all’interpretazione corrente della genesi delle colonie corrisponde un’analoga interpretazione di quali siano le caratteristiche fondamentali della realtà sociale e territoriale prodotta dalla colonizzazione in Cisgiordania. ancora una volta, la grande enfasi posta sui fattori ideologici e strategici della politica di colonizzazione tende a proporre l’immagine di una “società di coloni” che funziona secondo logiche differenti da quelle che reggono la vita sociale e politica di Israele nei suoi confini pre-1967 – e che vive in relativo isolamento da quest’ultimo, oltre che dalle aree palestinesi circostanti. adam LeBor, in una recensione del libro di akiva eldar e Idith zertal, Lords of the Land, pubblicata sul new York Times, esprimeva in modo vivido questa idea:
esistono due Israele: uno, si trova a ovest della Linea Verde; l’altro, potenza occupante, si estende oltre il confine del 1967. Il primo è una vivace e solida democrazia, dove gli arabi siedono in parlamento, lavorano nelle università, sono avvocati, reginette di bellezza e soldati – persino ministri […] oltre la Linea Verde, nella Cisgiordania occupata nel 1967, esiste un altro paese – né Israele né palestina: un paese ove vige l’anarchia, di cui il colono ebraico – fucile nelle mano destra e libro di preghiere nella sinistra – è il re indiscusso.16
La tesi che si intende proporre in questo saggio è radicalmente opposta a quella espressa da LeBor: gli insediamenti non rappresentano in alcun modo una società separata, in antitesi rispetto al carattere “equilibrato”, “razionale” e “democratico” di Israele: al contrario, la realtà delle colonie può essere compresa solo osservando le continue interazioni tra le varie componenti territoriali e demografiche che costituiscono la geografia umana della Palestina mandataria. Il primo corollario di questa tesi è che la popolazione delle colonie non è assolutamente riducibile all’immagine caricaturale che LeBor presenta: al contrario, essa tende a riflettere l’eterogeneità della popolazione israeliana nel suo complesso, comprende laici e religiosi, ashkenaziti e Mizrahi, classi medie e popolari e via discorrendo. Un secondo corollario è l’idea che la politica di
colonizzazione non abbia creato società separate, ma piuttosto un nuovo pattern di relazioni tra i vari gruppi di residenti.
gli antropologi Joyce dalsheim e assaf harel hanno sostenuto in modo convincente che gran parte della letteratura prodotta sui coloni nazional- religiosi tende a presentarli come un gruppo omogeneo di irrazionali fondamentalisti – un gruppo che si trova, politicamente, esistenzialmente e spazialmente, al di fuori dei confini che definiscono la società israeliana come laica, democratica e razionale. Il passo citato di LeBor suggerisce che questa caratterizzazione sia in larga parte valida per la popolazione dei coloni nel suo complesso.
senza dubbio, in Cisgiordania esistono i coloni radicali che LeBor descrive; non si può non notare, tuttavia, come la realtà dell’Israele “oltre la Linea Verde” non sia riducibile a fucili e libri di preghiera agitati da fanatici messianici. Tanto per cominciare, più di metà del comune di gerusalemme (capitale dello stato di Israele e maggiore città della palestina mandataria) e tre quarti della sua area metropolitana si estendono in Cisgiordania. La maggior parte delle colonie sono indistinguibili, da un punto di vista amministrativo, dagli altri enti locali israeliani e sono connesse attraverso un’estesa e moderna rete di infrastrutture ai principali centri urbani ed economici del paese. In Cisgiordania esistono decine di istituzioni scolastiche israeliane di ogni ordine e grado (tra le quali una delle nove università del paese, quella di ariel, con una popolazione di quasi 15.000 studenti), centri commerciali e aree industriali in cui operano imprese israeliane e multinazionali, e persino una piccola ma fiorente industria vinicola.17 In effetti, i dati che vengono tanto da sondaggi quanto
da ricerche di carattere etnografico sembrano concordi nel sottolineare come la maggior parte dei coloni si sia trasferita in Cisgiordania alla ricerca di una migliore “qualità della vita”: case a prezzi contenuti, infrastrutture moderne e servizi efficienti, a una distanza ottimale dai principali centri di impiego.18
17 a. handel, g. rand, M. allegra, Wine-Washing.
