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4. Assetto proprietario e strumenti di separazione tra proprietà e controllo

4.2 Principio “un’azione – un voto” nella letteratura economica

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Scalata ostile o take-over, le cui condizioni per una buona riuscita sono la presenza di un mercato del controllo delle imprese che consenta agli azionisti scontenti della gestione di vendere le azioni e all’imprenditore capace di acquisire il controllo;

Guerra delle Deleghe o Proxy Fight, tramite la quale lo scalatore si fa assegnare la delega di voto dai piccoli azionisti per installare un nuovo management che è favorevole al take-over;

Struttura dei diritti di voto.

Un sistema di voto proporzionale implica che il controllo sia nelle mani di colui che possiede la partecipazione più elevata, e che pertanto ha maggiori incentivi ad agire nell’interesse collettivo. Questi azionisti hanno l’obiettivo di massimizzare il valore della società, perché hanno investito molte risorse e vogliono quindi ottenere un adeguato ritorno dal loro investimento. Essi, inoltre, hanno minori incentivi a esercitare il diritto di voto per perseguire i benefici privati del controllo, in quanto andrebbero a danneggiare l’interesse sociale (Jensen e Meckling, 1976). Il principio di proporzionalità tra diritti di voto e diritti patrimoniali è uno strumento che può orientare il controllo alla massimizzazione del valore societario. La presenza di azionisti di controllo riduce il rischio di scalate e, per questa via, l’azione disciplinante del mercato. Una forte concentrazione dei diritti di voto in capo a un solo soggetto, tuttavia, può esasperare i problemi di agenzia fra azionista di maggioranza e di minoranza. Lo shareholder di controllo può, infatti, avere incentivi a estrarre benefici privati dall’impresa, nella misura in cui il loro valore è superiore alla riduzione di valore che ciò causa alla propria partecipazione. La letteratura ha evidenziato come l’obbligatorietà della regola di proporzionalità possa:

a) spingere le imprese a ricorrere ad altri strumenti di rafforzamento del controllo, quali i gruppi piramidali o le partecipazioni incrociate;

b) scoraggiare la quotazione delle società;

c) disincentivare l’acquisizione di una posizione di controllo nelle aziende (e quindi ridurre gli incentivi allo scrutinio dell’operato dei managers);

d) scoraggiare scalate potenzialmente efficienti.

Il dibattito relativo alla desiderabilità del principio 1S-1V è riconducibile al tema dell’allocazione dei diritti di controllo sull’attività d’impresa, che trova i suoi riferimenti teorici nella teoria dell’agenzia e in quella dei contratti incompleti. L’incompletezza dei contratti deriva dall’impossibilità da parte dei contraenti di individuare e descrivere in modo esaustivo ogni possibile circostanza futura che potrebbe verificarsi nel corso della relazione contrattuale. L’allocazione dei diritti proprietari, ossia il diritto di compiere una scelta discrezionale nelle circostanze future che non sono state previste dalle parti, sarebbe irrilevante ai fini dell’efficienza, se non esistessero i problemi di agenzia e se gli interessi del principale e dell’agente fossero allineati. Le deviazioni dal principio di proporzionalità riconducibili al rafforzamento del controllo mediante l’emissione di categorie di azioni prive (in tutto o in parte) del diritto di voto possono essere inquadrate nello schema teorico dei rapporti di agenzia. La concentrazione proprietaria nelle mani di un singolo azionista e il mercato del controllo societario sono i due principali meccanismi attraverso cui è possibile mitigare i problemi di agenzia fra azionisti e management. L’azionista detentore di una partecipazione rilevante ha sia l’incentivo sia il potere di monitorare il comportamento dei managers e assicurarsi che l’impresa venga gestita in maniera efficiente. La presenza di un mercato del controllo efficiente, invece, spinge i managers a gestire al meglio l’azienda per paura di essere sostituiti, incrementando l’efficienza ex ante, e permette che il controllo sia trasferito in capo a chi è in grado di valorizzare al meglio le risorse dell’impresa, aumentando l’efficienza ex post. L’adozione di una struttura di voto che devia dal principio un’azione – un voto può influire sull’efficacia di entrambi i meccanismi. Sistemi non proporzionali di voto possono sia agevolare sia minare l’efficacia della concentrazione proprietaria come meccanismo di governance.

