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Il finale: un tentativo di riconciliazione

Nel documento Schermi di carta (pagine 102-106)

Il finale del romanzo rappresenta un momento in cui la già citata oscillazione tra realtà e finzione raggiunge il suo parossismo. Il protagonista decide di farsi esplodere con Fiona nella casa di Habitat, tentando una riconciliazione caotica e raffazzonata delle sue tre identità: quella di padre, quella di responsabile tv e quella di criminale. Il racconto, sul finale, si fa convulso, allucinato: «Deglutisco in continuazione per respingere le ondate di panico. Inspiro un’ultima volta. È come se sapessi davvero quello che sto facendo» [F 224]. I piani della realtà e dell’immaginazione si confondono e si compenetrano rendendo impossibile districare la vicenda e capire se realmente sta accadendo o se la narrazione è solo il frutto della fantasia del personaggio. Sandro vive una dissociazione, in più punti pare distaccarsi da se stesso e guardarsi come guarderebbe qualcun altro in televisione: «Chi mi ha portato fin qua? Sono davvero io questo tizio in mimetica? E Top Banana che fine ha fatto? E mani d’oro dov’è finito? Chi sta cercando la polizia? Sta cercando davvero questo tizio?» [F 223]. Covacich sovraccarica la narrazione spingendola nel territorio dell’incertezza proprio per mostrare l’ambiguità e la confusione che la televisione genera nei telespettatori.

Il gesto di Sandro sembra nascondere qualcosa di recriminatorio, sembra aver smesso di essere una crociata personale e tutta interiore volta ad affermare la propria esistenza, per trasformarsi in una battaglia sociale:

Entrando in soggiorno [quello di Habitat] ho ben chiare in mente le frasi da dire. Io sono l'autore di tutto questo. Vi ho mostrato tutto, ma voi non avete visto niente. Ciò che dovevate vedere era davanti ai vostri occhi, ogni giorno, ogni minuto, ma voi niente. Ciechi. Bene, ora vi sarà impossibile ignorarlo, ora libererò Fiona. Scusami, mamma. Perdonami, Lena. [F 225]

Sandro è l’autore di tutto: è il padre deluso di una bambina che non parla, l’autore di un programma televisivo degenerato a logiche tribali di prevaricazione e violenza, artefice dell’esplosivo al plastico con cui minaccia di far esplodere lo studio televisivo; le sue sembrerebbero parole di rivalsa, di affermazione, ma nascondono una frustrazione

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diventata insuperabile, una colpa di cui si vuole pubblicamente accusare. Sandro emette per se stesso un verdetto di colpevolezza, condannando tutto ciò che ha creato alla distruzione, alla cancellazione. Solo nel finale le parole di Sandro riguardo alla sua incapacità di sentirsi vivo, alla sua sensazione di essere morto dentro, acquisiscono valore: la morte interiore è resa reale dalla clamorosità del gesto. Sandro si è svelato, ha svelato la verità proprio come Covacich ci ha svelato la macchinazione e la contraddittorietà della televisione. Sandro condanna se stesso come prodotto della tv, le sue ambizioni, le sue aspettative sono orientate dalla mitologia che il medium gli ha inculcato: il mito della famiglia felice, il mito del lavoro come autorealizzazione e crescita personale, il mito del consumo. Nella televisione della sua fantasia e dei suoi sogni, Sandro operava le correzioni alle storture di un’esistenza normale e reale, cercando di avvicinarla alla sfarzosa perfezione di un programma televisivo: «Io e Fiona siamo dove siamo quando sogno. Parla tesoro, qui dovresti parlare. Dimmi cosa vuoi. Dimmi che lo vuoi, tu, con le tue parole» [F 225]. Alla fine anche il rifugio onirico è stato scoperchiato, svelato e messo a nudo nella propria inconsistenza, nella propria illusorietà. Sandro si è visto sconfitto due volte, privato sia della speranza sia della possibilità di desiderare. La realtà, divenendo reale per davvero, ha cancellato ogni possibilità di risarcimento: «Siamo solo io e Fiona in soggiorno, ora. Potrei sedermi sul divano e pensare di sognare. È una scena che conosco. Invece resto in piedi con l'accendino nella destra e mia figlia stretta nella sinistra, perché sono sveglio e questa è la realtà, la realtà reale» [F 226].

Nelle ultime righe del romanzo, Covacich sembra voler assolvere il suo personaggio con l’intervento della dea dei platani Maura che, come il deus ex machina della tragedia antica, scende dal suo Olimpo luminoso e onirico facendosi reale. Il vangelo di carne trova la sua personificazione e la voce sconosciuta di Maura diviene il corpo salvifico della redenzione:

«La scongiuro, non lo faccia, – è sua questa voce, è proprio Maura che me lo chiede». Ha mosso un passo di lato per scrollarsi dalla sagoma del poliziotto. Le braccia tese in avanti, i palmi lucidi, la dea senza scudo. Il silenzio alle sue spalle e popolato di voci trattenute, ha il sapore di una festa a sorpresa. Sembra che il mondo intero si sia raccolto dietro quella porta rossa, con la ferma intenzione di assistere al mio fallimento. Una folla di habitanti scesi dietro i cedri della Residenza Orione con i loro tunnel carpali, i loro riflussi esofagei, le loro coliti spastiche, il loro immenso sovraccarico di energia autocombusta, offesa dal destino e ora finalmente sul punto di essere vendicata.

