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L’effetto delle soglie di non punibilità nella confisca tributaria

Capitolo 2. La confisca per equivalente

2.5 La confisca per equivalente di cui all’art.12-bis D.Lgs 74/2000

2.5.2 L’effetto delle soglie di non punibilità nella confisca tributaria

I reati tributari, in seguito alla riforma del 2015 ad opera del D.Lgs. 24 Settembre 2015 n.158, prevedono nuove soglie di non punibilità a seconda delle singole fattispecie in esso contenuti. Si

141 Attenta dottrina (A. Marcheselli, op.cit., p.26) afferma: «A prima vista, esso parrebbe dover essere inquadrato

nell’ultimo momento anteriore alla definitività della pronuncia che dispone la confisca. È tuttavia possibile una lettura ulteriore, che procrastini il termine alla esecuzione della confisca. In questa prospettiva, l’interessato si troverebbe a beneficiare, dopo la sopravvenuta irrevocabilità della sentenza, di un ulteriore periodo di tempo, quello intercorrente fra la costituzione dell’impegno a restituire e l’effettiva restituzione del profitto, in cui gli effetti della definitiva confisca sarebbero provvisori».

142 S. Finocchiaro, art. prec. cit., p.177. L’autore sottolinea la differenza che intercorre tra semplice impegno a pagare formalizzato dopo la sentenza definitiva e un pagamento dell’imposta, o di una sua parte, dopo la medesima sentenza. In questo secondo caso spetta al giudice dell’esecuzione eventualmente ridurre parzialmente o sospendere del tutto l’efficacia del provvedimento di confisca.

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pensi al reato di omessa dichiarazione, punito penalmente solo se, in riferimento a ciascuna imposta, l’evasione supera l’importo di € 50.000 o al reato di dichiarazione infedele, dove la soglia prevista è di €150.000 o ancora ai reati di omesso versamento, che ne prevedono altre di ammontare ancora diverso. Se tali soglie sono parte dell’elemento costitutivo del reato, mancando il quale non si può procedere a condanna, allora esse risultano di vitale importanza ai fini dell’applicazione della confisca. Viceversa, se esse fossero solo condizioni di punibilità oggettive di cui all’art. 44 c.p., la condanna potrebbe comunque esservi, e dunque nella sentenza potrebbe essere disposta la confisca, ma la pena prevista non potrebbe essere irrogata, in quanto il soggetto si troverebbe “sotto-soglia”. La Cassazione ha affrontato la questione in modo organico, nella sentenza n.3098/2015, ripercorrendo gli orientamenti emersi fino a quel momento dalla giurisprudenza di legittimità. Il primo orientamento affermava che: «nel prevedere una soglia di punibilità, il legislatore ha inteso riservare la sottoposizione alla più grave delle sanzioni, quella appunto penale, alle ipotesi di evasione ritenute più gravi, proprio perché superiori ad un determinato ammontare: tale valore rappresenta, non un elemento costitutivo del reato, ma una condizione obbiettiva di punibilità, in mancanza della quale (ossia al di sotto della predetta soglia) l'interesse dell'amministrazione finanziaria è presidiato dalle conseguenze civilistiche della violazione dell'obbligo posto a carico del contribuente (interessi di mora e sanzioni)[…]; quando la punibilità del fatto è subordinata alla condizione che da esso sia derivata un'evasione delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto per un determinato ammontare, tale accadimento costituisce una vera e propria condizione oggettiva di punibilità, perché non fa parte del contenuto offensivo della fattispecie e non integra un elemento costitutivo dell'offesa, bensì attiene a un limite quantitativo dell'evento»; il secondo, invece, si esprimeva nei seguenti termini: «il superamento della soglia quantitativa, oltre la quale l'illecito amministrativo integra il reato, non configura una condizione obiettiva di punibilità, ma un elemento costitutivo della fattispecie». La Corte, nella sentenza in esame, ricorda come anche le Sezioni Unite abbiano preso posizione a favore della qualificazione delle soglie come “elemento costitutivo del reato” e prosegue nella sua analisi rilevando che: «Le "soglie" non possono quindi essere inquadrate tra le condizioni di punibilità, neppure cd. intrinseche» e conclude con la considerazione che: «La soglia di punibilità rientra perciò tra gli elementi costitutivi (del fatto di) reato in quanto completa la realizzazione della condotta punibile e dunque partecipa pienamente all'integrazione giuridica della fattispecie penale, non potendo collocarsi tra le condizioni obiettive di punibilità che invece presuppongono un reato già strutturalmente perfetto nei profili oggettivi e soggettivi cosicché il verificarsi di un evento futuro ed incerto ne condiziona

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esclusivamente la punibilità, la quale è un elemento esterno alla struttura del reato». Questo orientamento, divenuto prevalente , fa sì che la confisca tributaria per equivalente (o diretta, ove possibile) non possa essere disposta se il fatto sussiste, ma non è preveduto dalla legge come reato in quanto sotto-soglia. Si tenga conto poi della previsione di cui all’art. 13-bis del D.lgs. 74/2000143,