I sistemi dual class, da un lato, incentivano l’attività di monitoring del management da parte del blockholder, poiché riducono i costi associati alla detenzione di una partecipazione significativa in una sola impresa, ossia

118 i costi legati alla mancata diversificazione del portafoglio e alla detenzione di un asset potenzialmente illiquido. La deviazione permette al large shareholder di controllare una percentuale di voti più che proporzionale rispetto all’investimento effettuato e di ridurre il livello di rischio firm-specific (Gilson &

Schwartz, 2012). La separazione tra diritti di voto e diritti ai flussi di cassa, tuttavia, aggrava i problemi di agenzia tra azionista di maggioranza e azionisti di minoranza, poiché aumenta gli incentivi all’estrazione di benefici privati del controllo (Grossman & Hart, One share-one vote and the market for corporate control, 1988). Lo shareholder che controlla una società con un investimento finanziario più contenuto rispetto a quello che sarebbe necessario se valesse la regola one share-one vote, ha una maggiore convenienza ad attuare operazioni dannose per la società. Esso riesce ad estrarre i benefici privati attraverso l’attività di Tunnelling, che consente di incanalare i benefici tramite le seguenti modalità:

• I manager si attribuiscono compensi elevati e comprano beni di lusso, riducendo il profitto per gli azionisti;

• Assunzioni non meritocratiche, ma a vantaggio di chi detiene il controllo (familismo);

• Fondere l’impresa con un’altra a prezzi svantaggiosi per gli azionisti di minoranza;

• Diminuire il valore dell’impresa, facendole o acquistare a caro prezzo input prodotti da imprese di loro proprietà, o vendere i suoi prodotti a prezzi ribassati.

I piccoli azionisti hanno un basso incentivo a sorvegliare gli amministratori, dato che il controllo è un bene pubblico. L’interesse dell’investitore individuale, a causa del free riding, non è rimpiazzare un gruppo di amministratori incompetenti, dato che i costi sono sostenuti solo da colui che intraprende l’azione di monitoraggio, mentre i benefici derivanti da un’amministrazione migliorata sono suddivisi tra tutti gli azionisti. Grossman & Hart (1988) ritengono che la struttura dei diritti di voto venga impostata dal proprietario prima della quotazione della società, in modo tale che il mercato del controllo delle imprese riesca a mettere sotto la giusta pressione il futuro Consiglio di Amministrazione. L’imprenditore vuole aumentare il valore dei titoli in circolazione e massimizzare i proventi che incasserà quanto si ritirerà dall’impresa. Il suo obiettivo è facilitare cambiamenti nel management solo nelle giuste direzioni, impedendo così ai manager incapaci di mantenere il controllo, al fine di estrarre i benefici privati. Il valore totale di una società con un particolare CdA è idealmente diviso in due parti: il valore pubblico, che è pari al valore attuale dei flussi di dividendi futuri ricevuti dagli azionisti, e il valore privato, detenuto dagli insider. Un potenziale scalatore può ottenere il controllo di un’azienda dual class acquistando meno del 50% dei flussi di dividendi.

Un gruppo di amministratori rivali, che produce un basso valore pubblico ma un elevato valore privato, potrebbe, di conseguenza, sottrarre il controllo ad un incumbent, il cui obiettivo è massimizzare il bene pubblico, acquistando a premio il pacchetto di controllo. Un incumbent con basso valore pubblico per gli azionisti, allo stesso modo, potrebbe essere in grado di mantenere il controllo a discapito di un rivale esterno con elevato valore pubblico. La struttura ottimale, pertanto, è quella 1S-1V, poiché obbliga chiunque voglia ottenere il controllo ad acquistare una quota di proprietà (numero di azioni) proporzionata alla quota di controllo e quindi fornisce al nuovo controllante l’incentivo per prendere decisioni a favore di tutti.

