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Gopal Krishna Gokhale: “Oriente”, “Occidente”, India

Benché la nazione e l’impero fossero capisaldi dell’ideologia di gopal Krishna gokhale, si nota che, specialmente dopo la vittoria del giappone sulla russia nel 1905, gokhale prestò maggior attenzione all’asia come potenziale agente di cambiamento globale. Infatti, la vittoria giapponese rappresentò un evento di grande portata storica per le nazioni dell’asia45

e scatenò un vero proprio “culto dell’asiatismo”46 anche in India.

Che un piccolo paese come il giappone fosse stato in grado di sconfiggere la potente e temibile russia fu un fatto che infuse nelle colonie asiatiche la speranza che, grazie a un risoluto e vasto programma di modernizzazione come quello attuato appunto dalla potenza nipponica, l’Asia avrebbe potuto porre fine all’egemonia dell’Occidente. Dal 1905 in poi, quindi, iniziarono a prendere piede nel dibattito accademico e politico indiano diverse teorie sull’asiatismo, spesso in disaccordo tra loro. Lo stesso Congresso fu molto attivo nel promuovere la visione di un’asia rinascente, che aveva la missione di contribuire a creare un ordine globale pacifico facendo da contrappeso ai paesi occidentali.47

44 sull’invenzione delle comunità religiose e castali e sul processo di modernizzazione si veda nicholas B. dirks, Castes of Mind: Colonialism and the Making of Modern India, princeton University press, princeton, 2001 e Michelguglielmo Torri, Nazionalismo

indiano e nazionalismo musulmano in India nell’era coloniale, in Mario Mannini (a c.

di), Dietro la bandiera. Emancipazioni coloniali, identità nazionali, nazionalismi nell’età

contemporanea, pacini editore, ospedaletto, 1996, pp. 139-199.

45 T. r. sareen, India and the War, pp. 239-250 e ramparkash p. dua, The impact of the

Russo-Japanese (1905) War on Indian politics, s. Chand, delhi, 1966.

46 nripendra Chandra Banerji, Asianism and other Essays, arya publishing house, Calcutta, 1930, p. 1.

47 sull’asiatismo si vedano Carolien stolte, harald Fischer-Tiné, Imagining Asia in

India: Nationalism and Internationalism (ca. 1905-1940), “Comparative studies in

society and history”, 54, 1, 2012, pp. 65-92; Carolien stolte, Compass Points: Four

Indian Cartographies of Asia, c. 1930-55, pp. 49-74, in Marc Frey, nicola spakowski

(a c. di), Asianisms: Regional interactions and Asian integration, nUs press, singapore, 2016; Irving s. Friedman, Indian Nationalism and the Far East, “Pacific Affairs”, 13, 1,

anche gokhale venne influenzato dalla ventata di entusiasmo portata dall’incoraggiante esperienza giapponese, come si nota in questo passaggio, tratto da un discorso tenuto presso il prestigioso new reform Club londinese:

For some time, Asia has been affected by a new movement – a movement towards nationalities and for constitutions. It is the same movement as that which affected the greater part of Europe about the middle of the nineteenth century. We, in the East, have been about fifty years behind Europe in the matter; that is all. one has only to look at what is taking place in Turkey, in egypt, in persia, in China – not to speak of Japan – to understand the new thought that has been working in India. Then the victories of Japan over russia have lent a new dignity to the east. Lastly, the treatment to which we have been subjected in england’s colonies has brought home most emphatically to our minds what a mockery was all the talk that is sometimes indulged in of our being citizens of this empire. and we have begun to feel and realise keenly that unless our status in our own country is improved, we are not likely to receive better treatment elsewhere.48

È interessante osservare come gokhale, enfatizzando il bisogno di sostanziali e immediate riforme politiche, adottasse un tono diverso: proprio nel cuore della metropoli imperiale, il nazionalista indiano parve voltare le spalle all’impero per identificarsi invece con l’“Oriente”, contrapposto al potente “occidente” imperiale. Il messaggio per i dominatori era che ora l’India, in mancanza di un netto miglioramento della condizione degli indiani, poteva guardare a una cornice soprannazionale diversa da quella dell’impero britannico.

