Passando alla religione ebraica, sappiamo che, a differenza dei cattolici, gli ebrei non hanno una loro autorità centrale che esprima una visione unitaria su determinati argomenti. Essi infatti, per le questioni etiche, si basano sulla tradizione della Torah (letteralmente “insegnamento”, che si riferisce al Pentateuco, cioè i primi cinque libri dellʼantico testamento: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio) e dellʼHalakha (letteralmente “andare-camminare” quindi “percorso da seguire), corpus normativo religioso ebraico, che, oltre ad essere lʼapplicazione pratica dei comandamenti esposti nella Torah, è un sistema aperto e dunque in continuo sviluppo.
Entrambe le fonti sono interpretate, e in un caso anche incrementate, dagli insegnamenti dei rabbini. Il rabbino ( letteralmente “mio
maestro” ), infatti, dà una soluzione anche a problemi nuovi, come la
stessa eutanasia è, partendo sempre da un principio biblico, in questo caso quello del non uccidere e del rispetto della vita umana propria ed altrui.
Come nel cattolicesimo, la vita e la morte sono a disposizione di Dio e non dellʼuomo, che quindi non può liberamente decidere quando porre fine alla propria vita, se non violando la legge divina e mancando di rispetto alla sacralità della vita, dono simbolo dellʼamore di Dio per i propri figli.
Però, i rabbini, guardando alla sofferenza e alla dignità del malato, ammettono lʼuso di analgesici, anche laddove questi possano, in qualche modo, avvicinare il momento della morte, purché non ne siano la diretta causa.
Viene proibita qualsiasi azione, atta a modificare il momento naturale della morte, sia che questa la anticipi, sia che questa la ritardi 41.
Spostando lʼattenzione sulla religione islamica, vediamo che, come in quella ebraica, manca unʼautorità centrale che detti una visione unitaria su particolari argomenti. Si fa, allora, riferimento alla Shariʼ ah (letteralmente “strada battuta”), ovvero legge islamica che è interpretabile tramite due significati, uno metafisico (legge di Dio) ed uno pragmatico (scienze giurisprudenziale). Le sue fonti riconosciute sono il Corano e la Sunna (gli insegnamenti del profeta Maometto). La società islamica, dove i valori di solidarietà e fratellanza hanno la priorità assoluta su elementi materialistici come tempo e denaro, rivolge ogni sacrificio e impegno quotidiano ad Allah. Grazie a questo forte spirito di devozione e al rispetto incondizionato dei precetti divini, il
41 Il rabbino di Roma RICCARDO DI SEGNI, in Eutanasia e bioetica degli stadi
terminali. La bioetica dei trapianti :
- “...Per quanto riguarda l'eutanasia e la bioetica degli stadi terminali, non esistono
indicazioni chiare e specifiche su questi punti nella Bibbia, ma da questa vengono comunque tratte le basi per il ragionamento successivo della tradizione...” e
- “...Nel conflitto di interessi tra tutela della santità della vita e l'esigenza legittima di
liberare dalla sofferenza, quest'ultima non può avere la prevalenza. Questo non significa tuttavia che non sia parimenti doveroso preoccuparsi della dignità del malato e lenire al massimo le sue sofferenze. I farmaci antidolorifici sono permessi, anche se possono affrettare la morte, purché non siano dati proprio per questo scopo...”
- “..Di qui l'importante distinzione: così come è proibito accelerare la morte di un individuo, parimenti può essere proibito ritardarla con mezzi artificiali...”
problema eutanasia non è stato ancora dibattuto in maniera molto organica, ma se ne può ricostruire lʼidea attraverso la lettura del Corano unitamente al Codice Islamico di Etica Medica.
Dio dà la vita 42, a Lui appartiene 43 e di essa, solo Lui, può disporre,
infatti si vive e si muore col permesso e nel momento da Lui stabilito 44.
Eʼ quindi sottolineata la sacralità della vita, che non deve mai essere tolta45 in maniera arbitraria tramite omicidio o suicidio, nemmeno come
atto misericordioso46.
Il Corano ripete più volte di non mettere a repentaglio la propria vita o quella altrui, perché in entrambi i casi si commetterebbe un peccato mortale. Tuttavia, rimane ferma, per alcuni fondamentalisti, lʼidea che morire per Allah sia un gesto che attribuisce onore nellʼaldilà.
Infatti,parimenti ai cattolici, anche gli islamici non guardano alla morte come ad una fine, ma come un momento di passaggio per una vita ultraterrena, ed essendo, questa vita terrena, considerata come una fase di preparazione per il futuro, anche qui, la sofferenza assume un significato positivo, tanto è vero che nelle correnti più conservatrici
42 Sura (3:156): “Eʼ Dio che dà la vita e la morte.”
43 Sura (6:162): “Certo la mia preghiera, i miei atti di devozione, la mia vita e la mia
morte sono di Dio, Signore dei mondi.”
44 Sura (3:145): “Ognuno muore, nel momento fissato, col permesso di Dio.” 45 Sura (6:151): "Non prendere alcuna vita che Dio ha reso sacra, tranne che per
giustizia."
46 Sura (5:32): "Chiunque uccida una persona e' come se avesse ucciso tutta
anche gli antidolorifici vengono annoverati fra le sostanze proibite dallʼIslam.
Su questa scia il Codice Islamico di Etica Medica, nel 1985, stabilì che lʼeutanasia può essere giustificata soltanto da chi, essendo ateo, non crede in una vita oltre la vita; ma in unʼottica religiosa, come quella islamica, non si può pensare di sopprimere un essere umano anche se affetto da una malattia incurabile e dolorosa 47(secondo un detto del Profeta: "Cercate la cura, con l'aiuto di Dio, poiché, per ogni malattia,
Dio ha dato anche una cura").
Tuttavia i giuristi musulmani non obbligano alle cure mediche, neppure nel caso di buone speranze per una ripresa, ciò rimane una facoltà del paziente. Nei casi limite, però, sarà il medico a giudicare e a non utilizzare mezzi sproporzionati, lasciando così ad una morte naturale lʼammalato, salvo somministrazione di analgesici per alleviare il dolore48.
47 Codice Islamico di Etica Medica istituito dalla Prima Conferenza Internazionale di Medicina Islamica, Kuwait, nel 1985 :
"L'eutanasia, come il suicidio, non ha supporti se non in una visione atea della vita, la
quale ritiene che la vita sulla terra sia seguita dal nulla. L'Islam rifiuta la pretesa di poter sopprimere un essere umano anche nel caso di una malattia incurabile particolarmente dolorosa, poiché non vi e' dolore umano che non possa essere trattato dalla medicina palliativa o dalla neurochirurgia”.
48 Codice Islamico di Etica Medica stabilisce: "Nella sua difesa della vita, comunque, il
medico dovrà capire quali sono i limiti e non trasgredirli. Se e' scientificamente accertato che le funzioni vitali non possano essere restaurate, in quel caso e' inutile mantenere diligentemente il paziente in uno stato vegetativo grazie all'uso di macchinari o attraverso l'ibernazione o altri metodi artificiali. Il medico mira a mantenere il processo della vita, non quello della morte. In ogni caso, il medico non prenderà alcuna misura atta a mettere fine volontariamente alla vita del paziente"