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Il sacello della Santa Casa Rappresentazione e significat

II.1.3. Fonti per la riproduzione del sacello

L'interesse per la traduzione dettagliata delle forme decorative e architettoniche della Santa Casa, funzionale alla sua riproduzione, germoglia nel corso del XVI secolo, in anni di grande fermento in cui il culto è in fase di assestamento, le immagini di corredo si moltiplicano e i motivi iconografici si rincorrono e perpetuano, aggiornando costantemente il tema. Determinante, in tal senso, è il contributo degli storici lauretani i quali, a fronte degli attacchi seguiti alla pubblicazione del testo di Pietro Paolo Vergerio, cominciano a indirizzare la loro attenzione sul sacello, analizzandone gli elementi strutturali e decorativi per trovare in essi la prova dell‟autenticità della traslazione124. Sulla scorta della secolare tradizione

iconografica e delle nuove suggestioni tridentine, prenderà corpo il fenomeno delle copie architettoniche della Santa Casa, espressione massima del culto destinata a lasciare un segno tangibile, per certi versi unico, nei territori della cristianità.

Consapevole del successo che da sempre le reliquie di Terrasanta riscuotevano in Occidente, la Chiesa incentiva la proliferazione delle repliche, in particolar modo nelle aree geografiche periferiche o afferenti ad ambiti confessionali misti, guardando con favore alla nascente produzione di disegni, rilievi e incisioni raffiguranti ogni minimo dettaglio esterno e interno del sacello, per consentirne l'imitazione fedele. È luogo comune, ampiamente rimarcato dalle fonti locali, la difficoltà incontrata dalle maestranze di provincia nella riproduzione di un manufatto e di un'immagine sacra tanto particolari come quelli lauretani: per questo motivo, il viaggio d'istruzione a Loreto dei supervisori delle fabbriche dei nuovi santuari diventa una consuetudine a partire dal XVII secolo. Personaggi illustri e di rango intraprendono il viaggio personalmente o inviando delegazioni di esperti per prendere visione delle prerogative della Santa Casa, affinché l'aderenza al modello originale che si intende costruire in patria sia totale; tale tendenza è ampiamente documentata in area germanica, dove si rileva la volontà di far circolare il più possibile il modello per incentivarne le copie,

123 Oltre alle copie architettoniche, si segnala la consuetudine, tipicamente marchigiana, di

costruire modelli tridimensionali della Santa Casa, manufatti policromi di modeste dimensioni raffiguranti il sacello e il gruppo divino generalmente realizzati in legno, cartapesta o terracotta e talvolta rivestiti in stucco, che venivano portati a spalla nella notte della traslazione lungo le vie, illuminate con fuochi per indicare il cammino alla Santa Casa in arrivo dalla Terrasanta, cfr. M.DI

MATTEO, I plastici processionali della Santa Casa di Loreto tra devozione e architettura, in L‟iconografia…, 1995, pp. 46-64.

124 Secondo il Torsellini, la sola antichità degli affreschi interni, la percezione della quale era

alterata dallo stato di degrado in cui già allora versavano, basterebbe a certificare l'originalità della Santa Casa. Anche gli Acta Sactorum riconoscono nell‟iconografia un elemento determinante per la riconoscibilità del culto, cfr. BISOGNI, 1997, pp. 329-330.

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mentre in Italia i promotori non sembrano particolarmente interessati alla condivisione. Secondo Silvio Serragli, nell‟anno santo del 1625 alcuni principi tedeschi, forse il Langravio d‟Assia e il fratello, intraprendono un devoto pellegrinaggio per misurare il sacello e copiare i dipinti, illuminandoli con torce125, mentre l'autore dell'Atlas marianus126, il gesuita Wilhelm

von Gumppenberg ritenuto uno dei principali fautori della diffusione di copie architettoniche oltralpe, precisa che, proprio in quell‟anno, anche il penitenziere Cristoph Bachmer avrebbe redatto un rilievo del sacello, «colla maggiore diligenza che a un uomo sia dato», per diffonderlo in tutta la Germania e che egli stesso, alla volta del 1672, era in possesso di ben tre piante.