L’unità e la grandezza dell’asia come alternativa al dominio delle potenze europee furono spesso evocate da gokhale, anche se più come discorso teorico che come vero e proprio progetto politico. La visione che 1940, pp. 17-29. Il progetto di costituire una federazione asiatica fu oggetto di vari dibattiti tra i membri dell’Indian National Congress nel 1921, ma non andò a buon fine (C. Stolte, h. Fischer-Tiné, Imagining Asia, pp. 73-74). prasenjit duara, inoltre, tratta del legame a doppio filo tra l’espansione del nazionalismo e la trasformazione/invenzione del concetto di civiltà: si veda a proposito The Discourse of Civilization and Pan-Asianism, “Journal of World history”, 12, 2001, pp. 99-130 e Sovereignty and Authenticity: Manchukuo and the

East Asian Modern, Rowman and Littlefield, Boulder, 2003.

48 “The Indian problem”, discorso di gokhale al new reform Club di Londra, 30 novembre 1908, r. p. patwardhan, d. V. ambekar (a c. di), Speeches and Writings, Vol. 2, p. 371.

Gokhale aveva dell’Asia era certamente influenzata da quelle formulate da swami Vivekananda49 e dal poeta e premio nobel per la letteratura

rabindranath Tagore. In linea con l’immagine stereotipa dell’orientalismo, per Vivekananda la caratteristica precipua dell’asia – e dell’India in particolare – e ciò che rendeva l’“oriente” superiore al rozzo e materialistico “occidente” era la sua essenziale spiritualità.50 In maniera simile, secondo

Tagore, a sua volta ispirato da Vivekananda, la missione dell’asia era di spiritualizzare la superficiale e distruttiva civiltà occidentale. Pur senza condividere l’antimodernismo insito nel pensiero di Vivekananda e di Tagore, Gokhale si univa ad essi nel definire l’Asia come unica e distinta dal resto. Questo mito dell’asia assunse una certa centralità nelle idee di gokhale, tanto che egli decise di farne l’argomento di una sua presentazione presso il primo Universal race Congress che si tenne all’università di Londra nel 1911. Il congresso, che ospitava più di mille delegati, leader politici ed accademici, in rappresentanza di più di cinquanta popoli e nazionalità, costituiva un forum eccezionale per raggiungere un ampio pubblico occidentale riguardo al tema del razzismo. Il congresso aveva come scopo

To discuss, in the light of science and modern conscience, the general relations subsisting between the peoples of the West and those of the east, between the so-called “white” and the so-called “coloured” peoples, with a view to encouraging between them a fuller understanding, the most friendly feelings, and the heartier co-operation (…).51

L’intervento fortemente politico di gokhale, dal titolo “east and West in India”,52 cominciava con l’affermare che le relazioni tra “Oriente” e 49 gokhale scrisse a un amico che a Calcutta aveva avuto la possibilità di comprendere meglio gli scopi e le aspirazioni di Vivekananda: Lettera di gokhale a K. natarajan, 26 luglio 1902, citata in B. r. nanda, Three Statesmen, p. 148. Benché ciò non significhi necessariamente che gokhale avesse abbandonato il suo agnosticismo – come sostiene invece nanda – la lettera è indice del fatto che il leader del Congresso fosse a conoscenza delle idee e degli insegnamenti religiosi di Vivekananda.

50 Questa visione fu esposta a Chicago presso il parlamento Mondiale delle religioni nel 1893, nel contesto dell’esposizione internazionale. In quella stessa occasione, Vivekananda presentò l’induismo come religione unitaria.

51 gustov spiller (a c. di), Papers on Inter-Racial Problems Communicated to the First

Universal Races Congress, p. s. King & son, Londra e The World’s peace Foundation. Boston, 1911, p. V.

“occidente” erano entrate in una nuova fase con l’inizio del ventesimo secolo e pertanto l’immagine tradizionale di un “changeless and unresisting east”, che aveva incoraggiato – quasi invitato – per secoli the “unchecked aggression by Western nations in eastern lands”, era stata incontrovertibilmente smentita dagli eventi: “the victories of Japan over russia, the entry of Turkey among constitutionally-governed countries, the awakening of China, the spread of the national movement in India, persia and egypt”. Tutto ciò dimostrava che era giunto il momento per le potenze occidentali di correggere definitivamente la propria concezione dell’oriente e di rivedere i criteri che avevano regolato i rapporti con esso, perché “east and West may now meet on more equal terms than was hitherto possible”. Lo stesso Universal race Congress, in cui si registrava un’alta adesione di membri provenienti da paesi asiatici che contribuivano alla circolazione della conoscenza globale, era dimostrazione dello spirito del tempo. Cosa fosse veramente l’asia, cosa fosse quella “special culture and civilisation” che la unificava, non veniva specificato da Gokhale: la sua concezione di Asia, o più in generale di “Oriente”, era infatti definita emozionalmente, proprio perché reazione all’egemonia dell’“occidente” e critica dell’imperialismo: ne facevano parte India, giappone, Cina, Turchia, persia e persino l’egitto, ovvero quelle nazioni che avevano alzato la testa contro le ingiustizie del dominio coloniale.53 Quando,

