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La natura giuridica della confisca per equivalente

Capitolo 2. La confisca per equivalente

2.6 La natura giuridica della confisca per equivalente

Se la confisca penale ha una difficile qualificazione giuridica a causa dei suoi molteplici contesti applicativi, sebbene prevalga il carattere special-preventivo, la confisca per equivalente presenta tratti notevolmente diversi. Essa, non essendo focalizzata sulla pericolosità oggettiva delle cose confiscate146, ma sulla volontà di sottrarre al reo ogni forma di beneficio economico ottenuto

tramite un crimine, agisce sui beni in quanto forma di arricchimento illecito, a danno della collettività. I beni confiscati per equivalente vengono valutati esclusivamente dal lato economico, con l’obiettivo di porre rimedio al danno erariale arrecato e quindi in ottica ripristinatoria, ma non preventiva. La misura in esame ha anche funzione deterrente, giacché «essa si inserisce a pieno titolo nelle più moderne tendenze di politica criminale, volte a colpire il reo non solo sul piano della libertà personale, ma anche e soprattutto sul piano patrimoniale, privandolo del vantaggio

economico conseguito attraverso la commissione del reato, il cui fine ultimo viene così annullato»147.

La giurisprudenza la definisce come una «forma di prelievo pubblico a compensazione di prelievi

illeciti»148 ed è concorde nel ritenerla misura «di natura sanzionatoria, per cui il presupposto per

l’applicazione non è la sproporzione fra il valore economico dei beni di cui il condannato ha la disponibilità ed i redditi derivanti dall’attività economica esercitata, in quanto la misura della sanzione è esattamente corrispondente al profitto o al prezzo del reato quale risulta dalla sentenza

che afferma la responsabilità dell’imputato per il reato in contestazione»149. Si sono espresse anche

145 S. Finocchiaro, cit., ivi p.167.

146 «La confisca ‘per equivalente’ prevista dall’art. 322-ter c.p. […] a differenza della ordinaria confisca, che non può

avere a oggetto altro che cose direttamente riferibili a reato, può riguardare beni che, oltre a non avere alcun rapporto con la pericolosità individuale del soggetto, non hanno neanche alcun collegamento diretto con il singolo reato». Così la

Cassazione Penale, Sez. IV, sent. 29 Marzo 2006 n.24663.

147 C. Di Gregorio, G. Mainolfi, G. Rispoli, “Confisca per equivalente e frode fiscale”, Giuffrè, 2011, p.197. 148 Cass. pen., Sez. II, sent. 14 Giugno 2006 n.31988.

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le Sezioni Unite150, confermandone la natura di misura sanzionatoria.

Se la confisca per equivalente ha carattere di sanzione, ne discende un importante corollario: non essendo misura di sicurezza, vale il principio di irretroattività. Pertanto, essa è inapplicabile a tutti i reati per la quale è prevista che siano stati commessi anteriormente alla sua entrata in vigore. Su tale tema la Corte Costituzionale ha avuto modo di esprimersi; il Tribunale di Trento ha sollevato l’eccezione di costituzionalità davanti alla Corte in un caso antecedente all’entrata in vigore della confisca per equivalente nei reati tributari. Nel caso in questione, il giudice a quo doveva esprimersi sulla restituzione di beni sequestrati in vista di una futura confisca prima che fosse prevista la misura ablatoria per forme di illecito penal-tributario disciplinate dal D. Lgs 74/2000; egli, sostenendone la natura di misura di sicurezza, riconosciuta dalla maggioranza degli interpreti alla confisca, ne propugnava la possibilità di applicazione retroattiva. La Corte ha risposto con delle considerazioni che hanno posto fine al dibattito: «il giudice a quo muove dall’erroneo presupposto interpretativo che la confisca in questione, dovendosi formalmente qualificare come misura di sicurezza e non come pena, deve essere retroattivamente applicata anche a reati commessi nel tempo in cui non era legislativamente prevista ovvero risultava diversamente disciplinata quanto a tipo, qualità e durata[…]; tale interpretazione è erronea, perché, contrariamente a quanto affermato dal

