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Il sacello della Santa Casa Rappresentazione e significat

II.1.2. La Santa Casa

La questione dell‟iconografia del sacello, ossia il modo in cui si è scelto di rappresentare, prima, e di replicare, poi, la Santa Casa di Loreto, è inevitabilmente legata alla storia del manufatto120: la sua percezione è mutata nel corso dei secoli in relazione all'evoluzione

architettonico-urbanistica del sito lauretano e ai significati devozionali che si sono affastellati nel tempo, scandendo le tappe di una fenomenale crescita.

Come già notato, a prescindere dalla vera origine fin dall'epoca medievale i fedeli locali hanno riconosciuto un'innegabile valenza sacrale alle mura pericolanti della chiesa di Santa Maria, per scongiurare il crollo delle quali è stata messa in opera una serie di consolidamenti strutturali. Nonostante ciò, nel primo secolo e mezzo di vita documentata del sito lauretano non si può parlare di un vero e proprio culto della chiesa-Santa Casa né tantomeno di una traduzione iconografica specifica o di un interesse per la sua riproduzione architettonica,

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consolidanto la tesi del fronte revisionista che in origine la chiesa di Santa Maria fosse semplicemente venerata in qualità di prezioso ed evocativo "contenitore" di un'immagine sacra dalle riconosciute facoltà taumaturgiche; solo con l'ufficializzazione della provenienza nazarena essa assurgerà allo status di reliquia d'Oriente, modificando per sempre il suo ruolo. L'assenza di testimonianze artistiche attestanti il soggetto del sacello in volo o di un episodio correlato alla traslazione precedenti alla promulgazione dei racconti di fondazione sembrerebbe avvalorare l'ipotesi di un'elaborazione tardiva del soggetto; in tal senso, l‟iconografia del sacello sarebbe stata introdotta ex novo per convalidare la tradizione devota che si stava diffondendo presso il santuario negli anni del rinnovo promosso dal vescovo Delle Aste.

L‟iconografia del sacello è per certi versi subordinata a quella della statua: se una scultura o un dipinto a soggetto lauretano hanno una loro ragione d'essere anche al di fuori del contesto della Santa Casa, quest‟ultima, sebbene facilmente riconoscibile, perderebbe tutta la sua forza sacrale se privata degli attributi tipici del culto.

La rappresentazione delle forme interne ed esterne del sacello, tramandate da incisioni, stampe, xilografie e disegni di corredo ai testi devoti e apologetici più importanti, segue due linee evolutive, a ognuna delle quali corrispondono specifici esiti artistici e devozionali: l'interesse nasce, naturalmente, con le prime rappresentazioni del volo angelico nelle quali compare l'esterno dell‟antica chiesa di Santa Maria in volo, per poi evolversi nella descrizione dettagliata dello stato decorativo e architettonico della Santa Casa. Le due traduzioni sono intimamente legate: dalla particolarissima iconografia della traslazione, adottata in un primo momento nelle stampe e in pittura e in seguito estesa a tutte le espressioni artistiche, scaturisce l'interesse per il luogo fisico del sacello, appannaggio delle arti grafiche, preludendo al fenomeno delle repliche architettoniche che si manifesterà in tutta la sua evidenza fra XVI e XVII secolo.

Dal momento in cui il racconto del Teramano risale alle origini dell‟antica chiesa, il sacello in volo è generalmente raffigurato nelle sue ipotetiche forme originarie due-trecentesche, secondo i modelli tramandati dalle fonti seriali. L'antica chiesa di Santa Maria doveva, a grandi linee, apparire come quella raffigurata nella xilografia di corredo alla Lauretanae

Virginis Historia di Girolamo Angelita (fig. 13): il gruppo santo, in volo sul territorio

marchigiano, compare circondato da una gloria angelica sopra una chiesetta quadrangolare in muratura ad aula unica, con tetto ricoperto di coppi, un piccolo campanile a vela innestato, lesene laterali inquadranti gli ingressi e archetti pensili sottogronda. La scelta di raffigurare il sacello come chiesa duecentesca, e non come casa nazarena, è evidentemente funzionale all'esaltazione della "fase lauretana" del culto della Santa Casa.

