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Le filiazioni locali del modello di Sant'Abbondio: i sacelli di Santa Marta e Pozzaglio in città e diocesi di Cremona

L'introduzione del culto: motivazioni e aspetti fondant

III.2. Le filiazioni locali del modello di Sant'Abbondio: i sacelli di Santa Marta e Pozzaglio in città e diocesi di Cremona

Come attesta la Breve relatione, la fama del santuario lauretano dei teatini si diffonde ben presto anche in diocesi:

«[…] da molti vengono prese le misure e ricercati i disegni di questa santa cappella [di Cremona] per edificarne altrove delle altre. E così da questa hanno preso il modello quella fabricata nel monastero di Santa Marta di questa città, quella di Pozzaglio de‟ padri Bernabiti, luogo sul cremonese […]».

203 Citato nell'inventario dei doni votivi presenti nella Santa Casa di Loreto del 1469, cfr. G

RIMALDI,

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A partire dalla metà del Seicento numerosi dipinti, statue e cappelle a intitolazione lauretana fanno la loro comparsa sul territorio, innervando il culto fin nei più sperduti centri di campagna204; a conferma dell'antichità della devozione in area cremonese, in buona parte

delle località del contado la devozione alla Madonna di Loreto risulta preesistente a quella di Sant'Abbondio, quindi legata alle prime spontanee manifestazioni cittadine comprese fra il voto pubblico quattrocentesco e l'arrivo della statua in Santa Croce; la fondazione del sacello urbano non ha fatto altro che consolidare anche in diocesi una tradizione di solida e radicata memoria.

La fonte teatina prende in considerazione solo due sacelli cremonesi sorti sul modello di Sant'Abbondio: la Santa Casa presso la chiesa cittadina di Santa Marta delle suore angeliche e il santuario lauretano del borgo rurale di Pozzaglio, costruito a fianco della parrocchiale di San Lorenzo Martire retta dai padri barnabiti. Tali fondazioni confermano la propensione dei nuovi ordini monastici, nel caso particolare le anime maschile e femminile dell'ordine barnabitico, ad accogliere le proposte devozionali elaborate in ambito tridentino. Entrambi gli edifici non esistono più, vittime della stagione delle soppressioni, il primo, e dell'incuria, il secondo. Sebbene siano da considerare come fenomeni di emulazione del prototipo di Sant'Abbondio, privi dunque di significative ricadute territoriali, i sacelli di Santa Marta e Pozzaglio meritano un breve approfondimento in quanto presentano interessanti peculiarità confermando, anche per questi casi "minori", un'ampia autonomia progettuale e una dipendenza di natura semplicemente devozionale dal modello cremonese.

Alla metà del XVII secolo la città di Cremona poteva vantare la presenza di ben due copie della Santa Casa di Loreto: la prima, la più celebre e prestigiosa, realizzata nel 1624 presso Sant‟Abbondio e la seconda eretta nel 1642 all‟interno della chiesa delle suore angeliche di Santa Marta205. Sebbene sia ricordato come un fenomeno sorto in scia alla fama

teatina, il culto lauretano è in realtà attestato in Santa Marta fin dagli anni Ottanta del Cinquecento e deve pertanto essere annoverato come uno fra i tanti casi di intensa devozione cittadina eclissata dalla fama del sacello di Giovan Pietro Ala.

204 Si hanno notizie di fondazioni a Casalbuttano, Trigolo, Pescarolo, Torre Pallavicina, Annicco e

Pizzighettone, per citare i centri più noti, cfr. V.GUAZZONI, Il cinque e il seicento, in Casalbuttano, a cura di Id., Soresina 1983, pp. 69-70; F.CARAMATTI, Il borgo e la terra di Trigolo fino al XVIII secolo,

Pandino 1999, pp. 113, 117; S.TASSINI, Santuario della Madonna di Loreto, in Itinerari…, 1994, pp.

48-49; A. FOGLIA, Chiese parrocchiali, oratori della disciplina e un santuario: gli edifici di culto nel

territorio delle tre parrocchie, in Annicco, a cura di V. Guazzoni, Soresina 1996, pp. 256, 288; F. LANZINI, Le chiese di Pizzighettone, Cremona 1994, p. 96.

