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Alle origini della tradizione devota: le radici storiche dei racconti di fondazione

La chiesa di Santa Maria di Loreto fra storia e tradizione

I.2. Lo stato degli stud

I.2.2. Alle origini della tradizione devota: le radici storiche dei racconti di fondazione

I testi narranti le miracolose origini del sacello vanno ricondotti a un genere letterario specifico, quello dei racconti di fondazione, scritti di varia natura e origine costruiti su una serie di fatti storicamente accertati che intendono svelare le oscure origini di un luogo sacro al fine di nobilitarlo. Lo studio di questa tipologia di fonti va dunque affrontato con criteri che tengano conto sia delle ragioni di carattere prettamente contingente che ne hanno stimolato la redazione in un determinato periodo storico, sia delle peculiarità letterarie, che variano da caso a caso. Se messi a fuoco in quest‟ottica, gli scritti lauretani forniscono una preziosa chiave di lettura delle problematiche relative alle controverse origini della chiesa di Santa Maria di Loreto e allo sviluppo iconografico del culto: essi altro non sarebbero che la trasposizione letteraria della tradizione devozionale locale, una sorta di elaborazione allegorica di credenze popolari da tempo circolanti in area recanatese.

La Translatio miraculosa, «leggenda madre di tutte le leggende» secondo la definizione di Giorgio Cracco79, è da più parti riconosciuta come fonte primaria e causa principale della

78 Si alternano architetti del calibro di Giuliano da Maiano, Baccio Pontelli, Donato Bramante,

Giuliano da Sangallo, Francesco di Giorgio Martini, Andrea Sansovino e Antonio da Sangallo il Giovane, mentre un imprecisato numero di scalpellini, artigiani e semplici garzoni di bottega frequentano a vario titolo il santuario, concentrando i propri sforzi nei cantieri della basilica e del Palazzo Apostolico. Per un sunto sulle vicende architettoniche e artistiche, oltre ai saggi di F. GRIMALDI, Maestranze a Loreto nella prima metà del Cinquecento e A.BRUSCHI,Loreto: città santuario

e cantiere artistico, in Loreto crocevia…, pp. 471-490 e 441-470, si consiglia il volume riassuntivo Il santuario di Loreto…, 1994. Per la ricchezza dell'apparato iconografico molto utile risulta la consultazione dei volumi di F. GRIMALDI,Loreto. Basilica, Santa Casa, Bologna 1975 e ID., Loreto.

Palazzo Apostolico, Bologna 1977.

79 Allo studioso si deve un'approfondita disamina della questione lauretana in rapporto ai racconti

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celebrità del culto. Tuttavia, come più volte accennato, il rettore Tolomei non è stato l‟unico a interessarsi alle origini della chiesa di Loreto in quell'arco di anni, segno evidente che, a prescindere dagli orientamenti della critica, la questione era da più parti davvero avvertita come urgente da chiarire.

Nel 1470, pochi anni prima della Translatio e in un clima di grande fermento architettonico, viene compilato un documento che porta alla ribalta la questione delle miracolose origini della chiesa e dell‟immagine in essa conservata: il breve Super etereas, emanato da papa Paolo II il 12 ottobre. Nel concedere ai pellegrini lauretani le indulgenze giubilari per la Quaresima e la Settimana Santa, il pontefice riassume brevemente, per la prima volta nella storia, le vicende relative alla nascita del culto. Il testo narra della miracolosa discesa dal cielo, avvenuta in un‟epoca imprecisata, di un‟immagine della Vergine trasportata in volo da alcuni angeli e adagiata nella piccola chiesa già esistente situata sul monte Prodo, da identificarsi con il sacello di Loreto. Il breve sembra tornare alle radici del culto alludendo alla valenza mariano-taumaturgica originaria, in riferimento forse a quella «cona» dipinta su tavola citata sia nel processo maceratese del 1315 sia dal Teramano e ancora presente sull‟altare alla metà del Quattrocento: il primo simulacro venerato a Loreto non sarebbe stata, dunque, una statua tridimensionale bensì un'icona80.

La benevolenza di Maria nei confronti degli abitanti, che la accolgono e custodiscono con venerazione e rispetto, si manifesta attraverso gli «innumera et stupenda miracula» che da quel giorno si compiono sul monte, dove accorrono pellegrini «ex diversis mundi partibus etiam remotissimis» per impetrare le loro preghiere alla Santa Madre.

