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Il sequestro come misura cautelare

Capitolo 3. Il sequestro penale in rapporto alla confisca

3.1 Il sequestro come misura cautelare

Se la confisca richiede generalmente una condanna, il sequestro opera prima che questa venga pronunciata e si differenzia dalla confisca penale in alcuni aspetti. Prima di soffermarsi su queste differenze, è necessario precisare che, come per la confisca, anche il sequestro ha principalmente funzione preventiva e serve ad evitare la commissione di nuovi reati o a prevenire ulteriori conseguenze degli illeciti già commessi. Si tratta di una misura coercitiva che provoca un vincolo di indisponibilità della res sequestrata, così da impedire il protrarsi dell’uso non conforme alla legge o evitare che quella cosa sia dispersa, alterata o distrutta. Data la durata dei processi che va spesso oltre la ragionevole durata, si crea un disallineamento temporale tra l’inizio del processo e la sua conclusione, durante il quale «il verificarsi di eventi sfavorevoli potrebbe invalidare la compiuta

realizzazione dell’interesse giuridico da tutelare»192. Il sequestro ovvia a questo problema,

permettendo al processo penale di svolgersi con le sue tempistiche, senza che vi sia un aggravio delle conseguenze di un illecito.

Il sequestro, come indica la sua collocazione nel Codice Penale, è una misura cautelare reale e come tale sottostà a tutte le regole previste per questo tipo di misure. Le misure cautelari hanno funzione anticipatoria e servono ad offrire una forma di tutela giuridica provvisoria, in vista di un procedimento ordinario con carattere di definitività idoneo a incidere su di esse, modificandole, annullandole o confermandone gli effetti.

I tratti caratterizzanti i provvedimenti cautelari sono principalmente la provvisorietà e la sussidiarietà. Con provvisorietà, da non confondersi con temporaneità, si intende che la misura ha un efficacia fino a che sopravviene un fatto successivo in vista del quale la misura è stata applicata e mantenuta. Questo vuol dire che la sua durata è legata al provvedimento che deve essere successivamente adottato e in tal senso la confisca rappresenta spesso la conseguenza logica del sequestro. Con sussidiarietà si intende il fatto che le misure cautelari esistono in vista dell’applicazione di un successivo provvedimento ed esse diventano strumentali, e imprescindibili, per l’applicazione del provvedimento stesso emesso al termine del processo.

In passato erano sorti dubbi sulla compatibilità di tali misure con il principio di non colpevolezza dettato dall’art. 27, 2° comma, della Costituzione, tuttavia le cautele reali operano su beni e non

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sull’imputato, a differenza delle misure cautelari personali; inoltre, la Corte Costituzionale ha precisato che la libera disponibilità dei beni può essere contemperata in funzione di interessi collettivi da tutelare e che non sussiste nessun contrasto neppure con l’art. 42 Cost. (in riferimento ai limiti imponibili alla proprietà privata di beni) in quanto «i limiti di disponibilità dei beni si correlano alla funzione preventiva della cautela e, quindi, ad esigenze connesse ad una situazione di

pericolo per la collettività che ben possono giustificare l’apposizione del vincolo»193.

Venendo ai presupposti applicativi delle misure cautelari reali, devono sussistere congiuntamente: a) Il fumus boni iuris: considerato il «requisito con cui si suole identificare l’apparenza del diritto

a tutela del quale si invoca l’adozione di un provvedimento cautelare, ovvero quel favorevole

giudizio di probabilità circa il verificarsi di una situazione futura che si mira a proteggere»194,

è funzionale ad evitare che si applichi una cautela senza che vi sia almeno una apparenza giudica di urgenza che ne giustifichi l’utilizzo195, a danno della libera circolazione e

disponibilità delle cose ed a verificare che sia possibile, verosimile o probabile l’esistenza di un diritto a tutela del quale si richiede la misura cautelare. L’adozione di una misura cautelare avviene in assenza di certezza sulla situazione giuridica, pertanto comporta un rischio, dato che il processo potrebbe poi concludersi con una sentenza di assoluzione. Il presupposto del fumus giustifica l’assunzione di tale rischio.

b) Il periculum in mora196: il rischio che deriva da un provvedimento cautelare riguarda anche

diritti ed interessi coinvolti, che potrebbero essere ‘sacrificati’. Come giustificazione e fondamento di questo sacrificio va inteso il requisito del periculum; esso è da intendere come possibilità concreta che si verifichi un evento tale da ledere un diritto e fa sì che la tutela giurisdizionale possa intervenire prima che il pregiudizio diventi concreto. Non può trattarsi

193 Corte Cost, sent. 17 Febbraio 1994 n.48.

194 Così M. Montagna, “I sequestri nel sistema delle cautele penali”, Cedam, Milano, 2005, p.15.

195 Il requisito del fumus così delineato è più blando rispetto a quello del fumus richiesto per le cautele personali, che richiede gravi indizi di colpevolezza (ex art. 273 c.p.p.) e non solo sufficienti indizi, poiché quando si tratta di applicare restrizioni personali i vincoli sono più stringenti.