18 M. hopp, Attitudes of Settlers in the West Bank; david newman, Juval portugali,
Spatial Interaction between Israelis and Palestinians in the West Bank and the Gaza Strip, Ford Foundation, 1987; hadas Weiss, Immigration and West Bank Settlement Normalization, “polar-political and Legal anthropology review”, XXXIV, n. 1, 2011;
hadas Weiss, On Value and Values in a West Bank Settlement, “american ethnologist”, XXXVIII, n. 1, 2011; M. allegra, The Politics of Suburbia: Israel’s Settlement Policy and
Il fatto che le colonie in Cisgiordania potessero offrire queste attrattive ha permesso la crescita esponenziale dell’audience della politica di colonizzazione, ben oltre i confini ristretti del campo nazional-religioso. a partire dagli anni novanta, per esempio, il gruppo in più rapida crescita all’interno della popolazione dei coloni è stato quello degli haredim, gli ultraortodossi. nonostante il tradizionale scetticismo espresso da questa comunità nei confronti dell’ideologia sionista (quando non dello stato di Israele in quanto tale), una comunità povera e in grande espansione demografica come quella haredi rappresenta oggi il maggior “cliente” della politica di colonizzazione: in effetti, già da una decina di anni, i centri haredi di Modi’in Illit e Beitar Illit hanno strappato a Ma’ale adumim la corona di principali colonie della Cisgiordania al di fuori di gerusalemme est.19 da questo punto di vista si potrebbe notare come, in uno sviluppo
solo apparentemente paradossale, lo stesso appeal mondano e banale delle colonie abbia iniziato recentemente a fare presa sui cosiddetti “arabi israeliani” (ovvero i cittadini palestinesi di Israele): negli ultimi anni si è in effetti assistito ad un afflusso non trascurabile di residenti palestinesi in alcune colonie di gerusalemme est, come French hill e pisgat ze’ev.20
se “i coloni” sono spesso rappresentati come alieni, la Cisgiordania delle colonie è il loro esotico, selvaggio ambiente naturale: nelle parole di LeBor, “né Israele né palestina: un paese ove vige l’anarchia”. Questa semplificazione tende a raffigurare la palestina mandataria come un territorio composto da aree distinte e separate o, per lo meno, separabili nel futuro: la politica di colonizzazione avrebbe dunque creato una sorta di “settlersland” completamente separato dalla realtà di Israele e contraddittorio rispetto alle logiche funzionali e ai valori che lo contraddistinguono. In questo senso, l’esistenza delle colonie sarebbe accomunabile ad una pressante questione di politica estera, sebbene sui generis, piuttosto che parte integrante dell’architettura amministrativa e costituzionale che oggi regge la palestina nel suo complesso. Questo tipo
the Production of Space in the Metropolitan Area of Jerusalem; a. ariel, g. rand, M.
allegra, Wine-Washing; M. allegra, The Politics of Suburbia.
19 Lee Cahaner, Between Ghetto-Politics and Geo-Politics: Ultra-Orthodox Settlements
in the West Bank, in M. allegra, a. handel, e. Maggor, (a c. di), Normalizing Occupation.
20 Wendy pullan, haim Yacobi, Jerusalem’s Colonial Space as Paradox: Palestinians
Living in the Settlements, in M. allegra, a. handel, e. Maggor, (a c. di), Normalizing Occupation.
