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La letteratura economica

1.3.   Il trade spending e le altre condizioni connesse ai rapporti di fornitura

1.3.2. La letteratura economica

1.3.2.1. L’originaria articolazione del dibattito

301. Le slotting allowances e gli up front payment erano pratiche appena conosciute sino alla fina degli anni ’80, mentre il loro utilizzo ha avuto un rapido incremento a partire dagli anni ’90, parallelo a quello della concentrazione dei gruppi distributivi e del loro potere di acquisto.

302. Sugli effetti economici degli up front payment (o slotting allowance) si è presto sviluppato un dibattito accademico piuttosto vasto, sia nel Nord America che in Europa, esteso anche sul piano del diritto e della politica di concorrenza, date le possibili implicazioni di tali pratiche sulle dinamiche competitive dei settori nei quali operano i soggetti contraenti.

In particolare, dal punto di vista della teoria economica, già a partire dagli anni ’90, si sono chiaramente delineate due distinte scuole di pensiero:

i) la c.d. “scuola dell’efficienza”, volta ad evidenziare l’incremento di efficienza complessiva che tali pratiche risulterebbero idonee a produrre nei canali distributivi, enfatizzandone la collocazione in un contesto di mercato altamente dinamico e competitivo;

ii) la c.d. “scuola del potere di mercato”, in base alla quale i contributi costituirebbero invece uno strumento di rafforzamento del potere di mercato dei distributori, idoneo a danneggiare la concorrenza tra di essi, affievolendo la reciproca competizione “sui meriti”.

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La scuola dell’efficienza

303. Gli argomenti della prima scuola di pensiero possono essere sostanzialmente riassunti in sei punti79 :

1) Funzione segnaletica per la selezione dei nuovi prodotti: le slotting fee aiuterebbero i produttori a comunicare ai distributori le informazioni riguardo al probabile successo delle loro innovazioni; allo stesso tempo i distributori, attraverso la somma che i produttori sono disposti a pagare, riuscirebbero meglio a valutare la credibilità delle informazioni che sono state fornite loro (Chu 1992; Kelly 1991; Lariviere and Padmanhabhan 1997; Messinger and Chu 1995; Sullivan 1997; Toto 1990);

2) Condivisione dei costi: le slotting fee servirebbero a compensare gli elevati costi di introduzione e gestione di un gran numero di nuovi prodotti, che altrimenti verrebbero sostenuti interamente dai distributori (Lariviere and Padmanabhan 1197; Toto 1990);

3) Trasferimento del rischio: attraverso le slotting fee, i retailer riallocherebbero correttamente il rischio di commercializzare nuovi prodotti ai produttori, più informati circa i propri prodotti, e quindi tenuti a sostenerne il rischio di lancio (Kelly 1991; Sullivan 1997; Toto 1990);

4) Allocazione lo spazio dello scaffale: lo spazio sullo scaffale è una risorsa scarsa, e le slotting fee sarebbero quindi paragonabili ad un’offerta per l’affitto dello spazio nell’ambito di un’asta (Toto 1990);

5) Riequilibrio tra domanda e offerta di nuovi prodotti: le slotting fee aiuterebbero a compensare un eccesso di offerta di nuovi prodotti con una domanda meno che proporzionale. Esse costituirebbero anche un incentivo addizionale per i distributori a commercializzare nuovi prodotti (Sullivan 1997);

6) Riduzione del prezzo pagato dal distributore: le slotting fee avrebbero la funzione di disaggregare il costo dello spazio a scaffale dal costo della transazione del prodotto; in questo modo, si ridurrebbe il prezzo unitario che i distributori pagano per i nuovi prodotti, consentendo una competizione più aggressiva a valle, e quindi una riduzione del prezzo per il consumatore finale (Sackuvich 1998).

La scuola del potere di mercato

304. Secondo i sostenitori di questa scuola di pensiero, le slotting fee sarebbero un mero esercizio di potere di mercato da parte dei retailer, idoneo a deteriorare le relazioni nell’ambito del canale distributivo e a indebolire la concorrenza. Le principali argomentazioni sviluppate a supporto di tali tesi sono le seguenti:

1) Esercizio di potere di mercato da parte dei retailer: attraverso l’istituzione delle slotting fee, i distributori eserciterebbero il loro potere di mercato, inteso come

79 Per una rassegna sintetica di tali argomenti, cfr, tra gli altri: P.N. Bloom, G. T. Gundlach, J.P. Cannon : “Slotting allowances and fees: schools of thought e the views of practicing mangers”, Journal of marketing, Vol n. 64, aprile 2000; Sexton, R.J., Richards, T.J., and Patterson, P.M.: “Retail consolidation and produce buying practices: A summary of the evidence and potential industry and policy responses”, Giannini Foundation of Agricultural Economics, Monograph No. 45. 2002; O. Foros. H.J. Kind: “Do Slotting Allowances harm retail competition?” in Scand. J. of Economics, 110(2), 367-384, 2008.

