L'introduzione del culto: motivazioni e aspetti fondant
III.1. Un santuario pubblico e il suo racconto di fondazione: la Santa Casa presso il convento teatino di Sant’Abbondio a Cremona
III.1.2. Il racconto di fondazione
Nonostante una certa distanza geografica separi Cremona da Loreto, la devozione nei confronti della Madonna Nera risulta precocemente attestata nella città padana fin dalla metà del Quattrocento, caso abbastanza raro per un centro del nord Italia, in un periodo precedente all‟ufficiale introduzione dell‟episodio del volo angelico e ancora estraneo alla propaganda tridentina185. Più fattori potrebbero aver influenzato la precoce affermazione
della devozione: oltre al possibile patrocino delle famiglie ducali, Visconti e Sforza, e alla costante presenza della peste, che nel corso del XV secolo più volte sconvolge la città e il suo contado, non è escluso che anche la profonda pietà mariana dei cremonesi abbia giocato un ruolo determinante186.
Nella seconda metà del Cinquecento il culto si diffonde in area urbana e diocesana entrando stabilmente a far parte del circuito devozionale locale, come dimostrano le notizie reperite sulla già citata cappella in San Domenico, visitata nel 1458 da Roberto da Sanseverino, su un monastero femminile dedicato alla Beata Vergine di Loreto presso la chiesa di Sant‟Agata, fondato entro il 1523 e soppresso da Carlo Borromeo nel 1575, e su numerosi altari dislocati nelle chiese cittadine, una delle quali, l‟oratorio di Santa Croce retto dall'omonima confraternita in Contrada delle Beccherie Vecchie, diventerà a fine secolo la vetrina ufficiale del culto. La collocazione sull‟altare maggiore nei primi anni Novanta di una statua raffigurante la Madonna di Loreto, commissionata presso il santuario marchigiano dal confratello Giovan Battista Rena e oggi conservata nella chiesa di San Girolamo187, segna le
sorti del luogo sacro: l‟aumento di prestigio derivato dalla presenza della sacra immagine, collocata all'interno di un ambiente allestito secondo i criteri di riconoscibilità lauretani, induce Santa Croce ad acquisire nel 1597 l‟adiacente chiesetta di San Rocco, ordinando la demolizione della parete che da circa un secolo divideva i due spazi sacri al fine di realizzare
185 Parte delle informazioni presenti nel seguente paragrafo erano emerse dalla mia tesi di laurea
specialistica, cfr. S.PAGLIOLI, Il culto della Madonna di Loreto a Cremona in età moderna: storia e
iconografia, tesi di laurea specialistica in Storia dell‟Arte, Università degli Studi di Pavia, A.A. 2009- 2010.
186 Il culto della Vergine trova la sua massima espressione nella cattedrale intitolata a Santa Maria
Assunta, nella quale si venerava il simulacro ligneo della Madonna del Popolo, cfr. A. FOGLIA, Istituzioni ecclesiastiche e vita religiosa dagli inizi del XV secolo al 1523, in Storia di Cremona. Il Quattrocento. Cremona nel ducato di Milano (1395-1535), a cura di G. Chittolini,Cremona 2008, pp. 200-201.
187 S. P
AGLIOLI, La riscoperta dell‟antico culto lauretano a Cremona: la Madonna Nera di San Girolamo, in «Strenna dell‟ADAFA», n.s. IV (2014), pp. 117-140.
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un unico e più ampio luogo di culto, nel quale la statua della Vergine assume una posizione di assoluto rilievo.
Come già notato, il primo maggio 1624 la lunga parabola lauretana cittadina trova la definitiva affermazione con l‟inaugurazione, a fianco della chiesa teatina di Sant‟Abbondio, di una copia architettonica della Santa Casa di Loreto188, promossa e finanziata dal nobile
giureconsulto Giovan Pietro Ala, «conte, e cavaliere, dottore collegiato, avvocato fiscale e consultore del S. Officio di Cremona»189. Membro di una delle più antiche e influenti famiglie
nobili della città, Giovan Pietro nasce a Cremona nel 1560 nella parrocchia di San Prospero: rappresentante esemplare del suo tempo, uomo attivo e impegnato, egli si distingue non solo per la solerte partecipazione nella gestione della cosa pubblica ma anche per l‟intensa religiosità che lo spinge a promuovere opere di bene e a redigere numerosi testi di ispirazione devota190, conciliando i doveri di uomo pubblico con la dottrina cristiana di matrice
tridentina. Il nobiluomo abbraccia senza riserve le istanze della Controriforma in atto, conducendo una vita moralmente e spiritualmente impeccabile e dimostrando, nei fatti, l‟attualità dei precetti conciliari e la possibilità di applicarne i principi nella vita quotidiana.
