Endō Shūsaku è stato uno dei primi scrittori giapponesi della generazione del dopoguerra ad affrontare in modo massiccio e sistematico la questione della fede cristiana in giappone.4 spesso accostato ad autori
cattolici come graham green e François Mauriac, ha dedicato la sua intera esistenza e la sua opera omnia alla ricerca di una soluzione al dilemma della cristianità in una terra abbastanza estranea alla religione di Cristo.
Una ricerca che lo ha portato a concludere il suo lungo viaggio spirituale nell’insospettabile India, ovvero un luogo altro rispetto al cristianesimo, un paese che egli amava spesso definire la “terra dell’inconscio”. Come si specificherà in seguito, più che in ogni altro suo lavoro, in Fukai kawa Endō si confronta con il trascendente e con le forze inconsce che governano l’animo umano e per questo aveva sentito il bisogno urgente di ambientare il romanzo in un luogo situato agli antipodi del mondo materialistico occidentale e dello stesso giappone, rovinosamente occidentalizzato. In fondo solo in India, lontano dal cristianesimo, per quanto di primo acchito possa suonare strano, si potevano concludere il suo percorso e la sua carriera di romanziere. Endō aveva viaggiato una prima volta nel subcontinente indiano a cavallo tra gli anni sessanta e settanta, per poi tornarci con particolare insistenza tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei novanta, con il preciso intento di studiare al meglio l’ambientazione del suo ultimo romanzo. Era affascinato soprattutto da Vārānasī, un luogo unico al mondo; ma anche da Allahābād, dove confluiscono il Gange e la yamunā, ovvero un luogo pregno di simbolismo in cui percepiva una forte eco dell’inconscio collettivo dell’umanità.
Entro breve transiteremo nel posto in cui il Gange e la yamunā si incontrano. La confluenza tra due fiumi è considerata sacra nell’induismo, e durante hawaii press, honolulu, 1999, p. 39.
4 Su Endō, in particolare sul suo rapporto con il cristianesimo, è doveroso ricordare alcuni lavori di adriana Boscaro, massima esperta dell’autore in Italia: Il Cristianesimo di
Endō Shūsaku, in “atti del secondo Convegno di studi sul giappone”, aistugia, Firenze,
1979, pp. 25-35; The Meaning of Christianity in the Works of Endō Shūsaku, in p. o’neill (a c. di), Tradition and Modern Japan, paul norbury publ., Tenterden, 1981, pp. 81-90;
In margine alla Vita di Gesù di Endō Shūsaku, in “annali di Ca’ Foscari”, xvii, 3, 1978
(serie orientale, 9), pp. 139-141; Alcune note introduttive sul ‘caso Endō’, “annali di Ca’ Foscari”, xiv, 3, 1975 (serie orientale, 6), pp. 49-59.
la Magh melā, che si tiene tutti gli anni tra gennaio e febbraio, decine di migliaia di pellegrini piantano le loro tende lungo le rive e si bagnano nelle acque sacre. […] Il Gange è giallo, la yamunā grigia: quando si uniscono, l’acqua assume il colore del tè al latte.5
non a caso il gange assurge a potente metafora centrale di Fukai kawa, “ed Endō individua in questa convergenza la fusione ultima di vita e morte, bello e brutto, speranza e disperazione”.6
Come detto poc’anzi, prima di addentrarsi nei meandri dell’ultimo romanzo di Endō e nei luoghi della sua India, è importante ripercorrere almeno in sintesi le tappe fondamentali del suo background culturale e cristiano, perché solo così è possibile scoprire il percorso che lo ha condotto insieme agli stessi protagonisti di Fukai kawa fino a Vārānasī, ultima tappa di un lungo pellegrinaggio. Per cominciare va detto che Endō ha concepito fin da subito il lavoro di scrittore alla stregua di una missione per illustrare il messaggio evangelico ai suoi compatrioti, senza però – è bene precisarlo – alcun intento proselitistico.
Io non cerco materiale cristiano come base dei miei romanzi: è solo che il mio ambiente e le tematiche sono cristiani; l’ambiente in cui sono cresciuto aveva un forte sapore cristiano, pertanto è stato inevitabile il mio coinvolgimento in tematiche e materiale cristiani. di certo non scrivo per fare proselitismo o per diffondere il Vangelo. Se lo facessi, il senso e il valore letterario dei miei lavori ne soffrirebbero molto.7
Secondo Endō, il romanzo deve tra l’altro sottintendere un processo in grado di trasmettere le verità essenziali e universali, così da poter spingere il lettore alla riflessione spirituale e al desiderio verso la trascendenza.8 Il suo
percorso cristiano ebbe inizio per puro caso, in modo del tutto inconsapevole e in conseguenza, seppure indiretta, di quella politica nazionalistica ed espansionistica nipponica in netta antitesi con il concetto basilare di pace e amore del cristianesimo (un contrasto che, come si spiegherà più avanti,
5 Endō Shūsaku, Fukai kawa, pp. 173-174.
6 Mark B. Williams, Endō Shūsaku: A Literature of Reconciliation, routledge, London and new York, 1999, p. 192.
7 Ibid., p. 37.
8 Cfr. pierre dunoyer, Shūsaku Endō, 1923-1996. Un nouveau Graham Green au Japon, Les Éditions du Cerf, paris, 2014, p. 15.
