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La chiesa di Santa Maria di Loreto fra storia e tradizione

I.2. Lo stato degli stud

I.2.1. La crescita del santuario e della vita sociale

A prescindere dagli orientamenti della critica, un elemento è incontrovertibile: il fenomeno lauretano, inteso in ogni suo aspetto, è nato e ruota attorno all‟antica chiesetta in mattoni e pietra priva di fondamenta e alla miracolosa immagine mariana in essa contenuta, cuore pulsante del culto e testimone diretta dell'intera tradizione devota. Nel corso del XIV secolo esiste in territorio recanatese un‟unica chiesa dedicata a Sancta Maria de Laureto, quella collocata sul monte Prodo, per la prima volta citata in un atto processuale del 131563: da

questo momento la piccola ruralis ecclesia va incontro a una crescita esponenziale, testimoniata dall‟abbondanza di documenti notarili, consiliari ed ecclesiastici emanati a suo favore64.

Il successo, non da ultimo economico, è favorito dalla fama taumaturgica e dal conseguente fenomeno del pellegrinaggio, che costituisce nel caso di Loreto l‟elemento fondante della popolarità del culto65. Libera dai rigidi precetti della Controriforma e da

implicazioni di carattere dogmatico, la devozione professata fino al XV secolo è intrisa di elementi tipici della cultura religiosa popolare ed è sostanzialmente incentrata sulle proprietà salvifiche riconosciute all‟immagine della Vergine conservata nel sacello: in questa prima fase, il pellegrino si reca a Loreto per chiedere una grazia o per invocare protezione per sé, la propria famiglia o l‟intera comunità per conto della quale ha intrapreso il viaggio espiatorio, depositando un dono in qualità di ex voto. Dai documenti conservati presso gli archivi lauretani si evince che la pratica del voto collettivo, pronunciato dalle comunità cittadine e del contado, era una consuetudine assai diffusa e, nel caso specifico, attestata sia a Cremona che a Verona: questo tipo di manifestazione devozionale non si esauriva in un semplice vincolo spirituale ma si traduceva concretamente nel dono di un modello della città che si era solennemente consacrata, una sorta di trasposizione, generalmente su supporto argenteo, delle vedute urbane del tempo. La consuetudine voleva che, per convalidare il voto, un rappresentante o una delegazione di cittadini compiesse un pellegrinaggio a Loreto per

63 Il processo viene celebrato a Macerata in relazione a una serie di furti avvenuti ripetutamente

nei due anni precedenti ai danni del luogo sacro, cfr. GRIMALDI,1984, pp. 96-99. Padre Santarelli fa

notare che in questo atto la ecclesia Sanctae Mariae de Laureto risulta sottoposta al vescovo di Recanati e non più ai monaci di Fonte Avellana, sollevando più di una perplessità sull‟effettiva trasmigrazione dei popoli di fondovalle, cfr. SANTARELLI, 2006, p. 317, nota 291.

64 Per una completa panoramica d'archivio si veda G

RIMALDI,1984.

65 Per un inquadramento di carattere generale si veda il capitolo Metamorfosi dei pellegrinaggi dall'età medievale all'età moderna in L.ZANZI, Sacri Monti e dintorni. Studi sulla cultura religiosa e artistica della Controriforma, Milano 2005, in particolare pp. 380-482. Per il caso luretano cfr. GRIMALDI,2001 e Pellegrini verso Loreto, 2003.

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collocare personalmente il dono ai piedi della Vergine, affidandole la salute dell'intera comunità.

L'intercessione della Madre Lauretana si estende a ogni tipo di calamità in grado di sconvolgere la vita quotidiana, sia essa di tipo sanitario - con particolare riferimento a peste e morbi contagiosi in genere, senza dimenticare le malattie che colpivano gli animali da cortile e gli allevamenti - o naturale come terremoti, inondazioni, tempeste e siccità; per questo motivo proprio alla Madonna di Loreto si appella Roberto da Sanseverino durante la tempesta in mare. In questa prima fase di sviluppo il culto si diffonde per forza propria sfruttando le vie battute dai pellegrini66 i quali, al loro ritorno in patria, narrano dei prodigi e

delle grazie ricevute sul monte Prodo portando come ricordo souvenirs devozionali di vario genere acquistati presso il santuario, diffondendo in questo modo sia la singolare iconografia sia le pratiche pietistiche. L‟ascesa in prestigio e ricchezza è eccezionale e la fama del culto valica i confini della Marca: proiettato sul panorama devozionale della penisola, nel corso del XV secolo la chiesetta dalle incerte origini si avvia a diventare un santuario di portata europea, destinato a generare un‟eccezionale espansione architettonica e urbanistica legata ai servizi offerti al sacello e ai suoi visitatori.