Fervente devoto e sostenitore della causa mariana191, Giovan Pietro nutre una particolare
venerazione per la Vergine Maria, inclinazione che si manifesterà in più di un‟occasione nel corso della sua vita e che culminerà con la costruzione della replica della Santa Casa, portandolo all‟onore delle cronache e consegnandolo alla storia. L'Ala si avventura nell‟impresa lauretana verso la fine della sua vita, in età ormai avanzata: la fondazione del sacello rappresenta, dunque, il punto di arrivo di un intenso percorso spirituale, una sorta di tappa finale di un lungo cammino intrapreso da anni.
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Le fasi dello sviluppo storico e architettonico sono esposte in BANDERA-FOGLIA-RONCAI, 1990,
pp. 33-34,69-72,118-135.Per un riassunto si vedano inoltre TENENTI,1999, pp. 95-96;M.R.CURI, La Madonna di Loreto a Cremona, in «Il Messaggio della Santa Casa», (2003), 1, pp. 20-22. Il sacello di Cremona è brevemente descritto anche daL.RONCAI,Santuario della Beata Vergine Lauretana presso
Sant‟Abbondio, in Itinerari di arte e fede tra Adda, Oglio e Po, Cremona 1994, pp. 142-144; M. MARCOCCHI,Istituzioni ecclesiastiche e vita religiosa a Cremona in età post-tridentina,in Diocesi di Cremona, a cura di A. Caprioli-A. Rimoldi-L. Vaccaro, Brescia 1998, p. 191; GRIMALDI,2001, p. 24;
ASCr, C. BERTINELLI SPOTTI, Note storiche sul culto della Vergine di Loreto, patrona di Cremona,
Cremona [s.d.].
189 Le fonti lo ricordano aggregato al collegio dei nobili giusperiti nel 1589, decurione della città e
oratore pubblico presso il Governo a Milano nel 1597, consulente e avvocato fiscalista per il Sant‟Uffizio e la curia vescovile, cfr. G. BRESCIANI, Il collegio dei dottori della città di Cremona, in
Cremona per Gio. Pietro Zanni, 1652,p. 69,citato in seguito daARISIO, III, 1741, p. 155.
190 Per i titoli più importanti si vedano Ivi, pp. 155-156; V.L
ANCETTI,Biografia cremonese, I, Milano
1819,pp. 151-152; AGTRo, fasc. I bis (675 bis), Breve relatione…, p. 160. Il Bresciani parla anche dell‟esistenza di un saggio intitolato De Angelo Custode, cfr. BRESCIANI,1652,p. 69.
191 Oltre alla fondazione della Santa Casa è titolare di un giuspatronato in San Nicolò presso
l‟altare dedicato alla Vergine.Inoltre, il 2 aprile 1596 il «Dottore del Collegio de‟ Signori Giudici» figura fra le personalità pubbliche che portano in dono due corone d‟oro alla statua della Madonna del Popolo della cattedrale, evento celebrato con una solenne processione e con una pubblicazione commemorativa, cfr. Relatione d‟un voto solenne di due corone d‟oro offerte da l‟Illustre città di Cremona a le imagini de la B. Vergine & del Signor Nostro. Con l‟aggiunta d‟alcuni Componimenti, Letanie, & Orationi vocali, & mentali, in Cremona per Barucino di Giovanni, 1596.
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Stando alle fonti, prima della commissione il nobiluomo si sarebbe recato in pellegrinaggio a Loreto per ben dodici anni consecutivi192: questa lunga e ininterrotta serie di
viaggi, impresa a quel tempo faticosa e complessa anche per un uomo di alto lignaggio, dimostrerebbe la sua profonda e sincera devozione sicuramente maturata in patria in una delle numerose chiese che ospitavano il culto, forse proprio l‟oratorio di Santa Croce. Nonostante l‟assidua frequentazione e la spiccata devozione celebrata dalle fonti, nei registri dell‟Archivio Storico della Santa Casa di Loreto il nome di Giovan Pietro Ala, o di un delegato a suo nome, non compare, né negli anni precedenti alla costruzione del sacello cremonese né dopo193. Ciò non esclude, tuttavia, che il nobiluomo vi si sia in effetti recato e abbia
conosciuto personalmente la realtà lauretana: aggiornato sulle ultime direttive spirituali e gli obiettivi della precettistica tridentina, l'Ala avrebbe colto immediatamente le potenzialità della nuova espressione devozionale lauretana e si sarebbe imbarcato nell'impresa in anni in cui il santuario stava promuovendo il culto del luogo fisico del sacello al fine di radicare il sentimento mariano in tutta Europa.