avrebbe provocato nell’animo dello scrittore una ferita insanabile). negli anni Venti, al pari di molte famiglie giapponesi e condividendo lo stesso destino di un altro grande autore del secondo novecento suo coetaneo, Abe Kōbō (1924-1993), il piccolo Shūsaku si trasferì a soli tre anni con il padre e la madre in Manciuria, per la precisione a dalian, dove frequentò la scuola elementare. all’età di dieci anni, la svolta: i genitori si separarono, il padre si risposò e lui, il fratellino e la madre rientrarono in giappone, a Kōbe, a casa di una zia materna fervente cattolica. Favorito dalla precarietà della situazione familiare e dal periodo buio della guerra, il passo verso la conversione alla “religione del nemico” fu breve: prima la madre, poi il dodicenne Shūsaku e il fratello minore furono battezzati. In quel frangente, nel 1933, il paese era in piena crisi: il ricordo del devastante terremoto del Kantō (1923) era ancora vivido e il crollo di Wall Street del 1929 aveva prodotto gravi ripercussioni sull’economia nipponica. Nel corso di numerose interviste, Endō ha raccontato di aver vissuto la conversione come un’imposizione improvvisa, “un abito acquistato da mia madre, che ho dovuto indossare volente o nolente”,9 sottolineando
che all’epoca era del tutto inconsapevole di come e quanto quell’episodio gli avrebbe cambiato la vita: “Quando il prete francese mi domandò: ‘Credi in dio?’, gli risposi senza esitazione, come tutti gli altri ragazzi presenti: ‘sì, credo!’ non avevo la più pallida idea dell’enormità della mia decisione. Ripenso spesso a quel momento e non smetto mai di riflettere sulle conseguenze che quelle due parole hanno avuto nella mia vita”.10
all’università studiò letteratura francese, lesse péguy, Maritain, rilke, hori Tatsuo e si appassionò in particolare a Bernanos e a Mauriac, che sarebbe stato una presenza costante in molti dei suoi romanzi. I suoi primi saggi riguardano le problematiche di un autore cattolico in giappone e il confronto con una religione straniera negli anni dell’immediato dopoguerra, una tematica che ricorre sovente anche nei romanzi, dove Endō ricorda soprattutto il dilemma vissuto alcuni anni prima, quando i suoi coetanei partivano per il fronte e vedeva avvicinarsi un bivio che, se non fosse stato per la salute cagionevole (una grave forma di pleurite lo avrebbe obbligato a diversi interventi chirurgici e all’asportazione di un polmone nel 1961), lo
9 alle g. hoekema, La christologie du romancier japonais Shūsaku Endō, in “Bulletin eda”, n. 317, 16 ottobre 2000. (http://eglasie.mepasie.org/asie-du-nord-est/japon/2000- 10-16-la-christologie-du-romancier-japonais-shusaku-endo).
avrebbe costretto a tradire o la madrepatria o il suo dio cristiano. durante gli anni della malattia e della lunga convalescenza, Endō studiò a fondo la Bibbia e la storia della comunità cristiana giapponese del Kyūshū e delle sanguinose persecuzioni dello shogunato Tokugawa nel xvii secolo.11 La
ricerca religiosa è la grande costante della sua vita, non c’è racconto o romanzo che non costituisca un tassello importante di un mosaico letterario dedicato al significato del cristianesimo in Giappone. In Shiroi hito (L’uomo bianco, 1955), romanzo breve per il quale Endō ha ricevuto il prestigioso premio akutagawa, il protagonista e io narrante è un giovane francese che ha perduto la fede e negli anni della guerra si unisce alla gestapo, a Lione (a partire dal 1950, Endō studiò per circa tre anni in Francia, a Marsiglia, Lione e parigi), e prende parte attiva a crudeli torture ai danni di amici e conoscenti. In Chinmoku (Silenzio), capolavoro del 1966, Endō porta al massimo compimento il tema della debolezza umana e della salvezza in Cristo, ponendo in primo piano il tema delle persecuzioni e della fede dei cristiani giapponesi a inizio 1600. Endō ha sempre considerato la figura di gesù Cristo come la massima espressione della pura essenza della religione cristiana, tanto da dedicarle un intero romanzo, Iesu no shōgai (Vita di Gesù, 1973), e ha inoltre individuato nel cattolicesimo la “sinfonia” più adatta alla fragilità stessa dell’animo umano, che solo in Cristo può trovare un conforto terreno.