Il papa ufficializza le origini della chiesa in modo differente rispetto alla di poco successiva versione del Teramano: egli non identifica il sacello di Loreto con la Santa Casa nazarena e non fa il minimo accenno all‟eventualità di una traslazione della stessa a opera degli angeli. La chiesa esisteva già sul monte Prodo e la sua personale translatio è riferita ad una «ymago»: è l‟immagine mariana dalla provenienza sconosciuta a discendere dal cielo sorretta da un volo angelico e non l‟intero edificio, nobilitato in un secondo momento dall'evento prodigioso in quanto scelto dalla divinità come sua dimora. In tal senso, il breve sembra confermare la tesi sostenuta dai critici della tradizione, alludendo alla collocazione sull'altare dell'immagine mariana al momento della riconversione in chiesa dell'antica cella sul monte Prodo da parte dei coloni di fondovalle a fine Duecento, evento poi trasposto in veste miracolistica dalla pietà popolare con la discesa dal cielo dell'icona81. Anche il

Teramano all‟inizio del suo racconto, quando narra della riconversione della Camera della Vergine in luogo di culto, sembrerebbe fare riferimento alla trasformazione in chiesa della cappelletta medievale tramite l‟aggiunta della quarta parete dove sarebbe stata collocata

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Un‟immagine dipinta della Vergine, che si diceva realizzata da San Luca, è ancora citata nel 1518 dal mercante Jacques Le Saige.

81 Si veda il riepilogo proposto da G

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l‟effigie. A prescindere dagli orientamenti critici, l'"arrivo" del culto mariano sul monte Prodo deve aver rappresentato un evento di eccezionale portata per gli umili residenti del luogo tanto da imprimersi nella memoria collettiva: la credenza che a Loreto la Vergine sia, in qualche modo, discesa dal cielo sorretta da angeli potrebbe quindi essere molto antica e associata alla devozione delle origini.

Il 19 febbraio 1470, a pochi giorni dall‟emanazione del breve, Paolo II fa seguire una lettera indirizzata ai vescovi e dignitari locali per notificare la concessione dell‟indulgenza giubilare, invitandoli a divulgare nei luoghi a loro soggetti le notizie riguardanti il prodigio avvenuto a Loreto per alimentare il circuito del pellegrinaggio; anche in questa nota si parla solo dei miracoli avvenuti a seguito dell'arrivo dell'«ymago» senza esplicitare alcun riferimento alla presenza della Santa Casa82: ciò confermerebbe da un lato il fatto che alla

volta del 1470 tale tradizione non si era ancora affermata o, per lo meno, non era nota presso la Curia romana da dove il papa scriveva, dall'altro la valenza esclusivamente mariano-taumaturgica del culto lauretano.

L‟intervento di Paolo II fa da apripista al Teramano, il cui testo sembra a questo punto essere una sorta di amplificazione dei fatti illustrati dal pontefice. Il rettore del santuario presenta un evento impareggiabile: non la calata di una “semplice” effigie sacra - fatto di per sé non particolarmente straordinario nell‟eterogenea fenomenologia delle apparizioni mariane - bensì dell‟intera chiesa che la conserva, consacrando lo spazio e l‟immagine in esso contenuta come fonte di inesauribile sacralità. Il rettore fa riferimento alla fondazione del luogo sacro fornendo una divina interpretazione a quella che era in effetti l‟anomalia più evidente del sacello: la mancanza di fondamenta. L‟evidenza strutturale viene qui utilizzata per confermare l‟evento prodigioso, secondo cui l‟edificio sarebbe privo di fondazioni in quanto miracolosamente adagiato al suolo dal volo angelico: l‟espressione miracolose

fundata, già utilizzata da Paolo II, significherebbe dunque non fondata per intervento divino

ma miracolosamente conservata seppur priva di sostegni. La traslazione a opera degli angeli di immagini, corpi e reliquie di vario tipo fa capo a una consolidata tradizione devozionale83,

ma a Loreto ci si spinge oltre identificando la chiesetta locale nientemeno che con la Santa Casa della Vergine sede dell‟Annunciazione, fatto certamente corrispondente a verità considerate l'antichità dell'edificio, la mancanza di fondamenta e i numerosi miracoli che avvengono quotidianamente, certificati da una serie di testimonianze che egli stesso ha avuto modo di raccogliere. È evidente che una simile versione dei fatti abbia scatenato

82 Il papa conferma i privilegi di Loreto anche il 25 gennaio 1471, estendendo per un anno

l‟indulgenza plenaria ai pellegrini, cfr. CRACCO,1997,p. 128.