Stando alle fonti, con l‟avanzare dell‟età il consueto caro pellegrinaggio nelle Marche comincia a diventare fisicamente impegnativo ed è probabile che il cremonese, non volendo rinunciare al conforto spirituale che solo in Santa Casa riusciva a trovare, abbia escogitato un‟originale soluzione al problema decidendo di patrocinare la costruzione di una replica nella sua città natale, sicuro che i concittadini, che ben conoscevano la Madonna di Loreto, avrebbero accolto con gioia l'iniziativa. La vicenda di Giovan Pietro Ala, celebrata come un caso di rara ed eccezionale pietà, deve necessariamente essere riconsiderata alla luce dell‟esperienza vissuta negli ultimi anni del XVI secolo da Giovan Battista Rena, confratello di Santa Croce: in tal senso, la Santa Casa di Sant'Abbondio rappresenta non l'inizio, bensì l‟apice di un secolare percorso spirituale cittadino che ha visto un buon numero di cremonesi devoti alla Madonna Nera dimostrare pubblicamente la propria fede recandosi in
192 Nella cappella di San Giuseppe si trovava un dipinto del Pomarancio, ora conservato presso il
Museo Lauretano, raffigurante il Miracolo di Sant‟Abbondio. L‟opera potrebbe essere giunta a Cremona attraverso due canali: tramite Giuseppe Agellio di Sorrento, aiutante del Roncalli fin dalla fine del XVI secolo in San Silvestro al Quirinale nonché nipote del primo preposito della Casa cremonese, oppure attraverso un contatto diretto avvenuto fra l‟artista e Giovan Pietro Ala, tesi quest'ultima sostenuta da Sandrina Bandera la quale ipotizza che il Pomarancio, attivo sulla cupola del santuario di Loreto fra il 1605 e il 1616, possa aver conosciuto il nobiluomo cremonese in occasione di uno dei suoi pellegrinaggi presso il santuario, svolgendo un ruolo da intermediario per la commissione dell‟opera, cfr. BANDERA, 1990, p. 149, nota 33.
193 Si segnala la presenza di un Vincenzo Ala il cui dono, una collanina d‟oro, viene registrato il 7
settembre 1623, cfr. ASSC,Registro dei doni (1598-1625). Il gentiluomo si reca in visita al santuario l‟anno prima dell‟edificazione della Santa Casa cremonese tuttavia, in mancanza di riscontri, non è possibile appurare se Vincenzo abbia in qualche modo svolto un ruolo attivo nella vicenda di fondazione del sacello.
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pellegrinaggio a Loreto194 (documenti 1), istituendo altari o cappelle e commissionando opere
a soggetto lauretano.
Al contrario di quanto si potrebbe pensare, la scelta del luogo dove erigere il sacello genera un‟aspra diatriba e impegna Giovan Pietro Ala per ben due anni. Spinti dalla giustificata paura che il nuovo edificio possa offuscare il prestigio del loro oratorio, i confratelli di Santa Croce si oppongono con decisione all'eventualità che la copia della Santa Casa venga realizzata presso la chiesa dei teatini, non molto distante dalla loro sede:
«havendo avuto molto a male che detto sig[no]re [Giovan Pietro Ala] havesse posto l‟animo di fare questa fabrica altrove, forse ingelositi, dubitando che si perdesse a quella loro chiesa quella poca di elemosina che vi era, o per qualche altro fine, si risolsero a tutto loro potere di impedirla»195.
Per la prima volta nella storia cremonese, la Madonna di Loreto semina discordia e non unanime consenso: da questo momento Santa Croce ostacolerà con ogni mezzo la costruzione della Santa Casa presso Sant‟Abbondio, senza successo.
Pare che Giovan Pietro Ala non avesse particolari preferenze sul luogo in cui realizzare il sacello, egli intendeva solamente sciogliere il suo voto e non sembra fosse vincolato o guidato da alcun tipo di convenienza politica o personale196. Secondo la Breve relatione, in
un primo momento il nobile avrebbe scelto, in continuità con la tradizione cittadina, di coinvolgere Santa Croce «ove sta una imagine della B. Verg[in]e di Loreto […] ma trovandovi poi delle difficoltà, si distolse». Forse guidato o costretto da interessi non meglio specificati, ma presumibilmente relazionati alla preferenza accordata ai nuovi ordini regolari, l‟Ala prende accordi con i teatini, di cui era da tempo benefattore e stimava gli integerrimi costumi, e decide di edificare la Santa Casa a fianco della chiesa di Sant‟Abbondio, causando la decisa reazione della confraternita di Santa Croce.