di interpretazione, che ignora l’ampia letteratura prodotta negli anni sulle dinamiche di integrazione tra Israele e la Cisgiordania, è incredibilmente naif: in nessun luogo questo è più evidente che nell’area di gerusalemme.21
nei testi più noti scritti sulla politica di colonizzazione, per esempio, le colonie di gerusalemme est sono appena menzionate e la loro genesi quasi mai discussa. Tipicamente, la dinamica di espansione degli insediamenti è osservata “gerusalemme est esclusa” – un’espressione che ricorre innumerevoli volte nella letteratura sul conflitto israelo- palestinese. L’importanza attribuita alla mobilitazione del Gush Emunim (e, più tardi, all’ascesa del Likud al governo del paese) è abitualmente giustificata attraverso una lettura altamente selettiva dei dati relativi alla crescita demografica della popolazione dei coloni, che mostrerebbero come la proliferazione degli insediamenti sia stata relativamente limitata in Cisgiordania prima della metà degli anni settanta – ovviamente, “gerusalemme est esclusa”. Tom segev, per esempio, rigettando la tesi proposta da gershon gorenberg, secondo cui le politiche del Likud in Cisgiordania avrebbero rappresentato semplicemente un rafforzamento di tendenze già esistenti, osserva come “nonostante il fatto che i coloni avessero già cominciato a trasferirsi nei territori prima del 1977 [anno della vittoria elettorale del Likud], a quella data si contavano meno di 60.000 coloni, di cui circa 40.000 vivevano a Gerusalemme Est”.22
osservazioni come quella di segev, tuttavia, non chiariscono perché dovremmo considerare la creazione unilaterale da parte di Israele dell’entità territoriale “gerusalemme est” (e la successiva costruzione di popolosi quartieri e vere e proprie planned town in quell’area) come un evento
21 Meron Benvenisti, The West Bank Data Project: A Survey of Israel’s Policies, american enterprise Institute for public policy research, Washington 1984; Conflicts
and Contradictions, eshel Books, new York, 1989; Intimate Enemies: Jews and Arabs in a Shared Land, University of California press, Berkeley, 1995; eyal Benvenisti, Legal Dualism: The Absorption of the Occupied Territories into Israel, Westview press, Boulder,
1989; Baruch Kimmerling, The Israeli State and Society: Boundaries and Frontiers, state University of new York press, albany, 1989; ariella azoulay, adi ophir, The One-State
Condition: Occupation and Democracy in Israel/Palestine, stanford University press,
stanford, 2013; eyal Weizman, Hollow Land: Israel’s Architecture of Occupation, Verso, London/new York, 2007; neve gordon, From Colonization to Separation: Exploring the
Structure of Israel’s Occupation, “Third World Quarterly”, XXIX, n. 1, 2008.
22 Corsivo di chi scrive. Tom segev, Bitter Prize. Israel and the Occupied Territories, “Foreign Affairs”, LXXXV, n. 3, 2006, p. 148.
marginale ed eccentrico nello sviluppo della politica di colonizzazione, per esempio quando comparato alla fondazione di ofra o Kedumim. al contrario, per chi fosse interessato a comprendere le dinamiche del processo di colonizzazione, il caso di gerusalemme rappresenta una della chiavi analitiche fondamentali. In primo luogo, per via della scala del fenomeno: oggi, circa un terzo degli israeliani che vivono oltre la Linea Verde risiedono a gerusalemme est. In secondo luogo, perché la creazione dei cosiddetti “nuovi quartieri” nei confini municipali della città ha rappresentato il primo consistente investimento in Cisgiordania da parte di Israele e l’espansione della popolazione ebraica in quest’area è stato un obiettivo condiviso da governi israeliani di qualsiasi colore a partire dal 1967. In terzo luogo, come diversi geografi israeliani hanno dimostrato in una serie di pionieristiche ricerche durante gli anni ottanta, la città di gerusalemme ha rappresentato il catalizzatore per la crescita di una vasta area metropolitana, della quale le colonie costituiscono una parte essenziale.
Come osservava Janet abu-Lughod già durante gli anni ottanta, insediamenti quali pisgat ze’ev, ramat eshkol, French hill, neve Ya’akov o ramot, sono di fatto “scomparsi” dal discorso sulla politica di colonizzazione, precisamente a seguito della creazione arbitraria, da parte di Israele, dei nuovi confini municipali della città nel 1967.23 Confini
che, occorre sottolinearlo, incorporavano una porzione di Cisgiordania (70 km2) assai più vasta di quella della gerusalemme giordana (6 km2) e
furono disegnati precisamente per permettere a gerusalemme una futura espansione “metropolitana”.24 diversi “quartieri” di gerusalemme est
furono progettati come città satellite separate dal tessuto urbano originario: da un punto di vista urbanistico, in altre parole, la differenza tra le due planned town di pisgat ze’ev (un “nuovo quartiere” costruito all’interno dei confini municipali) e Ma’ale Adumim (un comune autonomo al di fuori di essi) è assolutamente inesistente. se non consideriamo il diverso status delle colonie dentro e fuori gerusalemme est nell’architettura amministrativa israeliana, i dati presentati di segev (peraltro non molto accurati: una stima migliore è quella di un totale di 50.000 coloni nel 1977,
23 Janet abu-Lughod, Israeli settlements in occupied Arab lands: conquest to colony, “Journal of palestine studies”, XI, n. 2, 1982, pp. 16-54.
