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3. Underpricing delle IPO italiane

3.3 IPO Underpricing nel caso italiano: evidenze empiriche e Long Run Underperformance

3.3.2 IPO Underpricing delle imprese italiane: evidenze empiriche

103 adesioni (over/undersubscription), e di minimizzare il rischio di rimanere con azioni invendute. Il global coordinator, per determinare il valore di equilibrio, tiene conto delle condizioni del mercato mobiliare domestico ed internazionale e della quantità e qualità delle manifestazioni di interesse ricevute. L’equilibrio fra le due offerte, in termini di prezzo di collocamento e di quantità offerta finale, può essere ottenuto tramite le clausole di claw back. Quest’ultima consente di modificare la dimensione di ogni tranche durante la fase di allocazione dei titoli, trasferendo le azioni da un’offerta all’altra. Essa permette di aumentare il quantitativo destinato all'offerta pubblica, rispetto al quantitativo minimo previsto, in caso di forte domanda del pubblico, o, al contrario, di aumentare la quota istituzionale in caso di domanda retail inferiore al quantitativo atteso.

Lombardo & Giudici (2012) ritengono che la fissazione del prezzo in un momento successivo alla raccolta delle adesioni irrevocabili, configura uno scenario di arbitraggio. Ciò è dovuto al fatto che alla determinazione dell’offering price partecipa l’emittente, con il supporto dei membri del consorzio, il cui guadagno dipende dal valore dell’offerta. Essi curano la procedura di raccolta e analisi delle informazioni provenienti dagli investitori istituzionali, che tendono a creare meccanismi di cooperazione con i bookrunners, aiutandoli nelle IPO meno fortunate e ricevendo una ricompensa in quelle più lucrose. Tale metodologia espone gli investitori retail a comportamenti opportunistici da parte degli emittenti o dei coordinatori, che possono fissare prezzi di offerta troppo elevati, sfruttando le clausole di claw back e spostando la domanda mancante sul pubblico retail. Questa categoria di investitori è impotente di fronte a questa situazione, in quanto non ha modo di accertare come si è formato il libro degli ordini e in quale misura la volontà dell’emittente e degli underwriters sia prevalsa sulle indicazioni provenienti dal libro degli ordini.

104 dei paesi finanziariamente evoluti. Gli autori calcolano due misure di Underpricing: un valore “semplice”, definito come la differenza in percentuale tra il prezzo dell'azione dopo il primo giorno di quotazione e il prezzo di offerta, e un valore “corretto”, definito come la differenza tra la misura semplice e il rendimento del FTSE MIB, misurato tra il giorno dell'ammissione alla negoziazione e l'inizio dell'offerta pubblica. Essi rilevano un valore medio semplice del 25,6% (corretto del 22,6%), che diminuisce al 10% per le IPO più recenti del campione, a conferma del calo che tale fenomeno ha subito nel tempo. Gli studiosi analizzano anche il money left on the table presente nei processi di quotazione, ottenuto moltiplicando l’Underpricing semplice per il numero di azioni offerte. L'importo medio è pari a 18,067 milioni, con le maggiori perdite di ricchezza registrate nelle IPO di Finmatica (359 milioni) e di IMI Banca (289 milioni). Il periodo 1995-1999 è caratterizzato dal fatto che molte grandi imprese italiane, operanti nel settore bancario e industriale, hanno scelto la via del Go Public, offrendo un grande quantitativo di titoli, che ha causato un aumento del livello di ricchezza lasciata sul tavolo rispetto al passato. Gli studiosi, inoltre, mostrano che le auction offering hanno registrato un livello di Underpricing e una perdita di ricchezza inferiore rispetto al dato medio dell’anno in cui si sono svolte. La sottovalutazione si è rivelata inferiore nelle IPO precedute dall’attività di bookbuilding, mentre l'importo del denaro lasciato sul tavolo è simile.

Fabrizio & Samà (2001), invece, analizzano il numero di IPO e il valore medio dell‘Underpricing, corretto per l’indice di mercato MIB, relativamente a un campione di 41 IPO avvenute in Italia tra il 1995 e il 1998. I dati raccolti (Tabella 14) mostrano che nel primo biennio lo sconto di quotazione è superiore a quello calcolato per tutto il periodo osservato (tra il 9,77% e il 9.09%), invertendo poi la sua tendenza nel secondo biennio, attestandosi su valori inferiori a quelli medi (6,34% per le IPO del 1997 e 7,19% per quelle del 1998). Il valore non corretto risulta stabile lungo tutto il periodo considerato, passando da un minimo di 8.44% nel 1996 a un massimo di 9.80% nel 1995. Il 29% delle imprese facenti parte del campione ha fatto registrare rendimenti negativi al termine del primo trading day. Gli autori, analizzando la distribuzione temporale delle IPO, individuano due periodi in cui esse risultano essere concentrate: giugno-luglio (19 IPO) e ottobre-dicembre (15 IPO); in questo caso però non si evince alcuna correlazione tra la frequenza delle operazioni e la misura dell’Underpricing. Gli autori, al crescere dell’intervallo di tempo dal momento in cui è stata effettuata l’offerta, registrano una riduzione dell’Underpricing, unitamente a un elevato volume di negoziazioni sui titoli nella prima fase di contrattazioni. I volumi scambiati, a distanza di un anno dall’offerta, sono pari ad un decimo di quelli realizzati nel primo mese di scambi, in linea con la previsione teorica che tale fenomeno è in parte dovuto all’eccesso di domanda generato dall’euforia degli investitori.

