Capitolo 2. La confisca per equivalente
2.3 La confisca per equivalente nei reati tributari
Una volta introdotta per alcuni reati e visti gli effetti che la confisca c.d. “di valore” poteva avere, il Legislatore ha ritenuto di ampliare ancora la portata della confisca, estendendola ai reati tributari. Il motivo di questo nuovo intervento106 è che le nuove forme di criminalità economica107 si
caratterizzano non tanto per la pericolosità della cosa, quanto piuttosto per la loro “capacità imprenditoriale”108, in grado di creare distorsioni sul libero mercato grazie agli indebiti vantaggi
ottenuti. In più, si erano verificati tentativi di interpretazioni forzate da parte della giurisprudenza di legittimità, che per colmare l’assenza della confisca in caso di evasione, aveva tentato inutilmente di far ricadere le fattispecie di dichiarazione fraudolenta ed emissione di fatture false come truffa ai danni dello Stato, rientrante nell’ art. 640, c.2, n.1, a cui l’art. 640-quater rimanda.
Viene così introdotta una misura a forte carattere afflittivo, in grado di porre un freno alla crescita dei fenomeni di evasione: «Per rafforzare gli strumenti di contrasto all’evasione fiscale il legislatore ha introdotto una vera e propria “misura sanzionatoria” che si affianca alla pena detentiva per le violazioni più gravi delle norme tributarie a causa della sostanziale inoperatività della confisca
ordinaria»109. In questo modo si è legittimata una misura «fortemente dinamica ed aggressiva,
106 L’intervento del Legislatore nasce dalla constatazione della «[…]pratica inoperatività delle ordinarie ipotesi di confisca
ai reati tributari. Sia la confisca facoltativa, sia quella obbligatoria, infatti, nel postulare la ricorrenza di un necessario rapporto di pertinenzialità tra “prodotto, profitto e prezzo”, da un lato, e reato, dall’altro, non sono apparse applicabili alla generalità dei reati tributari, perlomeno in tutte le ipotesi in cui i vantaggi illeciti fossero costituiti da un risparmio di spese dovute. E ciò in quanto tale genere di profitti, lato sensu, assai difficilmente potevano adattarsi al concetto di ‘provenienza da reato’ dal momento che coincidevano con beni già presenti nel patrimonio del reo». Così commenta L.
Della Ragione, in “La confisca per equivalente nel diritto penale tributario”, articolo del 13/11/2010 pubblicato su www.penalecontemporaneo.it
107 Nel commentare l’introduzione delle nuove forme di confisca, parte della dottrina sottolinea come il Legislatore sia intervenuto in modo disorganico e poco chiaro. Riferendosi ai reati economici, O. Mazza, nell’articolo “Sequestro e
confisca”, pubblicato su “Rassegna Tributaria”, n.4/2016, pp.1012-1022, afferma: «A dispetto della crescente rilevanza della materia, il legislatore non si è finora impegnato in una riforma sistematica e ha lasciato alla giurisprudenza il compito di razionalizzare una congerie disorganica di normative spesso connotate da un preoccupante difetto di determinatezza[…]. La riprova di questa situazione è data dalla necessità di continuare a fare riferimento ai dicta delle Sezioni Unite della Cassazione».
108 Così C. Santoriello, A. Perini, “La riforma dei reati tributari (d.lgs. 24 settembre 2015, n.158)”, nella rivista “Il penalista.
Edizione Speciale Riforma”, Giuffrè, 2015, p.49. Viene rilevato come «negli ultimi anni le scelte del legislatore in materia di politica criminale hanno cercato fortemente di focalizzare l’intervento repressivo non più sulla persona del delinquente bensì sul risultato economico dell’attività delittuosa[…]. Nelle nuove forme di confisca la pericolosità della cosa ha sempre più perso rilevanza, vendendo di contro ad assumere un ruolo assolutamente prevalente il valore repressivo connesso alla privazione dei beni».
109 L. Cuomo, “La confisca per equivalente come misura di contrasto all’evasione fiscale”, p.2, articolo pubblicato nella rivista “Diritto Penale dell’impresa” del 11/01/2014.
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rivolta ad implementare concretamente le potestà attribuite ai funzionari della riscossione»110.
