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La famiglia è un elemento fondamentale

La famiglia è la cellula base di ogni struttura sociale. Se questo nucleo fondamentale “soffre”, tutta la struttu- ra ne risente; un cattivo funziona- mento del nucleo familiare causa distorsioni su tutto l’apparato comu- nitario. È per questo motivo che, nella prevenzione integrata, la fami- glia riveste un ruolo di primo piano. La violenza in famiglia può generare criminalità in modo diretto e indiret- to. Direttamente in quanto situazione in cui si verificano i tipici reati a danno dei minori. Indirettamente poi- ché la violenza crea nei bambini disaffezioni, turbe psichiche o sem- plicemente esempi negativi: è stato dimostrato che la dimensione del cri- mine è maggiore là dove si trovano carenze o disfunzioni patologiche del tessuto familiare.

La protezione dell’infanzia assume quindi un ruolo primario nella pre- venzione dei comportamenti antiso- ciali.

Programmi “universali” e pro- grammi “mirati”

Una cattiva situazione del nucleo familiare è il risultato di più variabili e per questo sono stati sperimentati diversi sistemi di soluzione del pro- blema. I destinatari delle azioni sono l’elemento distintivo delle teorie di prevenzione della criminalità indiriz- zate alla famiglia. Si parla quindi di programmi “universali” e programmi “mirati”.

- I programmi “universali” sono diretti alla generalità delle famiglie di un certo contesto geografico. Hanno la caratteristica di rivolgersi ad un insieme indistinto di destina- tari senza tenere conto di partico- lari fattori di rischio ed il pregio di essere più facilmente accettati anche dalle realtà “difficili”. La famiglia è una cellula e come tale molto spesso è gelosa della propria

riservatezza, pur in presenza di gravi disfunzioni. L’azione indistin- ta porta anche queste realtà ad accettare meglio un’intrusione nella propria sfera privata in quanto la condivide con tutta la comunità. Il punto debole di questi program- mi è la dispersione degli investi- menti: il capitale a disposizione deve essere diviso per un numero di cellule che comprende anche realtà “non a rischio”. L’aspetto non è secondario vista la limitatez- za delle risorse a disposizione degli operatori.

- I programmi “mirati” non presenta- no questo inconveniente e consen- tono l’allocazione ottimale delle risorse, investendo i fondi a dispo- sizione per le situazioni individuate come “a rischio”. Tuttavia rischiano di fallire perché molto spesso rifiu- tati, in quanto considerati dagli stessi destinatari come “stigmatiz- zanti”.

Sul piano pratico è stata dimostrata la m a g g i o re efficienza dei pro g r a m m i di tipo “universale” che vengano posti in essere per un periodo di tempo ragionevolmente lungo. Trattandosi di situazioni delicate che coinvolgono personalità e comportamenti, va tenu- to presente che un programma appli- cato oggi potrebbe dare frutti a p a recchi anni di distanza.

La prevenzione basata sulla famiglia può essere attuata in diversi ambiti: casa e scuola sono i luoghi più adatti a questo tipo di interventi, notando che è proprio nella casa che si sono raggiunti i risultati più promettenti di tutte le sperimentazioni di prevenzio- ne primaria. Lasciando al prossimo paragrafo la spiegazione del ruolo preventivo della scuola, ecco in sinte- si le azioni attuabili dentro le mura domestiche.

- Programmi di visite domiciliari: interventi attuati prima che si verifi- chino problemi criminali. Il nucleo

comune di questi progetti, che pos- sono variare enormemente per fre- quenza, durata e livello, è la pre- senza costante di un visitatore che segue la crescita dei bambini. L’incontro avviene dentro le mura domestiche tra il visitatore, un geni- tore ed un figlio. Il visitatore può avere ruoli istituzionali variabili: infermiere, assistente sociale, psi- cologo. Deve in ogni caso essere una persona capace di formare un “ponte” tra genitore e “mondo esterno”. Questa tipologia di inter- vento preventivo si è rivelata la migliore e quella che produce costanti effetti positivi.

