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Il sacello della Santa Casa Rappresentazione e significat

II.2. Le repliche architettoniche della Santa Casa di Loreto

II.2.1. L'esempio di Varallo

Un latente interesse per il luogo fisico del sacello attraversa tutta la storia lauretana. Fin dal Quattrocento si ha notizia di fondazioni, definite tuttavia cappelle e non Sante Case, che lasciano intendere una qualche somiglianza con l‟originale marchigiano, relegata molto probabilmente all'allestimento della zona d'altare più che a una consapevole ripresa dei caratteri architettonici141. Trattandosi di testimonianze molto elusive, sulle quali gli studi si

sono più volte misurati senza successo sperando di risolvere la questione lauretana, non è possibile affermare con certezza quando la volontà di replicare fedelmente le forme del sacello di Loreto per celebrarlo quale Dimora della Vergine si sia manifestata per la prima volta.

Casi documentati di vere e proprie traduzioni in pietra o mattoni, costruite con l'intento di "traslare" sul territorio il culto della Santa Casa, fanno la loro pionieristica comparsa nei primi decenni del Cinquecento, una volta acquisita l'iconografia del sacello. Tali riproduzioni rappresentano iniziative del tutto singolari frutto dello spontaneo slancio pietistico dei promotori locali, in quanto non ancora inserite in un preciso contesto di riferimento; solo con la Controriforma sarà forgiata l'intelaiatura dogmatica del culto, consentendo a queste singolari manifestazioni di giungere a maturazione e trovare il definitivo consenso. Fra gli esempi più antichi e prestigiosi, che hanno lasciato un segno profondo nella religiosità locale, si annoverano quelli di Spoleto e Macereto, ascrivibili agli anni Trenta, e ben due testimonianze presso il Sacro Monte di Varallo: se i primi due possono essere considerati come una naturale, seppur degna di nota, espansione del culto in aree geografiche limitrofe al santuario, il caso di Varallo è del tutto eccezionale e presenta caratteri di autonomia tali da meritare un breve approfondimento, per le enormi conseguenze avute nel nord Italia142.

Presso il primo e più importante Sacro Monte dell‟area alpina esistono due espliciti riferimenti alla Santa Casa databili fra la fine del XV e il secondo decennio del XVI secolo, precoci attestazioni della diffusione nel nord Italia dell'iconografia del sacello, i cui modelli architettonici diventeranno normativi in zona per buona parte del secolo.

141 Si veda il già citato caso della cappella lauretana fondata a Cremona nella chiesa di San

Domenico e visitata da Roberto da Sanseverino nel 1458, cfr. Viaggio in Terrasanta…, 1888, pp. 12- 13.

142 Dell'argomento si è occupato L

ANGÉ, 1997, pp. 363-374, con esaustiva bibliografia di riferimento. Lo studioso sostiene il carattere di assoluta specificità del fenomeno lauretano in area alpina, per molti versi più affine al contesto europeo che italiano.

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Con la fondazione del Sacro Monte di Varallo da parte del francescano Bernardino Caimi a fine Quattrocento143, si apre il capitolo lauretano locale. Nel primo percorso sacro elaborato

dal frate, la Cappella dell‟Annunciazione, tappa iniziale del Complesso di Nazareth, era ubicata nel vano adiacente all'attuale Cappella del Sogno di San Giuseppe ed è stata costruita non a imitazione della Santa Casa, bensì della grotta di Nazareth. Nel secondo decennio del Cinquecento, nell'ambito di una riqualificazione generale, nei pressi della grotta Gaudenzio Ferrari realizza un ambiente quadrangolare ispirandosi, con forme leggermente aumentate (m 9 x m 15), all'antica chiesa di Santa Maria di Loreto secondo l'immagine veicolata dalle fonti seriali, ossia con muratura a vista, arcatelle cieche di coronamento sottogronda e campanile innestato nella parte posteriore144. Il riferimento alla Santa Casa,

degna di essere riprodotta come tutti gli altri loca sancta del Monte in quanto riconosciuta come sede dell'episodio evangelico dell'Annunciazione, testimonia l'avvenuta ricezione, a seguito dell'ufficializzazione papale del 1507, dei nuovi significati del culto, non considerati a fine Quattrocento da padre Caimi il quale, da buon francescano, preferisce ispirarsi direttamente alla Terrasanta proponendo l'ambiente grottesco di Nazareth.

Più o meno nei medesimi anni, alle porte dell'abitato nella frazione di Roccapietra viene edificata una piccola chiesa intitolata alla Madonna di Loreto, il più antico esempio di esplicita dedicazione lauretana a imitazione del sacello noto nel nord Italia145 (fig. 20). Se sul

Sacro Monte, nell'ambito di un progetto di mimesi dei Luoghi Santi, la costruzione di una Cappella dell'Annunciazione a immagine della Dimora di Maria - sia essa la grotta di Nazareth o la Santa Casa di Loreto - può apparire scontata, così non è per la fondazione di Roccapietra: la dedicazione lauretana, in quell'arco di anni e in quell'area geografica, di un intero edificio autonomo e isolato nello spazio riproducente le forme quadrangolari del sacello, di poco inferiori alle misure originali (m 3,70 x m 7), rappresenta un fatto del tutto eccezionale. L'elegante portico rinascimentale, che circonda su tre lati la cappella addossata al versante montano, è il frutto di un'aggiunta del primo quindicennio del Cinquecento a opera di Gaudenzio Ferrari, impegnato nei medesimi anni sul Sacro Monte e nella chiesa

