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Un precedente giurisprudenziale che sembra aver colmato la lacuna.

requisiti e scriminanti della condotta del medico.

8. La conferma dellʼesistenza di una lacuna legislativa.

8.5 Un precedente giurisprudenziale che sembra aver colmato la lacuna.

La positiva soluzione giurisdizionale ha indubbiamente ingenerato, in alcuni, lʼidea che visto il precedente giurisprudenziale potremmo, in realtà, prescindere da un intervento legislativo, aderendo semplicemente a quellʼindirizzo dettato della Corte Suprema di Cassazione nel 2007 290 . Tale convinzione si è radicata anche nei protagonisti della vicenda di Eluana Englaro, tra tutti il padre, Beppino Englaro, notoriamente principale promotore delle azioni giudiziarie ma anche agguerrito sostenitore della corrente di pensiero che promuove il rifiuto delle cure come un diritto di libertà.

Ecco alcuni estratti di una mia recente intervista al Signor Beppino Englaro e di una conferenza, “La libertà di non curarsi”, organizzato a La Spezia in data 28 Marzo 2014.

Quale peso ha assunto nella vicenda giudiziaria lʼeco mediatica del caso ed il conseguente dibattito politico?

" Nessuno, perché la vicenda giudiziaria era stata portata fino in fondo nel modo dovuto per non lasciare appigli di sorta. Lʼeco mediatico e il conseguente dibattito politico era inevitabile visto che per la prima volta anche in Italia per un tema così eticamente sensibile cʼera la risposta della Corte Suprema di Cassazione291.

290 Corte di Cassazione, Sez. I Civile, 16 Ottobre 2007 sentenza n°21748. 291 B.ENGALRO intervistato il 10 Giugno.

Ritiene che attraverso i provvedimenti giudiziari nel loro complesso si sia formato un precedente vincolante?

" Credo che i principi di diritto, in uno Stato di diritto perfettamente allineato alla nostra Costituzione, della Sentenza della nostra Corte Suprema di Cassazione del 16 Ottobre 2007 non potranno non essere vincolanti in futuro 292.

Cosa accadrebbe, ad oggi, se ci fosse un'altra Eluana?

" Unʼaltra Eluana, vista la Sentenza del 16 Ottobre 2007, non lascerebbe nulla al caso per sue disposizioni nero su bianco ed autenticate. Vale a dire semplici, chiare ed inequivocabili, con dei “si” e dei “no” alle cure nella sua condizione di non più capace di intendere e di volere. Il tutto per non dare ad alcun Medico o Magistrato la possibilità di intrappolarla come condanna a vivere in una condizione estranea al suo modo di stare al mondo293.

Sarebbe sufficiente la sentenza di Cassazione se vi fosse un altro “caso Eluana” ?

" Si, perché ha chiarito che tutto dipende esclusivamente da noi stessi e dalle nostre volontà e disposizioni che devono essere rispettate. Dobbiamo comunque chiedere di più alle istituzioni per avere maggiori certezze ma per ora solo la Magistratura, serva di nessun potere, mi ha dato risposta294.

292 Ibidem. 293 Ibidem

Tradotto in un linguaggio giuridico, i concetti espressi poco sopra delineano lʼesistenza di un diritto vivente che obbliga il medico (per non

dare ad alcun medico la possibilità di intrappolarla) al rispetto della

volontà del paziente, anche qualora questo comporti il sacrificio della vita. Pur nel rispetto della persona del Signor Englaro e soprattutto dei motivi che lʼhanno portato ad intraprendere una così lunga e oltremodo dolorosa battaglia giudiziaria, questa posizione, si espone a qualche critica:

- la Cassazione, infatti, si è espressa una sola ed unica volta sul punto, è sufficiente riprendere lʼexcursus dei pronunciamenti che abbiamo citato295 in tema di consenso informato per notare quanto la giurisprudenza abbia faticato per arrivare alla pronuncia delle sezioni unite del caso Giulini 296 e quanto spesso si sia cambiata idea;