Mi pare di poter dire che il cattolicesimo non sia un “assolo”, bensì una “sinfonia”. per degli uomini irreprensibili può essere scontato, ma se in questa sinfonia una religione non riserva un posto per i peccatori, dico allora che si tratta di una falsa religione. Ho fiducia nel cattolicesimo perché, rispetto alle altre religioni, vi ritrovo molte possibilità in più per poter eseguire una sinfonia umana. Con le altre religioni questo è impossibile, in quanto prevedono soltanto degli assoli. solo il cattolicesimo può presentare una sinfonia piena e completa. e se in questa sinfonia non ci fosse stata una parte corrispondente ai pantani fangosi del giappone, essa non sarebbe mai stata una vera religione. È esattamente quella la parte che io voglio rivelare.12
11 Nel Kyūshū, non a caso, sono ambientati alcuni dei suoi romanzi più famosi: Umi
to dokuyaku (Mare e veleno, 1957) a Fukuoka; Kazan (Vulcano, 1959) a Kagoshima; Chinmoku (Silenzio, 1966) a nagasaki.
12 Cit. in Francis Mathy, Endō Shūsaku: Japanese Catholic Novelist, in “Thought”, Winter, 1967, p. 609.
Endō mette in chiaro il suo intento, questo è il suo manifesto: rivelare il significato del cristianesimo in Giappone e scoprire le sue possibilità, oltre le inevitabili contraddizioni implicite in una religione diffusa in un territorio straniero, se non addirittura ostile. Tuttavia è fermamente convinto che Dio si trovi ovunque, “anche per le vie affollate di Shinjuku e shibuya”,13 e per questo ha ripetuto spesso che il suo compito principale
era individuare Dio finanche in ambiti e luoghi tipicamente giapponesi. Endō non si è mai illuso di poter avere vita facile, ben consapevole di dover combattere con profondi e forse insanabili contrasti:
Come cristiano, giapponese e scrittore, sono coinvolto a livello costante nella relazione e nel conflitto creati da queste tre condizioni in continua tensione. purtroppo non sono ancora riuscito a conciliarle nella mia coscienza e a creare una certa unità, pertanto seguitano ad apparirmi perlopiù contraddittorie.14
In effetti, una buona parte dei romanzi di Endō indaga sul senso di colpa morale dei giapponesi a confronto con quello occidentale. Umi to dokuyaku (Mare e veleno, 1957), tanto per citare l’esempio in questo senso più eclatante, documenta le brutali vivisezioni condotte dai medici giapponesi sui piloti americani catturati durante la guerra del Pacifico. naturalmente, come osserva gessel, “il contesto cristiano, per quanto fondamentale, non è la sola cornice entro la quale esaminare i romanzi di Endō Shūsaku. Difatti si rischierebbe di ridimensionare la sua opera osservandola esclusivamente in base alle sue implicazioni religiose”.15
altrettanto fondamentale, come si è accennato in precedenza, è l’innegabile appartenenza di Endō alla generazione di scrittori del periodo bellico (senchūha): la formazione cristiana, in direzione diametralmente opposta rispetto all’ultranazionalismo e all’espansionismo militare giapponese di quegli anni, dà vita a una dicotomia antitetica senza scampo sulla quale si sviluppa tutta la sua letteratura. scrittore cristiano e nel contempo scrittore del dopoguerra, Endō incentra d’altra parte il
13 Endō Shūsaku, Watashi no bungaku, in Id., Endō Shūsaku bungaku zenshū, vol. 10, Shinchōsha, Tōkyō, 1975, p. 370.
14 Id., Nihonteki kanjō no soko ni aru mono – Metafijikku hihyō to dentōbi, in Endō
Shūsaku bungaku zenshū cit., p. 146.
suo percorso artistico e ideologico sulla condanna dell’ambiguità morale giapponese e della razionalità estrema e spesso dogmatica della cristianità occidentale, ponendo da un lato il panteismo nipponico e dall’altro il dogmatismo monoteista occidentale. ed è proprio nel tentativo di sanare questo profondo contrasto che compie il percorso verso l’India, un territorio dal punto di vista religioso “indipendente” e dunque fertile per giungere a conclusioni definitive. In particolare, in Fukai kawa, punta dritto al Gange, simbolo perfetto della sua riflessione ultima:
Il Gange è un grande fiume in cui vita e morte convivono fianco a fianco. In India si percepisce l’esistenza di un altro grande mondo di una diversa dimensione che coesiste con il nostro.16
L’autore, come si vedrà in dettaglio nel paragrafo successivo, sceglie di concludere in India il suo lungo percorso perché si tratta di una terra che, più di ogni altra, gli permette di approfondire le questioni a lui molto care del sincretismo religioso e della suddetta relazione tra monoteismo cristiano e panteismo buddhista. del resto questo aspetto è evidente già nel fatto di ambientare il romanzo in India, così come nella natura stessa del tour/pellegrinaggio in cui i protagonisti sono impegnati, che prevede la visita di siti sacri buddhisti e induisti. In poche parole, in Fukai kawa, Endō supera la dicotomia sulla quale erano fondate le sue opere precedenti, ovvero il contrasto fra “occidente” cristiano (monoteismo) e “oriente” buddhista (panteismo), e privilegia un approccio più sofisticato, che va ben oltre la preoccupazione della redenzione per il cristiano e la volontà di conoscere il proprio intimo sé per il buddhista.
Endō punta a una “terza religione” che prenda le distanze dalle religioni istituzionalizzate come il cristianesimo, il buddhismo e l’islam, una “terza religione” che trascenda il settarismo e il dogmatismo di queste ultime.17