143 La bibliografia sulla Nuova Gerusalemme varallese e sui Sacri Monti è vasta e complessa. Si

consigliano in questa sede alcuni testi utili per una lettura d'insieme: Sacri Monti: devozione, arte e cultura della Controriforma, a cura di L. Vaccaro-F. Riccardi, Milano 1992 e I Sacri Monti nella cultura religiosa e artistica del Nord Italia, a cura di D. Tuniz, Cinisello Balsamo (Mi) 2005. Si vedano, inoltre, le riflessioni di L. ZANZI, Sacri Monti e dintorni. Studi sulla cultura religiosa ed artistica della

Controriforma, Milano 1990. 144

L‟assimilazione della cappella dell'Annunciazione con la Santa Casa di Loreto continua anche negli anni a venire, quando l‟Alessi nel suo progetto di ripristino del Sacro Monte propone di cingerla con una copia del rivestimento marmoreo lauretano. Per le soluzioni decorative proposte nel Libro dei Misteri si veda LANGÉ, 1997, pp. 368-369.

145 Voluto, secondo Debiaggi, dallo stesso Caimi, l'unico a quel tempo in grado proporre un

progetto talmente innovativo con il valore di simbolico avamposto al Sacro Monte, cfr. C.DEBIAGGI,Gli

affreschi di Fermo Stella da Caravaggio nell'oratorio di Loreto presso Varallo e le altre sue opere varallesi, in «Bollettino della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti», n.s. LVI (2005), pp. 111- 123. Per approfondimenti si veda inoltre P.G. LONGO, Sacri Monti e devozione, in I sacri Monti…, 2005, pp. 71-90.

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varallese delle Grazie, introdotto con il duplice scopo di riparare le masse di pellegrini, che sempre più numerose facevano tappa in chiesa prima di spostarsi sul vicino percorso sacro, e dare una forma più conclusa a un luogo di culto composto, fino a quel momento, dalla sola camera quadrangolare.

Nulla si sa sull'aspetto edilizio e decorativo della chiesetta di Roccapietra a ridosso degli anni della fondazione prima della riforma gaudenziana; non è da escludere che essa si presentasse, come quella originale di Loreto, con muratura a vista e immagine lauretana sulla parete di fondo, molto probabilmente dipinta146. Tale suggestiva conformazione non può

non evocare l'aspetto della primissima chiesetta di Santa Maria così come doveva presentarsi al momento dell'"arrivo" sul monte Prodo nel 1294, tenendo presente che, proprio come a Loreto, anche la chiesa di Roccapietra sorge lungo una via pubblica di collegamento fra il centro abitato e la valle, l'unica carrozzabile esistente al tempo. La volontà di ispirarsi al prototipo lauretano si palesa non solo nelle forme, ma anche nella dislocazione dei varchi e della Finestra dell'Angelo, dettagli che diventeranno elementi di riconoscibilità fissi in ogni replica architettonica nei decenni a venire. Per quanto riguarda i porticati, il modello più prossimo potrebbe essere la vicina grotta dell'Annunciazione del Sacro Monte, cinta nei medesimi anni da una struttura simile prima di essere sostituita con la nuova cappella in forma lauretana, ma non sono da escludere riferimenti consapevoli all'antica iconografia della Santa Casa attorniata da logge dipinte e addossate al muro dei recanatesi il quale, occorre ricordare, era ancora visibile al momento delle fondazioni varallesi.

Nell'arco di un ventennio, Varallo ospita ben due edifici riferibili alla Santa Casa che segnalano il percorso sacro: il primo all'inizio del Sacro Monte si lega a Nazareth e al mistero dell'Incarnazione, il secondo, all'ingresso dell'abitato, alla reliquia architettonica del sacello, indicando in modo emblematico le due chiavi di lettura del culto e un aggiornamento devozionale all'avanguardia impensabile in quei luoghi al tempo sperduti se non in relazione alla decisiva presenza del mondo francescano. La riproduzione della Santa Casa assume qui il doppio significato di oggetto di devozione e punto di partenza della vicenda cristologica e, va da sé, della storia della salvezza, aprendo a nuove interpretazioni che faranno scuola sui Sacri Monti prealpini.

Dopo queste prime manifestazioni allineate alla nascente iconografia del sacello, le due fondazioni lauretane prenderanno strade divergenti a saranno oggetto di una serie di modifiche architettoniche e decorative del tutto peculiari, che le allontaneranno dal modello originale. Se l'interno della Cappella dell'Annunciazione rivela l'interesse di Gaudenzio per la spazialità bramantesca, l'edifico di Roccapietra viene completamente rivestito, dopo

146 Per il recupero dell'opera e dell'originale assetto dell'area d'altare si veda N.G

ABRIELLI,Una scultura di Gaudenzio Ferrari nella cappella di Loreto, in «Bollettino della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti. Studi dedicati a Gaudenzio Ferrari», n.s. VIII-XI (1954-1957), pp. 99-100.

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l'aggiunta dei portici, da decorazioni parietali funzionali all'esaltazione mariana e votiva del luogo assolutamente estranee all'allestimento originale lauretano, iniziate dallo stesso artista in corrispondenza dell'area d'altare - per il quale eseguirà anche una Madonna del latte in terracotta policroma147 - e proseguite in esterno fino alla seconda metà del secolo da altri

maestri e seguaci legati al cantiere del Sacro Monte. Uno di essi, sulla parete destra, lascerà un esplicito riferimento all'iconografia lauretana dipingendo la scena della Traslazione della

Santa Casa secondo l'immagine di transizione che vede l'erigenda basilica fondersi con le

forme del primitivo sacello (fig. 21).