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Un fenomeno complesso e variegato.

4. Lʼeutanasia individualistica pietosa.

4.1 Un fenomeno complesso e variegato.

Preso atto del vasto panorama in cui ci si immergerebbe se ci si addentrasse in ognuna delle categorie già sommariamente descritte in premessa 102, è bene approfondire il tema, soffermandosi su quella che

è la forma di eutanasia più comune e oltremodo attuale: lʼeutanasia cosiddetta individualistica pietosa. Per avere una definizione di eutanasia si ritiene opportuno citare testualmente lʼarticolo omonimo (The definition of the euthanasia) di T.L. Beauchamp e A.Davidson, i quali disegnano in maniera completa i confini del fenomeno eutanasiaco: “ Si considererà la morte di un essere umano come un caso di eutanasia se e solamente se:

1- la morte del soggetto A è voluta da almeno un altro essere umano B; questʼultimo è sia la causa della morte di A, sia un elemento causalmente pertinente dellʼevento che conduce alla morte di A (per azione o omissione).

2- B dispone, in misura sufficiente, di elementi che lo inducono a credere che A stia subendo intense sofferenze o si trovi in stato di coma irreversibile; oppure B dispone, in misura sufficiente, di elementi relativi

102 Le diverse forme di eutanasia collettivistica: eugenica, economica, criminale, sperimentale, profilattica e solidaristica.

alla condizione di A, per cui la convinzione che A si troverà in una condizione di intensa sofferenza o di coma irreversibile risulta fondata su una o più leggi causali attestate.

3- La ragione principale per cui B vuole la morte di A è la cessazione delle sofferenze di A (presenti o future, ma previste) o del suo stato di coma irreversibile; possono esistere altre ragioni pertinenti, ma non vi è unʼaltra ragione principale per cui B voglia la morte di A.

4- A e/o B dispongono, in misura sufficiente, di elementi che li inducono a credere che le procedure che causeranno la morte di A non saranno allʼorigine di sofferenze maggiori di quelle che angustierebbero A se B non intervenisse.

5- Fra le procedure che causeranno la morte di A, A e/o B scelgono quelle che comporteranno la minore sofferenza possibile, salvo che A e/ o B abbiano una ragione cogente per scegliere una procedura che comporterebbe una sofferenza maggiore. La ragione che induce a scegliere tale procedura non deve entrare in conflitto con gli elementi indicati in 4.

6- A non è un organismo fetale ” 103.

Da questa definizione sorgono due ordini di problematiche.

In primo luogo, il terzo punto, parlando di cessazioni di sofferenze presenti o future, ma comunque certe o di uno stato di coma

103 T. L. BEAUCHAMP, A. DAVIDSON, The definition of euthanasia, in The Journal of

irreversibile, deve intendersi come riferito ad un “soggetto malato”. Ma, proprio la caratteristica della malattia del soggetto, elemento di per seʼ apparentemente banale, pone dei problemi circa la sua interpretazione. Deve essere recepito, infatti, il significato più tradizionale del termine, quello che prescinde da trattazioni che sfociano addirittura nel mistico104 per arrivare a spiegare tale concetto o da considerazioni

filosofico-bioetiche in questione. Per “malattia” si dovrà intendere quindi : “lo stato di sofferenza di un organismo in toto o di sue parti, prodotto da una causa che lo danneggia, e il complesso dei fenomeni reattivi che ne derivano. Elemento essenziale del concetto di malattia è la sua transitorietà, il suo andamento evolutivo verso un esito, che può essere la guarigione, la morte o lʼadattamento a nuove condizioni di vita ”105.

Tale concetto, che può apparire così scontato, è in realtà indispensabile per tracciare un confine fra ciò che rientra nellʼambito dellʼeutanasia e c i ò c h e i n v e c e c o n d u c e a l l ʼ o m i c i d i o ; c i ò v e r r à t r a t t a t o successivamente106.

Inoltre, al primo punto, viene detto che la morte del soggetto deve essere voluta da almeno un altro essere umano. Il volere, in questo caso, è da intendersi come volontà di porre in essere un

104 In età classica, per esempio, molti trattati filosofici vedevano nella malattia il volere degli dei.

105 ENCICLOPEDIA TRECCANI, voce “Malattia”, versione online.

106 Si rinvia ai capitoli successivi per approfondimento sul tema del confine tra lecito ed illecito.

comportamento che rispetti non una propria decisione ma una effettiva volontà che, invece, è propria del soggetto malato.