rimettente, l’art. 1, comma 143, della legge n. 244 del 2007[…] non opera retroattivamente»151, ed

aggiunge che: «[…]come affermato dalla Corte di cassazione in numerose pronunce - la mancanza di pericolosità dei beni che sono oggetto della confisca per equivalente, unitamente all’assenza di un “rapporto di pertinenzialità” (inteso come nesso diretto, attuale e strumentale) tra il reato e detti beni, conferiscono all’indicata confisca una connotazione prevalentemente afflittiva, attribuendole, così, una natura ‘eminentemente sanzionatoria’, che impedisce l’applicabilità a tale misura patrimoniale del principio generale dell’art. 200 cod. pen., secondo cui le misure di sicurezza sono regolate dalla legge in vigore al tempo della loro applicazione, e possono essere, quindi, retroattive»152.

150 Cass. pen., Sez. un., sent. 25 Ottobre 2005 n.41936: «costituendo una ‘forma di prelievo pubblico a compensazione

di prelievi illeciti’, viene ad assumere un carattere preminentemente sanzionatorio».

151 Corte Cost., ordinanza n.97/2009.

152 Corte Cost., ibidem. Successivamente, si veda la sent. 4097/2016, cit., che testimonia l’adeguamento pressoché univoco della giurisprudenza ed a mente della quale: «Attraverso la confisca si è inteso privare il reo di un qualunque

beneficio economico derivante dall'attività criminosa, anche di fronte all'impossibilità di aggredire l'oggetto principale, nella convinzione della capacità dissuasiva e disincentivante di tale strumento, che assume i tratti distintivi di una vera e propria sanzione in quanto non è commisurata né alla colpevolezza dell'autore del reato, né alla gravità della condotta. Per rafforzare gli strumenti di contrasto all'evasione fiscale il legislatore ha introdotto una vera e propria ‘misura sanzionatoria’».

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Non solleva particolari dubbi sulla natura di sanzione nemmeno la dottrina, che nel commentare la misura in oggetto rileva come «dalle premesse poste discende una vocazione punitiva, e non più di

misura di sicurezza, della confisca»153. Viene riconosciuto che «La sostituibilità dell’oggetto della

confisca ad opera di un bene di origine diversa, pur riconducibile al patrimonio del soggetto, destituisce del proprio fondamento la previsione, ed espunge le ipotesi ‘speciali’ di confisca dal novero delle misure di sicurezza. In tale contesto, infatti, si registra un affievolimento, per non dire addirittura una ‘soluzione’ del rapporto di pertinenzialità tra reato e bene[…]. Un tale meccanismo conferma il carattere sanzionatorio della confisca[…]. Ma una siffatta sanzione, di natura sostanzialmente penale, si rivela poco sensibile al primato del principio di personalità della

responsabilità»154. Sebbene la confisca per equivalente sia una misura a carattere sussidiario, che

opera obbligatoriamente solo laddove nella sfera giuridica del reo non sia rinvenibile esattamente ciò che costituisce prezzo o profitto del reato, viene sottolineato come «l’obbligatorietà che la connota[…] e da cui deriva l’obbligo di applicazione (a prescindere da qualsiasi valutazione discrezionale ovvero prognostica da parte dell’autorità giudicante) è ulteriore significativo indice rivelatore della sua natura sanzionatoria, rappresentando la confisca per equivalente, di fatto, una

sanzione aggiuntiva alle pene principali ad accessorie previste per i singoli reati tributari»155. In