introdotto in epoca successiva dall’art. 12, c. 1, D. Lgs. 24 Settembre 2015, n. 158, che ha profondamente rivisto gli effetti di un pagamento del debito tributario prima della dichiarazione del dibattimento di primo grado. Se, infatti, in precedenza veniva riconosciuta al pagamento anticipato del debito tributario una sola funzione di circostanza attenuante, la nuova disciplina post-riforma prevede sia cause di non punibilità, disciplinate dall’art. 13, che circostanze attenuanti, di cui al 13- bis. Tra le prime, al 3° comma dell’art. 13 viene in rilievo la questione della rateizzazione del debito tributario: «Qualora, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il debito tributario sia in fase di estinzione mediante rateizzazione, anche ai fini dell'applicabilità dell'articolo 13-bis, è dato un termine di tre mesi per il pagamento del debito residuo. In tal caso la prescrizione è sospesa. Il Giudice ha facoltà di prorogare tale termine una sola volta per non oltre tre mesi, qualora lo ritenga necessario, ferma restando la sospensione della prescrizione». Inoltre, ai sensi del medesimo articolo, un pagamento tardivo dell’imposta dovuta esclude la punibilità:

a) per i reati di cui agli artt. 10-bis, 10-ter, 10-quater c.1 D.74/2000 se prima della dichiarazione con cui si apre il dibattimento di primo grado, il debito tributario è stato integralmente estinto anche mediante le procedure conciliative o il ravvedimento operoso;

b) per i reati di cui agli artt. 4 e 5, se l’integralità del debito tributario è stato estinto, a seguito di ravvedimento operoso o tramite le procedure conciliative, entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo, «sempreché il ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che l'autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali».

143 Si riporta il testo integrale per agevolare l’esposizione: «1. Fuori dai casi di non punibilità, le pene per i delitti di cui al

presente decreto sono diminuite fino alla metà e non si applicano le pene accessorie indicate nell'articolo 12 se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all'accertamento previste dalle norme tributarie.

2. Per i delitti di cui al presente decreto l'applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale può essere chiesta dalle parti solo quando ricorra la circostanza di cui al comma 1, nonché il ravvedimento operoso, fatte salve le ipotesi di cui all'articolo 13, commi 1 e 2.

3. Le pene stabilite per i delitti di cui al titolo II sono aumentate della metà se il reato è commesso dal concorrente nell'esercizio dell'attività di consulenza fiscale svolta da un professionista o da un intermediario finanziario o bancario attraverso l'elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale».

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Quindi, con il versamento tardivo dell’imposta evasa, i beni eventualmente sottoposti a sequestro finalizzato alla successiva confisca vanno dissequestrati e la confisca non può applicarsi; in caso contrario si avrebbe una duplicazione della sanzione e il contribuente, oltre a venir privato del profitto del reato, si vedrebbe colpire una seconda volta per un valore corrispondente. Diversa cosa per la rateizzazione, dove il pagamento non avviene in un’unica soluzione: questo non preclude la confisca, consente al più al contribuente, a seguito dell’introduzione dell’art. 12-bis, di chiederne una riduzione corrispondente al valore della rata versata rapportata al valore totale della pretesa erariale.

Tra le seconde, di cui all’art. 13-bis, funge da circostanza attenuante con diminuzione della pena fino alla metà e con annessa impossibilità di veder applicate le pene accessorie, fuori dai casi di non punibilità sovra richiamate, l’aver pagato integralmente il debito tributario nonché interessi e sanzioni correlati, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado.

Dal combinato disposto degli artt. 12-bis, 13 e 13-bis emerge un sistema tripartito, dove l’estinzione integrale del debito può comportare rispettivamente di sfuggire alla confisca, di evitare la condanna o di vedersi ridotta la pena. Ciò, unitamente all’innalzamento delle soglie che sottrae alla punibilità tutti quei reati sotto-soglia, è stato pensato dal Legislatore come metodo a conferma della prevalenza delle pretese dello Stato rispetto a quelle di ablazione coattiva del profitto.

La dottrina ha poi evidenziato come l’introduzione dell’art. 12-bis non ha fatto altro che «positivizzare un approdo giurisprudenziale già ampiamente consolidato nel nostro diritto vivente. L’orientamento a cui si fa riferimento è quello secondo cui, nei reati tributari, la ‘restituzione’ all’erario del profitto derivante dal reato elimina in radice lo stesso oggetto sul quale dovrebbe incidere la misura ablatoria; si ritiene, cioè che la sanatoria della posizione debitoria con

l’Amministrazione finanziaria faccia venire meno lo scopo principale perseguito con la confisca»144;

infatti, se l’ammontare del profitto coincide con l’imposta evasa, e quest’ultima viene pagata anche tardivamente, viene meno qualsiasi vantaggio indebito che la ratio della norma punta ad aggredire. Conta recuperare il debito tributario, non sottoporre a duplice sanzione il contribuente irregolare. Ma la portata innovativa sta nella possibilità di veder ridotto il quantum confiscabile non più in corrispondenza della parte già versata, ma grazie ad un semplice impegno a pagare. Così «Se prima della riforma era possibile evitare (o ridurre) la confisca dimostrando al giudice l’avvenuto pagamento dell’imposta evasa, ora diviene possibile ottenere il medesimo effetto con uno sforzo

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minore: ossia presentando al giudice il proprio ‘impegno’ a pagare il debito tributario»145. Ciò che

invece non può verificarsi è che, in corrispondenza della riduzione della pretesa tributaria, l’imputato possa chiedere che il reato venga escluso dalla punibilità in quanto giunto ad un livello che lo porta ad essere sotto-soglia, in quanto si ignorerebbe totalmente la finalità sottesa all’art.13 D.74/2000, che tra l’altro prevede la non punibilità per il solo pagamento integrale e non parziale del debito tributario.

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