove l'azienda è valutabile dal mercato in modo trasparente. La presenza del voto plurimo è decisa prima dell'IPO, pertanto le carte sono scoperte e l'investitore sceglie liberamente se comprare i titoli al debutto o rinunciare e guardare altrove.

Alvaro et al. (2014) ritengono che l’emissione di tale categoria di azioni non arrechi nessuna violazione ai principi alla base dell’impianto giuridico del diritto finanziario e societario italiano, tra i quali il principio di uguaglianza all’interno delle società di capitali, in virtù del quale viene assicurata parità di trattamento a tutti i titolari di una determinata categoria di titoli. I soci che non concorrono alla deliberazione di emissione a voto plurimo, infatti, godono del diritto di recesso in merito all’intera quota di capitale sociale da loro detenuta. Uno degli aspetti positivi del voto plurimo è rappresentato dal fatto che consente agli imprenditori a capo di imprese di media e piccola dimensione di ridurre il numero di quote partecipative e, di conseguenza, dei costi necessari ad acquisire posizioni di controllo all’interno di una società. Un altro vantaggio è determinato dalla possibilità di realizzare una più intensa attività di monitoraggio dell’operato dei manager incaricati della gestione societaria, unitamente ad una più efficiente diversificazione del proprio portafoglio titoli, con una sostanziale diminuzione del rischio firm-specific sopportato dall’azionista. Le strutture dual class, inoltre, riescono a limitare gli ostacoli allo svolgimento dell’attività d’impresa, provenienti dall’operato di più soggetti. Le azioni a voto multiplo, producendo la concentrazione del controllo azionario in mano a pochi soci, riducono la consistenza dell’azione di disturbo esercitata dagli azionisti minoritari e aumenta le probabilità che validi progetti imprenditoriali trovino la via del successo. Il venture capitalist, ad esempio, ha come obiettivo la massimizzazione del rendimento economico derivante dall’investimento nella società, l’esatto opposto rispetto a quanto voluto dai soci. L’impiego di questa tipologia di titoli permette di configurare una struttura partecipativa in grado di perseguire gli obiettivi per cui l’impresa è stata costituita, in virtù del fatto che la separazione tra proprietà e controllo che determinano, permette di conservare il potere decisionale in mano ai soggetti che presentano maggiori competenze in ambito gestionale. Sagliocca (2014) afferma che il Decreto Competitività possa apportare grandi benefici alle imprese ad alto potenziale e bisognose di risorse finanziarie che vogliono quotarsi, in quanto esse offriranno al mercato soltanto le azioni a voto ordinario, mentre quelle a voto multiplo resteranno in possesso dei soci fondatori. L’impiego delle loyalty shares, di conseguenza, concede loro la possibilità di rivolgersi al mercato degli investitori per reperire il capitale di cui necessitano per alimentare la crescita del loro business e gli permette di conservare il controllo del governo azionario nelle proprie mani.

143 Le società che dal 2014 all’Agosto del 2020 hanno adottato modifiche statutarie volte all’introduzione del meccanismo del voto maggiorato sono 60, mentre tre imprese hanno emesso azioni a voto plurimo prima della quotazione. La maggior parte delle società che hanno adottato questa nuova categoria di titoli è controllata da una famiglia, mentre solo una (Iren S.p.A.) da autorità regionali. Gli emittenti presenti in borsa, nell’anno successivo all’introduzione del Decreto Competitività, che avevano scelto la maggiorazione del diritto di voto erano 15, mentre una sola società aveva effettuato una dual class IPO. Le imprese che nel triennio 2015-2017 hanno introdotto nel loro statuto le loyalty shares erano 35, l’83% delle quali era controllato da family companies e avevano, in termini di capitalizzazione, un peso del 31% sul segmento Star e del 2% sul Ftse Mib. Il 67% delle società che al termine del 2018 avevano emesse tale tipologia di titoli operava nel comparto industriale, l’11% in quello finanziario e il 26% nel settore dei servizi (Tabella 33). Quasi la metà di esse fa parte dell’indice Star, con un peso sulla capitalizzazione di mercato del 38,2%.

