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Le fattispecie previste dall’articolo 62

4.5.1 L’art. 62, co. 1 e 3: certezza giuridica e trasparenza dei rapporti negoziali

481. La norma fa riferimento, al comma 1, ai contratti che hanno ad oggetto la cessione di prodotti agricoli e alimentari (esclusi quelli conclusi con il consumatore finale): viene previsto che il contratto dovrà essere concluso in forma scritta (scrittura privata) e si individuano altresì alcuni requisiti essenziali che devono essere presenti nel regolamento contrattuale: la durata, le quantità e le caratteristiche del prodotto venduto, il prezzo, le modalità di consegna del prodotto e di pagamento del prezzo119.

482. Quanto all’ambito di applicazione delle citate previsioni di cui ai commi 1 e 3, nel testo della norma primaria, nessuna differenziazione viene operata con riguardo alle imprese destinatarie dei precetti legislativi, con la conseguenza che esse si applicherebbero in astratto anche ai rapporti tra grandi e/o medie imprese agricole e alimentari che, per forza contrattuale posseduta, non necessiterebbero di alcuna speciale tutela.

483. Il comma 3 dell’art. 62 detta una disciplina speciale in tema di pagamento del prezzo nei contratti di cessione dei prodotti agricoli ed alimentari. In sintesi, per i contratti che hanno ad oggetto prodotti alimentari deteriorabili, il pagamento del corrispettivo è dovuto entro il termine legale di 30 gg. dall’ultimo giorno del mese di ricevimento della fattura. Per tutte le altre merci, il termine è di 60 gg (comma 3).

484. Con successivo Decreto Legislativo n. 192, del 9 novembre 2012120, di attuazione della Direttiva 2011/7/UE, del 16 febbraio 2011, del Parlamento Europeo e del Consiglio, relativa “alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali”, è stata introdotta, attraverso una modifica del precedente decreto legislativo in materia (il D. Lgs. n. 231/2002) una più organica disciplina di contrasto ai ritardi dei pagamenti.

La normativa sopravvenuta impatta in duplice modo sulle previsioni dell’art. 62:

- stabilisce che il termine di pagamento tra imprese può essere facoltativamente derogato dalle parti e può anche superare i 60 giorni, se ciò è pattuito espressamente e non è gravemente iniquo per il consumatore (art. 3, comma 3, del D.Lgs. n. 231/2002 e successive modifiche ed integrazioni);

- prevede che gli interessi - in ipotesi di ritardo nei pagamenti - sono determinati nella misura degli interessi legali di mora e che, nelle transazioni commerciali tra imprese,

119 La mancanza di forma scritta e/o l’assenza di uno dei predetti elementi comportava nel testo originario della norma la nullità dell’intero contratto, sanzione che è caduta con la modifica introdotta con l’art. 36-bis del decreto-legge n. 179/2012 (convertito dalla l. n. 221/2012).

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le parti possono anche concordare un tasso di interesse diverso (art. 5, comma 1, del D. Lgs. n. 231/2002).

485. Il Ministero dello Sviluppo Economico ed il Ministero delle Politiche Agricole hanno espresso posizioni difformi in merito all’attuale applicazione dell’art. 62, comma 3, con pareri resi rispettivamente in data 26 marzo 2013 e 2 aprile 2012.

486. In considerazione delle rilevanti problematiche applicative, l’Autorità, chiamata appunto a sanzionare quale illecito amministrativo il ritardo nei pagamenti, in data 8 maggio 2013 ha chiesto al Consiglio di Stato di esprimersi precisando se le disposizioni dell’art. 62, comma 3, debbano considerarsi vigenti anche a seguito dell’entrata in vigore D. Lgs. n. 192/2012, ovvero se debbano ritenersi implicitamente abrogate. Allo stato il parere non risulta ancora pervenuto.

4.5.2 L’art. 62, comma 2 e il divieto di comportamenti sleali

487. In merito alle diverse fattispecie di cui all’art. 62, comma 2, occorre preliminarmente osservare che, sebbene la formula utilizzata dal legislatore sia molto ampia, facendo riferimento alle “relazioni commerciali tra operatori economici, ivi compresi i contratti che hanno ad oggetto la cessione dei beni di cui al comma 1..”, il campo di applicazione deve intendersi come limitato alla sola filiera agro-alimentare.

Il regolamento applicativo, all’art. 1, infatti, nel definire le modalità applicative dell’art. 62, ha disposto che “Esso si applica ai contratti di cui all’art. 62, comma 1, e alle relazioni commerciali in materia di cessioni di prodotti agricoli e alimentare, la cui consegna avviene nel territorio della Repubblica italiana, con particolare riferimento alle relazioni economiche tra gli operatori della filiera connotate da un significativo squilibrio nelle rispettive posizioni di forza commerciale”.