La deviazione dalla regola one share – one vote genera due tipi di errore: nel primo caso facilita il trasferimento del controllo quando non dovrebbe essere esserci, nel secondo impedisce il trasferimento del controllo quando dovrebbe avvenire. Tale struttura, sebbene sia utile in un’ampia classe di casi, non è sempre ottimale. L’adozione di un sistema dual class, nel caso in cui sia l’incombente che il rivale possiedono significativi benefici privati, può aumentare l’intensità della competizione nel mercato per il controllo delle società e consentire agli azionisti di estrarre parte dei benefici privati di entrambi, aumentando il valore della società. Un altro caso in cui la deviazione è ottimale è quello in cui le preferenze degli amministratori sono rilevanti rispetto a quelle degli investitori e hanno un certo peso nella scelta della struttura del capitale. I diritti di controllo, pertanto, sono allocati ai manager, al fine di concedere agli stessi di godere dei propri benefici privati. Il possessore iniziale della società, in alternativa, potrebbe cedere i benefici privati ad un grosso investitore, cosicché quest’ultimo possa consumarli senza rischio di espropriazione. Se amministratori

119 ed investitori sono soggetti a vincoli di ricchezza stringenti e non possono permettersi di acquistare un grosso pacchetto azionario, è necessario discostarsi dal principio un’azione-un voto per raggiungere questi obiettivi.

Le imprese che rientrano in questa categoria sono quelle che operano nel settore dell’editoria, in cui la capacità di influenzare l’opinione degli individui determina importanti benefici non monetari, e quelle sportive e dello spettacolo, in cui l’essere associati a personaggi famosi ed a squadre vincenti porta elevati benefici privati. Grossman e Hart (1988), dato che il principio un’azione-un voto non è sempre ottimale, ritengono non necessario renderlo obbligatorio per l’ammissione alla quotazione in borsa, perché:

- Restrizioni aumentano il costo della raccolta dei capitali sul mercato azionario;

- Aggiustamenti spontanei del mercato finiscono col penalizzare comunque le imprese che deviano da 1S-1V;

- Esistono mercati alternativi che possono specializzarsi nel trattare titoli con strutture diverse (STAR in Italia);

- Per evitare abusi da cambiamento di struttura è comunque meglio obbligare a offrire informazioni per dimostrare che la nuova struttura non sarà dannosa per gli azionisti outsiders.

- I cambiamenti di struttura da 1S-1V a dual class sono più probabili in imprese mature e con un azionariato molto frammentato. Questo mutamento è sospetto, in quanto segnala al mercato che l’insider che detiene la maggioranza, vuole mantenere il controllo con una quota inferiore al 50% del capitale. Il management, in questo caso, non dispone dei corretti incentivi per scegliere la struttura di voto che massimizzi il valore dell’impresa, perché i benefici sono incamerati dagli azionisti correnti e non dai manager.

La struttura di voto può anche incidere sull’efficacia della disciplina di mercato nell’influenzare il comportamento dei managers. La disciplina imposta dal rischio di scalata e il monitoring dell’azionista di controllo sono meccanismi di corporate governance che consentono di mitigare i problemi di agenzia fra azionisti e managers. I due meccanismi, in presenza di un sistema di voto proporzionale, sono legati da una relazione inversa: al crescere del numero di azioni possedute da un azionista crescono sia i suoi diritti ai cash flows, con effetti positivi sugli incentivi a perseguire gli interessi della società, sia i diritti di voto, con effetti negativi sulla contendibilità del controllo. I diritti di voto, in presenza di sistemi dual class, aumentano in misura più che proporzionale al crescere della partecipazione al capitale: ciò comporta una minore contendibilità, ma anche un maggiore potere di monitoring sul management. Queste strutture, tuttavia, amplificano i problemi di agenzia fra insider e outsider, per via del maggiore incentivo a estrarre benefici privati. La minaccia di scalata, tuttavia, può produrre effetti indesiderati e alterare il comportamento dei managers. Quest’ultimi potrebbero agire in modo da rendere l’impresa meno attraente, ad esempio stipulando con i lavoratori contratti di lungo periodo molto generosi o lanciando aumenti di capitale appena un raider si affaccia all’orizzonte, al fine di ostacolare il take-over. L’ipotesi che in un mercato contendibile l’efficienza sia incrementata sia ex ante (la contendibilità dovrebbe svolgere un’azione di disciplina sui managers, riducendo i problemi di agenzia derivanti dalla separazione tra proprietà e controllo) sia ex post (la contendibilità permette che i managers vengano sostituiti da dirigenti più competenti) non trova piena conferma nella letteratura di riferimento.