L’estensione opera mediante la previsione del comma 143 dell’art.1 L. 244/2007, il quale rimanda all’art. 322-ter c.p. L’unico reato a cui non viene estesa la confisca è quello di cui all’art. 10 D.Lgs. 74/2000 (“occultamento o distruzione di documenti contabili”), che disciplina un reato di pericolo e non di danno. Grazie ad essa, vengono tutelati anche gli interessi erariali, poiché la confisca opera in modo complementare laddove gli strumenti per recuperare l’evasione, prevalentemente amministrativi, si rivelino non del tutto efficaci.
Questa misura è in grado di colpire in modo incisivo i vantaggi economico-patrimoniali ottenuti, normalmente difficilmente ricollocabili nella nozione di “profitto del reato”. La possibilità di colpire il c.d. tantundem con la misura ablatoria «rende irrilevante la sorte del profitto o del prezzo del
reato»111, permettendo così di colpire anche quei beni che si sono confusi nel patrimonio del reo
oppure oggetto di reinvestimento o reimmessi nel circuito economico con modalità tali da rendere altrimenti indimostrabile il nesso strumentale. Ciò che va accertato è che il reo ne abbia la disponibilità112 diretta o indiretta; si ritiene che possa applicarsi la confisca di valore sia nel caso
indiscutibile di piena disponibilità di fatto del bene da parte del soggetto, sia quando precisi elementi o indizi consentano di ritenere, tramite una presunzione, che il vero titolare sia l’autore del reato anche se i beni sono intestati fittiziamente a terzi.
Il ruolo dei terzi di buona fede, già sottoposti a sacrifici tanto più si afferma un’accezione ampia della nozione di disponibilità, incide anche su un altro aspetto: nel caso di beni ablati su cui i terzi vantano diritti o vogliano opporre vincoli o presunzioni, la ratio della confisca per equivalente prevale, non potendo venire sacrificata per tutelare diritti civilistici113. Non è sufficiente che il terzo vanti diritti
110 G. Giangrande, “La confisca per equivalente nei reati tributari: tra legalità ed effettività”, in Diritto e Pratica Tributaria, vol. 84 n.1, Cedam, 2013, p.173. L’autore rileva come l’introduzione della confisca per equivalente non si possa attribuire solamente al Legislatore italiano, ma debba tenere conto anche di quanto previsto dall’art. 3, c.3, della convenzione OCSE, la quale «ha, per primo, sancito l’obbligo delle parti contraenti di adottare le misure necessarie affinché le tangenti
ed i proventi, derivanti dalla corruzione di un pubblico ufficiale, o beni il cui valore corrisponde a quello di tali proventi, siano soggetti a sequestro e confisca o sanzioni di simile effetto».
111 C. Santoriello, op.cit., ivi p.52.
112 Il concetto di disponibilità è incerto, come per la confisca penale. Rileva A. Foti che «quello di “disponibilità”, risulta
essere un concetto caratterizzato da estrema aleatorietà, stante la sussistenza, sul punto, di una vacatio normativa, ovvero di una precisa regola sulla scorta della quale concretamente individuare i limiti operativi del concetto de quo[…]. Emerge la necessità che il legislatore intervenga al fine di maggiormente definire i limiti di operatività della confisca per equivalente, con specifico riguardo al concetto di disponibilità in capo al reo dei beni da sottoporre ad ablazione, al fine di evitare misure che risultino, poi, essere ingiustamente lesive dei diritti dei terzi di buona fede» in “Brevi note sulla confisca per equivalente nei reati tributari”, articolo pubblicato su www.ambientediritto.it, 2012.
113 Nella sentenza 19 Ottobre 2011 n.45353 della III Sez. pen. della Cassazione, la Suprema Corte afferma la prevalenza degli interessi cautelari in un caso dove un conto corrente (cointestato tra l’autore di un reato ed un terzo estraneo) veniva sequestrato in vista di una successiva confisca sebbene il terzo rivendicasse diritti civilistici su quel conto corrente. Viene esplicitato che «nella ipotesi di unico conto corrente bancario cointestato con soggetto estraneo al reato,
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reali sui beni oggetto di confisca; essi verranno comunque sottoposti ad ablazione ed attratti al patrimonio dello Stato, ma vengono fatti salvi i diritti dei terzi estranei al reato. Inoltre, sebbene spetti al giudice individuare i beni da confiscare in via diretta o, se impossibilitato, per equivalente, è largamente prevalente l’orientamento della giurisprudenza che ritiene che operi una inversione dell’onere della prova nel caso in cui un terzo di buona fede voglia dimostrare la legittima sussistenza di un diritto su un bene sottoposto a confisca, oltre a dover egli dimostrare la sua totale estraneità con la condotta o con il piano criminoso posto in essere dall’autore del reato. Ciò comporta una compressione non indifferente della tutela dei terzi estranei al reato.