83 Si vedano, a titolo esemplificativo, i casi del trasporto angelico del corpo di Santa Caterina

d'Alessandria sul Sinai o dell'«église angélique» di Notre Dame de Puy, cfr. E.MÂLE, L‟art religieux de

la fin du Moyen-Âge en France, Paris 1908, p. 211. Non si contano, inoltre, le leggende medievali riguardanti statue e immagini trasportate dal mare o in altri modi prodigiosi, messe miracolosamente in salvo dalle ingiurie degli infedeli o degli iconoclasti ortodossi.

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conseguenze di più ampia portata rispetto alla comune manifestazione mariana descritta dal papa: la consuetudine di chiamare Santa Casa o Santa Cappella l‟antica chiesa di Santa Maria di Loreto è infatti attestata proprio a partire dalla seconda metà del Quattrocento in concomitanza con la diffusione della Translatio; in precedenza, la denominazione principale era semplicemente quella di ecclesia.

L‟unico appiglio cronologico indicato dal Teramano è il 1396, anno in cui la Vergine si manifesta a un devoto recanatese per confermare l'identità nazarena della chiesa sul monte, come se fino ad allora la cosa non fosse risaputa: un‟apparizione tardiva se si considera che, stando alla tradizione comunemente accettata, l‟"arrivo" risalirebbe al 1294. Come noto però, gli estremi cronologici del volo angelico sono stati fissati solamente nella prima metà del XVI secolo da Girolamo Angelita in un momento storico completamente differente per il santuario, in cui non si intendeva introdurre bensì confermare la leggenda; la tradizione lauretana odierna anticipa infatti la visione del pio uomo al 1296, non è chiaro se per un errore di trascrizione o per scelta intenzionale al fine di far quadrare l‟evento miracoloso con le date indicate dalla tradizione devota84. L‟individuazione a posteriori di un particolare

periodo storico combaciante con la disfatta delle crociate potrebbe tuttavia essere un riflesso, come si vedrà oltre, della politica antimusulmana condotta dalla sede papale presso il santuario fra anni Settanta e Ottanta del Quattrocento ed è dunque molto probabile che al tempo del Teramano tali date non costituissero ancora un termine post quem per la tradizione e che lo sviluppo della leggenda lauretana, così come lui la tramanda, sia da ascrivere alla fine del Trecento, a un momento di particolare svolta per il santuario.

Sebbene la cronologia nei racconti popolari vada sempre accolta con prudenza, è probabile che l'ultimo decennio del XIV secolo sia stato segnato da particolari avvenimenti per la chiesa di Loreto, forse in relazione a un'importante fase di rilancio combaciante con lo sviluppo del santuario da locale a interdiocesano e che proprio in quegli anni siano cominciate a circolare voci insistenti sull'origine miracolosa della chiesa, generate dalla pietà popolare e sostenute dalle autorità con l'intento di nobilitare il luogo.

Dopo un'oscura fondazione a fine Duecento, in occasione della quale sarebbe giunta la «cona» che andrà a generare il culto mariano-taumaturgico sul monte, le languenti sorti del santuario sarebbero state rilanciate a fine Trecento con una decisa campagna di valorizzazione, con la ristrutturazione della pericolante chiesa di Santa Maria, la commissione di un nuovo simulacro e l'elaborazione di una leggenda di fondazione in grado di proiettare il piccolo santuario su una scala di prestigio più ampia, nella speranza di allargare il circuito del pellegrinaggio e rimpinguare le casse. A quegli anni di grande

84 La data del 1396 non è certa: nel racconto di fondazione elaborato a fine Quattrocento del

primo custode del santuario, Giovan Battista Spagnoli, di cui si parlerà in seguito, compare l‟anno 1386, mentre l‟edizione a stampa in italiano della Translatio del Teramano, uscita a Bologna nel 1489 circa, indica il 1486 come data della rivelazione al devoto, cfr. GRIMALDI,1984, p. 56, nota 67.