- inoltre, quella del 2007, è una sentenza di una sezione semplice della Cassazione, la prima, che nonostante rappresenti un indubbio precedente di enorme valore, tale rimane, soprattutto dal momento che stiamo parlando di un argomento la cui valutazione va a toccare dei diritti che vanno oltre al mero profilo giuridico, sono argomenti meta-giuridici, pieni di etica e religione. Non ci sarebbe da sorprendersi se, un Tribunale della Repubblica Italiana, un domani,

rebus sic stantibus, si esprimesse in maniera difforme rispetto

295 Vedi § 5.5.

allʼindirizzo esplicitato dalla Cassazione, avendo magari e probabilmente a disposizione numerose argomentazioni;

- il riscontro di quanto appena detto ce lo offre la mancanza di nuovi casi simili a quello di Eluana Englaro. In modo molto superficiale ed, a tratti, ingenuo, ci si potrebbe rallegrare, nel senso che lʼassenza di casi simili significherebbe una diminuzione di drammi umani e meno sofferenza. Sapendo che, però, non è così, ed essendo quindi, probabilmente, migliaia le persone che giacciono su un letto di ospedale nelle medesime condizioni cliniche in cui si era venuta a trovare Eluana, cʼè da supporre che i tribunali non vengono assaliti dalla medesima domanda di giustizia soltanto perché il distacco del respiratore artificiale o del sondino naso-gastrico ecc... , forse costituisce, ormai, una prassi praticata e consolidata che, però, non oltrepassa i confini dellʼambito famigliare e del rapporto di alleanza fiduciaria con il medico, che dunque si assume tutti i rischi della sua scelta;

- un ordinamento che, come abbiamo detto, rifiuta gli spazi liberi del diritto non dovrebbe consentire lʼesistenza di una prassi discrezionale che va a coinvolgere anche i diritti inviolabili della persona senza che vi sia una precisa regolamentazione da parte del diritto positivo;

- inoltre il fatto che la prassi non sia mai venuta palesemente alla luce, è sinonimo del fatto che i principi espressi dalla Corte di Cassazione, o in generale dalla giurisprudenza, non siano ritenuti dai cittadini così vincolanti, e soprattutto che i medici non si ritengano assicurati o

autorizzati dalla sentenza a tenere un determinato comportamento data la non certezza dellʼesistenza di una scriminante sicura in caso di procedimento penale.

Concludendo se ne desume che dopo la sentenza del 2007 della Cassazione, se questa fosse stata assunta come precedente vincolante, dal quale non fosse stato possibile discostarsi, nei tribunali italiani avrebbero dovuto fioccare i ricorsi ex art. 700 c.p.c. aventi come oggetto il rifiuto delle cure. Infatti, se dunque affermassimo che la sentenza di Cassazione abbia il solito “peso giuridico” di una norma di diritto positivo, il parente, assistendo da anni una persona in stato vegetativo permanente , sapendo che il proprio caro aveva espresso in vita la convinzione di essere lasciato morire qualora si fosse trovato in quello stato, avrebbe dovuto correre da un legale per proporre il ricorso e chiedere di compiere unʼistruttoria. Ma tutto questo non è più successo e sono già trascorsi sette anni dal pronunciamento sul caso Englaro.

Quel che è certo e che sicuramente conveniamo col Signor Engalro (...dobbiamo comunque chiedere di più alle istituzioni per avere

maggiori certezze...) è che il tema del rifiuto delle cure, in mancanza di

una normativa specifica e di procedure autorizzative, continua ad essere indubbiamente caratterizzato da molta incertezza e da una estrema discrezionalità che quindi impediscono il sorgere, come effetto immediato, di una prassi ospedaliera.

Per fare un paragone, ad esempio, non si è creato in nessun modo lʼeffetto che aveva avuto la legge sullʼinterruzione della gravidanza 297, che, nel periodo fra il 1978 e 1983 aveva fatto si che lʼaborto emergesse da una situazione di clandestinità 298.