termini sostanzialmente analoghi, ma con l’unica eccezione di smentirne la funzione preventiva, si esprime anche un’altra parte della dottrina: «La confisca di cui all’art. 322-ter, in realtà, non si fonda sulla ratio preventiva, né ha ad oggetto cose caratterizzate dall’intrinseca pericolosità propria delle misure di sicurezza, ma si basa su una natura giuridica decisamente afflittiva e sanzionatoria[…]. In altri termini, la confisca per equivalente, per caratteristiche strutturali e contenutistiche, va qualificata come sanzione penale, pertanto non potrà trovare applicazione l’art. 200 c.p., il quale

relativamente alle misure di sicurezza ne consente la retroattività»156. Dunque, che la confisca per

equivalente non sia una misura di sicurezza è assodato. Ciò che resta incerto è la sua qualificazione come pena accessoria, principale o forma ibrida. Tale incertezza deriva da pronunciamenti ondivaghi da parte della giurisprudenza di legittimità: viene affermato sia che «la confisca del profitto del reato non costituisce pena accessoria, bensì misura ablatoria con finalità ripristinatoria (diretta o per

equivalente, a seconda dell’oggetto del profitto)»157, sostenendo altresì che le pene accessorie

153 D. Fondaroli, op.cit., p.252. 154 Idem, ivi pp.258-259.

155 Di Gregorio, Mainolfi, Rispoli, op. cit., pp.195-196. 156 G. Giangrande, op. cit. p.192.

157 Cass. pen., Sez. III, sent. 10 Settembre 2015 n.43397. Per ulteriori approfondimenti sulla posizione della giurisprudenza sulla questione, si rimanda all’ articolo di G. Biondi, “La confisca per equivalente: pena principale, pena

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hanno carattere preventivo al pari della confisca diretta, cosa che non è riscontrabile nella confisca di valore, sia che «la natura eminentemente sanzionatoria della confisca per equivalente impone al giudice dell’esecuzione, qualora sia stata dichiarata l’illegittimità costituzionale della norma incriminatrice, di revocare ai sensi dell’art. 673 c.p.p. la sentenza irrevocabile di condanna anche nella parte relativa alla confisca, salvo che questa non abbia ancora avuto esecuzione, con restituzione dei beni all’avente diritto[…]. Dunque, nel caso, come quello che occupa, di pacifico venire meno del reato, avendo la disposta confisca natura omologa alle sanzioni penali principali,

non ne possono che egualmente venir meno sia gli effetti che l’eseguibilità/esecuzione»158. A

scredito della seconda ipotesi -confisca per equivalente come pena principale- si deve ricordare come, ai sensi dell’art 676 c.p.p., il giudice dell’esecuzione, laddove non abbia provveduto il giudice della cognizione, può disporre la confisca. Se a ciò si somma la previsione di cui all’art. 183 disp. att. c.p.p., che consente al pubblico ministero di richiedere al giudice dell’esecuzione che venga applicata una pena accessoria (e non principale) ove non già provveduto con la sentenza di condanna, si coglie come la qualificazione più attendibile sia quella per l’appunto di pena accessoria159. Essa, infatti, è disposta in caso di condanna come conseguenza ulteriore, in aggiunta

alle pene principali già previste per ogni reato che legittima la sua applicazione. Infine, parte minoritaria della dottrina, nel commentare la natura della confisca per equivalente, ricorda come essa sia applicata solo in via sussidiaria, e che quindi bisognerebbe piuttosto valutare giuridicamente la confisca obbligatoria che la precede: «Poiché la confisca per equivalente risulta applicabile come

accessoria o tertium genus sanzionatorio?”, pubblicato su www.penalecontemporaneo.it il 5/5/2017. Ad ipotizzare

l’appartenenza della confisca per equivalente ad un tertium genus è anche F. Vergine, op. cit., p.241, il quale afferma:

«Sorge il dubbio, quindi, che la confisca di valore, come configurata dalla giurisprudenza, non sia né una pena in senso stretto né una misura criminale, ma piuttosto incarni un tertium genus di sanzione che si preoccupa più di recuperare la somma illecita sottratta che non punire l’effettivo percettore del guadagno illecito».