tuttavia, gokhale passava ad analizzare la situazione più specifica dell’India, il suo atteggiamento diventava più razionale: pur senza rifiutare completamente un’idea di India orientalistica e malgrado un’immagine eccessivamente romantica del contatto tra Inghilterra e India, gokhale illustrava lucidamente l’impatto che le nuove idee penetrate attraverso il Londra nel luglio 1911, r. p. patwardhan, d. V. ambekar (a c. di), Speeches and Writings, Vol. 2, pp. 380-88. Il testo completo si trova anche in Papers on Inter-racial Problems

Communicated to the First Universal Races Congress, pp. 157-167.

53 ancora oggi la questione di cosa sia l’asia rimane aperta. L’asia, come precisato da alcuni geografi, non è una valida espressione geografica: Martin W. Lewis, Kären Wigen,

The Myth of Continents. A Critique of Metageography, University of California press,

Berkeley 1997; John steadman, The Myth of Asia, simon and schuster, new York, 1969. L’Asia non è unificata da una cultura/civiltà comune: ad esempio, le differenze tra la civiltà indiana e quella cinese sono almeno tanto profonde quanto quelle che dividono la civiltà indiana e la civiltà europea. Una fondamentale lettura per iniziare ad affrontare il problema è William h. Mcneill, The Rise of the West. A History of the Human Community, University of Chicago press, Chicago, 1963.

processo di colonizzazione avevano avuto sulla società indiana. attento ai nuovi sviluppi che stavano caratterizzando il resto dell’asia, alle “mysterious forces” che influenzano il corso della storia, e in particolare alla “new impatience of Western aggression and Western domination”, gokhale continuava a credere nella bontà del liberalismo. egli, infatti, rimaneva fermo nella propria convinzione che il pensiero liberale rappresentasse “a corrective and a stimulant to their [degli indiani] old civilisation” di altissimo valore grazie a “its protest against caste or sex disabilities and its recognition of man’s dignity as man”. era proprio in nome degli ideali e dei valori del liberalismo che gli indiani chiedevano istituzioni rappresentative e un governo progressivamente “national in spirit and sentiment and in its devotion to the moral and material interests of the country”. In sostanza, anche se definiva “Oriente” e “Occidente” in termini di identità e alterità, gokhale non cedeva a suggestioni romantiche e anti-britanniche nel trattare della situazione indiana: al contrario, l’Inghilterra figurava tra i popoli che avevano contribuito a costruire ciò che Jawaharlal nehru nella sua Discovery of India avrebbe definito eterogenea omogeneità del subcontinente:

The only safe thing that any one can say about the future of India is that it is still enveloped in obscurity, but I believe whole-heartedly in a great destiny for the people of my land. We still retain many of those characteristics which once placed us in the van of the world’s civilisation – the depth of our spirituality, our serene outlook on life, our conception of domestic and social duty. and other races that have from time to time come to make their home here have brought their own treasure into the common stock. The India of the future will be compounded of all these elements reinforcing one another.54

In definitiva, certe idee occidentali, tra cui certamente il liberalismo, erano diventate parte di ciò che Gokhale, nel finale del proprio intervento riportato sopra, chiamava “common stock” indiano. si capisce, dunque, che, nella visione di gokhale, la modernizzazione (e tutto ciò ad essa connessa, a partire dal laicismo) non era un dono dell’“occidente”, poiché “an oriental country cannot hope to advance on western lines,