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fermento sarebbero infatti da ascrivere, secondo padre Grimaldi, sia la comparsa sull‟altare, a fianco dell‟antica «cona» dipinta su tavola, della celebre statua lignea raffigurante la

Madonna con il Bambino, che andrà a identificare l'iconografia lauretana successiva, sia la

messa in opera del muro dei recanatesi. È probabile che in questo periodo cruciale di snodo fra i secoli XIV e XV siano cominciate a circolare voci sempre più insistenti che la chiesa fosse stata sede di un grande miracolo all‟atto della sua fondazione e che il culto fosse giunto a Loreto dal cielo: nella seconda metà del Quattrocento il Tolomei non avrebbe fatto altro che ricomporre la memoria collettiva locale generata in un particolare momento di esaltazione e rinnovamento avvenuto un‟ottantina di anni prima, ponendolo come punto di partenza di una nuova e felice stagione per il culto. I documenti tacciono a riguardo, forse perché si trattava proprio di una vox populi, di una tradizione orale nata per glorificare quella chiesa dalle caratteristiche costruttive anomale, dove si verificavano numerosi miracoli e che doveva quindi necessariamente avere una qualche origine prodigiosa.

Ma in che modo si sarebbero innestati i riferimenti alla Palestina e in particolare alla Santa Casa nel culto mariano delle origini? Il racconto del rettore è quello che più di tutti cela il riflesso storico-culturale del suo tempo85. Il Teramano, che occorre ricordare non è uno

storico bensì una figura pienamente calata nella realtà quotidiana lauretana, non avrebbe fatto altro che dare corpo a una vecchia tradizione orale narrante del miracoloso arrivo del culto a Loreto, raccogliendo voci che da tempo si stavano diffondendo spontaneamente presso il santuario; in un simile contesto, il passo dal "semplice" arrivo del sacello dal cielo all'arrivo dello stesso dalla Terrasanta è breve e non è escluso che i legami con la Palestina fossero già emersi prima nel passaparola dei fedeli che sulla carta.

Il suo racconto può essere considerato come il riflesso di un periodo storico travagliato, durante il quale la questione turca torna di scottante attualità. Lo sfondo storico è quello del mai risolto contrasto fra Oriente e Occidente, latente nelle pieghe della storia cristiana dalla disfatta dei domini crociati d‟Outremer nel 1291 fino alla tragica caduta di Costantinopoli nel 1453, evento che ha ampia risonanza in Europa riportando perentoriamente alla ribalta

85 Anche la prima tappa del sacello «in partibus Sclavonie» troverebbe, secondo padre Grimaldi,

un suo fondamento storico, con particolare riferimento alle tensioni venutesi a creare verso la metà del Quattrocento fra recanatesi e immigrati schiavoni, giunti nella Marca a seguito dell'invasione ottomana delle aree balcaniche, cfr.ID., pp. 61-64 e G.SANTARELLI, Schiavoni o albanesi e il santuario di Loreto nei secoli XV-XVI, in Adriatico. Un mare di storia, arte e cultura, a cura di B. Cleri,atti del convegno (Ancona, 20-22 maggio 1999), Ripatransone (Ap) 2000, pp. 153-181.Per un inquadramento generale si veda anche J.KOLANOVIĆ,Le relazioni tra le due sponde dell‟Adriatico e il culto lauretano in Croazia, in Loreto crocevia…, 1997, pp. 165-190 e il più recente contributo di M.MORONI,Tra le due sponde

dell'Adriatico: rapporti economici, culturali e devozionali in età moderna, Napoli-Roma 2010. Gli schiavoni, considerati per loro natura infingardi e malfidenti, non avrebbero badato all‟insigne reliquia causandone l‟allontanamento nel ben più degno territorio recanatese, dove al contrario i fedeli locali hanno saputo accoglierla con i dovuti onori assicurandosi la benevolenza divina. Quando, nella prima metà del Cinquecento, Girolamo Angelita compila la stesura dotta e definitiva del racconto di fondazione, la questione dell'immigrazione degli schiavoni, ormai superata, passerà in secondo piano.

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propositi di crociata per riprendere definitivamente il possesso del mare nostrum e dei Luoghi Santi.