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Tabella 14: Distribuzione temporale del numero di IPO e del valore medio del loro underpricing a un giorno corretto per l’indice di mercato MIB (dato fra parentesi, espresso in percentuale)

Fonte: Fabrizio & Samà (2001). Gli IPO sul mercato italiano nel periodo 1995-1998: una valutazione dell’Underpricing e della Long-run Underperformance.

Un’altra causa che determina l’extravolume di negoziazioni nel primo periodo di trading è l’attività di stabilizzazione, ad opera degli intermediari aderenti al consorzio di collocamento. Gli studiosi fanno vedere che per questa tipologia di offerte, l’andamento dell’Underpricing è diverso sia da quello medio di tutto il campione, sia da quello delle IPO per le quali non si è avuta stabilizzazione. Quest’ultime sono caratterizzate da un Underpricing del 10.81%, mentre quelle stabilizzate presentano un valore trascurabile (0.55%) e addirittura un Overpricing nel lungo periodo (-14.27% a tre mesi). I dati suggeriscono che gli intermediari intervengono solo a sostegno dei prezzi per i quali si è avuta una sopravvalutazione all’atto del collocamento, con l’intento di limitare la capacità del mercato di individuare il giusto valore dei titoli.

Celia (2008) focalizzandosi sulle IPO realizzate sui mercati STAR, Standard ed Expandi negli anni 2005-2007(Tabella 15), rileva uno sconto di quotazione medio del 12% nel 2005 e del 13,1% nel 2006, mentre nell’anno successivo tale valore subisce un crollo, attestandosi al 4,6%. Tale diminuzione è dovuta al fatto che durante il 2007 i mercati finanziari hanno subito l’effetto della crisi dei mutui subprime, che ha avuto come conseguenza, non solo una modifica al ribasso delle valutazioni delle società emittenti, ma anche una riduzione dell’Underpricing. I dati mostrano un andamento positivo, infatti le overpriced IPO sono 3 nel 2005 (Marr -0.9%, Caleffi -1.2% e Eurofly -1.0%), 1 nel 2006 (Pierrel -0.5%) e 5 nel 2007 (Omnia Network -5.4%, Servizi Italia -1.8%, Aeffe -4.0%, RCF Group -1.2% e Damiani -5.9%).

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Tabella 15: Andamento dell’underpricing negli anni 2005-2007 per le IPO realizzate sui segmenti STAR, Standard e sul mercato Expandi

Fonte: Celia P. (2008). Underpricing, oversubscription, ownership dispersion e liquidita’ nel mercato secondario: evidenze dalle ultime operazioni italiane.

L’autrice, oltre all’analisi storica del fenomeno, verifica le differenze nei tre mercati considerati. Le società che si quotano sul mercato Expandi concedono maggiori sconti sul prezzo (10.9%), rispetto a quelle presenti sul segmento Standard (8.5%) e STAR (7.6%). Le differenti performance sono attribuibili alla maggiore trasparenza imposta dal regolamento STAR, che riduce, pertanto, il rischio di moral hazard a cui gli investitori sono esposti e, di conseguenza, anche l’Underpricing richiesto. Un altro aspetto su cui si sofferma la studiosa è la relazione tra il fenomeno dell’Underpricing e l’ownership dispersion che si verifica con il processo del Going Public. La quotazione in Borsa comporta sia una diluizione delle partecipazioni degli azionisti preesistenti, sia una riduzione della concentrazione della proprietà nelle mani di pochi shareholders. Lo studio rivela una correlazione negativa tra lo sconto sul prezzo e l’aumento del numero degli stockholders, dato che al crescere di tale sconto aumenta il numero di azioni che ciascun shareholder vorrebbe detenere, determinando così una maggiore concentrazione delle partecipazioni.

Dell'Acqua et al. (2015) esaminano un campione di 129 IPO avvenute sui mercati MTA, AIM, Nuovo Mercato ed Expandi, durante il periodo 2001-2012. Essi misurano un Underpricing medio del 6.52%, mentre il valore

107 corretto per l’indice FTSE MIB è pari al 6.75%. Questi risultati sono di gran lunga inferiori alla media del 21%

registrata per le 164 IPO avvenute in Italia dal 1985 al 2000, a conferma della costante diminuzione del fenomeno riscontrata anche negli studi precedenti. Questa progressiva riduzione, secondo gli autori, è legata all'adozione di metodi di bookbuilding più efficienti, che consentono agli underwriters di raccogliere informazioni precise sulla domanda di azioni da parte degli investitori istituzionali. Questo trend è correlato alle condizioni di mercato, infatti le IPO del periodo 2001-2003 sono in media overpriced e ciò è ascrivibile alla concomitante recessione economica e alla liquidità congelata del mercato azionario. Il 70% delle offerte ha registrato un andamento positivo il primo giorno di negoziazione, mentre il 30% del campione ha sofferto un calo dei prezzi. Gli autori rilevano che le imprese quotate sui segmenti Expandi e AIM presentano un Underpricing rispettivamente del 9.58% e 16.32%, mentre nel mercato MTA tale valore è pari a 4.17%. Questi risultati indicano che le piccole e medie imprese tendono ad essere più sottovalutate durante il primo giorno di quotazione, dato che sono più giovani, più rischiose e caratterizzate da una maggiore incertezza nella valutazione. Le aziende del campione con una capitalizzazione superiore a 1 miliardo di euro, infatti, presentano un Underpricing corretto del 3,35%, mentre quelle con capitalizzazione inferiore a 50 milioni mostrano un valore pari a 9.38%.