Al fine di ribadire l‟importanza della nuova basilica intesa come scrigno protettivo della preziosa reliquia d‟Oriente, nelle versioni più aggiornate alla Santa Casa in volo si sostituisce

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il tempio rinascimentale: sebbene il rustico aspetto dell‟antico sacello continui a riscuotere un enorme successo in quanto espressione più genuina della tradizione, a partire dalla fine del Quattrocento la Santa Dimora viene talvolta sostituita con l'edificio promosso dal vescovo Delle Aste. Il sacello assume le forme di una chiesa in laterizio o con prospetto marmoreo, suddivisa in tre navate con facciata a salienti, ampie finestre laterali, un alto campanile e un ingresso principale (fig. 15). Sul crinale del secolo i due edifici costituiscono un unico organismo dal punto di vista tanto architettonico quanto simbolico e sono per questo percepiti come interscambiabili: la Santa Casa si identifica con la neonata basilica di Loreto e, per estensione, con l‟intero santuario, che assume in quegli anni di transizione forme e funzioni del tutto nuove121.

Come si può facilmente notare scorrendo un qualsiasi catalogo di immagini lauretane, non esiste un'interpretazione univoca di sacello e basilica. Nel corso dei secoli disegnatori, incisori e pittori, basandosi sulla tradizione instabile delle immagini di corredo ai testi devoti, raffigurano santuario e statua in modo molto sommario, offrendo versioni fantasiose e talvolta discordanti sulla scorta delle scarse informazioni in loro possesso e, non da ultimo, delle esigenze compositive: non avendo mai visto il sito o la statua lauretani, non di rado molti artisti locali rielaborano a loro piacimento le immagini della tradizione, arricchendo ulteriormente la gamma iconografica. Esempi di contaminazione sono frequentissimi in questi anni di forte propaganda per immagini: agli episodi cardine della Translatio viene sempre più spesso associata, impaginata in riquadri laterali o in fregi sottostanti, la serie delle litanie e dei miracoli lauretani, offrendo in questo modo al fedele una sorta di compendio didattico dei risvolti dottrinari e taumaturgici del culto.

Con l'avvio del cantiere della recinzione marmorea, la percezione delle forme esterne del sacello muta radicalmente e il programma figurativo e didascalico dei rilievi, diffuso da affidabili stampe, ispira il lavoro di molti pittori e incisori. La Traslazione della Chiesa di Santa

Maria di Loreto di Niccolò Tribolo, Francesco di Vincenzo da Sangallo e Raffaello da

Montelupo - collocata sulla parete est e ispirata a un perduto affresco che dalla fine del Quattrocento si trovava sul muro dei recanatesi122, con figure di pellegrini in viaggio in un

paesaggio ben descritto, citazioni topografiche della piana lauretana, della costa adriatica e del santuario in fase di completamento - e quella dell'Annunciazione di Andrea Sansovino, sulla parete frontale ovest, diventano scene normative, assestando una tradizione iconografica fino ad allora molto instabile. Nonostante ciò, il tema della rappresentazione dell'esterno del sacello nella sua ultima e definitiva veste non è particolarmente frequentato

121 Per una carrellata esemplificativa si vedano La tradizione lauretana nelle stampe popolari, a

cura di F. Grimaldi, Loreto 1980 e le schede, di autori vari, presentate in coda al volume L‟iconografia…, 1995, pp. 74-230. 122

Lo segnala Giuliano Dati nel corso di un pellegrinaggio nel 1492-1493; un'immagine simile si trova nell'edizione del 1514 del testo dello Spagnoli, cfr. GRIMALDI, 1994, pp. 67, 81.

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in pittura e, nel caso ciò avvenga, lo scopo è quello, prettamente propagandistico, di glorificare la magnificenza del sito lauretano e le sue glorie artistiche: la riproduzione della recinzione è appannaggio della produzione grafica e delle repliche tridimensionali della Santa Casa e conoscerà oltralpe la sua massima fortuna123.