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capacità di alzare i prezzi al di sopra dei livelli competitivi, facendosi pagare una somma non giustificata per accettare nuovi prodotti, fornire spazi a scaffale o offrire altri servizi ai produttori (Chu 1992; Lariviere and Padmanhabhan 1997; Messinger and Chu 1995; Sullivan 1997; Toto 1990);

2) Relazioni danneggiate all’interno del canale di distribuzione: il disaccordo e la tensione generati dalla contrattazione delle slotting fee danneggerebbero la proficua cooperazione tra i membri della filiera, riducendo, ad esempio, il flusso di informazioni che dovrebbe circolare all’interno del canale; i produttori, d’altro canto, per coprire le spese dovute a questi contributi, sposterebbero i fondi a disposizione di altre aree promozionali, tra cui programmi per i consumatori, producendo un’inefficiente allocazione delle risorse destinate al marketing e un minor livello di informazione per i consumatori (Dagnoli and Freeman 1988; Lucas 1996);

3) Discriminazione: data la natura segreta della contrattazione delle slotting fee, i distributori sarebbero in grado di chiedere e ottenere importi differenti per lo stesso servizio. I grandi produttori, pertanto, data la loro dimensione e il loro maggiore potere contrattuale, sarebbero capaci di trarre beneficio da queste pratiche aumentando i propri profitti a scapito dei rivali più piccoli. In tal modo, le grandi imprese sarebbero in grado di negoziare contributi più bassi o di evitarli del tutto, lasciando pagare alle altre imprese cifre sproporzionate (Aalberts and Judd 1991; Desiraju 1994; MacAvoy 1997; Sullivan 1997);80

4) Barriere all’entrata: le slotting fee risulterebbero utilizzate anche come strategia competitiva dagli operatori del settore produttivo dotati di maggiori risorse finanziarie per tagliare fuori dal mercato i competitor più piccoli. Lo spazio sullo scaffale, infatti, rappresenta un input essenziale per i produttori: alzando il prezzo di tale input (ovvero alzando il livello dei contributi), i competitor più “forti” fanno crescere i costi dei loro rivali con lo scopo di impedire loro l’accesso al mercato. Secondo questa teoria, tali comportamenti verrebbero implementati anche per far crescere i costi dell’introduzione di nuovi prodotti da parte delle imprese più piccole. Tali imprese, dunque, sarebbero costrette a cercare canali alternativi per i loro prodotti o ad uscire dal mercato. Il risultato finale sarebbe una riduzione della possibilità di scelta di prodotti per i consumatori. (MacAvoy 1997);

5) Pratica facilitante per l’aumento dei prezzi al dettaglio: costituendo un profitto anticipato, le slotting fee si tradurrebbero per i distributori in un minor incentivo a competere vigorosamente sul prezzo, producendo un innalzamento dei prezzi all’ingrosso e, quindi, dei prezzi finali. In altri termini, attraverso l’aumento artificioso dei prezzi di acquisto, i distributori otterrebbero l’effetto di indebolire la competizione sulle vendite, catturando i propri profitti attraverso le slotting allowance (Shaffer 1991).

D’altro canto i produttori, benché interessati ad una diminuzione dei prezzi finali, sarebbero costretti a competere per l’acquisizione dello spazio a scaffale, piuttosto che sui prezzi di cessione.

80 Al riguardo, è interessante sottolineare come la Federal Trade Commission abbia ritenuto che l’applicazione discriminatoria delle slotting fee possa essere illegale (Federal Trade Commission Guides 1990).

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1.3.2.2. Il dibattito più recente

305. I contributi di letteratura dell’ultimo decennio relativi agli effetti degli up front payment, pur senza introdurre argomentazioni del tutto nuove rispetto a quelle già formulate nel corso degli anni ’90 a sostegno dell’uno o dell’altro filone di pensiero, ne hanno sostanzialmente sviluppato specifici aspetti, supportandoli con nuove e specifiche analisi empiriche.

Il dibattito, tuttavia, non sembra ancora giunto ad una ricomposizione che consenta di individuare una netta prevalenza di orientamento a favore di una delle due tesi.

306. Ad esempio, nell’ambito della teoria del “potere di mercato”, è stata specificamente analizzata la possibilità, soprattutto in presenza di un divieto di praticare il sotto-costo, di utilizzare i contributi come una pratica facilitante di un coordinamento di prezzo. Tali contributi, infatti, consentirebbero di mantenere formalmente più alto il prezzo di acquisto, su cui viene calcolato il c.d. “margine osservabile”, compensando il distributore con il c.d. “margine nascosto”, ottenuto attraverso la riscossione dei versamenti effettuati dai fornitori.81

307. Particolarmente discusso è stato inoltre il ruolo escludente di tali pratiche in presenza di un fornitore o di un distributore in posizione dominante o, comunque, dotato di un forte potere di mercato.