- Affidamento e prevenzione familia- re: interventi attuati in seguito al verificarsi di abusi a danno dei bambini. In questo caso si pone il dilemma se preservare il nucleo familiare o prevenire la recidiva dei maltrattamenti. È pressoché impossibile quantificare costi e benefici. Da una parte l’affidamen- to pare creare un ambiente protetto per i bambini dati in cura a genito- ri adottivi, mentre quelli lasciati nella famiglia originaria potrebbe- ro essere vittime di ulteriori violen- ze ed esposti a maggiori “fattori di rischio”. Tuttavia questo andamento non è prevedibile perché non sem- pre le violenze si ripetono. In que- st’ultimo caso i bambini pagano inutilmente il costo, comunque alto, dell’allontanamento dalla famiglia naturale. Purtroppo questo dilem- ma spesso impedisce agli operatori di prendere una decisione e agire di conseguenza.

- Allarmi personali e visite a domici- lio: interventi attuati quando si sono verificati episodi di violenza domestica.

Il “personal radio alarm” (radio allarme personale) è una misura adottata nei casi più gravi di rischio di violenza domestica.

Consiste in un piccolo congegno, indossato come una collana, che contiene un “panic button”, un pul- sante di emergenza. Una volta atti- vato, il congegno radio fa scattare un messaggio presso una locale stazione di polizia per avvisare che è imminente una violenza. Una volante si reca sul luogo da cui è partito l’allarme per un con- trollo del soggetto a rischio. È un sistema di difesa costoso e va uti- lizzato sulla base della presenza certa di elevati fattori di rischio. Pur non sembrando aumentare le probabilità di un attacco, l’uccisio- ne di donne che avevano dato l’al- larme dimostra, purtroppo, che il sistema non è infallibile.

La strategia dell’”home visitation” (visita a domicilio), seguente a una chiamata alla polizia per violenza domestica o molestie, si concentra sul periodo ad alto rischio imme- diatamente susseguente all’inter- vento delle forze dell’ordine. Alla riprova nessuna delle due teo- rie ha dimostrato significativi effetti preventivi.

Esperienza applicativa: “Sviluppo familiare e formazione dei genitori”, Syracuse, New York, Stati Uniti

L’Università di Syracuse negli Stati Uniti ha creato, a metà degli anni ’70, un programma di ricerca e sviluppo dedicato alla famiglia. L’intervento è stato destinato soprattutto a famiglie in condizioni economiche precarie per sostenere i nuclei familiari ed assistere i bambini. Si trattava di un piano di visite para-professionali settimanali che controllavano e sostene- vano la crescita e l’educazione dei bambini, le relazioni familiari, la situa- zione lavorativa. Gli incontri hanno avuto la funzione anche di creare un “ponte” col mondo esterno, il “visitatore” ha difatti funzionato da tramite tra la famiglia e le istituzioni esterne. Particolare attenzione è stata dedi- cata ai bambini, affidati al Centro Giovani dell’Università per cinque mezze giornate a settimana nell’età dai 6 ai 15 mesi e per cinque giorni pieni dai 15 mesi fino all’età di 5 anni.

Una valutazione effettuata dieci anni dopo l’attuazione del programma ha evidenziato che, comparando 65 ragazzi all’epoca sottoposti alle atti- vità di sostegno con altrettanti pari età non partecipanti all’esperimento, si sono avuti buoni risultati.

A fronte di una percentuale del 6% di ragazzi coinvolti nel programma di sostegno comparsi davanti al County Probation Department, vi è il 22% di comparizioni tra i giovani non partecipanti al programma che costituivano il gruppo di controllo. Favorevole è stato anche il conto economico. Per ogni ragazzo aiutato sono stati spesi in media 186 dollari, per gli altri il sistema di giustizia ha sborsato oltre dieci volte tanto (poco meno di 2.000 dollari ciascuno).

Fonte: International Centre for the Prevention of Crime (http://www.crime-prevention intl.org/english/best /service/health/parent-training-syracuse.html)

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