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I fantasmi dell’Occidente

Nel documento Schermi di carta (pagine 140-144)

Nel corso del romanzo Siti ha più volte esposto la tendenza di tutto l’Occidente maturo e della televisione a instillare il desiderio di possesso che trova il suo apice nel consumismo e nella mercificazione ponendo sullo stesso piano prodotti industriali, modelli comportamentali e persone. La volontà di possedere tipica della contemporaneità è scaturita oltre che dal modello economico dominante, anche dalla consapevolezza dell’illusorietà di questo desiderio di possesso. La merce diventa un surrogato acquistabile di un desiderio irrealizzabile come quello di possesso della vita stessa. Ciascuno cerca di possedere per intera la propria vita, ma la frustrazione che inevitabilmente deriva da questa mancanza è sostituita con un desiderio raggiungibile che si declina in un consumismo generalizzato.

Che cos’è il lusso, se non la verifica che noi siamo più di noi stessi? Sacrifichiamo alla nostra Proiezione, come i poveri sivigliani si privavano del necessario per poter rivestire d’oro la loro Macarena. Comprare oggetti costosi è un buon sostituto dell’amore, perché comunque proietta l’anima in orbita: spaesata, si compiace che vivere non le basti, guarda le sue nuove ali. […] Facciamo finta che il mondo delle merci sia il nostro prostituto. [TP 857]

Il mondo delle merci si piega al nostro volere economico sopperendo alla profondità delle nostre mancanze reali con una finzione. L’oggetto del desiderio di ciascun

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consumatore non è tanto un prodotto specifico quanto un’idea: l’onnipotenza che si suppone derivi dal possesso di quel prodotto.

Walter coincide con l’Occidente perché condivide con esso non solo la stessa smania di possesso, ma la medesima frustrazione per la mancata realizzazione di quel possesso. Il corpo di Marcello diviene per il protagonista una metafora di tutte le sue mancanze. Walter arriva a mettere a rischio la propria stessa salute pur di inseguire un desiderio la cui mancata realizzazione è l’ultimo ostacolo a una felicità sintetica. Ma il possesso annulla l’integrità ideale dell’oggetto perché lo rende concreto, lo rende reale e non più una semplice proiezione di un desiderio. Non è il possesso che realizza l’onnipotenza. Il motore della vita è il desiderio stesso, solo in esso si realizza la felicità.

Il possesso, ho l’impressione che gran parte dei pesi della contemporaneità gravi su questo punto dolente; la fiducia che si possano realizzare i sogni possedendo gli oggetti (ma soprattutto le persone) che ossessionavano i sogni stessi. […] Una volta posseduta, la realtà non è più quella; i “forzati dei fantasmi” non possiedono i loro oggetti, li annientano. Se si lacera il fragile diaframma dell’immagine, resta l’orrore. [TP 1019]

Siti procede allargando sempre di più lo sguardo. Marcello diviene non solo l’oggetto del desiderio di Walter, ma si carica di valori simbolici molto più universali divenendo la metafora di ciò che manca all’Occidente, di quella «vita residua» che esso desidera e non riesce a possedere. Walter e l’Occidente non riuscendo a soddisfare quel loro desiderio di possesso favoriscono la distruzione di quella vita residua, come un’inconsapevole rivincita sull’oggetto che sfugge al controllo: Walter fornisce a Marcello i mezzi per nutrire e distruggere il suo corpo; l’Occidente favorisce l’instabilità nei Paesi che non si concedono al suo strapotere.

Ho smesso di ipotizzare una qualunque omologia tra la mia esperienza e l’Occidente: è un dolore talmente privato quello che provo, e deriva da un’infermità così poco condivisibile… L’Occidente è tutt’altro che impotente, anzi è potentissimo: rischia di morire per eccesso di potenza, o di prepotenza. Per quanto, per quanto… Se anche quella dell’Occidente fosse un’ossessione, e se l’economia non fosse che un alibi? Se il delirio, come ho sospettato più volte, fosse quello di possedere la vita residua nelle altre parti del mondo, e la rabbia quella di non riuscirci? Forse è per questo che, nelle relazioni tra il nostro mondo e il mondo dei poveri, l’odio è destinato a prevalere sul buon senso. Finché i poveri non diventeranno i più ricchi. Come io amo un corpo che si sta autodistruggendo (con la coca e le bombe anabolizzanti), e non

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riesco ad amarlo abbastanza per volerlo salvare, e in questo insufficiente amore piego verso l’autodistruzione io stesso – così le navi e gli aerei stracolmi d’armi viaggiano avanti e indietro tra dittatori e democrazie, in un’ipnotica titubanza.