54 “east and West in India”, r. p. patwardhan, d. V. ambekar (a c. di), Speeches and

except by cautious and tentative steps”.55 La modernizzazione era frutto,

piuttosto, di una sintesi tra ciò che potremmo definire, usando un binomio improprio, modernità e tradizione o, usando le parole dello stesso gokhale, “combining what was best in the West with what was best in the east”.56

perciò, quantunque dividesse il mondo in “oriente” e “occidente” secondo un cliché destinato a durare a lungo, gokhale non percepiva le due compagini come compartimenti stagni, secondo una dialettica assoluta: l’India, ancorché paese orientale, gioiva dei successi dell’asia, ma ambiva al contempo a rimanere parte integrante dell’impero, qualora gli indiani avessero goduto dei diritti politici prescritti dalla tradizione britannica. In particolare, l’ottenimento dell’autogoverno avrebbe contribuito a una ridistribuzione della giustizia globale e avrebbe costituito un importante precedente per cui “east and West – white and dark and yellow and brown – will all have cause alike to rejoice”.57

Conclusione

per concludere, dunque, il pensiero politico di gopal Krishna gokhale è interessante da vari punti di vista. In primo luogo, la visione di gokhale è indice di come l’impero britannico fosse spazio di circolazione della idee. non vi era una singola tradizione culturale che monopolizzasse la mente degli intellettuali indiani. al contrario, le diverse idee, i valori, i principi, le ideologie e le teorie politiche europee – diventati potenti mezzi intellettuali per formulare, da una parte, una critica del regime coloniale e, dall’altra, per riformare la società indiana – erano selettivamente interiorizzati e inseriti nella più vasta cornice delle tradizioni e dei valori locali. essi erano visti dagli indiani come irrinunciabili conquiste non dell’occidente, ma della ragione umana ed erano ritenuti elementi fondamentali per mettere

in moto un autonomo e autoctono processo di modernizzazione.58 La

55 “self-government for India”, discorso di gokhale presso la East India Association di Londra, 11 luglio 1906, ibid, p. 355.

56 discorso di gokhale a un ricevimento in suo onore organizzato dalla comunità indiana di Londra, 19 luglio 1912, ibid., p. 395.

57 “east and West in India”, ibid., p. 388.

58 Uso questo termine nell’accezione utilizzata da giorgio Borsa, ovvero come “le trasformazioni di quella che Braudel chiama la civilisation matèrielle, in senso molto

vibrante interazione tra idee indiane ed europee è perciò fondamentale

per comprendere questo processo:59 le idee occidentali dovevano

essere rielaborate e combinate strategicamente con quelle indiane nel tentativo di sconfiggere l’egemonia europea. Questo fenomeno poteva avere risultati differenti e divergenti. La sintesi delle nuove idee poteva risentire in modo maggiore o minore dell’influenza delle idee europee o indiane, liberamente prese dalla storia e dalla storia intellettuale europea ed indiana. perciò anche quelle idee formulate da intellettuali indiani e presentate come tradizionali ed “essenzialmente” indiane avevano una

certa componente di “modernità”.60 gokhale stesso desiderava una nuova

forma di modernizzazione, diversa da quella europea; essa era indiana perché predicata sui bisogni e sulle peculiarità del contesto coloniale indiano, nonché parte di una complessa trasformazione sociale necessaria a porre fine alla dominazione britannica. Gokhale, in altre parole, – e a differenza di ciò che non pochi accademici affermano tutt’oggi – non vedeva la modernizzazione come “dono dell’occidente”, come “derivative discourse”, e per ciò stesso aliena alla “civilizzazione indiana”, ma frutto di una combinazione dei migliori elementi di ciò che egli definiva “occidente” e “oriente”.

secondariamente, lo sforzo di gokhale di dare “voce globale all’India”61

mettendo in luce gli aspetti più immorali e un-British dell’imperialismo

stretto il modo di vivere degli uomini”: Dalla modernizzazione alla storia come conoscenza

dell’individuale. Conversazione con Giorgio Borsa, a cura di paolo Bertaccini e alberto

saibene, “pluriverso”, 4, settembre 1996, p. 117.