Il problema della salvaguardia di una chiesa senza fondamenta è incombente e, come si è visto, si presenta fin dai primi anni della vita nota dell‟edificio; nel corso del Trecento gli interventi di messa in sicurezza si fanno più consistenti, in concomitanza con il consolidamento della fama del santuario e il conseguente aumento delle oblazioni a suo favore. Per quasi due secoli viene esercitata da parte dei recanatesi una continua azione protettiva nei confronti delle pericolanti pareti le quali, mal legate e mal messe in opera, soffrono l‟azione erosiva degli agenti atmosferici; l‟intera struttura, non poggiante su fondamenta proprie, è costantemente prossima al collasso e la comunità decide di risolvere definitivamente la questione dell‟instabilità strutturale commissionando, molto probabilmente verso la fine del Trecento, il celebre «muro bono et grosso» di contenimento. L‟autorità civile si ritiene dunque la principale responsabile della sopravvivenza delle testimonianze materiali del culto, sancendo fin dalle origini un legame di stretta dipendenza con il luogo sacro. L‟intervento deve avere avuto ampia risonanza fino a imprimersi nella memoria collettiva, dal momento in cui viene inserito nel racconto del Teramano come tappa fondamentale dello sviluppo del santuario. Le indagini archeologiche hanno dimostrato che, rispetto alle rustiche pareti del sacello originario, il muro dei recanatesi era meglio rifinito ed esteticamente pregevole, scandito da lesene, ornato sotto la gronda con arcatelle a sesto acuto e, molto

66 Celebre è la Via Lauretana che congiunge Roma a Loreto, cfr. La viabilità interregionale tra sviluppo e trasformazioni: l'antico tracciato della via romano-lauretana (secc. XIII-XVI), a cura di T. Croce-E. Di Stefano, Napoli 2014.

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probabilmente, interamente affrescato67. Anche la presenza di una torre campanaria è

attestata fin dal XIV secolo: in un primo momento si trattava di un piccolo campanile a vela innestato in facciata, sostituito nel primo ventennio del Cinquecento con un altro a fianco del lato nord, sopra la copertura del Palazzo Apostolico68.

Al momento della fondazione sul monte, l‟antica chiesa di Santa Maria si trova isolata in aperta campagna ed eredita l‟intitolazione de Laureto se non dalla precedente chiesa di fondovalle, sicuramente dall‟area in cui sorge. Quello di Loreto può essere considerato come un tipico caso di aggregazione demica e nascita della relativa vita sociale ed economica in stretta dipendenza da un luogo di culto particolarmente venerato. I primi residenti sono i chierici destinati alle celebrazioni sacre e alla raccolta delle offerte, dimoranti in modeste abitazioni edificate nei pressi della chiesetta; col tempo, interi gruppi famigliari cominciano a stabilirsi sul monte per fornire servizi di ristoro e assistenza ai viaggiatori e alla famiglia religiosa, in costante crescita per assecondare le esigenze del culto e dell‟accoglienza69.

Ancora oggi il nucleo urbano originario, quello che dal santuario conduce a Porta Romana lungo una stretta via, è perfettamente riconoscibile e assolve alle secolari funzioni di assistenza al pellegrino (fig. 3). Considerata la collocazione decisamente esposta rispetto al territorio circostante, a partire dalla prima metà del XVI secolo abitato e santuario vengono cinti da possenti mura difensive, erette per proteggere residenti, visitatori e tesoro da eventuali incursioni militari o da attacchi pirateschi provenienti dal mare.

Alla fine del Trecento il sito è costituito dall'antica chiesa di Sancta Maria de Laureto protetta dal muro dei recanatesi, dalle abitazioni di presbiteri e laici addetti alle funzioni spirituali e di servizio, da un primo ricovero per pellegrini e da alcune logge, rustici porticati eretti a ridosso dei muri esterni della chiesa e in seguito estesi anche agli edifici adiacenti, introdotti per accogliere gli esercizi commerciali ma soprattutto per proteggere la folla dalle intemperie. Seppur in modo non programmato, si viene lentamente a creare un assetto architettonico simile all‟attuale: l‟insieme dei fabbricati e le relative logge sono rivolti verso l‟interno e si sviluppano attorno alla chiesa e al piazzale antistante, configurando una sorta di

67 Nella vita di Antonio da Sangallo, architetto che rinforzerà e completerà la cupola del nuovo

tempio lauretano, Giorgio Vasari descrive l‟antica chiesa di Loreto come «piccola e col tetto in su pilastri di mattoni alla selvatica», cfr. G.VASARI,Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti, a cura di M. Marini, Roma 1981, p, 859.