Un secondo filone della letteratura analizza gli effetti della struttura di voto sul funzionamento del mercato del controllo societario, evidenziando come la proporzionalità tra diritti di voto e diritti al capitale favorisca un’allocazione ottimale del controllo solo in alcune circostanze. L’ottimalità della regola di proporzionalità dipende, infatti, dal tipo di impresa oggetto di offerta (a proprietà dispersa o concentrata), dal numero di potenziali acquirenti e dal grado di asimmetria informativa circa la capacità dell’offerente di generare valore.

Grossman & Hart (1980) dimostrano, con riguardo alle imprese che presentano una proprietà dispersa, che i sistemi non proporzionali di voto favoriscono la realizzazione di operazioni di acquisizione del controllo efficienti, mitigando il del free riding. Tale problema deriva dall’esistenza di elevati costi di coordinamento, che impediscono agli azionisti di un’impresa widely-held di individuare una strategia comune di risposta

120 all’offerta di uno scalatore, per cui ognuno di essi assume le proprie decisioni ritenendosi ininfluente ai fini dell’esito finale dell’offerta stessa. Tale comportamento può determinare l’insuccesso di operazioni di acquisizione efficienti, in grado di accrescere il valore dell’impresa. In una situazione di asimmetria informativa riguardo la capacità dell’offerente di generare valore, diventa possibile mitigare il free riding attraverso una struttura di voto non proporzionale. I sistemi non proporzionali di voto, in assenza di concorrenza tra bidders, riducono il prezzo a cui gli azionisti sono disponibili a cedere le proprie azioni e di conseguenza il costo del takeover. La deviazione dal principio un’azione – un voto migliora l’efficienza del mercato del controllo societario, favorendo il successo di offerte di acquisto vantaggiose. Tale conclusione si riferisce, però, a uno scenario in cui vi è un solo soggetto interessato ad acquisire il controllo di un’impresa ad azionariato disperso. Ciò non vale per le società ad azionariato concentrato, dove non c’è un problema di free riding. Il trasferimento del controllo, dove esiste un azionista con una partecipazione superiore al 50%, avviene attraverso una negoziazione bilaterale fra tale soggetto e il potenziale acquirente della partecipazione. La regola della proporzionalità, in tali circostanze, favorisce la realizzazione di offerte che determinano un incremento del valore dell’impresa e scoraggia quelle value decreasing.

La possibilità di deviare dal principio di proporzionalità tra diritti di voto e patrimoniali può avere effetti anche sulle scelte finanziarie delle imprese, nonché indurle a ricorrere ad altri strumenti di separazione tra proprietà e controllo. L’azionista di controllo di un’impresa quotata che necessita di nuove risorse per finanziare progetti di investimento, in presenza della regola di proporzionalità, potrebbe scegliere di non intraprendere tali progetti, perché per finanziarli dovrebbe diluire la propria posizione di controllo. La possibilità di deviare dal principio un’azione - un voto, invece, gli permetterebbe di ottenere nuove risorse, mantenendo al contempo il controllo della società. Tale struttura, inoltre, incide sulla scelta di un imprenditore di quotare o meno la propria società. La struttura 1S-1V implica che l’imprenditore può mantenere il controllo solo attraverso un investimento di capitale proporzionale, che però riduce l’ammontare di risorse ottenibili in fase di IPO, nonché la liquidità del titolo stesso. La dual class, al contrario, permette di mantenere la governance attraverso un investimento inferiore, che libera quindi risorse finanziarie che possono essere allocate su altri investimenti. L’imprenditore, pertanto, riesce a diversificare meglio la propria ricchezza e a ridurre il rischio firm specific a cui è soggetto.