59 Che la modernizzazione – e quindi anche democrazia, laicismo, nazione – possa essere compresa solo come processo di creativa combinazione tra ‘moderno’ e ‘tradizionale’ e ‘endogeno’ e ‘esogeno’ e che le colonie non fossero periferie passive all’azione del centro imperiale fu spiegato da giorgio Borsa già negli anni sessanta e settanta: giorgio Borsa, Le

origini del nazionalismo in Asia Orientale: appunti di storia moderna (a c. di gian Carlo

Calza), pavia, Università di pavia, 1965, e giorgio Borsa, La nascita del mondo moderno in

Asia Orientale. La penetrazione Europea e la crisi delle società tradizionali in India, Cina e Giappone, Milano, rizzoli, 1977. al contrario, solo ultimamente storici come Christopher

Bayly, sugata Bose and andrew sartori hanno abbracciato questa interpretazione: si veda ad esempio, tra i numerosi contributi, i già citati C. a. Bayly, Recovering Liberties, e s. Bose,

A Hundred Horizons e il libro di andrew s. sartori, Liberalism in Empire. An alternative History, University of California press, Berkeley, 2014.

60 Michelguglielmo Torri, guido abbattista, guido samarani. La nascita del mondo

moderno in Asia orientale, di Giorgio Borsa, “Contemporanea”, 11, 1, 2008, pp. 117-119.

britannico mostra come le molteplici strategie politiche, i differenti contenuti ideologici e le grandi domande relative ai diritti civili, ai diritti politici, ai rapporti tra individuo e comunità che costituivano il movimento di indipendenza indiano possano essere meglio compresi se considerati come parte di un processo globale di lotta contro il colonialismo e il razzismo. La mobilità e la resistenza provocati dal colonialismo favorivano infatti “incontri globali” tra i protagonisti di questa lotta. si formavano così reti transnazionali che spesso univano tra loro le diverse colonie, oppure le colonie alla metropoli.62sia l’Indian national Congress, sia gli esponenti

di idee nazionali e metodi di lotta che non si riconoscevano nel Congresso erano attivi fuori dal subcontinente nel creare legami basati sulla “politics of friendship” e nel cercare di identificare pubblici specifici in linea con il tipo di nazionalismo promosso per la madrepatria con cui iniziare scambi ideologici ed interazioni politiche. nel centro del potere imperiale, ovvero in Inghilterra, dove esisteva un pubblico progressista sensibile alle istanze dei popoli delle colonie, gokhale si rivolgeva ai club liberali o ai gruppi socialisti moderati come la Fabian society. al contrario, gli attivisti politici che ruotavano intorno alla India house avevano come principali interlocutori gruppi antimperialisti radicali, come il movimento repubblicano irlandese o

i socialisti radicali inglesi.63 esplorare la dimensione globale del movimento

anticoloniale indiano può quindi essere utile a capire la mutua influenza tra

quest’ultimo e le ‘world forces’.64

In ultimo, l’enfasi data a gokhale alla cittadinanza imperiale è indicativa di come anche le élite intellettuali e politiche delle colonie partecipassero a discorsi sui grandi temi politici dibattuti a cavallo tra ottocento e novecento e sapessero sfruttare i vari mezzi a disposizione come la stampa, la mobilità, i nuovi canali di circolazione

62 Micol seigel, Beyond Compare: Comparative Method after the Transnational Turn, in “radical history review”, 91, 3, 2005, pp. 63-64.

63 L’India House fu fondata a Londra nel 1905 da shyamji Krishnavarma. si veda a proposito h. Fischer-Tiné, Indian Nationalism and the ‘world forces’, pp. 330-338. Sull’affascinante figura di Krishnavarma, si veda dello stesso autore Shyamji Krishnavarma:

Sanskrit, Sociology, and Anti-Imperialism, routledge India, London-new delhi, 2014.

64 espressione usata da Lajpat rai (“Indian nationalism is thus entering on (sic) an international phase which is bound to strengthen it and bring it to the arena of the world forces”) in Lajpat rai, Young India. An interpretation and a history of the nationalist

movement from within, home rule for India League, Londra, 1917, p. 183, citato in h.

della conoscenza. Inoltre, si è visto come nazionalismo e sentimenti cosmopoliti fossero complementari nella visione di gokhale. per gli indiani, richiamarsi al concetto di moralità universalmente condivisa o invocare la promessa liberale dell’impero era utile per varie ragioni: per trascendere l’esclusione e la discriminazione facendo appello ad identità superiori a quelle di indiano, dominato, appartenente a una certa etnia, religione, classe; per includere nel discorso nazionalista gli indiani della diaspora che erano oggetto di genuina preoccupazione da parte delle élite intellettuali e politiche indiane;65 e, infine, per creare un ordine globale

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