68 A causa dei danni riportati da un fulmine, il campanile è stato ricostruito nelle forme attuali in

mattoni e pietra d‟Istria da Luigi Vanvitelli fra il 1750 e il 1755, cfr. F. GRIMALDI, Luigi Vanvitelli a

Loreto, Loreto 1993.

69 La presenza di un nucleo stabile è attestata dal 1357, anno in cui il cardinal legato e vicario

generale dello Stato Pontificio, Egidio Albornoz, elenca nelle sue costituzioni la Villa Sancta Maria de Laureto fra i cinque insediamenti del territorio di Recanati, descrivendolo come un piccolo borgo rurale sviluppatosi attorno alla ecclesia Sancte Marie de Laureto, cfr. La villa di Santa Maria di Loreto. Strutture socio-religiose, sviluppo edilizio nei secoli XIV-XV. Documenti, a cura di F. Grimaldi-K. Sordi, Ancona 1990.

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claustrum70. Con questa configurazione il sito giunge fino alla metà del Quattrocento, quando

viene avviato il cantiere destinato a mutare per sempre l‟aspetto e la sostanza di quello che si è ormai trasformato in un ricco santuario noto in tutta Italia.

Da quanto si può evincere dalle fonti, non pare che si sia mai verificata una pianificata espansione urbanistica, probabile ragione per cui vengono intrapresi lavori di totale rinnovamento a partire dal 1468 circa, in un momento in cui il flusso del pellegrinaggio è divenuto costante ma soprattutto significativo per la presenza di personalità illustri: cardinali, vescovi, condottieri, nobili e uomini di potere, seguiti da regnanti e papi, ufficializzano con la loro presenza il culto recandosi personalmente o per procura al cospetto della Vergine, elargendo preziosi doni in segno di devozione e riconoscenza per una grazia ricevuta o invocata. È probabile che la necessità di adeguare il santuario alle nuove esigenze di rappresentanza abbia innescato un processo di radicale ripensamento di spazi e funzioni: a prescindere dalla presenza di pellegrini di rango, che a conti fatti costituiscono la minoranza dei visitatori, bisogna considerare che il numero delle presenze nei periodi di massima affluenza, coincidenti con le principali festività mariane e con la fiera di Recanati, poteva raggiungere il doppio o il triplo della popolazione residente, innescando una serie di problematiche di tipo logistico e sanitario facilmente intuibili. Per questo motivo, la maggior parte delle strutture presenti a Loreto è, ancora oggi, per lo più destinata ai bisogni di una popolazione di transito: nel corso dei secoli sono infatti sorti ospedali, ostelli, ospizi, farmacie, locande, taverne, stalle per la rimessa e il cambio degli animali, botteghe per la vendita di beni di prima necessità e laboratori artigianali per la fabbricazione di oggetti ricordo ed ex voto di varia foggia e natura. Le crescenti offerte in denaro provenienti da testamenti, attestati fin dalla seconda metà del Trecento, alle quali a partire dal secolo seguente si aggiungono lasciti di terreni e beni immobili, contribuiscono a incrementare le entrate e danno slancio al rinnovamento, agevolando lo sviluppo di nuove iniziative a carattere sociale e cultuale, con importanti ripercussioni di natura socio-economica71. Di pari

passo migliorano la proposta pastorale e l‟organizzazione delle opere annesse o dipendenti

70 A differenza di quanto ipotizzato da più parti (cfr. ad esempio N.e A.R.M

ONELLI, La Santa Casa

di Loreto: edificio medioevale. Urbanistica e architettura, fine XIII-inizio XIV secolo, Fermo 1987; N. MONELLI-G.SANTARELLI, Le fortificazioni di Loreto, Loreto 2010), pare che il nucleo originario non fosse racchiuso o fortificato con torri merlate, ma abbia conservato l‟aspetto di borgo rurale libero imperniato sulla chiesa centrale fino all‟avvio del cantiere del nuovo santuario in epoca moderna. Una testimonianza di tale primitivo aspetto è fornita dall‟umanista Flavio Biondo il quale, nella sua opera Italia illustrata, presentata nel 1452 a papa Niccolò V, descrive il «sacellum Virginis Mariae» come un‟ambita meta di pellegrinaggio ubicata «in aperto immonuque vico» senza, occorre precisare, accennare alla miracolosa origine nazarena.