Nella seconda metà del XV secolo Loreto è letteralmente investita dalla propaganda antiturca avviata dalla sede pontificia, che si traduce nei fatti nella fortificazione dell'erigenda basilica per preservare il santuario da possibili incursioni via mare, e non è da escludere che i riferimenti all‟origine nazarena della chiesa e la collocazione delle date di partenza e di arrivo del sacello proprio negli anni della disfatta crociata altro non siano che il riflesso di questa temperie culturale, intesa, dopo la perdita di Costantinopoli, a rivendicare i diritti della cristianità da troppo tempo violati. È probabile dunque che sull‟onda di questo redivivo interesse per la difesa dell‟Occidente cristiano minacciato dagli infedeli, prerogativa che accompagnerà le sorti del culto fino alle soglie dell'era contemporanea, il Teramano abbia trovato il contesto migliore per confezionare il suo racconto rendendolo credibile e, soprattutto, attuale. In sostanza, la vox populi avrebbe trasformato la calata dal cielo dell'«ymago» nell'arrivo della Santa Casa nazarena per motivi prettamente strumentali e di propaganda.

La minaccia turca e la rinnovata tensione verso la Terrasanta sono questioni ben note a Loreto anche per un altro motivo: nel luglio del 1464 visitano il santuario i crucesignati che, su appello e al seguito di Pio II, si stanno recando ad Ancona per imbarcarsi verso la Palestina, impresa svanita a causa dell‟improvvisa morte del pontefice86. Fra il suo seguito

compare anche il cardinal Pietro Barbo, futuro papa Paolo II: secondo il fronte revisionista si tratterebbe di un‟ulteriore conferma dell‟inesistenza di una tradizione della Santa Casa precedente al racconto del Teramano, in quanto il cardinale l‟avrebbe senza dubbio recepita nel corso di questo pellegrinaggio per poi inserirla nel suo breve Super ethereas una ventina di anni più tardi. Al momento della redazione della Translatio la questione turca e le reminiscenze di crociata sono dunque di grande attualità a Loreto, ragione per cui l‟innesto devozionale in riferimento alla Santa Casa nazarena nella tradizione mariana locale non è stato percepito come una forzatura dai fedeli i quali, anzi, non possono che ritenersi onorati di riconoscere nella loro chiesa la Santa Dimora della Vergine, eletta a nuovo baluardo della cristianità contro il nemico infedele di sempre. Questa sfumatura di significato, di stampo prettamente politico, si imprimerà nelle coscienze dei fedeli, diventando una prerogativa fondamentale del culto.

Se voci sull'arrivo della Santa Casa dal cielo potevano circolare presso il santuario almeno fin dalla fine del Trecento, resta da chiarire per quale motivo Paolo II, pur essendo entrato in contatto con la realtà lauretana, non abbia rilevato la provenienza nazarena del sacello nel suo breve. Il pontefice, estraneo alle leggende popolari locali, sembra fare capo a

86 In questa occasione il papa dona un prezioso calice alla Vergine per essere preservato dalla

peste senza accennare, fatto molto rilevante, alla presenza di una Santa Casa presso il santuario, cfr. GRIMALDI,1987, pp. 58-59.

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una versione standard del miracolo di fondazione, forse quella originale due-trecentesca che vede la discesa dell'immagine dal cielo sostenuta da angeli nella chiesa di Loreto già esistente, confermata anche dall‟iconografia originale sulla quale si avrà modo di tornare, fornendo senza scendere in ulteriori dettagli un valido fondamento all‟essenza taumaturgica del santuario e raggiungendo senza compromessi lo scopo di conferire dignità al culto. Spinto molto probabilmente da motivazioni di tipo contingente più che spirituale, dettate cioè dalla necessità di far progredire il cantiere da poco iniziato stimolando l‟elargizione di offerte

pro fabrica, il pontefice avanza un approccio prudente e punta i riflettori sul cuore della

devozione, il miracoloso simulacro conservato nel sacello, l‟unica testimonianza sicura del culto87.

Il documento papale non soddisfa però le gerarchie e i fedeli lauretani: la tradizione mediata da Paolo II non dà conto della situazione di eccezionalità del culto, relegando il santuario al ruolo di luogo miracoloso come tanti ne esistevano al tempo. Per svincolare Loreto dalla subordinazione pontificia e salvare l'antica chiesetta dalla demolizione, a soli due anni dalla diffusione del breve il Teramano avverte l'urgenza di fissare per iscritto la tradizione orale locale che il pontefice non ha saputo, o voluto, recepire stendendo una versione aggiornata della leggenda lauretana: molto più avvincente e ricca di particolari, la

Translatio traduce le tensioni e le aspirazioni dei vertici amministrativi del santuario e della

comunità recanatese, in risposta alle posizioni romane.

Il successo del racconto, ricco di dettagli avvincenti, è assicurato dalla visibilità che lo