Secondo i fautori della teoria dell’esclusione (cfr. ad es. Marx e Shaffer, 2007)82, infatti, il fornitore in posizione dominante sarebbe in grado sia di utilizzare gli up front payment per innalzare i costi di accesso allo scaffale per i propri concorrenti - impedendo una distribuzione adeguata dei prodotti dei piccoli fornitori - sia di condizionare i propri pagamenti all’attuazione, da parte del distributore, di politiche di vendita che svantaggino, o che addirittura escludano, i propri concorrenti nel mercato a monte. In entrambi i casi, le conseguenze in termini di welfare sarebbero negative, determinandosi minori possibilità di scelta per il consumatore e prezzi più alti.

D’altro canto, il distributore in posizione dominante potrebbe invece riuscire ad escludere i propri rivali attraverso l’imposizione al fornitore di upfront payment “irrecuperabili”, che scoraggerebbero il fornitore stesso dal rifornire altri retailer.

Le autorità antitrust dovrebbero quindi avere due ordini di preoccupazione distinti con riferimento agli up front payment, a seconda che il soggetto in posizione di forza, che assume l’iniziativa di negoziare i pagamenti, sia il fornitore o il distributore.

308. Ancora, nell’ambito del filone degli effetti anticompetitivi degli upfront payment, si è sostenuto che i distributori sarebbero in grado di utilizzare gli upfront payment (intesi in senso letterale come richieste di contributi anticipati), congiuntamente alle “conditional fixed fees” (pagamenti fissi condizionati e successivi), per ottenere profitti monopolistici

81 Cfr., tra gli altriMiklos-Thal ed al. (2008) e, per un’analisi empirica, Biscourp et al. (2008).

82 Leslie M. Marx and Greg Shaffer “Upfront payments and exclusion in downstream markets.” RAND Journal of Economics, Vol. 38, 2007, pp. 823-843.

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nella distribuzione di un fornitore comune83 o, comunque, per implementare il reddito monopolistico attraverso l’internalizzazione delle esternalità contrattuali.84

309. Evidenze empiriche di segno diverso sono state invece trovate da altri autori85, secondo i quali la richiesta di up front payment da parte di un distributore in posizione dominante: i) non incrementerebbe la profittabilità a spese del settore produttivo; ii) aumenterebbe il social welfare, attraverso la riduzione del prezzo di vendita, ottenuta grazie all’internalizzazione delle esternalità verticali (sostanzialmente consistenti nella “doppia marginalizzazione”); iii) non porterebbe all’esclusione dei concorrenti ma, anzi, incrementerebbe il grado di competitività nel settore distributivo.

Dal punto di vista del fornitore, il pagamento delle slotting allowance rappresenterebbe invece nient’altro che una forma di competizione per l’acquisizione di spazi promozionali, da considerarsi come un tratto fisiologico del processo competitivo.86 310. Non mancano peraltro, nei contributi più recenti, posizioni che prendono atto della coesistenza degli effetti anti-competitivi e di quelli di efficienza sopra richiamati, demandando quindi alle Autorità antitrust l’onere di valutare, caso per caso, la prevalenza degli uni e degli altri.

La stessa Commissione, in un proprio studio recente87, sembra aver fatto proprio tale approccio, riconoscendo la possibilità di una sovrapposizione degli effetti distorsivi e di incremento di efficienze delle listing fee e delle slotting allowance.

311. Di particolare interesse, in questo senso, appare il contributo di due autori della Norvegian School of Economics and Business Administration88, i quali hanno per la prima volta messo in relazione la diffusione delle slotting allowance con lo sviluppo delle alleanze di acquisto, sostenendo che l’utilizzo delle slotting allowance per mitigare la competizione sul prezzo avverrebbe soprattutto ad opera dei gruppi di acquisto, al fine di evitare la competizione tra i distributori appartenenti alla medesima centrale.

In tal senso, gli autori ritengono opportuno che le autorità antitrust si interroghino non soltanto sulla prevalenza degli effetti (pro-efficienza e anticompetitivi) delle slotting allowance, ma anche, qualsiasi sia il bilanciamento degli effetti, sulla possibilità di ottenere i medesimi guadagni di efficienza senza generare restrizioni della concorrenza. Tale situazione ad esempio potrebbe realizzarsi, in linea generale, definendo il prezzo di acquisto

83 Patrick Rey, Jeanine Thal, Thibaud Vergé: “Slotting Allowances and Conditional Payments”, July 27, 2006.

84 Miklos-Thal Jeanine, Patrick Rey and, Thibaud Vergé (2008):”Buyer Power and intrabrand coordination” IDEI working paper.

85 Yeran Dong, Boaming Dong: “Retail Power, Slotting Allowances and the Countervailing Power hypthesis”, Aprile 2011, Paper.

86 B. Klein, J.D. Wright: “The Economics of Slotting Contracts”, Journal of Law and Economics, vol. 50, 2007.

87 European Commission (2011): “The Impact of private labels on the competitiveness of the European food supply chain”

88 Ǿystein Foros e Hans Jarle Kind: “Do slotting allowances harm retail competition”, Scand. J of Economics, 110(2), 367-384, 2008.

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del prodotto in modo da tenere già conto dei servizi espositivi promozionali resi al fornitore.89