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Il previo dissenso alle cure non confermabile dal paziente.

4. Lʼeutanasia individualistica pietosa.

4.7 Il previo dissenso alle cure non confermabile dal paziente.

Ultimate le osservazioni sui diversi casi di eutanasia individualistica pietosa rimane da considerare il particolare caso di previo dissenso alle cure non confermabile dal paziente.

Appurato che il rifiuto delle cure, espresso dal paziente cosciente, deve sempre essere rispettato, bisogna capire come comportarsi quando il

paziente sia privo di sensi o comunque incapace di esprimete la proprio volontà. Eʼ bene precisare che, se da un lato, non esiste una regola specifica che disciplini la materia; dallʼaltro non vi è nemmeno un principio per cui questo dissenso debba essere ritenuto nullo solamente perché non può essere riconfermato dal paziente. Infatti, dellʼinteresse a non essere curato, tutelato allʼart. 32,2°comma Cost., è titolare qualsiasi soggetto, anche se incosciente; ne deriva che il diritto al rifiuto delle cure deve poter essere fruibile da tutti, indistintamente. Parrebbe, dunque, che anche nelle suddette circostanze, debba applicarsi il principio generale costituzionale che vincola il personale sanitario al rispetto incondizionato della volontà espressa del paziente. Questa conclusione, però, è sempre stata osteggiata da due diverse problematiche, lʼuna, prevalentemente tecnica, riguarda lʼappena citata mancanza di riferimento normativo che la sostenga, lʼaltra, rivolta allʼaspetto sostanziale, sostiene la prevalenza dellʼistinto umano a l l ʼ a u t o c o n s e r v a z i o n e , a l l a s o p r a v v i v e n z a s u l l a g a r a n z i a dellʼautodeterminazione di un paziente nemmeno più in grado di autodeterminarsi144. Inoltre, spesso, la soluzione al problema di un

consenso o dissenso non valido o non attuale, è “in dubio pro vita” cioè, in caso di dubbio, vengono attuate tutte le cure atte a salvare la vita del paziente, anche per evitare il rischio di un slippery slope (pendio scivoloso) che conduce ad arbitrarie anticipazioni della morte145.

144 A.VALLINI, Diritto Penale e Processo n°1/2008, pag. 79. 145 S.CANESTRARI op.cit. pag136.

In realtà un dato normativo cʼè, benché unico, ed è rappresentato dal dissenso precedentemente espresso, che deve per forza essere portatore di un qualche valore; non siamo, quindi, in una reale situazione di dubbio, ma solo in una in cui il paziente non può ribadire la sua volontà chiarificatrice. Inoltre, generalizzando, ciò porterebbe a dire che, di fronte ad un paziente incapace, si dovrebbe dubitare sempre dellʼattualità della sua volontà, non solo quando esprimere un dissenso ma anche quando abbia acconsentito allʼintervento146.

Proprio a causa dellʼincertezza che circonda questa tematica che si è iniziato a parlare di direttive anticipate di trattamento (DAT), testamento biologico o living will; documenti tramite i quali il soggetto può rendere nota la propria volontà di ricevere determinate cure e rifiutarne altre nel momento in cui versasse in una condizione di incoscienza o malattia terminale. Queste testimonianze saranno riconosciute valide solo in presenza di alcune caratteristiche riassumibili nella chiarezza e specificità del contenuto, nella possibilità di revoca, nel rinnovo periodico e soprattutto nella loro spontaneità e autenticità.

La dichiarazione anticipata, così espressa, deve considerarsi coerente e compatibile con i principi costituzionali che garantiscono il massimo rispetto delle scelte personali, ma vista la sussistenza di una lacuna normativa in materia rimane da chiarire quanto queste volontà siano

146 A.VALLINI, Il valore del rifiuto di cure << non confermabile >> dal paziente alla luce

della Convenzione di Oviedo sui diritti umani e la biomedicina, in Diritto Pubblico,

vincolanti per il medico nel momento in cui si trovi davanti al paziente incosciente ed in pericolo di vita.

La Convenzione di Oviedo, allʼarticolo 9147, impone al medico di “tenere

conto” delle direttive precedentemente espresse dal paziente, ciò significa che esse non sono sempre e comunque vincolanti ma altresì che non si possa prescinderne. Tenuto conto che non posso esservi discrimini basati sulle motivazioni di determinati convincimenti personali oppure sulla tipologia di terapie che si intende rifiutare ( siamo esse indirizzate a migliorare il quadro clinico o siano trattamenti salvavita) e ricordando il principio generalmente riconosciuto per cui, in materia di atti di manifestazione della propria volontà, è consentita la libertà di forma; il suddetto articolo 9 ritiene valida qualsiasi espressione di volontà tesa al rifiuto delle cure, non vi sono rifiuti sempre efficaci o rifiuti sempre inefficaci.

La “regola generale” enunciata dallʼarticolo 5148, che già anticipava

questa idea , è allora lʼunica che imponga un limite, quello della contestualità. Il medico, tenendo conto delle precedenti dichiarazioni non più confermabili, dovrà valutare se esse si adattano al caso

147 Art.9, Convenzione di Oviedo “I desideri precedentemente espressi a proposito di

un intervento medico da parte di un paziente che, al momento dellʼintervento, non è in grado di esprimere la sua volontà saranno tenuti in considerazione ”.