Laddove la trasferta non sia possibile o si ritenga necessario verificare alcuni dettagli a cantiere avviato, le maestranze locali possono anche ricorrere alle riproduzioni grafiche dell'allestimento, supporto iconografico di primaria importanza destinato a soddisfare la curiosità di fedeli e promotori locali da considerarsi come ultima evoluzione della fiorente produzione di fonti seriali a soggetto lauretano. Occorre precisare che, a fronte di un interesse quasi maniacale per i dettagli dell'arredo e dei dissesti murari, in tali fonti la resa dei dipinti interni non è mai particolarmente circostanziata, forse perché antichi, degradati e di difficile lettura: la loro descrizione è decisamente sommaria, se non talvolta errata, e ciò potrebbe spiegare l'assoluta libertà con cui nelle repliche architettoniche è stato declinato il tema pittorico.

Determinante per la corretta riproduzione del sacello è il contributo del più volte citato Silvio Serragli. Dopo aver proposto, fin dalla prima edizione de La S. Casa abbellita, la planimetria di Santa Casa e recinzione (fig. 16), il computista del santuario si fa interprete delle nuove esigenze dei fedeli pubblicando, nell'esemplare romano del 1634, un dettagliato rilievo di pianta e pareti, corredato di didascalie, misure, iscrizioni e prospetto delle litanie lauretane. L'illustrazione, che presenta tutti i particolari necessari per la costruzione di una replica, riscuoterà grande successo e sarà ristampata a Roma, per i tipi di Carlo Losi, ancora nel XVIII secolo (fig. 17). Nel medesimo giro di anni, Domenico Brittius esegue i rilievi dei dipinti e della tessitura muraria per conto dell‟Infanta Maria di Savoia, di cui rimane un'incisione in rame di Nicolaus Gillirius Bizantinus ristampata nel 1895 per le celebrazioni del sesto centenario della traslazione127.

125 S

ERRAGLI,1682, p.44.

126 Celebre catalogo di topografia mariana, nel quale vengono censite statue e immagini

miracolose della Madonna unitamente alla storia dei santuari che le conservano, cfr. W. GUMPPENBERG, Atlas marianus […], I, Monachii typis & impensis, Ioannis Iaecklini, 1672, in particolare pp. 3-4. L'Atlas marianus, la cui prima edizione del 1650 è dedicata proprio alla Vergine di Loreto, è stato il libro religioso illustrato più diffuso dell'epoca moderna, tradotto e completato in italiano dal veronese Agostino Zanella nel XIX secolo. Missionario in Baviera, Tirolo e Svizzera per oltre trent'anni, il Gumppemberg è stato più volte pellegrino a Loreto a partire dal 1632.

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A queste vedute "didattiche", si affiancano una serie di immagini di corredo che non hanno come soggetto principale la descrizione dell'allestimento del sacello ma ne mostrano solo una sezione. Fra le più note, la Veduta prospettica di Loreto di De Matonnier del 1628, su modello della quale sarà composta quella di Salmon, incisa a Venezia nel 1743, a sua volta ripresa nel 1757 nella Veduta di Loreto con Santa Casa di Aveline, con uno scorcio del sacello in esterno. Altro prezioso documento è l‟incisione su rame in francese, conservata presso l‟Archivio Storico della Santa Casa, che rievoca il trasporto al Louvre della statua lauretana avvenuto nel febbraio 1797, nella quale viene presentato il corredo della Vergine e l‟antica veste che si usava esporre al pubblico; nella fascia sottostante, un fregio analizza le pareti del sacello ponendo particolare attenzione ai dipinti murali e allo stato dell‟altare (fig. 18). Si segnalano anche le incisioni realizzate nel 1853 dagli allievi dell‟Accademia di Belle Arti di Bologna su disegni di Gaetano Ferri, che restituiscono una fase del santuario oggi perduta, con scorci della basilica, della Sala del Tesoro e dell‟interno del sacello nella delicata fase di transizione che va dalla ricostruzione post napoleonica all'incendio del 1921128 (fig. 19).

Al di là dell'aspetto prettamente artistico, tali fonti costituiscono un documento storico di eccezionale importanza: esse consentono di ricostruire, oltre alle pratiche devozionali, anche l'assetto originale dell'area est al quale si sono ispirati i numerosi sacelli copia, oggi irrimediabilmente compromesso. La mensa rettangolare, in quo SS. Apostoli sacrificia divina

offerebat129, era coperta e disponeva di un gradino sul quale, fra candelabri, era esposto S.

