Minemaker è modellato sulla figura di Unabomber di cui Covacich si è già occupato nel libro La poetica dell’Unabomber, pubblicato nel 1999.
L’analisi della controversa figura del terrorista Minemaker è affidata, nel romanzo, a un talk show domenicale. Covacich, proprio come ha fatto anche Doninelli, segue il conduttore per tutta la durata del programma, cercando di sondarne le intenzioni e sottolineandone le contraddizioni e la faziosità. Per sua stessa natura, il talk show, riduce a chiacchiericcio anche gli argomenti più sensibili, facendo appello a tutta una serie di strategie per potenziarne l’impatto emozionale sul pubblico.
Nel romanzo il conduttore, con l’ausilio di un criminologo esperto e delle onnipresenti immagini del bombarolo, cerca di colpire allo stomaco il suo pubblico, fomentandone l’odio. In Fiona si rende palese la generalizzazione della tendenza che Sartori individua nella politica televisiva: la progressiva emotivizzazione dell’evento, infatti, il fine ultimo del conduttore non è quello di fare una sana e imparziale informazione, ma è quello di trattenere il pubblico sul suo canale, ingabbiarlo alla propria conduzione; lo spettatore, d’altra parte, non cerca di costruirsi una conoscenza precisa dell’evento, ma vuole solo essere emozionato, vuole appassionarsi alla storia che viene narrata. Il talk show del romanzo basa la propria capacità penetrativa non solo sulle parole, ma sull’unione di queste alle immagini. Si costituisce così l’innesco di un ordigno estremamente suscettibile per il pubblico: «la parola è pur sempre meno riscaldante dell'immagine. Pertanto la
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cultura dell'immagine rompe il delicato equilibrio tra passioni e razionalità»84, spingendo i telespettatori a privilegiare una lettura più emotiva dell’evento raccontato.
Sandro guarda il programma chiamato Domeniquà per capire quali siano le reazioni della gente alle detonazioni delle sue mine. Il criminologo, invitato dal conduttore del talk show per sciogliere le angolosità legate alla personalità e alle motivazioni di Minemaker, cerca di appellarsi alla razionalità del pubblico, creando inconsapevolmente un cortocircuito: il pubblico non si muove in una direzione razionale, ma puramente emotiva, per questo gli interventi dell’esperto vengono puntualmente fraintesi o trascurati. Il conduttore, al contrario del suo ospite, conosce perfettamente il bacino d’utenza a cui il suo programma si rivolge e trasforma le dichiarazioni razionali del criminologo in un minestrone emotivo perfettamente digeribile per il suo pubblico affamato di passioni. Il criminologo e il conduttore si contrappongono per la natura delle loro posizioni: il primo si mantiene più aperto ai dubbi sui motivi che spingono il bombarolo a piazzare i suoi ordigni; il secondo, al contrario, fomenta l’odio popolare facendo leva su posizioni nette, prive di ombre e sfumature, posizioni facilmente condivisibili dal suo pubblico, il quale, influenzato dalla fermezza del presentatore, sarà facilmente portato a condannare nettamente Minemaker senza neanche fare lo sforzo di capire le ragioni che sottendono ai suoi atti. Il giudizio del pubblico segue quello del conduttore senza alcuna forma di elaborazione critica. Il conduttore diviene in questa logica una guida imprescindibile per il pubblico, tanto che si potrebbe dire che il successo di questo tipo di programma dipenda completamente dal carisma che il presentatore riesce a esercitare sui suoi ascoltatori. Il conduttore del romanzo non fa altro che appellarsi all’irrazionalità del suo pubblico, alimentandone fantasmi e timori, anche e soprattutto attraverso la somministrazione di immagini:
«Non ha fatto scorta di nessun materiale». […]
«Questo significherebbe che ha intenzione di smettere? Che ha smesso di terrorizzarci?» Controcampo sul criminologo «O che ha cambiato bersaglio. [...] Una cosa è certa...» «Ah, ecco, meno male, almeno una certezza ce l’abbiamo, – lo interrompe il conduttore, – ma, aspetti, guardiamo ancora un frammento degli atti agghiaccianti di Minemaker». [F 164]
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Nel romanzo, le immagini diventano il veicolo principale delle passioni degli spettatori perché mostrano l’oggetto della discussione nascondendolo allo stesso tempo. La piattezza del video riesce comunque a trasmettere la tangibilità del personaggio rendendolo in qualche modo reale, sancendone indirettamente l’esistenza, fornendo una base fertile per la proliferazione delle passioni e delle paure.
Sandro non dissemina ordigni nascosti nei templi del consumatore, i supermercati, per denunciare il consumismo occidentale o la degenerazione dei costumi cui sta andando incontro la società, ma lo fa perché sta conducendo con perizia e dovizia di tempo e impegno una battaglia interiore, una battaglia che il personaggio combatte contro se stesso. Quella di Sandro è una volontà di affermazione del sé; la sua ricerca è tutta rivolta verso l’interno, ma la scelta del luogo in cui piazzare gli ordigni apre la strada a numerose interpretazioni da talk show: infatti, il conduttore enfatizza le dichiarazioni piane del criminologo distorcendole in interpretazioni ingiustificabili sia dal punto di vista scientifico, sia dal punto di vista logico:
«Il nostro soggetto maneggia con abilità gli esplosivi. Ormai è chiaro che, se avesse voluto, avrebbe compiuto danni ben peggiori».
«Lei ci sta dicendo che potrebbe fare una strage? Ci sta dicendo che potrebbe far saltare un supermercato, magari una scuola? Ci sta dicendo che potrebbe salire su un bombardiere sganciare bombe sulle nostre città? Su Pordenone, su Treviso, su Trieste? Ci sta dicendo che è un militare? Un militare americano impazzito?» incalza il conduttore. Controcampo sul criminologo:
«No, no, non sto dicendo...»
«Ah, ecco, allora aspetti Merletti, ̶ lo interrompe il conduttore, e poi, cercando di bucare il video: – Il criminologo Merletti risponderà ai nostri angoscianti interrogativi tra pochi attimi, restate con noi».
Spot di Divani&Divani, spot di Ferrarelle, spot di Knorr, spot di Duracell, spot di Nesquik. [F 165]
Covacich gioca molto sull’enfasi del conduttore, mettendogli in bocca parole eccessive, sovraccariche che stridono col realismo. L’obbiettivo dell’autore, come abbiamo già detto, non è quello di testimoniare la realtà televisiva ma è, all’opposto, spingere la finzione fino ai suoi limiti per svelare le angolosità concrete del medium. L’emotivizzazione sistematica che la televisione opera sul reale sta trasformando il pubblico e il suo modo di rapportarsi al mondo, favorendo una sostituzione delle categorie razionali con categorie emotive molto più instabili e cangianti. Ne deriva
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un’anestetizzazione della capacità di giudizio dei telespettatori, che diventano molto più sensibili al carisma e alle prese di posizioni nette ed estremiste.