Lo scontro fra le diverse fazioni ritarda notevolmente la costruzione del sacello e Giovan Pietro, tormentato dalla condizione di stallo, spera di risolvere la situazione pregando ardentemente la Madonna di Loreto. Un giorno, di fronte alla totale incapacità di trovare un compromesso fra le parti, il nobile chiede per l‟ennesima volta alla Vergine quale sia il suo volere riguardo la scelta del luogo: in tutta risposta, l‟immagine «della Madonna di Loreto
194 Fra le altre, di una certa importanza è la richiesta del castellano di Santa Croce di Cremona,
Paolo Lonati, indirizzata il 20 agosto 1535 a Francesco II Sforza, con la quale «chiede licenza di recarsi a settembre a sciogliere un voto al santuario della Madonna di Loreto per la recuperata salute», cfr. ASMI, Carteggio Visconteo Sforzesco, b. 1368. Ringrazio la professoressa Monica Visioli per la segnalazione del documento inedito.
195 AGTRo, fasc. I bis (675 bis), Breve relatione
…, p. 161, a cui si rimanda per le successive citazioni.
196 «Pensò dunque di fabricare in qualche luogo di questa città un ritratto di quella Santa Casa, ed
havendo perciò applicato l‟animo in diversi luoghi, et in tutti ritrovandovi difficoltà, mutò finalmente il pensiero, e si propose di farlo nel cimiterio di S. Abondio», cfr. ivi, p. 160, ripreso in SILOS,II,1655, p.
486. Secondo Giovanni Spinelli, la scelta del luogo è stata dettata dalla vicinanza con Porta Ognissanti, detta anche Porta Venezia, dalla quale si raggiungevano sia le Marche che la città lagunare, considerata dallo studioso la porta d'ingresso del culto nel nord Italia, cfr. SPINELLI, 1997, pp.
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dipinta in un quadro che teneva nella sua camera», di fronte alla quale era solito pregare, gli volge le spalle come sdegnata dai continui tentennamenti. Durante le precedenti sedute di preghiera, Maria aveva infatti più volte parlato al suo cuore indicando senza indugio la chiesa di Sant‟Abbondio come luogo ideale a Lei prediletto, ma il nobiluomo non è riuscito, o non ha voluto, intenderla, forse fuorviato dagli interessi in gioco. Dopo una notte insonne, Giovan Pietro si reca dai chierici di Sant‟Abbondio e si congratula con loro, perché la Madre di Dio stessa li ha scelti come custodi della sua nuova Dimora.
È questo il primo di una lunga serie di eventi miracolosi che costellano la genesi del sacello, tanto che ogni azione o decisione presa sembra essere frutto della volontà divina, più che umana. Maria appare più volte ai protagonisti della storia intervenendo con decisione a sostegno della candidatura del cimitero di Sant‟Abbondio come definitiva sede lauretana cittadina197: in questo modo, secondo la più tipica delle prassi di fondazione, il nuovo
santuario viene legittimato dalla divinità stessa, relegando inevitabilmente Santa Croce in secondo piano dopo quasi trent‟anni di onorata attività. Ci si trova evidentemente di fronte a una serie di espedienti letterari elaborati ad hoc sia per sostenere ufficialmente il “nuovo” culto sia per celare, sotto una veste miracolistica, gli aspri litigi e le decise prese di posizione sorti per motivi di pura convenienza, che sfoceranno in una vera e propria controversia giudiziaria fra sostenitori della candidatura teatina e confratelli di Santa Croce.