158 Cass. pen., Sez. III, sent. 10 Maggio 2016 n.38857.

159 Ciò nonostante, rileva G. Biondi in art. prec. cit., resta aperto il problema degli effetti che una sospensione condizionale della pena (che si estende alle pene accessorie) provocherebbe sulla confisca. Egli ragiona sul fatto che

«attribuire in questi casi la natura di pena principale o accessoria alla confisca per equivalente vorrebbe inevitabilmente dire che, sebbene disposta, la sua concreta esecuzione sarebbe condizionalmente sospesa ai sensi dell’art. 166 c.p. Ma, allora, quid iuris degli eventuali beni sottoposti a sequestro preventivo? Resterebbero sottoposti a vincolo reale in attesa dell’eventuale concreta esecutività della confisca, in una sorta di limbo indefinito? Il testo dell’art. 323, comma 3, c.p.p. non sembra consentire una risposta alla domanda diversa da quella affermativa.

Tuttavia, l’accostamento della confisca per equivalente alla pena farebbe propendere per una sorta di applicazione analogica dell’art. 532, commi 1 e 2, c.p.p.: come la misura cautelare personale cessa i suoi effetti in presenza di una sentenza di condanna a pena condizionalmente sospesa, così il sequestro preventivo, che è pur sempre una misura cautelare reale, perderebbe i suoi effetti in caso di condanna con applicazione della confisca per equivalente, sottoposta, però, al beneficio di cui all’art. 163 c.p.

Dunque, il giudice dell’esecuzione potrebbe disporre la confisca per equivalente, ma la sua concreta attuazione resterebbe sospesa ex art. 163 c.p., con conseguente obbligo di restituzione di eventuali beni sottoposti a sequestro preventivo finalizzato ad assicurare proprio l’ablazione reale».

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forma “subordinata” della confisca obbligatoria, per il caso in cui non si possano ritrovare i beni prodotti dal reato, appare non immediatamente agevole predicarle una natura diversa dalla confisca obbligatoria di tali beni. Detto in altri termini, la confisca per equivalente pare null’altro che un modo di attuazione della confisca obbligatoria[…]. Sembra difficile, allora, eludere una ipotesi di lavoro iniziale, banale quanto paradossalmente solida e distonica rispetto a quanto normalmente si opina: la confisca per equivalente, modo di attuazione della confisca obbligatoria, è una misura di sicurezza

patrimoniale, la cui finalità è impedire e scoraggiare nuovi reati»160. A queste considerazioni si

frappone la logica secondo la quale l’istituto della confisca non va considerato come figura astratta, bensì misura che assume di volta in volta diverse forme, a seconda della sua applicazione concreta. Nel sostenerne la natura di misura di sicurezza, viene affermato che, se è vero che la facoltà di procedere per equivalente permette di prescindere dal rapporto di pertinenzialità tra res e reato, questo nulla varrebbe nel determinare la natura della confisca per equivalente: «Tale argomentazione, pur autorevolissimamente sostenuta, non sembra affatto convincente. Il fatto che i beni non siano ricollegabili, direttamente o nella forma dell’accertato reimpiego, al reato che ha determinato un arricchimento del suo autore, non sembra incidere in alcun modo sulla funzione della

confisca»161. Dunque, la confisca per equivalente non sarebbe che un modo di confiscare il provento

del reato e non qualcosa di ulteriore e diverso rispetto alla confisca tradizionale; l’obiettivo è di privare il reo di beni illecitamente acquisiti e nel farlo si procede o in via diretta o per equivalente, mai con entrambe, quando invece se fosse una misura a carattere punitivo e sanzionatorio dovrebbe applicarsi in aggiunta alla confisca del provento.

Come emerge dalle considerazioni riportate, il dibattito non ha ancora trovato un accordo unanime, sebbene sia nettamente prevalente l’idea di confisca per equivalente come misura a carattere prevalentemente sanzionatorio.

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