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Fiona in fondo al pozzo

Nel documento Schermi di carta (pagine 78-82)

4.4 Sandro, padre e sognatore

4.4.3 Fiona in fondo al pozzo

Fiona, al contrario di Maura che è un personaggio salvifico, rappresenta, per suo padre, una condanna, il peso dell’indifferenza e del distacco emotivo. Le due figure femminili appaiono come legate e opposte: Maura non ha una sua corporeità, ma è eterea, mentre la bambina esiste solo nella sua dimensione fisica, ma non psichica; risultano entrambe mutilate e incomplete: all’essenza divina di Maura si contrappone quella terrena e carnale di Fiona, spesso paragonata da Sandro a un «grosso gatto», e ridotta pertanto alla più pura animalità:

Adesso Fiona si mangia le sue, di unghie. È nell’angolo delle scope, accanto alle scaffalature componibili che avevamo ancora nell’appartamento vecchio. Alcuni scaffali hanno gli spigoli arrugginiti. Fiona ci passa sopra le dita bagnate e poi le lecca. Unghie e limatura di ferro sono i suoi cibi preferiti. Accetta controvoglia i pugnetti di riso e di ragù che la tata le ficca in bocca. Accetta i lavaggi, il lettino, tutto ciò che la tata le impone. Dopodiché, sparita la tata, si libera delle coperte,

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abbandona la cameretta e si rifugia nel ripostiglio a mangiarsi le unghie dei piedi. [...] Sento che gratta la ruggine dello scaffale. Lasciatela fare, dice la psicologa. [F 21]

Fiona, come un animale, cerca di procurarsi il cibo e si nasconde dagli adulti, i suoi predatori naturali. I confini tra le cose sfumano in una confusione generalizzata: realtà e cartoni animati si mescolano, commestibile e non commestibile si accavallano. Le persone che la circondano sono viste solo come creature invadenti che cercano di contrastare la sua ricerca di cibo. La tata cerca di contrastare le strane abitudini che in Fiona paiono essere retaggi atavici di tradizioni haitiane sconosciute ottenendo, dalla bambina, una certa arrendevolezza; al contrario, Sandro accetta passivamente le sue stranezze e non ottiene altro che un maggiore distacco sia emotivo che psichico. A questa distanza emotiva di Fiona, Sandro si oppone con la compensazione onirica: nei sogni Fiona diviene una bambina-adulta che parla «in un italiano adulto, avanzato» [F 116] ed è capace di slanci affettivi ed emotivi che sono lontanissimi dalla realtà. Nel mondo reale, Fiona abbassa le proprie difese soltanto quando dorme o guarda la tv, rendendosi accessibile all’amore paterno; Sandro approfitta di questa breccia nelle difese di sua figlia per estorcerle l’affetto e la considerazione che lei non è in grado di concedergli:

Quando la prendo in braccio per portarla a letto, Fiona è come un grosso gatto, dà sempre l’impressione di essere vigile, pronta a scattare, anche se ronfa. Il che mi regala l’illusione che i bacini sul collo non siano proprio un furto. Magari anche lei mi lascia fare, mi dico. [F 21]

Il sonno, sia quello di Sandro sia quello della bambina, diventa l’unico mezzo per ottenere una compensazione, un risarcimento dalle incongruenze della veglia; l’amore diviene un surrogato onirico che si trasforma in carburante per la vita quotidiana.

Vieni tesoro, andiamo a nanna. Adesso il papà mette Fiona nel suo lettino. So cosa dovrei dire. Sussurrarlo piano perché penetri nel sonno e la protegga. Ma io sono troppo concentrato sulla morbida consistenza del corpo di mia figlia, troppo intimidito dalla sua quiete ferina, troppo solo di fronte alla flagranza incombente del mio tentativo, troppo per poter sussurrare alcunché. Con gli occhi socchiusi vado incontro al tepore che sale dal collo. Questo è il minuto che aspetto da quando mi sveglio. Fiona mi ronfa sulle costole. Sa di sapone neutro e limatura di ferro ̶ di Ms solo un poco nell'alveare dei capelli. Le do tanti minuscoli baci sulla valle incantata che si estende tra l’orecchio e il primo bottone del pigiamino. Mi sfamo. E anche

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stavolta Fiona resta immobile. No, non mi lascia fare, sta semplicemente dormendo. La depongo sul lettino come se la restituissi alla notte. [F 23]

L’amore di Sandro, nutrito dalla fantasia, passa poi attraverso la dimensione materica del corpo della figlia denunciando l’inconsistenza e la limitatezza del sogno, privo della sua dimensione tattile. Sandro tenta di ricondurre le immagini oniriche di maura e di Fiona alla realtà, ma in questa trasposizione dimensionale la materia si deteriora, si trasforma riducendosi solo a una rappresentazione simbolica, ormai svuotata di senso e di consistenza:

Solo la porporina mi toglieva un po’ di concentrazione, vederla lì, ben livellata sulla stagnola, mi metteva a disagio. Era come se di ritorno da un sogno mi fossi portato dietro i capelli della dea dei platani. Capelli essiccati, disidratati e infine polverizzati nel viaggio dalla cabina onirica a quella reale. Una specie di traslazione della materia, riuscita solo a metà. Avevo provato a trascinarla con me, di qua. Mi era rimasta la polvere dei suoi capelli. [F61]

Il contrasto che si instaura tra il padre e la figlia agisce a livello sensoriale, Sandro privilegia gli unici due sensi che permettono di percepire la virtualità: la vista e l’udito; Fiona, all’opposto, privilegia il tatto, il gusto e l’olfatto, che sono immuni alle lusinghe e alle illusioni della virtualità. Questa contrapposizione svela l’appartenenza dei due individui a una stessa unità individuale, scissa nella sua diversa deriva sensoriale, ma unita nella sua sostanza. Sandro e Fiona si configurano come frammenti che sono contemporaneamente in equilibrio e in opposizione tra loro. Il mondo di Sandro è tutto incentrato sulla virtualità e sulla finzione: la televisione è presentata, nel romanzo, come una fabbrica di falsità e di mistificazioni ideate per abbindolare il pubblico e immobilizzarlo davanti allo schermo; il rapporto che vive con sua moglie è costituito da abitudini consoliate che hanno più la vaghezza del virtuale che la consistenza della stabilità: «compagni di classe, compagni di studi, compagni di appartamento» [F 159]; il rapporto con Maura è interamente costruito sulla finzione di un incontro che non è mai avvenuto nella realtà, un rapporto interamente costituito da fantasie:

L’avessi raggiunta, non avrei certo avuto il coraggio di parlarle. […] Che voce avrà la dea dei platani? Eccoci di nuovo sul marciapiede dell’asilo. Anzi no, lei ha già attraversato e io l’ho quasi raggiunta. Scusi? Nessuno osa fermare una donna per strada a Milano. Penso alla stronzata del caffè, non ce l’avrei mai fatta. Però ormai

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ci sono. Scusi? E lei che si gira con l’adrenalina negli occhi, quel contrarsi e dilatarsi di pupille, perfettamente visibile a mezzo metro. Che voce ha? Che voce può avere? [F 52]

Al contrario del protagonista, Fiona si configura come necessariamente legata alla realtà, da cui le finzioni sociali e emotive sono escluse con forza. La sua conoscenza del mondo passa attraverso il tatto e il gusto, tutto è toccato e assaggiato, perché solo attraverso questi sensi si può avere la conferma della realtà. Anche Fiona utilizza la vista, ma in lei non è un mezzo conoscitivo, ma solo un modo per poter fruire e perdersi nella virtualità della televisione. L’unico ponte capace di mette in comunicazione padre e figlia diviene il televisore, che col suo potere ipnotico e sedativo permette a Sandro di estorcere alla piccola un’ulteriore dose di affetto, un furto che si aggiunge al rito notturno dei baci.

Il rapporto tra padre e figlia si consuma nel silenzio reciproco: Sandro non riesce a infrangere la sorda impenetrabilità della bambina, arrendendosi del tutto, smettendo di parlarle. Il mondo silenzioso di Fiona viene accettato da Sandro, l’uomo vede la piccola come insalvabile, condannata a vivere in un mondo muto e buio, in cui non cercherà più di entrare per liberarla. Il padre ha ormai perso per sempre la speranza di poter incrinare e sconvolgere lo stato delle cose, e alla sua accettazione passiva si contrappone, per contrasto, la madre dell’uomo, l’unica che non si arrenderà al silenzio ostinato della bambina. La madre di Sandro, nell’economia del romanzo rappresenta il candore, la parte umana che in suo figlio si è, invece, completamente rattrappita. La madre non si arrende all’indifferenza della nipote, la combatte creandole attorno un mondo sonoro, vocale che riconduca la piccola alla realtà:

Sento mia madre muoversi per le altre stanze, chiamare Fiona, richiamarla, richiamarla ancora, non proprio sperando, ma lasciando comunque aperta la possibilità che oggi mia figlia si arrampichi fuori dal pozzo, metta la testa in cucina e dica: «Eccomi, nonna, che c’è?» [F 159]

Nella logica della loro inscindibile unità, Fiona rappresenta la parte di sé che Sandro vorrebbe cancellare, amputare, quella che ancora insiste e brancola alla ricerca della verità e della realtà al di là della virtualità televisiva e onirica. Fiona è la personificazione di una vita primordiale che diviene inaccessibile perché si rifiuta di comunicare. A questa primordiale inaccessibilità si contrappongono le vite prodotte dal reality, false perché

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continuamente rivolte all’esterno, in una comunicazione che smette di essere indispensabile.

Nel documento Schermi di carta (pagine 78-82)