Altri fatti prodigiosi accompagnano la costruzione del santuario. L‟opposizione nei confronti della scelta dell‟Ala è talmente decisa da indurre le fonti a parlare addirittura di un intervento del demonio, il quale si sarebbe adoperato per evitare la costruzione della Santa Casa agitando «l‟animo di alcuni Confratelli, li quali godono la Chiesa di Santa Croce». Appresa la notizia che il sacello sarebbe stato realizzato presso il cimitero dei teatini, la compagnia fa immediatamente appello ai canonici della cattedrale, ai quali fin dal secolo precedente era sottoposta, affinché intervengano in difesa. A tal scopo i confratelli redigono un memoriale con lo scopo di presentarlo al vescovo, molto probabilmente un resoconto delle vicende storiche e devozionali del culto lauretano di Santa Croce, realizzato per smuovere le coscienze e attirare l‟attenzione sul caso nella speranza di vincere la causa e confermare il loro primato. Vengono eletti due canonici difensori i quali, convinti dell‟onestà e delle buone ragioni dei confratelli, prendono a cuore le loro richieste e decidono di sostenerli per impedire la realizzazione del sacello. Ancora una volta la questione viene risolta dall‟intervento della Vergine, che disturba con terribili incubi il sonno dei prelati per distoglierli
197Pellegrino Merula sostiene che la Vergine avrebbe scelto la sede di Sant‟Abbondio come una
sorta di ricompensa nei confronti dell'ordine teatino locale, la cui chiesa era priva di un altare mariano: «Godi, Cremona, un tanto bene, e rendi gratie alla Santissima Vergine, che nello spacio di anni 335 ne‟ quali la Santa Casa fu portata da gli angeli ove hora si trova». Con questa frase il Merula riconosce il 1292 come data ufficiale del volo angelico, cfr. MERULA, 1627, p. 102. Francesco Mazzetti
dedica un intero capitolo, Amore di M. Vergine verso i P.P. Chierici Regolari, e divozione di questi alla medesima, allo sviluppo della devozione mariana in seno all‟ordine, con particolare riferimento alla pietà dei chierici cremonesi, cfr. MAZZETTI,1734, pp. 12-64.
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dai loro propositi; spaventati, i due rinunciano immediatamente al caso, persuasi che Santa Croce stia sfidando la volontà divina. A conferma della cattiva fede della compagnia, la mattina seguente i memoriali vengono trovati distrutti e da quel momento i canonici non solo abbandonano i confratelli, ma si adoperano a favore della causa di Sant‟Abbondio. È questo l‟atto finale della battaglia di Santa Croce, costretta a rassegnarsi al passaggio di consegne a favore del sacello teatino presso il quale, da quel momento, si identificherà l‟intera cittadinanza.
Secondo le fonti dell'ordine, pur di ostacolare la fortuna di Sant‟Abbondio il demonio non si sarebbe arreso, avvelenando l‟animo dello stesso Ala. Poco dopo l‟inaugurazione del 1624, il nobile decurione comincia incredibilmente a sospettare della buona fede dei teatini, accusandoli di gestire in modo poco trasparente le cospicue elemosine. Appellandosi alla «più qualificata Nobiltà di questa sua Patria», egli «tanto disse, e sparlò» come se il diavolo agisse per bocca sua, giungendo addirittura a togliere temporaneamente la custodia del santuario ai chierici per affidarla a tre deputati del consiglio generale, al fine di verificare se i lasciti in denaro fossero stati spesi solo ed esclusivamente per ornare e servire la Santa Casa e le pratiche devozionali in essa espletate. Increduli, i padri temono che l‟Ala sia stato fuorviato da malelingue oppure che, a dispetto della presunta sincera devozione, voglia in realtà intervenire personalmente nella gestione delle rendite, adeguandosi a un costume molto diffuso a Cremona che vede l‟ingerenza massiccia di «persone secolari» nella gestione dei culti mariani. Facendo leva sulla sua erudizione e la raffinata eloquenza, Giovan Pietro riesce quasi a convincere il consiglio; ancora una volta la spinosa situazione viene risolta dalla Vergine, che appare al nobiluomo raccolto in preghiera di fronte al solito dipinto custodito presso la sua abitazione: sdegnata e offesa dal vergognoso comportamento, Maria gli volta di nuovo le spalle, rivolgendo senza indugio il suo favore nei confronti dei chierici regolari e confermando in perpetuo la loro custodia. Il giorno seguente, levatosi di buon mattino, l‟Ala si affretta a ritirare la sua proposta al consiglio recandosi subito dopo in Sant‟Abbondio, seguito da alcuni nobili; qui fa congregare i padri e rivela loro quanto accaduto, prostrandosi di fronte al preposito per invocarne il perdono.
Si tratta di un episodio interessante, dal quale traspaiono le problematiche di tipo amministrativo sottese alla realizzazione dei santuari e il peso degli interessi in gioco nella corretta gestione dei lasciti e delle offerte. La visibilità e il prestigio degli eventuali promotori privati non deve essere in alcun modo oscurata: essi arrogano, in modo più o meno velato, diritti di proprietà sulle fondazioni patrocinate rivendicando il proprio ruolo e status. Anche in questo caso, le fonti descrivono i chierici come vittime delle malelingue e della malignità delle «persone secolari», ad ogni modo non è da escludere che qualche contrasto sia davvero insorto, se ne è rimasta traccia sia nei racconti di fondazione sia, come si vedrà, negli atti pubblici.
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Celebrati come campioni di povertà e umiltà, i teatini sembrano rivestire in questa tormentata vicenda il ruolo passivo di semplici testimoni dei fatti in attesa del verdetto finale.