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Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta

Capitolo 3. Il sequestro penale in rapporto alla confisca

3.4 Il sequestro preventivo

3.4.2 Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta

La seconda tipologia di sequestro preventivo è quella disciplinata dai commi 2 e 2-bis dell’art. 321 c.p.p., ossia il sequestro preventivo finalizzato alla confisca, sia obbligatoria che facoltativa. Infatti, il secondo comma attribuisce al giudice il potere di disporre il sequestro (“il giudice può disporre”) sulle cose per cui è consentita la confisca, richiamando quindi la confisca facoltativa. Il comma 2-bis, invece, afferma che il giudice ha l’obbligo di disporre il sequestro, durante il processo penale per uno di quei delitti previsti dal Libro II, Titolo II, capo I del codice penale, vale a dire i reati contro la P.A. Questa seconda ipotesi è stata introdotta dall’art.6 della L.27 Marzo 2001, n. 97. È stato cosi esteso il campo applicativo del sequestro preventivo per tutti quei delitti compiuti da pubblici ufficiali contro la Pubblica Amministrazione. Come noto, per questi delitti la legge prevede l’obbligatorietà della confisca sia del profitto che del prezzo e in tal senso il sequestro diventa

227 Cass. pen., Sez. un., sent. 23 Gennaio 2003 n.12878.

228 Cass. pen., Sez. V, sent. 28 Maggio 2014 n.26444. Si legge nella sentenza: «Come già chiarito da questa Corte, la

nozione di "cosa pertinente al reato" che delinea l'ambito operativo del sequestro preventivo ha una portata più ampia di quella impiegata nell'art. 253 c.p.p., comprendendo anche il corpo del reato e, oltre a qualunque cosa sulla quale o a mezzo della quale il reato fu commesso o che ne costituisce il prezzo, il prodotto o il profitto, quelle cose legate anche indirettamente alla fattispecie criminosa[…]. E' evidente che una nozione così ampia ed indefinita possa prestarsi ad interpretazioni eccessivamente estensive, talché è necessario un esame particolarmente rigoroso sul rapporto che lega la cosa al reato ed è altresì necessario, quando il legame prospettato sia di natura funzionale, che tale rapporto non sia meramente occasionale».

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finalizzato alla confisca obbligatoria. Per questi reati, però, l’art. 3 della L. 300/2000 ha previsto la possibilità di ricorrere anche a confisca per equivalente; di riflesso, risulteranno sdoppiate le tipologie di sequestro finalizzato alla confisca: la misura cautelare potrà essere finalizzata alla confisca diretta ovvero a quella per equivalente.

A prescindere da tale ulteriore sottodivisione, la dottrina230 rileva come la presenza dell’avverbio

“altresì” nel secondo comma dell’art 321 c.p.p. serva a configurare una fattispecie separata ed autonoma rispetto a quella del primo comma, venendo meno il presupposto di pericolosità della condotta dell’agente e non essendo richiesto tantomeno che l’assenza del vincolo possa protrarre le conseguenze dell’illecito.

Una rilevante evoluzione giurisprudenziale in tema di sequestro diretto finalizzato alla confisca riguarda la facoltà di procedere su somme di denaro rappresentanti profitto del reato non solo se queste corrispondono esattamente a quelle acquisite tramite l’attività illecita, ma anche se vi sono indizi idonei a far ritenere che esse sono state depositate in un determinato conto corrente. Infatti, se in un primo momento l’idea di fondo era questa231, poiché solo così era possibile ravvisare la

pertinenzialità necessaria tra denaro sequestrato e reato, ne derivava la convinzione secondo la quale occorreva procedere per equivalente, ove previsto, e mai in forma diretta, mancando la stretta derivazione causale. Analogamente, nei reati tributari che si manifestano sotto forma di risparmio di spesa, si doveva procedere a sequestro per equivalente e mai diretto, essendo impossibile individuare in concreto il denaro contante espressione del profitto del reato. La situazione si è ribaltata alla luce dell’intervento delle Sezioni Unite, c.d. sentenza “Lucci”232, le quali