196 L’art. 274 c.p.p. individua come requisito generale per tutte le cautele il c.d. periculum libertatis, che si sostanzia in tre declinazioni: probatoria («quando sussistono specifiche ed inderogabili esigenze attinenti alle indagini relative ai fatti

per i quali si procede, in relazione a situazioni di concreto e attuale pericolo per l'acquisizione o la genuinità della prova, fondate su circostanze di fatto»); pericolo di fuga («quando l'imputato si è dato alla fuga o sussiste concreto pericolo che egli si dia alla fuga»); esigenza di tutela dell’ordine pubblico e della collettività («quando[…] sussiste il concreto e attuale pericolo che questi commetta gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l'ordine costituzionale ovvero delitti di criminalità organizzata o della stessa specie di quello per cui si procede»). In tema

di cautele reali, esso si declina nelle modalità sovraesposte, ma non deve ritenersi che i presupposti per le cautele personali debbano sussistere anche per quelle reali, tant’è che la Corte Cost., nella sentenza 48/1994 poc’anzi citata, ha voluto precisare che «il legislatore, pur tracciando un marcato parallelismo tra cautele reali e quelle personali , non si è

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di un pericolo generico, ma devono esserci circostanze che facciano presagire che il danno possa trasformarsi da temuto a concreto, così da giustificare una misura d’urgenza, la misura cautelare appunto, che anticipi il provvedimento definitivo.

Questi due requisiti, genericamente delineati, assumono poi configurazioni e sfaccettature diverse a seconda della tipologia di sequestro di cui si tratta e saranno ripresi ed analizzati nell’analisi svolta nei paragrafi successivi.

3.1.1 L’evoluzione della disciplina del sequestro (cenni)

Data l’attenzione crescente che negli ultimi anni si sollevata sul diritto penale patrimoniale, la confisca e il sequestro hanno ricevuto diverse modifiche normative. In particolare, il sequestro ha esteso il proprio campo applicativo; inizialmente esso non era concepito per il perseguimento di uno scopo particolare ed era prevista su un’unica fattispecie di coercizione reale, vale a dire il sequestro per il procedimento penale di cose pertinenti al reato. Nel Codice Rocco, infatti, esso rispondeva, in termini generali, a finalità tipicamente istruttorie, ossia per assicurare le prove dei reati. Con il passare del tempo, al sequestro penale sono state attribuite funzioni ulteriori, «in funzione di

prevenzione o di sanzione anticipata rispetto al provvedimento finale»197.

Le critiche maggiori alla previgente disciplina derivavano dal fatto che, come anticipato, mancava una esplicita finalità nel sequestro di cui all’art 337 c.p.p. del 1930198. Pertanto, «ad un certo punto,

da parte della giurisprudenza, sulla base di una ritenuta non identificata e specifica finalità del sequestro […], si è dato notevole rilievo ad una funzione preventiva da far assolvere allo strumento

processuale contemplato dall’anzidetta norma»199. In questo modo, la giurisprudenza, pur

rimanendo nella cornice del sequestro penale a scopi probatori, ha plasmato nuove forme applicative di questo istituto, volte ad estenderne l’oggetto o il campo applicativo e ha anticipato la configurazione della fattispecie di sequestro a fini preventivi. L’estensione ad opera della giurisprudenza ha trovato il favore della dottrina, «a conferma della necessità di uno strumento specifico che consentisse di rispondere a quel fondamentale scopo della repressone penale che cerca

di evitare la propagazione dei possibili sviluppi dei reati già consumati»200.

197 Così rileva M. Montagna, op.cit., p.4.

198 Nell’art. 337 del 1930 il sequestro era disposto anche d’ufficio dal giudice, soltanto nel corso del procedimento penale, su cose pertinenti al reato, esaltandone quindi prevalentemente, ma non in modo chiaro, la finalità probatoria, ovvero era disposto per inibire condotte antigiuridiche in grado di protrarre le conseguenze del reato.

199 M. Montagna, op. cit., p.6.

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Per questo motivo, una volta giunto il momento di mettere mano alla disciplina, il Legislatore del 1988 non ha potuto far altro che recepire queste istanze già fortemente radicate e riformare in modo organico la materia. Nel farlo, egli ha espressamente previsto tre diverse fattispecie di sequestro penale, simili in termini di natura giuridica ma diversi con riguardo alle loro finalità specifiche201.

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