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5. Analisi empirica dei dati

5.3 Analisi delle perfomance e degli strumenti di separazione tra proprietà e controllo

5.3.1 Evoluzione degli strumenti di separazione tra proprietà e controllo

177 partecipazione nella società, che decresce del 18.7% nell’intervallo IPO+1 e IPO+3 e del 2.21% tra IPO+3 e IPO+5, a riprova del fatto che il processo di offerta pubblica per loro è un modo per disinvestire dall’impresa.

Gli intermediari finanziari manifestano, al contrario una netta crescita della partecipazione media posseduta, che arriva al 60.19%, ma tale dato è condizionato dalle poche osservazioni disponibili. Le società straniere hanno, invece, un andamento discontinuo, poiché la media dei diritti di voto medi detenuti cresce dal 48.26%

al 59.89% tra il primo e il terzo anno di quotazione, mentre diminuisce del 23.55% nei successivi due anni, anche se questo valore deriva da un’unica impresa. L’analisi, in sostanza, mette in evidenza che la struttura proprietaria delle società italiane quotate è molto concentrata e che il modello di controllo prevalente è quello familiare e individuale. L’evoluzione dei diritti di voto, infine, rivela la riluttanza a cedere il controllo dell’impresa da parte degli azionisti principali, che mantengono, anche a distanza di cinque anni dall’IPO, il controllo di diritto sull’azienda, non disperdendo, di conseguenza, la struttura proprietarie delle stesse.

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Tabella 50: Strumenti di separazione tra proprietà e controllo utilizzati pre-IPO dalle imprese facenti del campione, suddivisi in base alla tipologia di ultimate shareholder

Campione Famiglia Venture Capitalist

Stato Intermediari finanziari

Società straniera

Imprese 75 (49.34%) 53 6 8 4 4

Piramidi 39 (25.66%) 25 4 5 1 4

Patti

Parasociali 47 (30.92%) 34 4 3 3 2

DCS 4 (2.63%) 3 1 - - -

Piramidi e

Patti 12 10 1 - - 2

Piramidi e

DCS 1 1 - - - -

DCS e Patti 2 1 1 - - -

Fonte: Prospetti Informativi Borsa italiana, elaborazione personale.

Le categorie di ultimate shareholder in cui il numero degli accordi tra azionisti è superiore a quello delle catene societarie sono gli Intermediari finanziari, caratterizzati da tre imprese che ricorrono al primo strumento sopracitato, e le family companies (34), che implementano una piramide societaria nel 25.66% dei casi. I venture capitalist, lo stato e le società straniere preferiscono invece separare i diritti di voto dal flusso di profitti attraverso una catena di controllo. L’andamento temporale dei patti parasociali rivela che il 38.64%

di essi è concentrato tra il 2006 e il 2007 (Tabella 50), mentre nell’intervallo di tempo 2008-2013 si verifica un calo del numero di imprese che utilizzano tale strumento di separazione, a conferma del declino registrato dal report redatto dalla Consob. Il loro numero, tuttavia, ricomincia a crescere a partire dal 2014 e nell’ultimo anno analizzato sono sei le imprese che vi ricorrono nella fase pre-IPO. L’analisi relativa alla tipologia di sindacato mostra che l’accordo più utilizzato è quello concernente la corporate governance dell’impresa (81.82%), come ad esempio la nomina dei membri del consiglio di amministrazione o del collegio sindacale o accordi che influenzano le decisioni degli amministratori. La seconda categoria di patto più frequente è quella di blocco, che è presente nel 72.73% dei casi e comprende quegli accordi che impongono limiti e vincoli al libero trasferimento delle quote azionarie, con l’obiettivo di dotare di stabilità l’assetto proprietario. Una clausola frequente è quella di preventiva consultazione, inserita nel 31.82% dei sindacati, tramite la quale i pattisti cercano di trovare una linea comune per il voto in assemblea, oppure quella di prelazione, utilizzata in quasi la metà dei patti. Le imprese manifestano, inoltre, un consueto impiego del sindacato di voto (29.55%), mentre le opzioni Put e Call vengono inserite solamente nel 18.18% e nel 13.64% dei sindacati.

Nella maggior parte di essi emerge il desiderio di definire un equilibrio stabile che si rifletta all’interno della società e la propensione a influenzare la gestione societaria, con l’obiettivo di normare i comportamenti dei soci.

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Tabella 51: Andamento storico dei patti parasociali e tipologie adoperate dalle società facenti parte del campione

Patti Parasociali Tipologia di Patti Parasociali

2006 8 Sindacato di voto 29.55%

2007 9 Clausole di blocco 72.73%

2008 4 Clausole di consultazione 31.82%

2009 3 Corporate Governance 81.82%

2010 2 Diritto di prelazione 47.73%

2011 - Clausole di covendita 36.36%

2012 1 Opzione Call 13.64%

2013 1 Opzione Put 18.18%

2014 2

2015 5

2016 3

2017 6

Fonte: Prospetti Informativi Borsa italiana, elaborazione personale.