hanno chiarito che, sia in presenza di un “utilità monetariamente positiva” che in caso di risparmio di spesa, se viene conseguito un profitto o prezzo in denaro, il sequestro preventivo finalizzato alla successiva confisca è sempre finalizzato alla confisca diretta. La sentenza Lucci riprende il dibattito sorto in seno alla giurisprudenza e ripercorre gli orientamenti prevalenti: «Secondo un primo orientamento la confisca di denaro in essere su un conto corrente integra in ogni caso una figura di confisca diretta tanto nel caso di prezzo che di profitto e, con riferimento a quest’ultimo, sia che rappresenti un’utilità monetariamente positiva, nel senso che rappresenti un effettivo accrescimento patrimoniale, sia che rappresenti un mancato decrescimento[…]. Su un versante apparentemente opposto si colloca, invece, l’orientamento per il quale la confisca di denaro integrerebbe sempre una

230 E. Conforti, A. Montesano Cancellara, G.L. Soana, “il sequestro penale”, op. già cit., p.76. Cfr. con la posizione di A. Diddi, in “Sequestro e confisca”, cit., p. 164.

231 Cfr. Cass. pen., Sez. II, sent. 12 Marzo 2014 n.14600 e Cass. pen., Sez. VI, sent. 26 Marzo 2015 n.15923. 232 Cass. pen., Sez. un., sent. 26 Giugno 2015 n.31617.

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confisca per equivalente[…] in ogni caso in cui il bene che costituisce profitto del reato sia un bene fungibile, come il denaro, giacché questo non può costituire oggetto di confisca diretta, in quanto non materialmente individuabile[…]. Per un terzo orientamento, infine, la confisca del denaro disponibile in quanto versato su un conto corrente bancario, per poter essere qualificata come diretta, richiede la prova del nesso di derivazione dal reato». Dopo aver riassunto le posizioni presenti in giurisprudenza, le Sezioni Unite giungono ad una conclusione: «Il collegio ritiene di aderire, nella sostanza, alla impostazione fatta propria dalla sentenza Gubert[…]. Ove il profitto o prezzo del reato sia rappresentato da una somma di denaro, questa, non soltanto si confonde automaticamente con le altre disponibilità economiche dell’autore del fatto, ma perde qualsiasi connotato di autonomia quanto alla relativa identificabilità fisica. Soltanto, quindi, nella ipotesi in cui sia impossibile la confisca di denaro sorge la eventualità di far luogo ad una confisca per equivalente. Al secondo dei quesiti sottoposti alle Sezioni Unite deve dunque conclusivamente rispondersi nei seguenti termini: “qualora il prezzo o profitto del denaro sia costituito da denaro, la confisca delle somme di cui il soggetto abbia comunque la disponibilità deve essere qualificata come confisca diretta: in tal caso, tenuto conto della particolare natura del bene, non occorre la prova del nesso di derivazione diretta tra la somma materialmente oggetto della confisca e il reato». Dunque, se per confiscare il denaro occorre procedere in via diretta, allora anche il sequestro, che alla confisca è prodromico, non può che avvenire in forma di sequestro preventivo diretto.

Venendo ai requisiti, si sottolinea in primis come quello del periculum in mora non sia richiesto per l’applicazione del sequestro finalizzato alla confisca, perché, se nel preventivo impeditivo conta la pertinenzialità tra res e reato, in questa tipologia la pericolosità è presunta. Verrà in rilievo solo la confiscabilità in astratto del bene233. Deve cioè esistere una norma che preveda che, per il reato per

il quale si procede, quei beni possano o debbano essere confiscati. In aggiunta, come per la confisca per equivalente, valgono per il sequestro in oggetto le considerazioni fatte sull’irretroattività della misura. Il tempus commissi delicti può fungere da condizione ostativa e si dovrà procedere, ove possibile, con la forma di sequestro diretta, che sfugge all’egida dell’art. 2 c.p.

Per quanto concerne l’oggetto del sequestro funzionale alla confisca, ai c.2) e 2-bis) dell’art. 321 c.p.p. si parla di “cose di cui è consentita la confisca”; in questo caso si rimanda al paragrafo 1.1.3 per la disamina della problematica.

233 «Il requisito del periculum coincide con la confiscabilità del bene». Ad affermarlo è la nota sentenza “Gubert”, più volte richiamata.