Tabella 21: Loyalty shares e azioni a voto multiplo utilizzate dalle imprese italiane quotate nel 2018; suddivise in base alla tipologia di attività e all’indice di mercato al quale appartengono

Fonte: Report on corporate governance of Italian listed companies. Consob (2019)

Al termine del 2019, le società con voto maggiorato pesavano per il 12% sulla capitalizzazione totale di Piazza Affari, la gran parte delle quali comprendeva imprese di piccole e medie dimensioni (50% le Small Cap, 42%

le Mid Cap), mentre nel Ftse Mib erano presenti solo quattro aziende (Amplifon, Campari, Diasorin e Hera).

Queste imprese, per il 90%, appartengono al settore merceologico industriale, mentre il restante 10% opera nell’ambito dei servizi finanziari (banche e assicurazioni escluse). Il 2020 ha visto l’importante ingresso nelle società che hanno adottato il voto multiplo da parte di UnipolSai e Unipol, i cui azionisti di controllo, a fronte di una partecipazione pari al 48%, disporranno di una percentuale dei diritti di voto del 64,87%, se fossero gli unici azionisti a chiedere la maggiorazione del voto. La controllante potrà salire, fino all’89,96% delle voting shares di UnipolSai, pur detenendo l’81,7% del capitale. Uno studio condotto da Ubs Gwm12 nel 2019 ha messo in luce che le performance delle società con strutture dual class sono state superiori rispetto a quelle degli indici di riferimento e anche le imprese che hanno introdotto in Italia voti multipli non hanno subito penalizzazioni da parte del mercato.

Per quanto riguarda le società che emettono azioni prive del diritto di voto, il report annuale della Consob (2019) evidenzia che l'adozione di azioni senza diritto di voto continua a diminuire, infatti alla fine del 2018 le azioni di risparmio erano presenti solo in 14 società, a fronte delle 36 del 2010 e delle 69 del 1998, mentre le azioni privilegiate sono scomparse, a conferma del fenomeno della riduzione delle strutture dual class che è avvenuta a partire dagli anni Novanta. La capitalizzazione di mercato delle non voting shares manifesta lo stesso andamento, passando dal 9.4% del 1998 al 3.2% del 2018 (Tabella 34).

Tabella 22: Imprese italiane quotate che hanno emesso azioni prive del diritto di voto durante il periodo 1992-2018. 1 Percentuale di aziende che utilizzano azioni di risparmio in relazione al numero totale di imprese quotate. 2 Percentuale di azioni risparmio in

12 UBS Gwm è una banca privata d'investimento che offre servizi nei settori degli investimenti (investment banking) e della gestione dei patrimoni di investitori istituzionali.

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relazione al capitale sociale. 3 Percentuale di imprese che utilizzano azioni privilegiate in relazione al numero totale di imprese quotate.

4 Percentuale di azioni privilegiate in relazione al capitale sociale.

Fonte: Report on corporate governance of Italian listed companies. Consob (2019)

Le evidenze empiriche, in definita, mostrano che l’uso delle dual class shares è diminuito gradualmente nel corso del tempo e che le imprese che hanno ricorso al voto multiplo rappresentano una piccola parte di quelle presenti sul mercato. Le ragioni di questo fenomeno sono da ricercare nel fatto che gli investitori ritengono che tali strumenti partecipativi arrechino più rischi che benefici. Il principale svantaggio, come detto in precedenza, consiste nel maggiore incentivo all’estrazione di benefici privati da parte dell’azionista di riferimento. Le ricapitalizzazioni tramite emissioni di azioni speciali a voto multiplo, inoltre, hanno l’effetto di ridurre il prezzo delle azioni ordinarie, poiché il mercato sconta i maggiori costi di agenzia e la minore contendibilità dell’impresa. La regola one share-one vote, invece, si applica meglio alle caratteristiche peculiari del sistema italiano, che è sempre più improntato all’investimento estero e alla contendibilità del controllo. Il legislatore italiano, all’interno del decreto-legge del 13 maggio 2020, ha previsto la possibilità per le società già quotate di emettere azioni a voto multiplo, con l’obiettivo di favorire la diffusione di tale tipologia di titoli e di rendere più competitivo l’ordinamento italiano nei confronti delle giurisdizioni straniere, scoraggiando così la quotazione nei paesi esteri che prevedono meccanismi di rafforzamento dei diritti di voto.