71 La questione delle offerte e dello sviluppo economico del santuario è stata a più riprese

affrontata da Marco Moroni, si veda in particolare M. MORONI, L‟economia di un grande santuario europeo. La Santa Casa di Loreto tra basso medioevo e Novecento, Milano 2000 e, più recentemente, Pellegrini ed elemosine a Loreto tra XV e XIX secolo, in «Società e storia», 140 (2013), pp. 319-341.

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dalla chiesa, iniziative di carattere amministrativo giuridicamente identificate dalla sigla unificatrice di domus o alma domus ecclesie Santa Maria de Laureto72.

Il punto di svolta si colloca verso il 1468 quando vescovo di Recanati, Nicolò Delle Aste, si fa promotore e garante della costruzione di un nuovo tempio dedicato alla Vergine di Loreto, impegnandosi in prima persona nella raccolta delle offerte e destinando gran parte dei fondi lauretani e personali all‟acquisto di terreni e proprietà per la realizzazione di un ambizioso progetto di totale riqualificazione73. La scarsa documentazione superstite non

permette di fissare una data certa per l‟inizio dei lavori, ad ogni modo l‟8 ottobre 1469, a due giorni dalla morte del vescovo, la fabbrica della chiesa viene definita in un documento consiliare recanatese «noviter incepta»74. Sebbene le fonti non lo dichiarino apertamente, è

lecito supporre che il vescovo, spinto dal nascente fervore di rinnovamento architettonico rinascimentale e dalle ingenti ricchezze accumulate, intenda con questa iniziativa rendere il luogo più adatto alle accresciute esigenze logistico-pastorali dettate all‟aumento del numero dei pellegrini, dotando il santuario di migliori strutture ricettive ma soprattutto di un nuovo tempio aggiornato nelle forme e nel gusto, adeguato allo status raggiunto. Tale iniziativa avrebbe causato un ripensamento degli spazi di servizio adiacenti alla chiesa: non è escluso che l‟odierno impianto basilica - palazzo apostolico - piazzale antistante, mancante del braccio sud previsto nei progetti cinquecenteschi ma mai realizzato, altro non sia che una ragionata evoluzione del primitivo assetto a claustrum sorto spontaneamente per accumulo edilizio attorno alla chiesa de Laureto e fino ad allora mai normalizzato.

Desideroso di intraprendere i lavori in pieno concerto con le autorità locali, per evitare l‟insorgere di spiacevoli conflitti di interesse, il vescovo Delle Aste mantiene buoni rapporti con la sempre presente comunità recanatese e coinvolge nella gestione del cantiere anche il rettore del santuario, il famoso Pietro di Giorgio Tolomei detto il Teramano, amministratore

72 Su questa denominazione insiste particolarmente padre Floriano Grimaldi: il termine domus nel

caso di Loreto non farebbe riferimento al sacello inteso come Santa Casa, bensì a una sorta di intestazione dell‟amministrazione centrale del santuario. Dai documenti si evince, inoltre, che l'espressione domus ecclesie Sancte Marie era utilizzata anche per identificare le case realizzate per la famiglia religiosa fra XIV e XV secolo, mentre il rettore e altri membri del clero risiedevano in almis domibus ecclesie. Anche il vocabolo sacellum, comunemente adottato per identificare la Santa Casa, fino al XV secolo era inteso in un altro modo e designava, assieme al termine basilica, una chiesa meta di pellegrinaggio che godeva di un culto esclusivo. Secondo padre Grimaldi, sacellum si impone nel lessico lauretano quando sorge la necessità di distinguere l‟antica chiesetta di Santa Maria dall‟erigenda basilica rinascimentale, cfr. GRIMALDI,1984,p. 53, nota 65 eID.,1987,pp. 26-27, nota

26.

73 La munifica presenza del vescovo è attestata anche in diocesi, dove si attiva con pari decisione

nella promozione di altri luoghi di culto. Nato a Forlì, il Dalle Aste viene eletto vescovo di Recanati nel 1440 dopo essere stato fra il 1438 e il 1439 ambasciatore per conto di papa Eugenio IV a Venezia e Firenze. Essendo parente del segretario pontificio Flavio Biondo, è probabile che i centri di Loreto e Recanati siano stati inseriti nell‟Italia Illustrata proprio grazie alla sua intercessione. Sulla figura del vescovo e sulle prime fasi architettoniche del santuario lauretano si veda il lavoro di E. RENZULLI,

Santa Maria di Loreto (1469-1535). Da baluardo cristiano a cappella pontificalis, dottorato di ricerca in Storia dell'architettura e dell'urbanistica, Istituto Universitario di Architettura di Venezia-Dipartimento di Storia dell'Architettura, 1998-1999, pp. 5-10.

