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Recidivi soprattutto i tossico e alcoldipendent

Col termine ricaduta si vuole qui fare riferimento alla categoria compren- dente quei soggetti del campione che hanno ricevuto condanne penali per reati commessi dopo l’affidamento. È la testimonianza del sostanziale falli- mento della prova (al di là dell’esito formale), in riferimento all’obiettivo principale della pena, ossia la reinte- grazione sociale del condannato con un comportamento affrancato dal cri- mine.

Tale categoria comprende una per- centuale di soggetti che si colloca fra 1/4 e 1/3 del campione complessi- vo. I 3/4 che risultano recidivi dopo l’affidamento hanno completato l’in- tervista, mentre i restanti o sono deceduti o figurano irreperibili. All’interno di questa recidività emer- ge con evidenza il dato di chi ha avuto e, in alcuni casi, continua ad avere problemi di tossicodipendenza (circa i 2/3) e di alcoldipendenza (1/5) e ciò significa che la ricaduta nel reato dopo la misura alternativa dell’affidamento riguarda meno del 30% di coloro che sono sempre stati esenti da dipendenza tossica. Conseguentemente la maggioranza delle “ricadute” si riscontra fra coloro che hanno usufruito dell’affidamento per casi particolari; tuttavia il dato di poco inferiore di chi ha usufruito del- l’affidamento ordinario fa ritenere che alcuni abbiano beneficiato di quest’ultima misura, anche se in stato di tossicodipendenza, ed altri possa- no essere giunti alla dipendenza da droga dopo la fine della prova. Questo dato, peraltro, sembra essere confermato dalla bassa percentuale di “ricaduti nel reato” a cui viene revocato l’affidamento (circa il 15%). Il numero maggiore delle ricadute lo si riscontra nel periodo che va dall’i- nizio del 1990 alla fine del 1992 (circa il 50%) ed evidentemente val- gono le considerazioni già fatte in precedenza, ossia l’ampliamento

della misura dell’affidamento a fini di una decarcerizzazione (quasi il 70% ha ottenuto l’affidamento dalla libertà), facendo venire meno alcuni presupposti del trattamento finalizza- to alla rieducazione (osservazione adeguata, piano di trattamento concordato e integrato fra i servizi). Una conferma a tale considerazione viene anche dalla minor durata del- l’affidamento (per più della metà al di sotto dei quattro mesi) su cui inci- de l’indulto del 1990.

Quasi tutti coloro che hanno avuto ancora problemi con la giustizia dopo la misura hanno alle spalle periodi di carcerazione, anche se in gran parte di breve durata. Il reato per cui scontano la pena in misura alternativa non si discosta dal resto del campione, sebbene sia sovrarap- presentata fra i “ricaduti” la fattispe- cie di reato della detenzione d’armi. I reati successivi all’affidamento rispecchiano sostanzialmente le pro- porzioni di quelli commessi in prece- denza, con una prevalenza di deten- zione e spaccio di droga e reati con- tro il patrimonio.

Misure alternative e politiche locali

Le misure penali applicate all’interno della comunità in alternativa alla carcerazione, possono essere accreditate dall’opinione pubblica e pos- sono raggiungere l’obiettivo di una migliore qualità della giustizia e della vita se sostenute da criteri che mirano a:

- valutare il rischio della recidiva e a definire programmi precisi per diminuirlo (politiche di prevenzione/sicurezza a livello locale); - responsabilizzare il deviante nel percorso di recupero a partire dai

motivi che stanno alla base della devianza e dalle circostanze partico- lari e culturali che caratterizzano la vita di alcuni soggetti (politiche dei servizi sociali e della formazione degli operatori);

- ridurre il danno personale e sociale connesso agli stati di tossicodi- pendenza e di alcolismo (politiche sanitarie e di riduzione del danno); - favorire l’orientamento e l’inserimento lavorativo del condannato;

sostenere le attività formative, ricreative e la sua partecipazione socia- le (politiche sociali, del lavoro e dell’integrazione);

- incentivare forme di riparazione/riconciliazione fra autore e vittima del reato e lavori socialmente utili per il condannato all’interno della comunità (politiche di mediazione penale);

- applicare in modo coerente le prescrizioni che accompagnano le misure alternative (politica giudiziaria).

Fig. 7 - Livello di soddisfazione della situazione lavorativa dei soggetti che hanno avuto ancora

problemi con la giustizia.