Questo tema apre le porte ad un argomento fondamentale e basilare per la nostra trattazione. Tanto è che il ragionamento sulla volontà del terzo e del rapporto che deve intercorrere tra il soggetto malato e colui che materialmente dovrebbe porre in essere il comportamento eutanasico, dà vita ad unʼulteriore catalogazione dei tipi di eutanasia, distinguendo così lʼeutanasia individualistica in attiva e passiva. Ovviamente, andando a classificare questi diversi tipi, escluderemo sempre un tipo di eutanasia: quella involontaria; infatti, pur essendovene stati casi in passato107, lʼeutanasia effettuata senza o

contro la volontà del paziente, non pone nemmeno dubbi di legittimità e può essere direttamente fatta ricadere allʼinterno della fattispecie di omicidio.

Con eutanasia pietosa attiva volontaria (per commissione o mercy killing) si intendono tutti quei comportamenti, appunto attivi, attuati per rispettare la volontà di un paziente affetto da una malattia incurabile in fase terminale, dal momento in cui non ci siano altri trattamenti medici che riescano ad attenuare le sofferenze. In presenza di questi presupposti, la morte sarà provocata, possibilmente in maniera indolore, o dal medico che ha in cura in paziente oppure da famigliari o conoscenti (uccisione pietosa), entrambi spinti da un sentimento di pietà nei confronti della vittima.

Con eutanasia pietosa passiva volontaria (per omissione o letting die) ci riferiamo o alla non applicazione o allʼinterruzione di un trattamento terapeutico. Notevole distinzione rispetto alla precedente ipotesi è la natura omissiva del comportamento che, rende possibile qualificare come causa della morte direttamente la malattia anziché che la condotta umana108.

Nellʼeutanasia attiva la condotta medica è lʼunica causa dellʼevento morte, che infatti sopraggiunge consequenzialmente alla sua azione, in quella passiva lʼomissione del medico va ad inserirsi in un processo causale già in atto e che conduce autonomamente alla morte, che è quindi, solo, la conseguenza del decorso della malattia che il medico non ha contributo a rallentare.

Questo ragionamento non risolve ma amplia le problematiche attorno al tema di questa classificazione, infatti, il netto distinguo fra forma commissiva ed omissiva non risulta assolutamente agevole quando ci si trovi dinnanzi a situazioni in cui sia necessario un intervento attivo, cioè circostanze dove astenersi, omettere di curare significa, invece, attivarsi nel fare qualcosa (es. il distacco di un respiratore, o di macchinari atti a mantenere regolare il battito cardiaco, di un sondino naso-gastrico per lʼidratazione e lʼalimentazione...).

108 STEFANO CANESTRARI, Le diverse tipologie di eutanasia in Reati contro la vita

e lʼincolumità individuale, Volume I, I reati contro la persona, A.CADOPPI,

La distinzione prosegue compiendo unʼulteriore distinguo allʼinterno delle forme eutanasiche individualistiche attive e passive, in base alla presenza o meno del consenso.

Questa suddivisione non è ancora esaustiva in quanto esclude una categoria di ipotesi che si concretizza spesso nella prassi; ovvero lʼutilizzo di cure palliative che, in alcuni casi, oltre al naturale effetto di lenire il dolore, hanno lʼeffetto collaterale di anticipare il momento della morte. In sostanza, una condotta, omissiva o commissiva, diventa concausa, insieme al normale evolversi degli eventi, della morte del malato.

Stiamo parlando dellʼeutanasia indiretta o pura (anche detta lenitiva) che richiama il tema della terapia del dolore, infatti, in questo caso, la pratica consiste nel rendere indolore, tramite farmaci analgesici e antidolorifici, una morte naturale. Il trattamento medico, in questo caso, ha come solo ed unico scopo quello di alleviare le sofferenze del paziente ma può avere come effetto secondario, non intenzionale, quello di accelerare la morte. Il questo caso, però, il medico non rappresenta un “aiuta a morire” ma un “aiuto nel morire”109.

Riassumendo :

A) Eutanasia pura o indiretta;

B) Eutanasia attiva non consensuale; C) Eutanasia attiva consensuale;

D) Eutanasia passiva non consensuale;

109 F.MANTOVANI , Biodiritto e problematiche di fine della vita, pag. 70, in Criminalia, 2006.

E) Eutanasia passiva consensuale.