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Nessuno è felice per merito di qualcuno, penso, mentre mi sto già avvicinando con mia figlia per mano. [F 227-228]

Il finale aperto crea una sospensione nebulosa, la storia sembra messa in pausa in attesa di una risoluzione che però non arriva. Il personaggio resta aggrappato alla sua indecisione: il suo gesto, come quello dell’autore, perde di spessore e di incisività sulla realtà.

La posizione di Covacich è puramente avversativa nei confronti del mezzo televisivo, non prova a trovare alcuna conciliazione con esso. L’autore ribadisce la netta separazione degli ambiti: la letteratura e la televisione, malgrado l’influenza che esercitano l’una sull’altra, restano divisi e inconciliabili.

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La realtà è sempre stata il mio punto debole, e forse per questo ho elaborato la teoria di una sua sostituzione con l’immagine. [TP 942]

5. 1 Il vero Walter Siti

Walter Siti nasce nel 1947 a Modena. Compie i suoi primi studi nella città natale per poi trasferirsi a Pisa dove si diploma alla Scuola Normale Superiore. Inizia a insegnare all’Università di Pisa e a quella della Calabria, per poi diventare professore ordinario di Letteratura italiana contemporanea all’Università dell’Aquila. È autore di diversi saggi tra cui si ricordano: Il realismo dell'avanguardia (Einaudi, 1975) e Il neorealismo nella poesia italiana. 1941-1956 (Einaudi, 1980). È stato curatore dell’opera omnia di Pier Paolo Pasolini pubblicata dalla Mondadori. Nel 2013 pubblica presso la casa editrice Nottetempo un breve saggio Il realismo è l’impossibile in cui affronta il tema del realismo in letteratura dal romanzo moderno a oggi.

Il suo esordio narrativo è piuttosto tardivo. Pubblica infatti alla soglia dei cinquant’anni il romanzo Scuola di nudo (Einaudi, 1994) che diventerà la prima parte di una trilogia romanzesca a cui si aggiungono, sempre pubblicati da Einaudi, i romanzi Un dolore normale (1999) e Troppi paradisi uscito nel 2006, con quest’ultimo l’autore vince il Premio Dedalus nel 2007. Dall’esordio a oggi l’autore modenese è stato molto attivo nel campo della narrativa pubblicando la raccolta di racconti La magnifica merce (Einaudi, 2004) e i romanzi Il contagio (Mondadori, 2008), Autopsia dell'ossessione (Mondadori, 2010) ed Exit strategy (Rizzoli, 2014). Il suo romanzo Resistere non serve a niente (Rizzoli, 2012) si aggiudica il Premio Strega e il Premio Mondello.

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Nel 2017 è stato pubblicato da Rizzoli il suo testo: Bruciare tutto. Il libro ha suscitato aspre polemiche perché il romanzo ha come protagonista un prete pedofilo che combatte contro la propria ossessione per i bambini, ma non è stata tanto l’umanizzazione del tema della pedofilia, già affrontato nel romanzo in analisi, ma il fatto che la personalità del protagonista sia ricalcata, seppure indirettamente e non a scopo polemico, sulla figura di Don Milani.

Nel marzo del 2018 è uscito per la casa editrice Nottetempo un libro intitolato Pagare o non pagare. In un’intervista al «Corriere della sera» Siti ha dichiarato che il suo non è un saggio, ma «un’autobiografia economica»85.

Siti ha collaborato con «Rivista di letteratura italiana», e attualmente collabora con una serie di riviste e giornali tra cui: «Nuovi argomenti», «Paragone», e «La Stampa» su cui, dal 2008, cura una rubrica intitolata La finestra sul niente. È inoltre il direttore editoriale della rivista «Granta Italia».

La sua attività non si è limitata alla carta stampata. Nel suo curriculum spiccano diverse collaborazioni televisive: è stato coautore del talk show condotta da Alda D’Eusanio Al posto tuo andato in onda su Rai 2 a partire dal 1999, e coautore, per tre anni, del Grande Fratello. Nel 2012 ha partecipato al programma di Italia Uno La scimmia, stavolta non in veste di autore ma come parte del cast interpretando il ruolo di preside. Il programma ha avuto vita breve per via degli scarsi ascolti: da Italia 1 è passata alla rete secondaria La5, per poi finire sul web disponibile nella sola modalità on demand.

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