62 24 52 48 76 38 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90

prima durante adesso

Percentuale

non soddisfatto soddisfatto

Fonte: elaborazione TRANSCRIME di dati Follow up '99 Per circa i 3/4 autoctoni e per il 90%

domiciliati in Trentino, coloro che tor- nano al reato dopo aver eseguito l’affidamento in prova al servizio sociale hanno, rispetto al campione complessivo:

- una scolarità più bassa (quasi il 40% è al di sotto della scuola del- l’obbligo contro il 20%);

- una situazione della famiglia d’ori- gine caratterizzata, fin da bambi- no, dall’assenza di figure genito- riali (più del 40% contro il 23%), con la percezione di aver vissuto un’infanzia difficile (circa il 50% contro il 30%);

- una situazione occupazionale più precaria (più disoccupazione e più lavori saltuari) prima, durante e dopo l’affidamento;

- una ruolo professionale attuale di più basso profilo (per oltre i 2/3 operaio generico contro poco più della metà) ed una più bassa soddisfazione del lavoro (si veda fig. 7).

Questi soggetti affermano di conside- rare importanti i rapporti instaurati, durante la misura alternativa, con alcuni servizi, ai fini della loro riabili- tazione; anzi, nella loro ricostruzione dell’esperienza vissuta, tendono ad individuare un numero più elevato di tali servizi rispetto all’intero campio- ne. Tuttavia proprio i servizi, anche per la brevità del percorso alternativo intrapreso, non sono riusciti a fornire quel supporto necessario per blocca- re la recidiva.

L’interrogativo di come sviluppare progetti specifici per ridurre il ricorso al crimine resta, quindi, uno degli sti- moli principali per pensare a politi- che sanzionatorie e penitenziarie nuove e più ancorate al tessuto rela- zionale e istituzionale delle realtà locali.

Riepilogando

• L’affidamento in prova al servizio sociale, nel periodo di tempo su cui si è

focalizzata l’indagine (1985-1995) ha subito diverse modifiche che l’hanno allontanato dallo spirito della formulazione iniziale. La legge 354 ne faceva una misura trattamentale alternativa con le caratteristiche assai prossime al “Probation” di tipo anglosassone, anche se concessa in fase esecutiva. A partire dagli anni ’90, la concessione della misura direttamente dalla libertà e il suo ampliamento anche sul residuo pena, ai fini, piuttosto espliciti, di decarcerizzazione, ha avuto ripercussioni sui contenuti, sull’andamento e sugli esiti della misura nel senso di accen- tuarne i caratteri burocratici e affievolirne la portata riabilitativa.

• I risultati evidenziano di conseguenza come gli affidamenti eseguiti nella

seconda metà degli anni ’80 abbiano prodotto un livello più elevato di reinserimento, mentre quelli eseguiti nella prima metà degli anni ’90 abbiano un’alta percentuale di recidiva.

• Sull’andamento della misura rispetto agli esiti del reinserimento sociale

del condannato influisce, nel Trentino, l’elevato numero di tossicodipen- denti e il discreto numero di alcoldipendenti che soprattutto, a partire dalla fine degli anni’80 e primi anni ’90, hanno cominciato a costituire la categoria più numerosa fra gli affidati in prova al servizio sociale.

• Il Centro di servizio sociale per Adulti di Trento ha operato dovendo far

fronte ad un crescente numero di casi, con risorse materiali e professio- nali che non hanno potuto, nel tempo, garantire livelli di prestazioni ade- guate per l’obiettivo rieducativo, che peraltro richiede un costante colle- gamento con le risorse formali (altri servizi, mondo del lavoro) e informa- li (rete parentale, amicale, vicinato). Tuttavia il rapporto con gli operatori sociali del Centro è stato vissuto positivamente dalla stragrande maggio- ranza degli affidati e una buona parte di loro ha riconosciuto nell’assi- stente sociale supervisore la figura più importante nella risoluzione del proprio rapporto con la giustizia penale.

• L’azione svolta da altri servizi istituzionali (Ser.T., Servizio alcologia,

Agenzia del lavoro) e da servizi del privato sociale (comunità terapeuti- che, associazioni e cooperative sociali), nonché da operatori e volontari, è stata costante, ma non sufficiente ad agganciare tutte le persone in misura alternativa ad un progetto concreto di reinserimento positivo.

• I contenuti dell’affidamento in prova al servizio sociale sono apparsi

piuttosto blandi, sia per la durata mediamente breve della misura, sia perché talora non accompagnata da un preciso progetto di inserimento lavorativo. L’esito positivo della prova, decretato dal Tribunale di sorve- glianza, non significa che il soggetto esca definitivamente dal circuito giudiziario. Le ricadute nel reato, dopo la misura, appaiono, infatti, piuttosto frequenti.

• Anche nella realtà trentina, l’occupazione lavorativa dei soggetti in età giovane e giovane-adulta riduce la possibilità di ricadere nel reato. Al contrario, l’assenza di progettualità su questo piano incentiva la recidiva.

• L’elevata percentuale di coloro che, finita la misura alternativa, hanno

ancora problemi con la giustizia è dovuto ad una somma di fattori che hanno radici nella storia personale e relazionale, ma, come sopra evi- denziato, hanno anche radici strutturali.

APPENDICE

Stato di applicazione del Protocollo

d’intesa fra Ministero della Giustizia

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