488. Ciò premesso, la previsione contenuta all’art. 62, comma 2 (come integrata dall’art. 4 del decreto attuativo) individua una serie di comportamenti vietati ope legis, sui quali un intervento dell’Autorità può assumere rilievo quando si tratti di prassi diffuse e atte per tal verso ad incidere sul corretto gioco della concorrenza. In particolare, è vietato:

“a) imporre direttamente o indirettamente condizioni di acquisto, di vendita o altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose, nonché condizioni extracontrattuali e retroattive;

b) applicare condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti;

c) subordinare la conclusione, l'esecuzione dei contratti e la continuità e regolarità delle medesime relazioni commerciali alla esecuzione di prestazioni da parte dei contraenti che, per loro natura e secondo gli usi commerciali, non abbiano alcuna connessione con l’oggetto degli uni e delle altre;

d) conseguire indebite prestazioni unilaterali, non giustificate dalla natura o dal contenuto delle relazioni commerciali;

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e) adottare ogni ulteriore condotta commerciale sleale che risulti tale anche tenendo conto del complesso delle relazioni commerciali che caratterizzano le condizioni di approvvigionamento”.

489. L’elencazione non è tassativa, come dimostra la prescrizione di ordine generale di cui alla lett. e), che fa riferimento a “ogni ulteriore condotta commerciale sleale”.

Infatti, in aggiunta alle previsioni sopra richiamate, almeno altre quattro fattispecie di illecito sono introdotte dall’art. 4 del regolamento applicativo (rubricato “Pratiche commerciali sleali”), il quale vieta l’imposizione da parte di un contraente “abusando della propria maggiore forza commerciale” di condizioni ingiustificatamente gravose, ivi comprese quelle che:

a) prevedano a carico di una parte l’inclusione di servizi e/o prestazioni accessorie rispetto all’oggetto principale della fornitura, anche qualora queste siano fornite da soggetti terzi, senza alcuna connessione oggettiva, diretta e logica con la cessione del prodotto del contratto;

b) escludano l’applicazione di interessi di mora a danno del creditore o escludano il risarcimento delle spese di recupero di crediti;

c) determinino, in contrasto con il principio della buona fede e della correttezza, prezzi palesemente al di sotto dei costi di produzione medi dei prodotti oggetto delle relazioni commerciali e delle cessioni da parte degli imprenditori agricoli.

Il comma 3 dell’art. 4 del regolamento prevede inoltre che “configura altresì una pratica commerciale sleale la previsione nel contratto di una clausola che obbligatoriamente imponga al venditore, successivamente alla consegna dei prodotti, un termine minimo prima di poter emettere la fattura, fatto salvo il caso di consegna dei prodotti in più quote nello stesso mese, nel qual caso la fattura potrà essere emessa solo successivamente all’ultima consegna del mese” (art. 4, comma 3).

490. L’elenco di divieti è infine integrato dall’elenco di principi di buone prassi e pratiche sleali identificate dalla Commissione europea e dai rappresentanti della filiera agro-alimentare nell’ambito del Forum di Alto livello per il miglior funzionamento della filiera alimentare. L’art. 4, comma 1, del regolamento dispone, infatti, che rientra nella definizione di “condotta commerciale sleale” di cui all’art. 62, comma 2, anche il mancato rispetto di detti principi e buone pratiche.

Sul piano dei contenuti, l’elenco di principi di buone prassi è abbastanza corposo e descrive i comportamenti vietati e quelli da considerare esempi di pratiche corrette121,

121 Tale elenco, infatti, quale esempio di pratiche sleali prevede:

- in tema di accordi scritti: il rifiuto o il diniego a mettere alcuni termini per iscritto;

- in tema di termini e condizioni generali: imporre termini e condizioni generali che contengano clausole sleali;

- in tema di fine rapporto: porre fine unilateralmente alla relazione commerciale senza preavviso e senza una ragione obiettivamente giustificabile (ad es. se gli obiettivi di vendita unilaterale non sono raggiunti); - in tema di sanzioni contrattuali: applicare sanzioni in modo non trasparente o non proporzionate ai danni

subiti, ovvero imposte senza giustificazioni previste nell’accordo;

- in tema di azioni unilaterali: cambiamenti non contrattuali unilaterali e retroattivi nel costo o prezzo di prodotti e servizi;

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specificando, in primis, che gli accordi devono essere in forma scritta e riportando esempi di pratiche sleali e di pratiche corrette con riferimento a una serie di fattispecie: accordi scritti/non scritti, termini e condizioni generali, fine rapporto, sanzioni contrattuali, azioni unilaterali, informazioni, ripartizione del rischio, compenso per l’inclusione nel listino, interruzione del rapporto commerciale, vendite condizionate, consegna e ricezione delle merci.