L’analisi relativa all’evoluzione degli strumenti di separazione tra proprietà e controllo, invece, è stata effettuata sui tre panel di imprese utilizzati in precedenza per analizzare i mutamenti della struttura proprietaria delle imprese. L’indagine è stata realizzata ricorrendo a un ulteriore fonte di informazioni, il Calepino dell’Azionista, che è una raccolta di schede riassuntive su tutte le società italiane quotate in Borsa, contenente anche le tipologie di azioni esistenti e le emissioni di titoli da esse effettuate. Lo studio tiene conto del fatto che nel 2014 è stato emesso il decreto Competitività, che ha dato la possibilità alle società di emettere le loyalty shares. Le evidenze riscontrate, tuttavia, confermano lo scarso utilizzo delle dual class shares da parte delle aziende italiane, che vengono adottate solo in tre casi a distanza di un anno dall’IPO, con un’unica impresa che ricorre alle azioni a voto multiplo (Tabella 51), mentre la società Salvatore Ferragamo Spa abbandona la struttura duale per passare alla 1S-1V. Il panel C evidenzia che nessuna società italiana si serve di tale categoria di titoli, ribadendo lo scarso peso che tale strumento ha nel sistema italiano e la poca influenza avuta dal decreto sulle imprese facenti parte del campione. Ciò è anche confermato dal fatto che nemmeno una società facente parte del campione ha emesso, sia nella fase precedente che in quella successiva al processo di listing, azioni di risparmio o privilegiate.

I dati rivelano, per quanto riguarda i meccanismi di dissociazione, un incremento del numero di strumenti utilizzati a IPO+1, presenti nel 56.08% dei casi, rispetto al 49.34% pre-IPO, mentre a distanza di tre anni dalla quotazione si verifica un calo nel loro utilizzo (59), che è condizionato dallo scioglimento di otto patti parasociali. L’incremento della percentuale di imprese in relazione al numero di osservazioni presenti, a distanza di cinque anni dalla quotazione, è dovuto alla stipula di dieci patti di sindacato, ma è anche condizionato dal fatto che non sono disponibili le osservazioni per le imprese quotatesi nel 2015, 2016 e 2017, infatti il loro numero in realtà diminuisce a 44. Gli accordi tra azionisti rimangono lo strumento di separazione tra diritti di voto e cash flow più utilizzato, riscontrabile nel 35.14% a IPO+1 e nel 32.17% a IPO+3 dei casi, ma a 5 anni dall’IPO, al contrario, il numero delle piramidi societarie (25) supera quello dei sindacati tra gli azionisti (24). L’indagine mette in evidenza che la quantità di catene piramidali rimane pressoché costante, infatti nessuna impresa, negli anni seguenti la quotazione, imposta una struttura piramidale e la loro variazione è dovuta all’entrata o all’uscita da gruppi societari che già ricorrono a tale meccanismo.

L’indagine mette in luce, inoltre, che solamente sette imprese ricorrono, negli anni successivi all’IPO, ai meccanismi di separazione tra flussi di cassa e diritti di voto. L’indagine effettuata mostra, in definitiva, che l'uso di dispositivi per dissociare la proprietà dal controllo è quindi un fenomeno in diminuzione nelle IPO esaminate. La pratica di emettere di azioni senza diritto di voto quasi scompare e anzi è presente un caso di unificazione dei titoli. Bigelli (2004) ritiene che tra le ragioni che possono spiegare tale modello vi sia l'allargamento della base di investitori per il mercato azionario italiano e la pressione esercitata dai grandi investitori istituzionali per la struttura one share - one vote.

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Tabella 52: Evoluzione degli strumenti di separazione tra proprietà e controllo negli anni successivi all’IPO. La colonna % strumenti indica la percentuale di imprese che utilizzano un particolare CEM in relazione al numero delle imprese che ne fanno ricorso, mentre la colonna % campione riporta tale dato in funzione del numero totale delle osservazioni.

Panel A - IPO+1 Panel B - IPO+3 Panel C- IPO+5

Numero di Osservazioni 148 115 77

Imprese 56.08% 51.3% 57.14%

Strumenti % strumenti % campione % strumenti % campione % strumenti % campione

Piramidi 45.78% 25.66% 50.85% 26.09% 56.82% 32.47%

Patti Parasociali 62.65% 35.14% 62.71% 32.17% 54.55% 31.17%

DCS 3.61% 2.03% 3.39% 1.74% - -

Fonte: Consob, Thomson Reuters Eikon e Aida, elaborazione personale