Marcello in ultima analisi è un mio prodotto, ma si è incistato in un’anomalia della mia anima e sfrutta le mie stesse debolezze per ingrossare se stesso, incancrenirsi nella sua pigrizia e trasformarsi in un detonatore micidiale: non somiglia ai sogni di Bin Laden? [TP 949]

Walter si chiede: «Che accadrebbe, se l’Occidente si innamorasse dei propri fantasmi?» [TP 907], ma la risposta è che l’Occidente già si è innamorato dei propri fantasmi, già desidera solo ciò che non riesce ad avere e a possedere. In questo Walter e l’Occidente trovano un nuovo punto di contatto: entrambi innamorati di un fantasma. Marcello stesso è un fantasma irreale quanto la vita residua, il Verbo occidentale fatto carne e steroidi.

Trattare i fantasmi come cosa vera. Da giovane ero limpido, illeso, perché me ne stavo seduto davanti alla realtà: io non toccavo lei, lei non toccava me. Con Marcello tutto si è complicato; realtà e oltremondo si sono fusi in una terza cosa, intermedia, dove la realizzazione (o la mancanza di realizzazione, che in questa prospettiva fa lo stesso) è applicazione imperfetta di un fantasma. In me, quello che chiamo “amore” è esattamente questa terza cosa: non più il desiderio assoluto, astratto, di un corpo iperuranio, né la necessità biologica, concreta, di procreare in un altro. Con Marcello è lotta su questo discrimine difficilissimo: contro il suo corpo inerte, costruito da fuori, e per la sua anima viva – ma anche contro la sua anima inerte, devastata dalla droga, e per il suo corpo pieno di grazia. [TP 994]

Si crea un circolo vizioso che Siti porta alle estreme conseguenze: il modello occidentale produce fantasmi che diventano oggetti di un desiderio distruttivo, la mancata realizzazione di quel desiderio di possesso porta a una ferma volontà di distruzione che investe sia il soggetto desiderante sia l’oggetto del desiderio. La dualità separata di realtà e finzione non è più sufficiente a descrivere il rapporto che si instaura tra Walter e Macello (e tra Occidente e vita residua), ma tutto si fonde e si confonde in un terzo polo magnetico, a metà strada tra mondo e oltremondo. In questo spazio intermedio non si desidera né possedere la realtà, né annullarsi in una finzione alienante, ma tutto si confonde in un desiderio generalizzato di trovare una realizzazione ulteriore che non abbracci, né escluda, nessuna delle due prospettive. Walter cerca una procreazione che gli è negata e la trova solo in un surrogato ulteriore: la letteratura. In essa egli riesce a procreare una

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creatura intermedia che abbia un doppio passaporto sia per il mondo reale e sia per quello fittizio. Solo nella letteratura vi è la possibilità di un completamento. Walter grazie a un macchinario riesce a realizzare il suo desiderio di possesso, trovando una pacificazione sintetica e reale allo stesso tempo, una pacificazione appunto intermedia. Solo nello spazio alternativo creato dall’arte è stato possibile trovare una sintesi, scovare una possibilità di realizzazione, la «chance inaspettata» che serviva alla realtà per scoprirsi diversa. La sua è una conclusione che non risolve il problema alla radice, ma fornisce i mezzi necessari se non per superarlo, quantomeno per accettare la sua insormontabilità.

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«Comunque sia l’Italia oggi, e comunque lo diventi domani, lo è e lo sarà anche a causa della televisione»110.

Nel documento Schermi di carta (pagine 140-144)