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Evoluzione delle supercentrali: da centrali di acquisto a centrali strategiche?

220. Si è detto che le supercentrali sono sorte con l’obiettivo di ottenere, mediante l’aggregazione di quote di mercato e di fatturati di più imprese, un potere contrattuale in fase di acquisto confrontabile con quello che i grandi operatori, spesso attivi anche in altri Paesi europei, riuscivano ad esercitare.

221. La recente chiusura o scissione di molte supercentrali, alcune delle quali di importanza “storica” nel panorama distributivo nazionale (Mecades, Intermedia, GD Plus e, da ultimo, Sicon e Cieffea), appaiono tuttavia sintomatiche di una crisi del modello sul quale sono sorte le supercentrali, che sta alimentando un acceso dibattito tra gli operatori e gli esperti di settore sull’effettiva efficacia e sul destino e di tali aggregazioni imprenditoriali.

222. Tra i fattori critici addotti a giustificazione della scomparsa di alcune centrali e del frequente “rimpasto” di quelle rimanenti, vi è, in primo luogo, quello della disomogeneità, sotto il profilo imprenditoriale e dimensionale, dei soggetti aderenti a tali aggregazioni: molte delle supercentrali che si sono create e poi sciolte aggregavano infatti soggetti con caratteristiche organizzative (DO e GD), dimensione, copertura territoriale e posizionamento di prezzo estremamente diversi, e talvolta operanti anche in segmenti di mercato (ipermercati, supermercati e esercizi di vicinato), o addirittura in mercati (ingrosso e dettaglio) distinti.

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La presenza di tali differenze rappresenta ovviamente un ostacolo alla riuscita della contrattazione comune, nella misura in cui essa rende più difficoltosa l’effettiva omogeneizzazione delle condizioni di acquisto e dei servizi da rendere all’industria.

223. La variabilità delle dimensioni e del grado di efficienza delle imprese aderenti alla stessa supercentrale comporta anche, generalmente, una maggiore richiesta di autonomia da parte delle catene più grandi o che, in virtù della propria maggiore efficienza, riescono ad incrementare la propria quota di mercato.

In tali circostanze, si crea dunque la necessità di duplicare e/o integrare la contrattazione collettiva già effettuata in sede di supercentrale, dando luogo ad un doppio e, non di rado, triplo livello di contrattazione. Ciò moltiplica i livelli decisionali e annulla sostanzialmente il beneficio atteso dalle supercentrali in termini di riduzione dei costi di transazione.

224. Tra i fattori che hanno portato alla crisi del modello della supercentrale sembra emergere anche una sostanziale inidoneità della mera condivisione della fase di negoziazione degli acquisti a garantire stabilità ed efficacia a tali alleanze.

La contrattazione delle condizioni di acquisto, infatti, come si vedrà meglio nei capitoli che seguono, risulta sempre più collegata alla definizione dei servizi espositivi e promozionali necessari alla distribuzione del prodotto, prevedendo anche, generalmente, un accordo sugli importi relativi agli sconti e ai contributi condizionati alla realizzazione di tali servizi. In particolare, parte integrante della trattativa con i fornitori riguarda la remunerazione, da parte dei fornitori stessi, di attività svolte dai distributori per la vendita dei prodotti, quali campagne promozionali, forme di incentivazione agli acquisti, ecc..

225. La corresponsione, da parte del fornitore, dei contributi contrattati in sede di supercentrale avviene quindi, o dovrebbe avvenire (a meno di non tradursi in un mero trasferimento di risorse dal produttore al distributore), a fronte della realizzazione di concrete attività a favore del produttore stesso, la cui definizione richiede necessariamente una coerenza con le strategie di offerta complessive di ciascun singolo distributore.45

In tal senso, quanto più la supercentrale riesce a garantire l’uniformità dei comportamenti dei singoli soggetti aderenti, tanto più essa aumenta il potere contrattuale nei confronti del fornitore.

226. Il dibattito in corso nel mondo distributivo sembra pertanto convergere sulla presa d’atto di una crisi del modello delle supercentrali basato su una mera sommatoria di fatturati di acquisto, che potrebbe lasciare il posto ad un modello di alleanze basato su uno spettro più ampio di variabili strategiche.

Una più ampia condivisione di obiettivi e funzioni, infatti, appare idonea a garantire non solo maggiori stabilità ed efficienza agli accordi di acquisto, ma anche una più proficua collaborazione tra il distributore e il fornitore sulle politiche di vendita del prodotto,

45 Esistono ad esempio, come si vedrà nella seconda parte del lavoro, istituti di sconto e di contributo condizionati alle attività di comarketing, al rispetto di vincoli assortimentali, alle politiche promozionali su prodotti innovativi, ecc..

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facilitando quindi l’aggancio dei contributi versati dal fornitore alle relative controprestazioni promozionali ed espositive, ed agevolandone, altresì, il monitoraggio successivo.

227. Anche “l'impoverimento” del mercato determinato dalla crisi dei consumi sembra contribuire ad accentuare la crisi del modello delle tradizionali supercentrali - generalmente dotate di strutture e risorse specificamente dedicate alla definizione degli accordi quadro – spingendo invece verso una maggiore rapidità ed efficienza delle modalità di relazione industria-distributore.

Strutture specificamente ed esclusivamente dedicate alla contrattazione, infatti, soprattutto se condivise tra soggetti con caratteristiche e obiettivi strategici molto diversi, possono produrre un ulteriore incremento dei costi delle trattative congiunte, non proporzionato al beneficio che ne consegue.