148 Art.5, Convenzione di Oviedo “Un intervento nel campo della salute non può

essere effettuato se non dopo che la persona interessata abbia dato consenso libero e informato. Questa persona riceve innanzitutto una informazione adeguata sullo scopo e sulla natura dellʼintervento e sulle sue conseguenze e i suoi rischi. La persona interessata può, in qualsiasi momento, liberamente ritirare il proprio consenso” .

concreto cioè a quello specifico intervento o trattamento, e alle conseguenze che questi ne implicano, inferendo se vi è rifiuto o meno. Ne deriva che la situazione dei pazienti incoscienti non rende necessaria la creazione di una normativa specifica e diversa sul rifiuto delle cure, ma rende solamente molto più difficile lʼaccertamento dellʼesistenza di un effettivo dissenso rispetto alle cure149.

Auspicando un intervento del legislatore nazionale, poiché ,per quanto ratificata, la Convenzione di Oviedo non essendo una di quelle normative cosiddette self-executing non assume un significato immediato, si è espressa in merito il Comitato Nazionale di Bioetica, il 18 Dicembre 2008, con un parere sulle “Dichiarazioni anticipate di trattamento”.

Oltre alla richiesta di determinati requisiti per le direttive anticipate, al fine di tutelare sia il personale medico sia il paziente, leggiamo il giudizio sullʼarticolo 9 : “ ... ne consegue che se nel medico, in scienza e coscienza, si formasse il solido convincimento che i desideri del malato fossero non solo legittimi, ma ancora attuali, onorarli da parte sua diventerebbe non solo il compimento dellʼalleanza che egli ha stipulato col suo paziente, ma un suo preciso dovere deontologico: sarebbe infatti un ben strano modo di tenere in considerazione i desideri del paziente quello di fare, non essendo mutate le circostanze, il contrario di ciò che questi ha manifestato di desiderare. Eʼ altresì ovvio che se il medico, nella sua autonomia, dovesse diversamente

convincersi, avrebbe lʼobbligo di motivare e giustificare in modo esauriente tale suo diverso convincimento, anche al fine di consentire lʼintervento del fiduciario o curatore degli interessi del paziente” .

Allora, la dichiarazione anticipata, per il Comitato Nazionale, è portatrice di un duplice significato:

- è un atto informativo rivolto al personale medico ed i medici stessi dovranno quindi tenerne conto in virtù di precise regole deontologiche150;

- è un atto che, intrinsecamente, non vincola i medici ma che influenza a tal punto la loro decisione discrezionale, di attuare o meno determinate misure, tanto da obbligarli a giustificarla formalmente ( in cartella clinica)151.

Sul piano giuridico, rimandando al paragrafo dedicato al consenso le sue modalità di accertamento processuali e sostanziali, concludiamo dicendo che, se il medico ha considerato la volontà pregressa del paziente e lʼha valutata concreta ed attuale ma è ugualmente

150 Art.38, Codice Deontologico, 2006 “Il medico deve attenersi, nellʼambito della

autonomia e indipendenza che caratterizza la professione, alla volontà liberamente espressa della persona di curarsi e deve agire nel rispetto della dignità, della libertà e autonomia della stessa. Il medico, compatibilmente con lʼetà, con la capacità di comprensione e con la maturità del soggetto, ha lʼobbligo di dare adeguate informazioni al minore e di tenere conto della sua volontà. In caso di divergenze insanabili rispetto alle richieste del legale rappresentante deve segnalare il caso allʼautorità giudiziaria; analogamente deve comportarsi di fronte a un maggiorenne infermo di mente.Il medico, se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà, deve tenere conto nelle proprie scelte di quanto precedentemente manifestato dallo stesso in modo certo e documentato”

intervenuto dovrà rispondere di violenza privata152. Non ne risponde,

invece, quando si trovi ad attuare particolari cure, convinto, anche colposamente, del contrario e cioè dellʼassenza di attualità delle precedenti dichiarazioni.

Se, nellʼipotesi inversa, il medico non interviene in alcun modo sul paziente, lasciandolo morire, ed in seguito non è possibile accertare e provare lʼinteresse attuale a non essere curato, potrà dover rispondere allʼaccusa di omicidio per omissione; omicidio volontario se si era prefigurato lʼinattualità del dissenso, omicidio colposo se, per la posizione da lui ricoperta, era richiesta un più attento esame delle direttive153.

152 Citiamo una considerazione ed un esempio di A.VALLINI, in Diritto penale e

processo N°1/2008, pag.76.

“...Certo quando lʼevento del reato ... non è di per sé violento ... ed anche la

costrizione opera su di un piano meramente morale, la “violenza” deve connotare una diversa condotta; sono questi i casi, dʼaltra parte, rispetto ai quali è urgente segnare un limite di tipicità, ché altrimenti qualsiasi interferenza, anche “ordinaria”, sulle altrui scelte rischierebbe di guadagnare un carattere delittuoso. Ma se ad esempio:

Tizio “mette” e poi “tiene” prepotentemente “le mani addosso” a Caio, che non gradisce affatto, ma magari è impossibilitato a reagire, è forse da escludere una violenza privata, solo perché il comportamento non è stato preceduto da altro, anchʼesso violento, volto a far sì che il soggetto passivo “tollerasse” siffatta intrusione nella propria sfera corporale? Si può forse negare che Caio venga aggredito al contempo nel corpo e nellʼautodeterminazione e che dunque lʼatto di Tizio possa essere doppiamente qualificato come una violenza alla persona ed una costrizione, con ciò andando ad integrare lʼintero valore caratteristico e tutti gli elementi “alla lettera” costitutivi della fattispecie di cui allʼarticolo 610?

Da questa visuale, il medico che attua sul paziente incosciente un trattamento medico non voluto usa su di lui una violenza, perché ne manipola il corpo, che il paziente stesso è costretto a subire ... e che al tempo stesso è causa della costrizione, essendo, la manipolazione, il mezzo attraverso il quale il rifiuto di cure viene vanificato...”

CAPITOLO II