Ladislaus qui dibus solemnioribus inter alia in medio altari expositur. Sopra l‟altare si estendeva una grande grata in legno argentato che segnalava l'area di rispetto, chiusa ai lati da due fasce suddivise a riquadri recanti griglie a intreccio diagonale; sui fianchi, due porte, sbarrate con una balaustra a sinistra e con una cancellata a destra, consentivano l'ingresso al Santo Camino, area a cui potevano accedere gli officianti e i fedeli più illustri. Per quanto riguarda le pareti, fra i vari dettagli al n. 12 viene indicato un ferreus semicirculus muro

affixus pro grandioribus votivis cereis collocandis, mentre al n. 9 un particolare che molto

impressionava il visitatore, quasi sempre riproposto nelle repliche architettoniche: uno e

lapidibus ab Episcopo Conimbricensi cum licentia papae ablatus et post multa incomoda ac morbum incurabilem restitutus, vale a dire un frammento di pietra murato con una piccola

gabbia metallica nella parete sud, testimonianza di un miracolo che ha visto come protagonista il vescovo di Coimbra, Giovanni Soares, nel 1562130. La zona sacra, composta

128 G.F

ERRI, La Santa Casa di Nazareth e la città di Loreto descritte storicamente e disegnate da

Gaetano Ferri, Macerata 1853.

129 Le didascalie sono tratte dalla stampa settecentesca del Losi, su modello del Serragli.

130 L'anno precedente, mentre si stava recando al Concilio di Trento, il vescovo aveva fatto tappa

a Loreto per sciogliere un voto. Dopo aver devotamente pregato, secondo il Torsellini «si sentì una gran voglia di costruire nel suo episcopo una cappella simile a quella di Loreto, e di portarsi via dalla Santa Casa, per tale effetto, una qualche pietra». Nonostante il parere contrario del rettore, il vescovo

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dalla parte terminale delle pareti nord e sud e dalla rettilinea est, ospitava la nicchia della Vergine, definita Statua B. Vir. Miraculosissima è cedro a S. Luca Evangelista sculpta cum

ingentis pretij monili bus e collo dependentibus, collocata su un piedistallo a gradini con

edicola ad archivolto e angeli reggitorcia laterali donis votivis circumdatis, fra i quali spiccavano figurine di oranti, parti del corpo sanate e oggetti vari inerenti alla grazia ricevuta,

notandum reliquia ibidem comparentia esse votiva dona aurea et argentea hinc unde per totum parietem affixa. Sotto la nicchia si trovava il vano del Santo Camino, anch'esso

circondato di ex voto, mentre a destra la porta d‟uscita sud-est, definita prima e tribus portis

novis hic non sine grandi miraculo factis per quam itur ad caminum, risulta protetta da una

grata di ferro e coronata da un vano contenente la testa di Santa Barbara, la statua di San Ladislao e altre reliquie. Di fronte, si trovava l‟inginocchiatoio della Vergine, in seguito riservato ai fedeli più illustri.

Per chi, infine, era interessato all'imitazione del rivestimento esterno, la tradizione era più assestata: fin dagli anni Sessanta del Cinquecento circolavano ottime riproduzioni del prospetto marmoreo, filone iconografico inaugurato da Giovan Battista Cavalieri che tanta fortuna ha riscosso all‟estero, dove la riproduzione della recinzione marmorea ha incontrato un particolare favore131. In Italia, la rappresentazione del programma iconografico delle pareti

esterne diviene fra XVIII e XIX secolo un soggetto privilegiato da un punto di vista prettamente estetico: nell‟epoca della riscoperta della grande arte nazionale, il recinto lauretano impressiona amatori d'arte e specialisti di tutta Europa in quanto riconosciuto come uno dei risultati più alti del nostro rinascimento.

