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La nuova chiesa di Santa Maria della Carità, scrigno del culto mariano-lauretano

L'introduzione del culto: motivazioni e aspetti fondant

III. 3.4 «I l quale mandò poi a donare all’imperatrice Eleonora»: la circolazione del modello cremonese

III.4.1. La nuova chiesa di Santa Maria della Carità, scrigno del culto mariano-lauretano

Secondo una prassi comune a molti ritiri femminili, a fianco del Pio Luogo di Laura Gambara sorgeva una chiesa dedicata alla santa redenta per eccellenza, Maria Maddalena. Nel testamento della nobildonna non si fa accenno all'edificio, tuttavia è impensabile che la contessa non avesse previsto un luogo di culto annesso alla residenza delle malcapitate319.

L'anno di fondazione non è noto, ad ogni modo una chiesa esisteva sicuramente nel 1556, quando viene citata nel testamento di Giacomina Ugeri Maggi in relazione a un legato per messa quotidiana. Come sottolinea Valentino Volta, sulla scorta della pianta del Rascicotti, la chiesa della Maddalena aveva un andamento longitudinale ed era rivolta verso Via Musei, posizionata al centro dell'isolato lungo il lato sud320.

Grazie alla protezione delle cariche civili ed ecclesiastiche e al fervore caritativo dei bresciani, i deputati del Conservatorio procedono con il completamento e l'abbellimento del complesso fino ai primi anni del XVII secolo: nei registri di pagamento spiccano, fra le altre opere, il completamento del campanile nel 1585, la campagna decorativa degli interni a cura di Pietro Giacomo Leoni, l'aggiunta di ambienti di servizio, l'ampliamento verso est del convento nel 1603 con la costruzione di un parlatorio, l'approntamento di un nuovo organo nel 1617 e la realizzazione nel 1620 della pala dell'altare maggiore raffigurante la Maddalena

penitente, opera del pittore locale Antonio Gandino. Anche la proposta devozionale si

arricchisce e riflette la situazione di un istituto in piena crescita, con la fondazione nel 1693 della Confraternita dei Rosarianti, che terrà vivo culto mariano con recita quotidiana del rosario321.

318 Per gli sviluppi del Pio Luogo in epoca contemporanea si veda G

UERRINI,1944, pp. 152-160, contenente un'accorata protesta per la soppressione, e più recentemente VOLTA, 1997, p. 13 e

FUSARI,2013, pp. 9-10.

319 La cronaca del convento sostiene che la comunità abbia avuto inizio nel 1538 e che la chiesa

fosse antica e unita al Pio Luogo per beneficio delle suore. Secondo Bernardino Faino, la contessa avrebbe sovrainteso personalmente al progetto sia del ritiro sia dell'oratorio, cfr. FAPPANI, 1974, p. 55-

69, in particolare p. 57.

320 Per l'attenta ricostruzione su base documentaria delle fasi edilizie si veda V

OLTA,1997, pp. 3-

13.

321 ASBs, Fondo Ospedale maggiore, Ospedale Donne-Incurabili, b. 1534, Annali

…, c. 35 e Fondo Pio Luogo delle Convertite, b. 48, Historia delle messe […], c. 3. Su impulso di papa Pio V il culto del Rosario, diffuso dalle omonime confraternite, esplode a Brescia, come altrove, dopo la vittoria di Lepanto, per rinvigorirsi nel 1716 con il nuovo successo delle armate cristiane sui Turchi in Ungheria, cfr. A.FAPPANI,Dove cielo e terra s'incontrano. Santuari ed immagini mariane del bresciano, I. Introduzione. La città, Brescia 1972, p. 32.

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Negli anni Quaranta del Seicento, un inatteso fervore edilizio scuote la quiete del Pio Luogo: la chiesa di Santa Maria Maddalena viene completamente rasa al suolo per essere sostituita con un imponente edificio a pianta ottagonale dedicato a Santa Maria della Carità, inaugurando un lungo e prestigioso cantiere che farà del nuovo tempio uno dei più rappresentativi della stagione barocca bresciana. A monte dell'impegnativo e onoreso progetto risiede la necessità di dotare l'Istituto di un edificio inteso come scrigno del culto mariano locale, generando una situazione del tutto peculiare: la nuova chiesa della Carità ingloba al suo interno, in corrispondenza del lato nord del poligono oltre l'altare maggiore, una copia architettonica della Santa Casa di Loreto sulla cui fronte è murata un'immagine mariana di forte devozione popolare, la cosiddetta Madonna dell'Albera, asportata da una strada cittadina e qui collocata con solenne processione il 16 agosto 1655 (fig. 37).

Le motivazioni che rendono possibile l'avvio di un simile cantiere sono del tutto contingenti e uniscono l'urgenza di salvare un culto mariano in pericolo, quello dell'Albera, promuovendone un altro in piena espansione, quello lauretano, con la ferma volontà, in un clima squisitamente barocco di esaltazione estetica e religiosa, di favorire il salto di qualità dell'istituzione proiettando la chiesa ai vertici del contesto religioso locale.