24 shlomo gazit, Trapped Fools: Thirty Years of Israeli Policy in the Territories, Frank Cass, portland, 2003, p. 246.
di cui circa 5.000 al di fuori di gerusalemme est) non sembrano provare la sua tesi.25 durante il primo decennio di occupazione, la popolazione dei
coloni raggiunse le 50.000 unità; nel decennio successivo, la popolazione “gerusalemme est esclusa” passò da 5.000 a 45.000 residenti, mentre quella nei confini municipali aumentò da 45.000 a 100.000 unità. La crescita del numero dei coloni tra il 1977 e il 1986 è stata dunque consistente. Tuttavia, gran parte di questo incremento continuò a venire da gerusalemme est; nel resto della Cisgiordania, dove gli insediamenti furono costruiti da zero, l’aumento (40.000 unità) fu in effetti comparabile a quello avvenuto a gerusalemme nel decennio precedente. all’epoca, la sola Ma’ale adumim contava già più di 10,000 residenti.
In altre parole, il cosiddetto “boom della colonizzazione” successivo al 1977 deve essere considerato alla luce del fatto che alcune decine di migliaia di israeliani si erano già trasferiti nell’area tra il 1967 e il 1977 e non come un nuovo fenomeno demografico e territoriale. A ciò si aggiunga che, come il caso di Ma’ale adumim dimostra, larga parte della crescita della popolazione dei coloni si realizzò comunque negli insediamenti che costituivano l’immediata periferia di gerusalemme (e, in misura minore, di Tel aviv): secondo Yuval portugali, anche dopo il 1977 “la colonizzazione ebraica in Cisgiordania restò in gran parte il risultato dell’espansione metropolitana della regione di Tel aviv e gerusalemme”.26
Il caso di Gerusalemme offre l’esempio più chiaro del perché non sia possibile pensare a Israele e agli insediamenti come entità concettualmente separate, ma non si tratta di un caso unico in questo senso. Come osserva portugali, le stesse dinamiche di suburbanizzazione sono state all’opera nell’area di Tel aviv, dove gli appartamenti in vendita negli insediamenti venivano pubblicizzati negli anni ottanta come “a cinque minuti da Kfar saba” (uno dei centri residenziali dell’area di Tel aviv, situato appena a ovest della Linea Verde). Le colonie sono il prodotto dell’espansione di gerusalemme e Tel aviv; allo stesso tempo, tuttavia, la presenza di una vasto hinterland ha contribuito a trasformare questi due centri urbani. ancora una volta il caso più estremo è quello di gerusalemme, dove la
25 si veda M. Benvenisti, The West Bank Data Project, p. 55; William harris, Taking
Root: Israeli Settlement in the West Bank, The Golan and Gaza-Sinai, 1967-1980, research
studies press, Chichester, 1980, p. 145.
26 Juval portugali, Jewish Settlement in the Occupied Territories Israel Settlement
costruzione di colonie ha riformulato in modo complessivo la geografia della città – di fatto annullando la differenza tra “est” e “ovest” e creando il mosaico inestricabile di aree israeliane e palestinesi che è oggi uno dei dati caratterizzanti del conflitto. Nello stesso modo, la costruzione di colonie ha profondamente mutato il paesaggio della Cisgiordania araba. La colonizzazione non ha implicato semplicemente una restrizione dell’accesso da parte della popolazione palestinese alle aree occupate dai coloni, ma ne ha piuttosto riformulato la geografia sociale ed economica. Tipicamente, le grandi colonie rappresentano importanti centri di impiego per la manodopera palestinese e costituiscono quindi inediti spazi di incontro e frizione tra gruppi, le cui dinamiche sono state investigate solo raramente.27