L'introduzione del culto: motivazioni e aspetti fondant
III.1. Un santuario pubblico e il suo racconto di fondazione: la Santa Casa presso il convento teatino di Sant’Abbondio a Cremona
III.1.3. Il voto pubblico
In una seduta consiliare tenutasi nel dicembre del 1624, a sette mesi dall‟inaugurazione, Giovan Pietro Ala riferisce di alcuni gravi fatti avvenuti in città esaltando la funzione redentrice del sacello lauretano: stando alle sue parole, la Santa Casa rivestirebbe una particolare importanza in quanto realizzata in un periodo difficile per il culto mariano cremonese, reduce da una serie di incresciosi episodi di profanazione ai danni di statue e altari dedicati alla Vergine (documenti 2): in linea con la coeva campagna di sensibilizzazione mariana promossa dal vescovo Campori201, la Santa Casa offrirebbe
un'opportunità di redenzione alla popolazione locale, in balìa dalle incursioni di vandali. In tal senso, il sacello di Sant‟Abbondio condividerebbe alcune caratteristiche con le repliche sorte oltralpe come baluardo della cristianità, funzionali al rinvigorimento sul territorio del sentimento religioso.
Nella riunione successiva del 24 gennaio 1625, il decurione prende la parola ed espone al consiglio comunale le quattro ragioni che lo hanno spinto alla fondazione del santuario presso la chiesa teatina: per onorare la Vergine, per venire in aiuto ai padri affidando loro in gestione un culto che avrebbe giovato al mantenimento del convento, per «hornare» la patria e, infine, per utilità della patria stessa, che avrebbe in questo modo goduto dei benefici spirituali e del patrocinio perpetuo della Santa Signora (documenti 3). Il sacello cremonese poggerebbe, dunque, le proprie fondamenta su motivazioni di pura devozione civica e religiosa, ossia sui pilastri della morale tridentina.
Seppur in forme molto più edulcorate rispetto alle enfatiche cronache teatine, l'allocuzione riflette lo stato di tensione venutosi a creare all'indomani della fondazione. Nell‟esporre la seconda ragione che lo ha spinto all‟edificazione della Santa Casa, l‟Ala sembra alludere all‟episodio della revoca della custodia, scusandosi con i padri, lodandone il
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Per notizie sulla vita e l‟operato del vescovo si veda Pietro Campori. Il papa mancato, a cura di M. Al Kalak, Venezia 2009.
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rifiuto per i facili guadagni e la condotta di vita in assoluta povertà e dichiarando la volontà di venire loro incontro per risolvere qualsiasi questione. Dando sfoggio della sua cultura, il nobiluomo cita un passo di Seneca in riferimento al filosofo Diogene e sostiene che la religione teatina «volebat pugnare contra omnia desideria naturae udebat agire, et nolebat petere». Per questo affida ai signori Alessandro Sfondrati202, Marcello Fodri e Ortensio
Commendulo l‟incarico di raccogliere e gestire le offerte per il decoro della Santa Casa e il mantenimento dei padri, sgravandoli in questo modo dall‟imbarazzante compito di maneggiare denaro. Per quanto riguarda i malintesi passati, l'Ala spiega che «ha patito molta inquietudine di animo per non saper trovare col giudicio humano la giusta proportione quanto si debba all‟esterno culto della S[antissi]ma Vergine» e che se ha detto o fatto qualcosa di offensivo nei confronti dei chierici è stato solo per eccesso di zelo, desideroso com‟era di vedere la sua fondazione gestita al meglio, lasciando senza condizioni la reggenza perpetua nelle loro mani.
Fin dal giorno della solenne processione di inaugurazione la Vergine ha ricompensato le attenzioni dei cremonesi dispensando grazie e benefici spirituali e sarebbe pertanto opportuno che essa venga adorata «non solo con gli affetti del cuore, ma anco, con ogni possibile dimostratione di esterno culto», supplicando «affettuosamente la città, che si compiaccia di farli qualche dono, se bene fosse di pochissimo valore, ma apparente e durabile: acciochè con questo publico segno, di publica pietà, la nostra città non sia vinta, dalla devotione de privati». Viene anche verbalizzata l‟orazione di ringraziamento tenuta dal nobiluomo in consiglio per la dimostrazione di devozione della comunità avvenuta il martedì precedente, auspicando a breve l‟elargizione di un dono conveniente, sicuro della totale buona fede che «si move a queste operationi senza pretender frutto di lode, et ringratiam[en]ti humani».
