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Il sequestro preventivo “impeditivo”

Capitolo 3. Il sequestro penale in rapporto alla confisca

3.4 Il sequestro preventivo

3.4.1 Il sequestro preventivo “impeditivo”

La prima sottocategoria di sequestro preventivo è il c.d. sequestro “impeditivo”, che, nonostante i molti tratti comuni con le altre forme di sequestro preventivo, presenta tratti particolari, requisiti parzialmente differenti ed una finalità diversa. Proprio in riferimento a quest’ultima, è il primo comma art. 321 c.p.p. a contenere la ratio legis dell’istituto, il cui scopo è di impedire che, in mancanza dell’apposizione di un vincolo, la disponibilità di alcuni beni utilizzati per compiere un fatto qualificato come reato possa aggravare le conseguenze dello stesso, o spingere il reo a commettere nuovi reati. I nuovi reati non devono essere necessariamente della stessa specie, in assenza di alcuna precisazione normativa, cosa che viene invece fatta per le misure cautelari personali all’art. 274, comma 1°, lettera c).

Emerge sin da subito una prima analogia con la confisca penale: suddetti beni vengono sottoposti a sequestro preventivo perché pericolosi. L’attenzione viene cioè focalizzata sulla pericolosità della res, pur qui non essendo una pericolosità intrinseca, ma condizionata dalla condotta dell’agente. Passando in rassegna i requisiti necessari affinché possa essere applicato il sequestro preventivo impeditivo, è da verificare che congiuntamente vi sia:

a) La disponibilità, diretta o indiretta, delle cose da sottoporre a sequestro da parte di colui che è indiziato di aver commesso un reato, o anche da parte di un terzo estraneo, perché ciò che rileva è il collegamento tra reato e res. Lo stesso legame vale nel sequestro a fini di confisca, ma in questo caso la giurisprudenza ritiene che prevalga quanto stabilito dall’art.240 c.p., che fa salvo il terzo estraneo al reato salvo nel caso di pericolosità intrinseca di cui si è discusso precedentemente; b) La presenza di un fumus boni iuris leggermente più forte, qualificato dalla dottrina come fumus

commissi delicti222, ma non sì forte da richiedere la presenza di gravi indizi. Con questa espressione

222 Per un’analisi delle posizioni dottrinali, non univoche sul tema, si rimanda al contributo di P. Gualtieri, “Il fumus delicti

nel sequestro preventivo”, fascicolo n. 1/2016 pubblicato su www.foromalatestiano.it L’autore ripercorre inoltre le

problematiche che potrebbero sorgere tanto più si considerano meno forti gli indizi di colpevolezza richiesti ai fini del

fumus, e riflette su come «il sequestro preventivo attiene, infatti, a “cose” che presentano un tasso di “pericolosità” tale da giustificare l’imposizione della cautela, e, pur raccordandosi ontologicamente ad un reato, può prescindere totalmente da qualsiasi profilo di “colpevolezza”, proprio perché la funzione preventiva non si proietta necessariamente

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si intende «la probabilità allo stato degli atti, e quindi quando interviene il sequestro, che sia stato

commesso un reato»223; devono esserci elementi, pur solo indiziari, che facciano presumere che il

reato ipotizzato esista e che rispetto a questo la cosa sequestrata si ponga in rapporto di pertinenzialità224. La valutazione del giudice non deve però tradursi in una decisione di merito

anticipata. La norma richiama più volte il termine “reato”, riferendosi alle cose ad esso pertinenti, alle “conseguenze di esso”, nonché alla “commissione di altri reati”, con ciò volendo evidenziare che serve la commissione storica di un fatto che dell’illecito penale ha almeno i connotati, sebbene non lo si sia ancora definito giuridicamente in modo chiaro ovvero se non sia ancora stato provato pienamente il nesso strumentale;

c) La pertinenzialità tra bene e commissione del reato. Afferma in merito la Cassazione che «In tema di sequestro preventivo, è necessaria la sussistenza del requisito della pertinenzialità del bene sequestrato, nel senso che il bene oggetto di sequestro preventivo deve caratterizzarsi da una intrinseca, specifica e strutturale strumentalità rispetto al reato commesso non essendo sufficiente

una relazione meramente occasionale tra la ‘res’ ed il reato commesso”»225;

d) Il periculum in mora, qualificabile qui nel c.d. “periculum libertatis”, che si traduce sostanzialmente nel rischio richiamato dalla norma circa l’aggravamento delle conseguenze del reato tramite i beni oggetto dello stesso. Di fatto, il requisito sub c) diventa integrante ai fini della verifica del periculum. Parte della dottrina sostiene che non deve necessariamente essere un pericolo concreto, come invece dovrebbe esserlo per applicare misure cautelari personali, perché la giurisprudenza non ritiene estendibili alle misure cautelari patrimoniali le condizioni di applicabilità per quelle personali226. Questa posizione pare non in linea con quanto invece ribadito

dalle Sezioni Unite, secondo cui il pericolo, «in quanto probabilità di un danno futuro, deve avere caratteristiche di concretezza e richiede, quindi, un accertamento in concreto, sulla base di elementi di fatto, in ordine all’effettiva e non generica possibilità che la cosa di cui si intende vincolare la

sull’autore del fatto criminoso, ma su beni che, postulando un vincolo di pertinenzialità col reato, vengono riguardati dall’ordinamento quali strumenti la cui libera disponibilità può costituire situazione di pericolo».

223 S. Pellegrini, op.cit., p.18.

224 A ribadire, anche di recente il fatto che la sola astratta configurabilità di reato non sia sufficiente è la Cassazione, IV Sez., sent. n. 10416/2018 secondo cui: «nella valutazione del fumus commissi delicti, quale presupposto del sequestro

preventivo, il giudice del riesame non può avere riguardo alla sola astratta configurabilità del reato, ma deve tener conto, in modo puntuale e coerente, delle concrete risultanze processuali e dell'effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, indicando, sia pur sommariamente, le ragioni che rendono sostenibile l'impostazione accusatoria, e plausibile un giudizio prognostico negativo per l'indagato, pur senza sindacare la fondatezza dell'accusa».

225 Cass. pen., Sez. III, sent. 20 Gennaio 2017 n.5845. 226 Così E. Conforti, op.cit., p.77.

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disponibilità assuma una configurazione strumentale rispetto all’aggravamento o alla protrazione

del reato ipotizzato ovvero alla agevolazione o alla commissione di altri reati»227.

Per ciò che concerne l’oggetto su cui può ricadere il sequestro in parola, la norma cita soltanto la “cosa pertinente al reato” e diversamente dal sequestro probatorio non parla di “corpo del reato”. Ciò nonostante, la giurisprudenza228 ritiene che il concetto di “cosa pertinente al reato” vada intesa

con una accezione molto ampia, tale da ricomprendere al suo interno anche la nozione di “corpo del reato” e ammette quindi il sequestro preventivo sugli stessi beni potenzialmente oggetto del sequestro probatorio. Se così non fosse, non si potrebbe sequestrare a finalità preventive l’oggetto materiale del reato, con la conseguenza illogica di evitare proprio quanto auspicato dal primo comma, vale a dire “aggravare o protrarre le conseguenze del reato”. Anche il sussistere di una relazione indiretta tra cosa e reato è idonea a giustificare il sequestro preventivo, purché vi sia un legame funzionale «non meramente occasionale, sebbene inteso in senso ampio, tale cioè da

comprendere ogni tipo di reciproca utilità, conseguenza o causalità»229.

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