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della chiesa di Santa Maria fra il 1454 e il 147375. Non sembra essere una semplice

coincidenza il fatto che il racconto del Teramano sia redatto nei medesimi anni in cui il volto architettonico del santuario sta mutando radicalmente e gli interessi, tanto della comunità quanto della Curia Romana, si concentrano sempre più sul piccolo borgo di Loreto.

Ma quale è stato il ruolo giocato dall‟antica chiesa di Santa Maria in un simile contesto di totale rinnovamento? I residenti e i pellegrini erano consci di trovarsi di fronte a una delle più insigni reliquie della cristianità o si recavano sul monte Prodo solamente per impetrare una grazia alla sacra immagine custodita nel rustico sacello votivo fondato contra pestem dalla comunità locale? La questione portata alla ribalta dagli studiosi di storia dell‟architettura è di primaria importanza nel discorso che si sta conducendo: se il culto della Santa Casa era presente e noto sul monte Prodo fin dal 1294, allora la nuova basilica sarebbe sorta come scrigno protettivo della Santa Casa nazarena, in caso contrario la situazione muterebbe notevolmente in quanto al momento dell‟avvio del cantiere nel 1468 il sacello non avrebbe rivestito un ruolo determinante, considerata la vastità del progetto in corso.

Secondo i critici della tradizione, per rendere il santuario più adatto alle nuove esigenze le autorità ecclesiastiche, nella persona del vescovo Delle Aste, avrebbero promosso la realizzazione di un nuovo tempio disponendo la demolizione a fine lavori dell‟antica chiesa votiva di Santa Maria, cancellando in questo modo l‟edificio simbolo della secolare pietà popolare. Casi di avvicendamento edilizio di questo tipo sono frequenti presso i più celebri luoghi di culto della cristianità, tuttavia quello di Loreto è peculiare in quanto la programmata distruzione del sacello implicherebbe l‟assoluta estraneità della traslazione angelica nel culto delle origini. Assopito, forse, il voto civico contra pestem e venuta meno la venerazione per le sacre pareti, si sarebbe deciso di sostituire la fatiscente chiesetta con un tempio più decoroso, per celebrare degnamente la miracolosa figura della Vergine. Il sacello doveva effettivamente apparire agli occhi dell‟intraprendente vescovo in uno stato di inaccettabile degrado e vetustà, troppo angusto e assolutamente inadeguato ad accogliere un simile concorso di fedeli, oltre che pericoloso considerati gli annosi problemi statici e la povertà dei materiali costruttivi. La proposta sarebbe stata approvata dalle autorità e i lavori di costruzione della nuova basilica immediatamente avviati, purtroppo non si sa né sulla scorta di quale progetto né quali siano stati gli architetti interpellati, lasciando aperta la questione sulla sorte ma soprattutto sull‟effettivo ruolo giocato dal sacello nell‟ambito del primo programma di riqualificazione del santuario.

75 La presenza di un amministratore a Loreto è documentata dal 1412. Il rettore, definito nei

documenti rector o gubernator alme domus ecclesie Sanctae Mariae de Laureto, si occupava della gestione amministrativa e del coordinamento delle varie attività e la sua residenza era affacciata sul piazzale. Pietro di Giorgio Tolomei è per la prima volta documentato a Loreto nel 1437-1438 come cappellano all‟altare di Sant‟Antonio e potrebbe avere steso la sua relazione fra gli anni 1465-1473, come sostiene RENZULLI, 1998-1999, p. 9.

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Secondo padre Grimaldi, la conferma che al momento dell‟avvio dei lavori si intendesse realmente distruggere l‟antica chiesa proverrebbe dalla sua posizione fuori asse rispetto al corpo del nuovo edificio, anomalia strutturale evidentissima tanto in pianta quanto a occhio nudo che secondo lo studioso non può essere spiegata in altro modo: è da escludere che in un cantiere di tale portata fosse prevista, nella seconda metà del Quattrocento, una disarmonica collocazione di quello che avrebbe dovuto essere il cuore fisico e simbolico dell‟intera fabbrica76 (fig. 4). L‟impostazione stessa della basilica fornirebbe la prova: se

fosse stata concepita per custodire e glorificare la presunta Santa Casa, a rigor di logica quest'ultima avrebbe dovuto necessariamente costituire il perno dell‟intera struttura,