Descrizioni più o meno circostanziate della Casa di Maria e del santuario che la conserva si tramandano fin dai tempi dei racconti di fondazione e della prima storiografia lauretana, con particolare riferimento alle già citate opere i Giacomo Ricci, Girolamo Angelita, Raffaele Riera - il quale, per primo, chiama l'apertura sotto la nicchia Santo Camino, nota i cedimenti nel muro e attesta la collocazione della statua in un baldacchino con colonne, la più antica testimonianza di questo tipo di allestimento ai suoi tempi forse ancora quattrocentesco132 -

senza dimenticare il contributo del rettore del collegio gesuitico di Loreto, Orazio Torsellini, il quale descrive la cappella e il rivestimento marmoreo soffermandosi sulla diffusione del culto oltralpe.

ottiene l'autorizzazione pontificia a sottrarre una sacra pietra, con grande sdegno del popolo e delle autorità del santuario. Ma le pareti della Santa Casa sono inviolabili: colto da una violenta e inguaribile febbre, subito ricondotta all'oltraggio perpetrato ai danni di Maria, il Soares restituisce immediatamente la sacra reliquia. Non appena ricollocata al suo posto, ancorata con grappe di ferro, il vescovo riacquista la salute.

131 La più antica raffigurazione della recinzione è quella presente nel testo di Francisco de

Hollanda, databile al 1539-1540 quando i lavori erano in fase di ultimazione e pertanto lacunosa, cfr. GRIMALDI, 1999, pp. 115-125.

132 R.R

IERA, Historiae almae domus Lauretanae liber singularis, in MARTORELLI,I,1732,pp. 22, 143, 146.

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Tuttavia, fino all‟epoca del Serragli misure e descrizioni non sono considerate funzionali alla riproduzione del sacello bensì semplici elementi di devozione o curiosità: oltre alle tavole sopra citate, La S. Casa abbellita contiene la più completa descrizione dell‟interno del sacello fino ad allora mai prodotta. Dopo aver esposto, con dovizia di particolari, la miracolosa traslazione della Dimora dalla Galilea, «spiccata netta da i fondamenti, senza pavimento, e senza suolo, ricoperta di tetto con sopra campanile, e camino, e sottovolta di legno dipinto in azurro, e di dorate stelle ornata, ivi affisse dell‟istessa materia», ed esaltato le sue virtù miracolose, lo storico passa a un‟accurata narrazione del suo aspetto, sia quello attuale sia quello originario precedente ai rifacimenti cinquecenteschi, descrivendo nei minimi dettagli l‟ambiente, la statua, i dipinti murali, le reliquie e i numerosissimi ex voto. Il Serragli non tralascia nessun particolare e si sofferma anche sul fenomeno del pellegrinaggio, consapevole della sua importanza, e sull‟elenco delle cariche lauretane che al tempo reggevano l'articolata vita del santuario.

La lunga storia della divulgazione lauretana raggiunge l'apice con la Dissertazione critico-

istorica sulla identità della Santa Casa di Nazarette ora venerata in Loreto di Vincenzo Murri,

uscita nel 1791133, il maggior inventario lauretano pre napoleonico esistente, noto

principalmente per lo sguardo offerto alla storia della devozione e per l'accurata descrizione della statua e dell'allestimento pre napoleonici.

Per concludere, a lato delle descrizioni "interessate", redatte da scrittori cattolici in seno a un ben definito progetto di promozione del culto, se ne trovano alte che affrontano l'argomento con un taglio completamente differente: i diari di viaggio di pellegrini e viaggiatori stranieri, molti dei quali protestanti, che numerosissimi si recano a Loreto a partire dal XVI secolo per devozione, per lavoro o nell‟ambito del celebre Grand Tour di formazione lungo la penisola. È evidente che questo tipo di fonti, sebbene forniscano interessanti descrizioni del sacello, esulino dallo studio in corso in quanto prive di intenti didattici e, soprattutto, poco utili ai fini della diffusione del culto o delle repliche architettoniche. Dall'ampia e interessante casistica, presentata in una sorta di antologia da Attilio Brilli134, traspaiono pregiudizi e

aspirazioni dei viaggiatori dei secoli passati, i quali si avvicinano al santuario con scopi differenti con un misto di curiosità, esaltazione e talvolta leggera ironia nel caso dei visitatori protestanti, lasciando nei loro scritti descrizioni e punti di vista alternativi alla visione ufficiale propagandata dalla letteratura devota, oltre che uno spaccato sulla conformazione del territorio e della vita quotidiana lauretana.

133 V. M

URRI, Dissertazione critico-istorica sulla identità della Santa Casa di Nazarette ora venerata in Loreto, nella stamperia di Alessandro Carnevali, Loreto 1791.

134 B

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