205 Le vicende storiche del complesso cremonese sono efficacemente riassunte, con ampia

bibliografia di riferimento, da G.M.CAGNI,Valeria Alieri e il Monastero di S. Marta delle Angeliche in

Cremona, in «Barnabiti Studi», 16 (1999), pp. 7-206, in particolare per le vicende lauretane si vedano le pp. 97-98. Per notizie relative alla soppressione cfr. anche L.DACQUATI, Cento altari scomparsi: Cremona e le sue chiese distrutte, dissacrate, trasformate, Cremona 2008, p. 50.

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Le suore angeliche si legano alla Madonna di Loreto fin dai primi momenti di vita del loro convento, ufficialmente eretto nel 1549 dopo un anno di congregazione spontanea dalla nobildonna cremonese Valeria Alieri, sull‟esempio di quello milanese di San Paolo206. Nel

progetto di ristrutturazione e ampliamento di chiesa e monastero, resosi necessario a causa dell‟aumento delle vocazioni registrato in seguito alla morte nel 1568 della fondatrice e intrapreso fra il settimo e il nono decennio del secolo, è già prevista la presenza nella chiesa esterna207 di un altare dedicato alla Madonna di Loreto, per il quale nel 1583 Giovan Battista

Trotti, detto il Malosso, dipinge la Madonna di Loreto fra Santa Marta e Sant‟Agostino, opera

oggi conservata nella chiesa di Sant'Antonio Abate a Varese208. La cappella sorgeva in

corrispondenza del secondo altare di destra, a fianco di quello maggiore, a quanto pare il primo costruito presso cui si trovavano le sepolture della famiglia Superti; purtroppo non è dato sapere se un altare lauretano esistesse anche all'interno del primo nucleo monastico degli anni Quaranta.

Essendo vincolate alla clausura, ogni anno le suore si cimentano per quindici giorni consecutivi, all‟incirca il tempo necessario per raggiungere fisicamente il santuario nelle Marche, in un «pellegrinaggio con passi di spirito et di mente alla S. Casa di Loreto»209, una

sorta di viaggio mistico, basato sui libretti di devozione, intrapreso per impetrare grazie e protezioni alla Madonna Nera. Durante il pellegrinaggio spirituale del 1606, le sorelle chiedono alla Vergine di risolvere a loro favore una disputa giudiziaria da tempo in corso con le autorità comunali, contrarie alla cessione di una via pubblica considerata necessaria in vista di un ulteriore ampliamento del convento. In questa occasione le angeliche si appellano alla Madonna di Loreto impegnandosi, in caso di vittoria, ad «erigere una cappella nelli nostri inclaustri, intitolandola S. Maria di Loreto, et ogni anno processionalmente visitarla». La

206 Nel 1545 Ludovica Torelli, contessa di Guastalla, fonda a Milano il monastero femminile di San

Paolo Converso insediandovi una comunità di monache chiamate angeliche, inquadrandole nella regola agostiniana. Per la storia del complesso, polo religioso e artistico di prim'ordine della Milano borromaica, si vedano San Paolo Converso in Milano, a cura di A. Morandotti, Milano 1983 e, più recentemente, P.R.BAERNSTEIN,A convet tale: a century of sisterhood in Spanish Milan, New York

2002. Valeria Alieri apre le porte della sua abitazione a un gruppo di vergini pie, destinando tutti i suoi averi alla realizzazione e al mantenimento di un convento adatto a ospitarle. Grazie alla sua munificenza, nel 1549 si dà inizio alla costruzione del complesso e dell'annessa chiesa dedicata a Santa Marta, sorella della Maddalena che aveva più volte ospitato Gesù presso la sua dimora. Dopo un primo periodo alle dipendenze del monastero milanese, nel 1575 Carlo Borromeo sancisce l'autonomia delle cremonesi, inaugurando un lungo periodo di splendore. I rapporti fra la casa di Milano e quella di Cremona resteranno comunque stretti, se si considera che Antonio Maria Zaccaria, padre spirituale della Torelli nonché ispiratore dell'ordine, era di origine cremonese e, molto probabilmente, parente della stessa Alieri.

207 Secondo una consuetudine edilizia tipica dei ritiri femminili, resa normativa dai canoni tridentini,

e sul modello della casa madre milanese, anche Santa Marta presentava una struttura doppia, composta da una chiesa esterna aperta al pubblico e una interna riservata alle monache, divise da un alto muro centrale, cfr. L. PATETTA, La tipologia della chiesa "doppia" (dal Medioevo alla Controriforma), in ID.,1989, pp.11-72.Per la descrizione della chiesa esterna di Santa Marta si veda

CAGNI,1999, pp. 94-98; come lo studioso tiene a precisare, di quella interna non si hanno purtroppo

notizie.