La dottrina si è espressa sulle motivazioni che hanno dato origine alla possibilità di procedere per equivalente114, rilevando come lo spostamento dell’attenzione dalla persona del condannato al
risultato della condotta criminosa sia un tratto comune nelle scelte legislative recenti, poiché i provvedimenti che vanno a colpire il patrimonio si sono rivelati più efficaci per contrastare fenomeni di criminalità in ambito economico.
Non è da trascurare neppure la possibile interferenza tra la confisca penal-tributaria e la confisca per i reati transnazionali, disciplinata dalla L. 146/2006. Infatti, se la pena minima edittale supera i 4 anni, come richiesto dall’art. 3 della suddetta legge ed il reato ha carattere di transnazionalità, una forma di confisca per equivalente può applicarsi ai reati tributari anche prima dell’entrata in vigore della c.d. confisca tributaria. Le due forme di confisca presentano notevoli analogie: sono entrambe figure speciali di confisca; prevedono l’obbligatorietà dell’ablazione sia per prezzo che per profitto, mentre nella confisca codicistica solo il profitto è oggetto di confisca obbligatoria, con l’unica differenza che la confisca per reati transnazionali si estende anche al prodotto del reato; entrambe possono estendersi a colpire il tantundem corrispondente. La ratio delle due misure è la stessa, con due uniche differenze: la prima riguarda ovviamente i reati che la legittimano (reati tributari ex D. 74/2000 da un lato, reati transnazionali dall’altro), la seconda fa emergere il dubbio circa l’applicabilità in presenza di pena richiesta dalle parti. Infatti, nella confisca transnazionale non si fa
la misura reale provvisoria "si estende ai beni comunque nella disponibilità dell’indagato" e non possono operare limitazioni provenienti da vincoli o presunzioni operanti ai sensi del codice civile nel rapporto di solidarietà tra creditori o debitori ai sensi dell’art. 1289, oppure nel rapporto tra istituto bancario e soggetto o soggetti depositanti ai sensi dell’art.1834» ed ancora: «Osserva la Corte che la prevalenza dell’interesse cautelare opera con riferimento all’accertamento che sarà oggetto della sede di merito e che dovrà trovare una risposta definitiva al momento in cui sarà assunta, nella pienezza del contraddittorio, la decisione in merito alla confisca dei beni in sequestro».
114 Rileva L. Cuomo in art. cit., p.3, che «L’opzione legislativa corrisponde ad una precisa scelta in materia politico
criminale, che ha focalizzato l’intervento repressivo non più sulla persona del colpevole, ma sul risultato economico dell’attività delittuosa: tali considerazioni spiegano la ragione per la quale i provvedimenti sanzionatori a carattere patrimoniale siano oggi diventati una delle principali forme di contrasto alla criminalità economica».
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menzione dell’applicazione della pena ex art. 444 c.p.p., cosa che invece avviene sia nella confisca “tradizionale” che ad opera del richiamo contenuto nell’art. 322-ter c.p.; ciò sembra far optare per una impossibilità di applicare la confisca transnazionale nel caso di patteggiamento115. Alla luce di
quanto detto, le differenze tra i due istituti sono davvero di poco rilievo e nel caso di un reato sia tributario che transnazionale, deve ritenersi che vada applicata una delle due forme di confisca, dato che l’obiettivo di entrambe è recuperare l’evasione e colpire le forme di profitto illecito. La prima delle sentenze di condanna individuerà il prezzo o profitto (o prodotto, se la condanna giunge in seguito all’accertamento di un reato transnazionale) o un valore ad essi equivalente e li avocherà al patrimonio dello Stato; si evita così di sottoporre a duplice ablazione lo stesso risultato dell’attività delittuosa.