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Se applicato ai reati tributari, il sequestro preventivo, avente ad oggetto prezzo o profitto del reato, comprende anche le sanzioni e gli interessi, nonostante i dubbi espressi a più riprese dalla dottrina, in termini sostanzialmente analoghi a quanto visto per la confisca tributaria. A confermarlo, una recente sentenza della Cassazione: «Il giudice per le indagini preliminari ha erroneamente escluso dal profitto il valore corrispondente alle sanzioni per il mancato pagamento dell’ i.v.a., in contrasto con l’orientamento costante della Corte di Cassazione[…]. Nei reati tributari il profitto può consistere anche in un risparmio di spesa, come quello derivante dal mancato pagamento del tributo, interessi

e sanzioni»234. Non mancano sentenze che si discostano dall’orientamento maggioritario della

giurisprudenza: la sentenza 28047/2017235propende per far ricadere, all’interno dell’illecito fiscale,

solo gli interessi ma non le sanzioni, affermando che in un unico caso (nel reato di sottrazione fraudolenta al pagamento d’imposte) è opportuno che anche le sanzioni vi rientrino, in tutti gli altri casi devono essere escluse. Riporta detta sentenza: «pare dunque di comprendere, pur nella estrema ellitticità della formulazione impiegata, che la Corte territoriale abbia ritenuto che anche le sanzioni irrogate a seguito di intervenuta conciliazione siano da includere nella nozione di profitto del reato sì da poter essere oggetto di sequestro nonché di confisca. Tale assunto, tuttavia, non è condivisibile[…]. Sebbene questa Corte abbia, in effetti, affermato che all’interno del profitto del reato tributario vadano ricondotte anche le sanzioni, ciò ha fatto, a ben vedere, solo con riguardo, segnatamente, al reato di sottrazione fraudolenta di cui al D. Lgs. 74/2000, art. 11[…]. Con riferimento ai reati dichiarativi, invece, la sanzione, lungi dal poter rientrare nel concetto di profitto

del reato, è esattamente al contrario, il costo del reato stesso»236. Come per la confisca, anche in

riferimento al sequestro preventivo in ambito tributario il dibattito sull’inclusione di sanzioni ed interessi è dunque una questione tuttora aperta. La giurisprudenza, nelle sentenze richiamate in tema di confisca per equivalente nei reati tributari, afferma che se vale per la confisca, non può non valere anche per il sequestro un’inclusione nel totale di sanzioni ed interessi. Invece, la dottrina237

si colloca, ancora una volta, su posizioni di segno contrario.

234 Cass. pen., Sez. III, sent. 9 Gennaio 2018 n.267. 235 Cass. pen., Sez. III, sent. 20 Gennaio 2017 n.28047.

236 Nel commentare la sentenza in oggetto, C. Santoriello, in “Il Fisco”, n.27/2017, pp.2683-2684, si dimostra entusiasta:

«finalmente la Corte di Cassazione, con la sentenza 28047/2017, fa chiarezza su di un risalente equivoco avente ad oggetto la determinazione del profitto conseguito dal contribuente infedele con la commissione di un illecito tributario[…]. Le somme da sottoporre a vincolo vanno parametrate solo sull’imposta e non sul resto».

237 Rileva A. Iorio, in “Il sequestro nei reati tributari: aspetti operativi”, in “Il Corriere Tributario” n.10/2018, p.770, che «tale posizione non appare condivisibile». Egli muove dalla considerazione di come nelle definizioni, art. 1 lettera f) del D.74/2000, l’”imposta evasa” non faccia alcun riferimento ad interessi e sanzioni, ad eccezione dell’art. 11 dove se ne fa cenno, perché solamente in questa fattispecie lo scopo è di sottrarsi anche al pagamento di interessi e sanzioni: «Appare evidente che il soggetto che commette un reato tributario(dichiarativo, omissivo, fraudolento) ha lo scopo di