208 M.T

ANZI,Malosso e “dintorni”: dipinti e disegni, in «Prospettiva», 61 (1991), p. 68.

209 C

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controversia si risolve nel 1608 a favore delle suore, che si affrettano a ringraziare la Vergine per la grazia ricevuta commissionando subito una statua lauretana, destinata a quel sacello che, nelle loro intenzioni, si sarebbe dovuto realizzare in tempi brevi per onorare il voto. Una ventina di anni prima della costruzione di quella in Sant'Abbondio, le suore intendono edificare una replica della Santa Casa all‟interno della loro chiesa e solo per una serie di circostanze avverse indipendenti dalla loro volontà, fra cui l'avvento della peste, il progetto non andrà in porto in tempi brevi.

L‟intensa pietà lauretana dimostrata delle eredi di Valeria Alieri non rappresenta un caso isolato, ma si inserisce in un percorso devozionale ben strutturato facente capo alle esperienze maturate nei medesimi anni presso la casa madre della congregazione. Nel 1608, anno in cui le sorelle cremonesi decidono di promuovere un sacello nei loro «inclaustri», le angeliche di Milano inaugurano la loro copia della Santa Casa di Loreto, inglobata in una vera e propria struttura ecclesiale all‟interno del chiostro210, commissionando

due statue lauretane, una lignea per il sacello, collocata nella nicchia sopra il Sacro Camino con solenne processione il 7 ottobre di quell'anno, e una lapidea per la facciata esterna della chiesa. La precoce commissione milanese, del tutto eccezionale considerate le forme monumentali ispirate al modello centrale di Loreto, si pone in scia alla tradizione lauretana cinquecentesca inaugurata da Carlo Borromeo e posta in essere nei medesimi anni con il cantiere della chiesa di Santa Maria di Loreto del Trincherio, testimone di un momento di particolare fermento devozionale nella Milano postridentina.

L‟inizio dei lavori in Santa Marta viene continuamente rimandato per problematiche di natura economica e burocratica, fino a essere accantonato. Al momento della posa della prima pietra nel 1642, la Santa Casa delle angeliche milanesi non rappresenta più una novità, mentre quella di Giovan Pietro Ala ha ormai raggiunto una celebrità tale da offuscare le altre realtà lauretane locali; le suore si adeguano pertanto all‟illustre modello, perdendo in questo modo un primato che sarebbe spettato loro di diritto211.

Sull'esempio delle chiese doppie milanesi, anche l'aula esterna di Santa Marta presentava un'ampia navata centrale e brevi cappelle laterali, del tutto inadatte a ospitare un sacello lauretano. Il problema viene affrontato il 10 maggio 1642, quando le suore mettono ai voti la questione se la nuova Santa Casa sia da fare «in tutto conforme alla Santa Casa Lauretana, oppure in altra forma più aerosa», ossia se mantenere l'antica cappella laterale nelle sue forme originali ricreando solo l'allestimento d'altare e lasciando tutta la potenza

210 B. D

E KLERCK, La chiesa di San Paolo Converso a Milano nel Seicento. Appunti sulla

committenza e sulla funzione della decorazione, in «Arte lombarda», n.s. CVIII/CIXI (1994), 1/2, p. 89. 211 A differenza dei confratelli di Santa Croce e degli stessi padri teatini, la commissione lauretana

delle angeliche è animata da puri sentimenti religiosi. Non temendo la concorrenza e non covando rancori di alcun tipo, in attesa che il tanto desiderato sacello venga realizzato, nel 1624 le suore fanno celebrare messa presso la Santa Casa di Sant‟Abbondio per nove sabati consecutivi, fiduciose in questo modo di compiacere la Vergine e di ottenere una grazia a favore della loro fondazione, cfr. CAGNI,1999, p. 98.

