• Non ci sono risultati.

Il capo espiatorio

Nel documento Schermi di carta (pagine 50-53)

La centralità del Conduttore non basta da sola a garantire la riuscita della puntata, anche gli ospiti e il livello delle loro conversazioni sono importati per mantenere alta l’attenzione del pubblico. Nel corso della puntata analizzata da Doninelli, il Conduttore si rende conto che i suoi ospiti stanno perdendo presa sugli spettatori; allora, decide di intervenire per ridestare l’interesse degli ascoltatori:

Lo scienziato intervenne nuovamente parlando della propria amicizia con un prete – lui ateo convinto. Voleva, con queste parole, dire qualcosa di molto intelligente e, al tempo stesso, vantarsi ancora un po’. Il Conduttore, allora, gli chiese un chiarimento: «Lei dunque vuol dire che...».

Lo scopo di questa richiesta era quello di produrre una frase degna di un applauso. E la frase venne, e anche se non fu felicissima l'applauso venne lo stesso. [TS 43]

Questo tipo di interventi correttivi non possono essere usati a lungo perché il pubblico si stanca presto degli ospiti che compiono il «peccato mortale di voler far ridere senza riuscirci» [TS 44]. Per evitare che un solo ospite affondi la puntata il Conduttore ha il dovere di intervenire riaffermando il proprio dominio sul programma e lo fa attraverso «quattro o cinque minuti di puro protagonismo» [TS 45]. Si rende necessario il sacrificio di un ospite che diventi la valvola di sfogo per le frustrazioni represse di tutto il pubblico.

51

C'era, tra gli ospiti, un individuo che era stato invitato appositamente per questo: il capro, la vittima sacrificale. Era il ciclista, l'odioso ciclista, l'uomo per la cui morte (televisiva) nessuno avrebbe pianto troppo, il debole che meritava di essere debole... [TS 45]

Il talk show registra una regressione tribale in cui prevalgono le logiche della prevaricazione e della condanna sommaria. Il ciclista non è stato ancora condannato in un vero tribunale, la sua sospensione è una misura cautelare che però nell’approssimazione del tribunale televisivo diviene una condanna senza appello. Il tribunale mediatico non utilizza prove e ragionamenti per emettere un verdetto, ma si basa semplicemente sulle emozioni, soprattutto quelle veicolate e guidate dalle parole dell’officiante della cerimonia sacrificale, il Conduttore. Quest’ultimo vede riconfermato il suo ruolo di giudice mediatico assumendo su di sé non solo il potere giudiziario, ma anche quello esecutivo, è lui infatti che indica alla giuria popolare del pubblico il colpevole e li invita a condannarlo. Si accentuano sempre di più le dinamiche da villaggio contadino, in cui le figure autorevoli ottengono l’appoggio popolare con estrema facilità.

Il ciclista è condannato alla pena di morte televisiva e nessuna sua parola potrà salvarlo da una sentenza già scritta. Il sacrificio del capro passa attraverso la trasformazione e deformazione di qualsiasi sua parola, e la condanna aprioristica delle sue ragioni. A lui non si concedono applausi gratuiti perché il Conduttore non gli ha concesso il suo favore:

«Cosa si pensa quando si sale su verso il Mont Ventoux?».

«Cosa vuole che si pensi? Che siamo dei poveretti, e che gli avversari sono dei poveretti anche loro».

Questa frase, detta da chiunque altro, avrebbe meritato un applauso. Stavolta, invece, nessuno mosse un dito. [TS 49]

Il ciclista è condannato al silenzio, anche quando il Conduttore gli rivolge la parola in realtà non gli sta parlando. Il silenzio in un talk show equivale a una vera e propria morte, soprattutto se il silenzio viene dal pubblico. Il ciclista è stato condannato dallo sdegno popolare: il sospetto si trasforma in certezza perché, come già visto, il talk show non tollera le posizioni sfumate, intermedie. Solo le opinioni nette trovano spazio in questo universo che opera continuamente sulla realtà una semplificazione riduttiva: assoluzione completa e trionfo, oppure condanna al silenzio e dimenticanza.

52

Doninelli svela un ulteriore scarto che si crea tra la televisione e la vita vera: le emozioni intermedie e le sfumature appartengono al mondo di tutti i giorni, ma in televisione il pubblico vuole vivere e sentire passioni dopate, più forti di quelle che già conosce nella limitatezza del proprio quotidiano.

La condanna di un ospite è una dinamica molto consueta nel mondo drogato del talk show perché permette al pubblico di sfogare le proprie energie represse e al conduttore di guadagnarsi il favore popolare.

La complicità o il conflitto con l'ospite possono trasformarsi in chiare modalità di alleanza o scontro. Il bravo conduttore può artatamente convogliare tensioni negative su un ospite sgradito, alzandogli contro il pubblico presente in sala, cercando la complicità degli altri invitati, misurandogli la parola57.

Il tribunale popolare della televisione ha emesso la sua condanna per il ciclista: la dimenticanza. Rimanere senza voce in un programma che pone al suo centro la parola equivale a non esistere. Il silenzio e la dimenticanza sono condizioni che in un certo senso vanno addirittura oltre la morte. La morte è un’interruzione della vita che però non cancella l’esistenza precedente, mentre l’oblio non si configura come una sospensione, ma come una completa cancellazione dell’esistenza. Il ciclista non muore televisivamente, ma si ritrova in una condizione in cui non è mai nemmeno esistito.

Intanto, si era capito che il Conduttore non sarebbe tornato a parlare col ciclista. Aveva finto di dimenticarsi di lui: una decisione senza dubbio ponderata, questa, a significare che lo spettacolo aveva una sua giustizia, che il suo procedere era in sé buono, che un ordine lo governava nell’apparente disordine, e che in quest’ordine i personaggi meno meritevoli non venivano più sacrificati, ma semplicemente dimenticati, lasciati perdere.

La dimenticanza – mi chiesi – è allora l’ultima forma della barbarie antica? Così dunque era stato sacrificato il capro. [TS 50]

Il Conduttore, con la sua condanna frettolosa e arbitraria, ha ristabilito il suo dominio sul palco del teatro, guadagnandosi l’indiscusso ruolo di guida dell’esercito televisivo.

53

Nel documento Schermi di carta (pagine 50-53)