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Sempre in tema di reati tributari, la misura cautelare ha funzione di congelare il beneficio economico illecitamente ottenuto, tuttavia il venir meno della pretesa fiscale non può che determinare la caducazione del sequestro. Se un pagamento rateale del debito tributario comporta una riduzione del sequestro per la quota corrispondente al rapporto tra totale dovuto e rata pagata, un pagamento integrale ovvero un annullamento della pretesa da parte dell’amministrazione finanziaria comporta l’annullamento del sequestro. In tal direzione pare andare anche la giurisprudenza recente, che ad esempio, in un caso in cui veniva contestato il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento d’imposte di cui all’art. 11 D. Lgs. 74/2000, afferma: «in tema di reati tributari, il profitto, confiscabile anche per equivalente, del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, va individuato nel valore dei beni idonei a fungere da garanzia nei confronti dell'Amministrazione finanziaria che agisce per il recupero delle somme evase, con la conseguenza che lo stesso non è configurabile, e non è quindi possibile disporre o mantenere il sequestro funzionale all'ablazione, in caso di annullamento della cartella esattoriale da parte della commissione tributaria, con sentenza anche non definitiva, e di correlato provvedimento di "sgravio"

da parte dell'Amministrazione finanziaria»238. Pertanto, ad una riduzione della pretesa tributaria

effettiva, deve seguire una corrispondente riduzione del quantum sequestrato; su questo punto si tornerà infra per analizzarne le conseguenze sul sequestro per equivalente.

Dopodiché, per quanto attiene al passaggio successivo del sequestro preventivo, come detto la sua natura di misura cautelare lo rende prodromico all’eventuale applicazione della confisca, della quale esso funge da fondamento giuridico. Tuttavia, se il processo dovesse concludersi o con un proscioglimento o con una sentenza di non luogo a procedere, la misura cautelare perde efficacia e si estingue ex lege. Una deroga alla disciplina dell’estinzione si ha se il sequestro è stato ordinato in funzione della confisca: se è intervenuta la sentenza di condanna, la res sequestrata non viene ovviamente restituita ed il sequestro si converte in confisca; se invece vi è stato proscioglimento o non luogo a procedere, gli effetti del sequestro comunque non cessano se si tratta di cose per le quali occorre procedere con la confisca obbligatoria di cui all’art. 240 c.p., 2°comma, n. 2), mentre per le cose che costituiscono il “prezzo del reato”, non si registra alcuna eccezione. Oltre all’estinzione del sequestro preventivo, preme ricordare altresì che il c.p.p., al 3°comma dell’art. 321 disciplina anche la revoca del sequestro: «Il sequestro è immediatamente revocato a richiesta del

conseguire un’evasione di imposta e il profitto e rappresentato proprio da tale evasione e non di eludere le sanzioni tributarie».

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pubblico ministero o dell'interessato quando risultano mancanti, anche per fatti sopravvenuti, le condizioni di applicabilità previste dal comma 1». Dunque, se vengono meno fumus e periculum (ove quest’ultimo sia richiesto), va ripristinata la situazione giuridica e fattuale antecedente al sequestro, con la restituzione dei beni allo stesso soggetto che ne era stato colpito. Nel caso in cui, invece, il sequestro venga meno a causa di una sua perdita d’efficacia ex. art. 323 c.p.p., comma 1239, la

restituzione dei beni spetta all’avente diritto, che non è necessariamente un soggetto coincidente con colui che ha subito il sequestro. In tutti gli altri casi, generalmente il vincolo reale sui beni permane fino alla sentenza definitiva. La restituzione può non avere luogo solo se, su richiesta di P.M. o parte civile, il giudice dispone che su quei beni venga mantenuto il sequestro a finalità di garanzia dei crediti indicati nell’art. 316 c.p.p. (sequestro conservativo).

La funzionalità del sequestro finalizzato alla confisca ha spinto la dottrina240 ad interrogarsi se, anche

in riferimento al sequestro, debbano rispettarsi quei principi di adeguatezza e proporzionalità necessari per la confisca (e per le misure cautelari personali, a cui va però aggiunto il requisito di gradualità). In assenza di una norma che si pronunci esplicitamente in tal senso, deve ritenersi che, per analogia, vadano estesi al sequestro preventivo questi principi, in particolare quello di proporzionalità, a causa del fatto che è possibile chiedere la revoca parziale del sequestro quanto esso è sproporzionato rispetto alle esigenze cautelari perseguite. Pertanto, «ne deriva che, se è data la facoltà di ridurre il sequestro a causa di una sproporzione, (il che rappresenterebbe una patologia del vincolo), dal lato fisiologico un provvedimento corretto dovrebbe ab origine ispirarsi al criterio di

proporzionalità al fine di evitare un successivo adeguamento»241.

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