Nel quarto punto, inerente al beneficio spirituale che la presenza della Santa Casa avrebbe portato alla comunità intera, egli specifica i termini della pubblica devozione, richiedendo che
«i deputati vadino a pregare essi Rev[erend]i Padri, che ogni prima festa del mese si compiaccino con qualche publico essercitio di devotione pregare, et far pregare espressamente per i bisogni della Communità la quale si trova quasi oppressa dalle calamità presenti, et circondata da pericoli maggiori, cioè che i detto Padri cantino le letanie della S[antissi]ma Vergine dopo il vespro in quella S[an]ta Casa con altre orationi che stimeranno a proposito»
premurandosi di appendere qualche giorno prima una tavoletta affinché il popolo sia informato e possa partecipare; alla funzione dovranno presenziare «doi servitori publici della
202 Decurione dal 1597, muore nel 1626 e viene sepolto presso la Santa Casa, come attestava
un‟iscrizione murata ai tempi del Mazzetti sul varco d‟accesso fra la cappella di San Giuseppe e la chiesa, in corrispondenza dello stemma della famiglia Sfondrati: D.O.M.[…]HINC JESUM, INDE MARIAM
[…] JUGITER SUSPIRANS, DEVOTÈ SUSPICINES […] ALEXANDER SFONDRATUS, UTRIQUE CONFISUS […] HIC TUMULARI JUSSIT […]POSTRIDIÈ KAL.JUNII […]M.D.C.XXVI, cfr. MAZZETTI, 1734, p. 11.
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Communità con due torcie onorevoli, et convenienti al publico decoro, et finita l‟oratione le riportino a casa per adoperarle altre volte». Secondo un cliché abbastanza diffuso in questo tipo di orazioni pubbliche, Giovan Pietro Ala si affida alla protezione della Vergine di Loreto e conclude il suo intervento affermando «con ferma speranza che se in questi calamitosi tempi et in pericoli tanto vicini, si farà ricorso, a questa Gran Madre di Misericordia, si ottenerà per la commune patria grandissimo sollevamento».
Soddisfatto dell'impresa, ma non ancora del tutto appagato, il decurione decide di ufficializzare il culto proponendo al consiglio di riservare alla Madonna di Sant‟Abbondio il pubblico riconoscimento: si perpetua in tal modo, anche se mai i documenti ne fanno menzione, l‟antica tradizione del voto pubblico inaugurata nel XV secolo con il dono al santuario di Loreto di un modello della città di Cremona, evento di grande rilevanza storica tuttavia caduto nell'oblìo203.
Il 31 gennaio 1625 si specificano i termini del voto collettivo (documenti 4) e nel mese successivo si verbalizza l‟incarico (documenti 5), affidato ai padri teatini, di celebrare un‟orazione pubblica una volta al mese per i bisogni della comunità, fissata in un primo momento, come consta dal verbale del 24 gennaio 1625, ogni primo martedì del mese e in seguito spostata alla prima domenica, per permettere l‟afflusso di più persone nel giorno festivo. Alla funzione avrebbero partecipato i rappresentanti pubblici in livrea bianca e rossa con ceri accesi in mano, predisponendo un legato annuo di trenta ducati a tale scopo, pratica che si rinnoverà nei secoli fino all‟epoca delle soppressioni. Come richiesto, la comunità presenta alcuni doni alla Vergine Lauretana, fra cui un telo di broccato d‟oro per l‟altare con ricamate le armi della città e un calice, donato nel 1626 nel corso di una delle funzioni; infine, viene inoltrata una richiesta a Roma per l'ottenimento dell‟indulgenza plenaria, da lucrarsi l‟ultima domenica del mese.