Come ha dimostrato Antonio Fappani nella sua ricognizione sui santuari e le immagini mariane presenti fra le mura e in diocesi, il culto mariano ha radici profonde e antiche322.

Città tradizionalmente legata al pellegrinaggio presso i Luoghi Santi della cristianità, anche a Brescia sono attestate precoci manifestazioni di devozione lauretana in forma sia privata che collettiva, appannaggio, in un primo momento, di nobili e religiosi e in seguito estesa a tutte le classi sociali. Fin dal XV secolo personaggi di prestigio visitano il santuario di Loreto, fra cui il nobile Virgilio Bornati nel 1458 e il già citato canonico Giacomo Ricci di Chiari nel 1469: il primo lascerà un resoconto scritto, estremamente stringato, della sua esperienza323 mentre

il secondo è l'autore della Virginis Mariae Loretae Historia, testo eletto da padre Santarelli come una fra le testimonianze letterarie risolutive della questione lauretana. Dell'antica devozione quattrocentesca dei bresciani parla anche un affresco rinvenuto negli anni

322 Ivi, pp. 15-57. Si veda anche P.G

UERRINI,Brescia mariana. Immagini venerate e Santuari della

Madonna del territorio bresciano. Rassegna bibliografica e note di storia, Brescia 1954, p. 17 per la Madonna dell‟Albera. Per riferimenti lauretani cfr. A.FAPPANI,Religiosità popolare e pietà, in Diocesi di Brescia, a cura di A. Caprioli-A. Rimoldi-L. Vaccaro, Brescia 1992, pp. 380-381, argomento ripreso e perfezionato dallo stesso autore in La devozione bresciana alla Madonna di Loreto, in Il Santo Rosario: ponti di devozione e di arte tra Brescia, Valsabbia, Loreto, Pompei e Londra, s.l., 2007, pp. 30-42.

323 S

PINELLI, 1997, pp. 196, 203. Figura eccentrica nel panorama dei viaggiatori del tempo, il

Bornati effettua quattro grandi spedizioni nell'arco di una decina di anni, dal 1451 al 1459, passando per Roma, la Toscana, Napoli, Venezia, Milano, la Terrasanta, la Spagna, il Portogallo, la Francia, i territori asburgici, la Scandinavia, l'Inghilterra, la Scozia e l'Irlanda. Nel 1458, risalendo dal Regno di Napoli passa per Loreto, tappa semplicemente definita «optima peregrinatio». Per l'analisi del manoscritto cfr.E.FERRAGLIO,Santuari e devozione nel diario di Virgilio Bornati (sec. XV), in «Brixia

sacra», VI (2001), 3-4, pp. 229-258. La testimonianza entra, suo malgrado, nel merito della questione lauretana in quanto il Bornati accenna alla presenza sul monte Prodo di un semplice santuario mariano e non di una Santa Casa.

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Sessanta del secolo scorso su una colonna della chiesa di Santa Maria del Carmine, raffigurante La Traslazione della Santa Casa di Loreto, accompagnata da Sant'Antonio in

preghiera, secondo l'iconografia al tempo recentissima del sacello in volo su una città murata

caratterizzato da un oculo centrale, campanile innestato e apparizione divina soprastante. Anche i riferimenti al santuario di Loreto presenti nei testamenti redatti fra il 1473 e il 1478 in casa Martinengo dai conti Giovanni Antonio, Ottaviano Fortunato e Giorgio, figli di Cesare, non lasciano dubbi sulla celebrità raggiunta dal culto in città in quegli anni324. Dopo queste

prime precoci attestazioni e l'eccellente visita sul monte Prodo della beata Stefana Quinzani nel 1505325, le presenze bresciane a Loreto si fanno pressoché costanti per tutto il XVI

secolo fino alla costruzione del sacello "dell'Albera", che si sostituirà alla Santa Casa matrice segnando una battuta d'arresto al pellegrinaggio lauretano (documenti 10).

Tornando alla particolare devozione mariana professata presso la nuova chiesa delle convertite, esattamente come a Loreto la Santa Casa, segnalata dall'altare maggiore addossato in esterno e da un magnifico rivestimento marmoreo, è posizionata di fronte al portale di ingresso verso cui rivolge il lato corto recante la Finestra dell'Angelo. Immediatamente al di sopra, dove tradizionalmente si trova l'episodio dell'Annunciazione, spicca al contrario la Madonna dell'Albera, soggetto assolutamente non previsto nella prassi lauretana: si tratta di un affresco votivo assegnabile, per caratteristiche stilistiche, alla fine del XV secolo e proveniente dalla muraglia esterna di una casa privata adiacente al monastero delle carmelitane scalze di San Gerolamo, oggi caserma Randaccio326 (fig. 38).