228. In conseguenza di quanto esposto, tra i principali operatori della GDO sembra emergere una tendenza a ripensare le proprie scelte di adesione alle supercentrali, orientando le proprie decisioni su una delle seguenti strategie:

i) uscita da qualsiasi alleanza di livello nazionale;

ii) partecipazione ad alleanze numericamente e strutturalmente più snelle - sostanzialmente basate su un contratto di mandato conferito alla società capofila della supercentrale - ma caratterizzate da una condivisione più ampia di obiettivi strategici.

229. Al primo riguardo, risulta emblematico il caso di Esselunga, prima impresa distributiva italiana della Grande Distribuzione e socia fondatrice di ESD assieme a Selex, la quale ha ritenuto non più conveniente far parte di una supercentrale nazionale.

Tale scelta, secondo quanto dichiarato dai rappresentanti della stessa impresa, è volta a “superare la funzione di mera negoziazione di condizioni di acquisto svolta dalla supercentrale, con conseguente omogeneizzazione delle stesse tra le catene, avendone come vantaggio quello di riuscire a stabilire un rapporto duraturo con i fornitori, intrattenendo con essi dei “contratti vivi” di continuo monitoraggio del business merceologico […]. Nel lungo periodo, ciò permette al distributore di spuntare condizioni più convenienti con il fornitore storico di riferimento, in quanto [ndr] la singola catena riesce più facilmente a concordare con i fornitori condizioni di acquisto e contributi rispondenti agli specifici piani promozionali e politiche espositive della catena”.

230. Al secondo riguardo, appare indicativa la riscontrata tendenza ad una riduzione dell’importanza delle singole supercentrali (cfr. supra, grafico n. 5.1.), che testimonia la preferenza degli operatori verso alleanze più snelle in termini di composizione.

In particolare, ciascuna supercentrale presente nel 2012 ha un’incidenza sul mercato complessivamente inferiore al passato, con la sola eccezione di Centrale Italiana, rimasta invariata nella composizione, ma cresciuta grazie alla maggiore quota acquisita dalle imprese aderenti.

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231. Inoltre, l’evoluzione delle supercentrali verso forme strutturali più agili appare confermata dalla generale tendenza a fare a meno di un’organizzazione stabile e strutturata dedicata alla centralizzazione delle funzioni di contrattazione, sempre più spesso sostituita con il ricorso a risorse umane e strumentali messe a disposizione dagli associati o, più di frequente, dall’impresa mandataria.

Ciò sembra marcare un’importante differenza rispetto alle supercentrali “di prima generazione”, quali Intermedia ’90, che disponevano invece di una struttura e di un’organizzazione dedicate e stabili.

232. D’altro canto, l’esigenza di ottenere una maggiore coesione e condivisione di strategie tra gli aderenti, pur nella maggiore agilità della struttura centrale, appare invece garantita - oltre che dalla frequente presenza di accordi supplementari tra gli associati, spesso estesi alle politiche di marketing e di sviluppo - dall’accentuazione dell’importanza dell’impresa “capofila” della supercentrale, la quale assume in molti casi il ruolo di impresa mandataria della contrattazione, riducendo quindi, per tabula, la difficoltà e la complessità della trattativa congiunta.

Il conferimento del mandato alla negoziazione direttamente ad un’impresa (piuttosto che alla supercentrale) risulta anche, in qualche misura, volto ad attenuare l’instabilità intrinseca delle supercentrali derivante dalla diversità delle dimensioni e del grado di efficienza delle imprese aderenti, consentendo una compensazione monetaria del maggiore beneficio ottenuto dalle imprese meno efficienti, attraverso la remunerazione del servizio reso dall’impresa mandataria.

233. A tale riguardo, giova osservare come tutti i 5 principali operatori del settore distributivo (ad eccezione di Esselunga che, come si è detto, non aderisce ad alcuna centrale) risultino capofila di una distinta supercentrale:

- Coop di Centrale Italiana (essendo proprietaria del 69% delle quote del consorzio e destinataria dei contratti di mandato);

- Conad di Sicon (in quanto destinataria dei contratti di mandato alla negoziazione);

- Selex di ESD (proprietaria del 60% delle quote sociali);

- Auchan della centrale Auchan/Crai (destinataria del mandato alla negoziazione e master franchisor di CRAI);

- Carrefour di Cieffea, ora divenuta praticamente “centrale Carrefour” (destinataria del mandato alla negoziazione e master franchisor di CDS).

Inoltre, fanno capo a Pam e Finiper (in quanto destinatarie dei mandati alla negoziazione), rispettivamente, la “centrale Finiper” e la centrale Aucube.

234. L’evoluzione riscontrata nelle caratteristiche organizzative e strutturali delle supercentrali di acquisto delinea quindi un diverso modello di sviluppo delle supercentrali rispetto al passato, che vede sostanzialmente i grandi operatori agire, nella trattativa con i fornitori, per conto proprio e di alcuni gruppi di minore dimensione.

Sembrerebbe pertanto configurarsi, anche nelle relazioni concorrenziali tra catene, una sorta di modello “a satelliti”, tanto più stabile quanto più forti sono i legami nell’ambito

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di ciascuna aggregazione e quanto minori sono, di conseguenza, gli incentivi dei piccoli gruppi a cambiare la propria area di gravitazione.