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evocativa del culto alla sola statua, oppure se intraprendere un cantiere e costruire un sacello innestato nell'aula della chiesa, tenendo conto delle problematiche spaziali che una simile soluzione avrebbe causato. Desiderose di sciogliere degnamente il loro voto, le suore optano per la replica fedele e il 26 maggio la fabbrica del santuario viene inaugurata, purtroppo non sappiamo sulla scorta di quale progetto. La Madonna di Loreto commissionata dalle suore all‟inizio del secolo, quando i lavori sembravano imminenti, viene finalmente collocata nella nicchia centrale del nuovo sacello, verosimilmente edificato in luogo dell‟antica cappella di Loreto ospitante l‟opera del Malosso, che viene infatti spostata sull'altare maggiore dove le guide cittadine la vedono e descrivono nel corso del Settecento212.

Sempre all'ordine barnabita si deve la costruzione del secondo sacello sorto in diocesi sul modello di Sant'Abbondio citato dalla fonte teatina: la Santa Casa di Pozzaglio213. Si

tratta di una replica decisamente singolare, della quale oggi non resta traccia: edificata nel 1639, in soli due mesi su progetto di padre Vittorio Roncalli, originario del vicino borgo di Soresina e al tempo parroco della piccola comunità rurale, la cappella sorgeva in esterno sul fianco destro della chiesa parrocchiale dedicata a San Lorenzo Martire ed era inserita in una struttura ottagonale costituita da un portico sul quale, secondo il progetto originale, si sarebbe dovuta innestare una cupola sovrastante in altezza la chiesa stessa.

Un simile progetto non può, come si può facilmente intuire, essere nato dal nulla ma deve essere considerato come il frutto di una decennale stratificazione devozionale: anche a Pozzaglio la devozione lauretana era infatti nota fin dal secolo precedente e don Roncalli non fa altro, in un momento storico favorevole per l'affermazione del culto, che raccogliere un sentimento radicato in paese e portarlo al massimo compimento214.

Verso la fine del XVI secolo i barnabiti, subentrati nella cura spirituale agli umiliati, promuovono la costruzione di una nuova parrocchiale in paese demolendo l'antica pieve, ormai vetusta e inadeguata alle mutate esigenze pastorali, che si trovava lungo la strada per Casalsigone. Da un inventario di beni del 1629, risulta che in luogo di tale edificio sarebbe

212 Il dipinto viene datato al 1585 e descritto come «una tavola dipinta con la B.V. seduta sopra la

Santa Casa di Loreto in su le nubi, col Bambino in collo, ed una bella gloria d‟angeli, al basso la Vergine Santa Marta, ed un Santo Vescovo del Cavalier Molosso, col nome, ed anno 1585», cfr. PANNI, 1762, pp. 119-120. Si veda anche G.B.ZAIST,Notizie istoriche de‟ pittori, scultori, ed architetti

cremonesi, data in luce da Anton Maria Panni, in Cremona nella stamperia di Pietro Ricchini, 1774, p. 42 e G.AGLIO,Le pitture e le sculture della città di Cremona, in Cremona presso G. Feraboli, 1794, p.

163.

213 La riscoperta del luogo lauretano di Pozzaglio si deve agli approfonditi studi di A.T

RABUCCHI,

La chiesa di Pozzaglio tra XVI e XVII secolo, Pizzighettone 1989, pp. 49-53, nei quali il sacerdote conduce il primo lavoro di spoglio e riordino di una copiosa serie di documenti. Ringrazio don Trabucchi per avermi gentilmente concesso la possibilità di consultare il suo ultimo lavoro, Pozzaglio e la Santa Casa di Loreto, compilato nel 2011 e tutt'ora inedito.

214 Nei suoi studi, don Trabucchi identifica in un piccolo edificio ubicato sulla strada per

Casalsigone, segnalato nella mappa del catasto teresiano, come la prima sede del culto lauretano locale, spostatosi in seguito presso San Lorenzo.

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stata eretta con le elemosine dei fedeli una cappella dedicata alla Vergine Lauretana, descritta come una semplice cappella votiva come tante ne esistevano al tempo lungo le vie, ossia una «Capelletta in volta, con altar piccolo, depentone sopra una Imagine della Madonna Santissima di Loreto, che si difende dall'ingiurie de venti e pioggie con una vetriata davanti»215.