Le denominazioni "dell'Albera" o "dei Terragli", come viene spesso ricordata nei documenti, derivano rispettivamente dal toponimo della contrada in cui si trovava in origine, Canton dell'Albera, e dalla presenza nelle vicinanze delle mura venete e dei relativi interrati. Si tratta di una comune Madonna del Latte, di mano anonima e non particolarmente felice, assisa su un elegante e monumentale trono architettonico di tradizione tardogotica facente sicuramente parte, in origine, di una composizione più articolata, forse una Sacra Conversazione. Come testimonia l'iscrizione a caratteri gotici, ancora oggi visibile all'interno della fascia soprastante, la sacra immagine sarebbe stata commissionata da Giovanni

324 F. M

ARTINENGO CESARESCO, La devozione alla Madonna di Loreto della Casa Martinengo Casaresco, in Il Santo Rosario…, 2007, pp. 43-47.

325 Nata a Orzinuovi nel contado bresciano nel 1457, si trasferisce in terra cremonese a Soncino

in tenera età, dove fonda un convento dopo essere entrata nel terz'ordine domenicano. Stimata consigliera di Francesco Gonzaga e Isabella d'Este, si reca a Loreto partendo da Mantova accompagnata da «probe persone» cfr. G.BRUNATI,Leggendario o vite di santi bresciani con note

istorico-critiche, Brescia 1834, p. 136. Il viaggio lauretano è ricordato da tutte le fonti agiografiche come un momento di grande elevazione spirituale, cfr. S.LORENZINI,Stefana Quinzani. 1457-1530, in

Le stanze…, 2008, pp. 11-35, in particolare p. 15. Per alcuni esempi di pietà lauretana e voti di pellegrinaggio formulati in città e nel contado si vedano FAPPANI, 2007, pp. 31-42 e FERRAGLIO,2001,

p. 330.

326 Per la storia del monastero, costruito vero il 1480 grazie alla munificenza dei fedeli, si veda

GUERRINI, 1927, p. 236; R.LONATI,Catalogo illustrato delle chiese di Brescia aperte al culto, profanate e scomparse, con una appendice per cappelle, discipline e oratori, I, Brescia 1994, pp. 412-414.

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Moretti di Cerete e si sarebbe trovata, secondo Paolo Guerrini, sul muro esterno della sua abitazione privata, protetta da un portico antistante327. Si tratta di un'immagine votiva come

tante se ne trovavano ai tempi in corrispondenza dei crocicchi o lungo le strade, divenuta ben presto oggetto di una forte devozione popolare in virtù di certi eventi miracolosi, purtroppo mai specificati dalle fonti: stando agli Annali, ogni sabato conveniva sotto al portico antistante una gran folla per cantare le litanie e il Salve Regina, con musica non ordinaria e servizi pagati alle scholae cantorum dagli stessi fedeli.

Negli anni Quaranta del Seicento si fa urgente la questione dello spostamento dell'affresco dal suo luogo d'origine, ritenuto «stretto, e poco alla sua grandezza decente» oltre che disagevole per la gran quantità di fedeli che vi accorrono per venerarla; trovandosi l'opera affacciata sulla via pubblica, la questione entra in consiglio comunale, che più volte si riunisce per trovare una soluzione. L'ipotesi di Guerrini, ossia che la ricostruzione dell'adiacente convento delle carmelitane sia stata la causa scatenante del trasferimento dell'immagine sacra, sembra trovare conferma nelle fonti archivistiche, in particolare nelle sedute consiliari tenutesi in quell'arco di anni.

Nel 1646 le madri di San Gerolamo chiedono al consiglio cittadino il permesso di ampliare la fabbrica del loro convento inglobando la casa dei signori Rozzoni, da poco acquistata a tale scopo, supplica ripresentata e accolta il 15 settembre di due anni dopo, nella quale si specifica che l'abitazione del sacerdote addetto all'assistenza della Madonna

dell'Albera non sarebbe stata eliminata (documenti 11-12). Si apprende così che verso la

metà del XVII secolo la residenza quattrocentesca del Moretti, committente dell'immagine, è nel frattempo passata alla famiglia Rozzoni, come risulta dalla seduta consiliare del 26 gennaio 1647 nella quale si afferma che la «S[antissi]ma Madre» era «effigiata nella muraglia di essi Rozzoni» (documenti 14). La devozione nei confronti della Madonna è cresciuta a tal punto che si è ritenuto opportuno allestire una «habitation» per un prelato addetto alla cura religiosa, residenza che doveva trovarsi nelle pertinenze dei Rozzoni se le madri si premurano di sottolineare che avrebbero mantenuto la stanza del religioso anche dopo l'ampliamento del monastero.

A quanto pare le suore non intendono distruggere l'immagine, tuttavia nel corso del 1647 le autorità si riuniscono più volte per discuterne la sorte, decretandone lo spostamento in una chiesa degna di tale onore.

327 G

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III.4.2. Le delibere comunali per il trasporto della Madonna dell'Albera e la