L'iniziativa di don Roncalli trova la sua ragione d'essere in questa prima spontanea fondazione e deve la sua fortuna a due fattori decisivi: la costruzione della Santa Casa in Sant'Abbondio, che dà slancio al culto sul territorio dopo l'elezione della Vergine Lauretana a patrona della diocesi in occasione del voto pubblico del 1625, e l'avvento della peste nel 1630, che rilancia i culti taumaturgici più importanti. Sulla base di questi presupposti, il barnabita decide di imbarcarsi in un'impresa decisamente audace, oltre che onerosa, con l'intento di trasformare il piccolo borgo affidato alle sue cure in un polo mariano di prim'ordine.

A Pozzaglio le tradizionali figure di promotore, benefattore e progettista si fondono in un'unica persona, a cui vanno ascritti interamente i meriti dell'impresa: don Roncalli non solo si cimenta nella progettazione di un edificio strutturalmente complesso, ma si prodiga anche per il mantenimento decoroso della cappella preoccupandosi della raccolta delle elemosine, dirottate in parte nella fabbrica e in parte nella costituzione di un patrimonio stabile di fondi e rendite agrarie intestato alla Santa Casa per il mantenimento perpetuo della cappella, che sarà completata solo nel 1687.

Le cronache celebrano in modo dettagliato ed entusiastico gli eventi di fondazione, rimarcando lo stretto legame con il sacello cremonese. La Santa Casa di Pozzaglio viene inaugurata solennemente nel giorno della Santissima Trinità del 1639 da un delegato vescovile, al termine di una giornata di festa che coinvolge fedeli di città e di campagna uniti nel nome di Maria, secondo gli schemi consueti alla festa lauretana. Il preposito delegato si porta «con una infinità di popolo concorso da Cremona, e da tutto il paese […] ad una chiesetta lontana due miglia verso Cremona, ove stava la nuova statua della Santiss[im]a Vergine Lauretana tutta carica d'oro, e di gioie, ivi solennemente la benedì»; da lì parte un corteo processionale composto, oltre che dal popolo, da disciplini e giovani in vesti d'angelo con luminarie, dal clero e da «secolari con trombe», il tutto accompagnato da «musiche, suoni», spari e cariche di mortaretti.

Don Roncalli commissiona la sacra immagine per tempo, organizzando una processione coinvolgente e ricca di risvolti simbolici: con la collocazione della statua a metà strada fra la città e il nuovo santuario di campagna il barnabita intende rimarcare lo stretto legame con il sacello di Sant'Abbondio, elevando la sua fondazione a pari dignità. Una volta giunta in San Lorenzo, la Madonna di Loreto viene collocata nella nuova Santa Casa, con solenne

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benedizione. Da questo momento hanno luogo anche a Pozzaglio le tipiche manifestazioni devozionali lauretane, con doni di gioielli, vesti ed ex voto in cera, pittura o metallo prezioso, a suggello della benevolenza della Vergine nei confronti dei fedeli di campagna.

Del tutto eccezionale è anche la decisione di affidare la cura del santuario non al clero residente, ma a un cosiddetto eremita ovvero un custode mantenuto con i proventi del patrimonio della Santa Casa e preposto alla cura materiale e spirituale del santuario, il cui alloggio si trovava nei pressi della cappella come conferma il vescovo Isimbardi nella sua visita del 1673. Se nell‟antichità con il termine eremita si intendeva una figura appartata dal mondo, spesso associata alla dimensione del deserto, nell‟età moderna, dove l'isolamento passivo viene guardato con perplessità, esso identifica una persona che vive in "solitudine attiva", ossia in ritiro spirituale ma al servizio di una chiesa, cappella o santuario. A Pozzaglio tale figura appare per la prima volta con la Santa Casa e potrebbe provenire, come ipotizza don Trabucchi, dalla comunità cremonese degli eremiti di San Giacomo, già chiesa e sede cittadina dei padri barnabiti.

Poco si sa sulle cause che hanno, incredibilmente, condotto alla distruzione di un simile manufatto. Nel 1857 il sacello, già manomesso, viene ridimensionato e restaurato per volontà del parroco Leonardo Zappavigna, mentre nel 1893 risulta esistente solo il vestibolo, ossia la struttura porticata; nel 1918 il tutto risulta diroccato e inservibile, degrado che si protrarrà negli anni e che porterà alla completa demolizione. Della maestosa struttura non resta oggi che il ricordo in un arco incassato nel muro perimetrale sud all'esterno della chiesa, riferibile all'atrio di ingresso.

III.3. La devozione femminile di casa Gonzaga: la Santa Casa