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I diritti politici riconosciuti «expressis verbis» nella Costituzione.

Il primo gruppo di Paesi che ci proponiamo di analizzare ha una lunga e consolidata tradizione nella concessione dei diritti politici. La cosa più rilevante, che merita di essere messa subito in rilievo, riguarda il fatto che questa sorta di “apertura” non viene perseguita dal legislatore per via ordinaria, bensì si ricava direttamente dalle norme costituzionali. C’è da dire, altresì, che gli Stati che operano tale scelta mantengono un comportamento generalmente “tollerante” nei confronti delle nazionalità straniere presenti sul loro territorio.

Il primo Stato che può essere inserito in questo gruppo (primo anche in ordine cronologico) è l’Irlanda che, sin dal 1963, concede il diritto di voto agli

495 Tra i tanti casi, si pensi al Trattato stretto tra il Regno di Spagna e la Norvegia del 1990, la normativa irlandese che estende il diritto di voto dal 1963 o alla riforma della legislazione svedese del 1975 che non prevedeva alcun requisito per i cittadini provenienti dall’Islanda e dalla Norvegia. Cfr. HARALD WALDRAUCH, Electoral rights for foreign nationals: a comparative overview, European Science Foundation Exploratory Workshop: Citizens, non-Citizens and Voting Rights in Europe, Università di Edimburgo, 2-5 giugno 2005.

496 Cfr. ROGERS BRUBAKER, Cittadinanza e nazionalità in Francia e Germania, Saggi, Bologna, Il Mulino, 1997, p. 15.

stranieri presenti nella comunità nazionale. A questi stessi soggetti spetta il suffragio passivo dal 1974. In realtà, la situazione irlandese presenta molte particolarità, visto che all’art. 16.2 della Costituzione vigente sancisce che «tutti i cittadini e le altre persone nello Stato, come può essere determinato dalla legge, senza distinzione di sesso che hanno raggiunto l'età di diciotto anni che non sono esclusi dalla legge e sono ritenuti conformi con le disposizioni di legge relative alla elezione dei membri del Dáil Éireann, hanno il diritto di voto alle elezioni per i membri del Dáil Éireann». Si badi bene che l’espressione «le altre persone nello Stato» dà luogo al fatto che ogni singolo individuo, a prescindere da quale sia la propria nazionalità d’origine, può esercitare il diritto di voto con piena equiparazione ai cittadini dello Stato (superato il limitatissimo vincolo dei 6 mesi di residenza). Da qui, è possibile fare alcune osservazioni: è interessante che questa norma provenga direttamente dal Testo costituzionale e, quindi, direttamente ascrivibile tra i diritti e i doveri dell’individuo; un’altra osservazione può essere fatta per ciò che concerne la presenza dei prerequisiti all’esercizio di tale diritto, che viene «potenzialmente riconosciuto a non cittadini presenti nello Stato (l’individuazione concreta dei titolari è rimessa ad un intervento del legislatore)»497; non si dimentichi, a tal proposito, che

le elezioni per cui la Costituzione irlandese dà la potestà allo straniero di partecipare sono “politiche” (ovvero, per la Camera dei Rappresentanti) e non meramente “amministrative”. Tuttavia, la legislazione ordinaria (Electoral Act del 1992) pone un limite a questo esercizio sancendo che tale diritto venga riconosciuto a tutti i cittadini britannici che risiedono nel territorio dello Stato, unitamente ai cittadini europei a condizione di reciprocità (art. 23); al resto della popolazione straniera viene comunque concesso di partecipare alle consultazioni amministrative del Comune dove sono residenti abitualmente, al compimento dei 18 anni di età e, quindi, con uguali condizioni che per i cittadini nazionali498.

497 ALESSANDRA ALGOSTINO, Il ritorno dei meteci: migranti e diritto di voto, in Silvio Gambino e Guerino D'Ignazio (a cura di), Immigrazione e diritti fondamentali. Fra Costituzioni nazionali, Unione Europea e Diritto internazionale, Milano, Giuffrè, 2010, p. 436 ss. Come osserva la studiosa, il rinvio alla legge ordinaria è differente da altri ordinamenti perché il diritto viene riconosciuto dalla norma costituzionale e al legislatore spetta solo individuare l’attuazione concreta. Sinora, esempi simili prevedevano la cd. Discrezionalità legislativa, che ha tra le prerogative lo stesso riconoscimento del suffragio.

498 Sul punto, si veda DAVIDE SARDO, Il dibattito sul riconoscimento del diritto di voto agli stranieri residenti, Rivista dell’Associazione Italiana dei Costituzionalisti, n. 0, 2010, p. 2 ss.; WERNER T. BAUER,

la Legge fondamentale dell’Ungheria del 1949499. In questo caso, si tratta di una attribuzione

quantomai esplicita e diretta, senza rinvii legislativi o forme di discrezionalità. In particolare, nel Testo originario del 1949, «l’articolo 70 della Costituzione, relativo alla definizione dei diritti di partecipazione politica è estremamente complesso e denso di disposizioni, e stabilisce che “Ogni cittadino ungherese adulto residente sul territorio della Repubblica Ungherese ha il diritto di essere eletto e di votare alle elezioni dei componenti dell’Assemblea Nazionale, come pure di partecipare ai referendum nazionali e alle iniziative popolari”. Inoltre, le persone residenti sul territorio, ma prive dello status di cittadinanza, hanno il diritto di votare alle elezioni locali e il diritto di partecipare ai referendum locali e alle iniziative legislative. Lo stesso articolo disciplina in modo congiunto sia il diritto di partecipare alle votazioni elettive che il diritto di partecipare alle votazioni deliberative rendendo esplicitamente omogenei i requisiti per l’accesso alle votazioni»500.

Ulteriore particolarità risiede nel fatto che, ai sensi del quarto comma del suddetto articolo501, viene sancito quanto concerne il diritto di elettorato passivo che, stavolta, sarà

inteso come mero “diritto individuale” e non più in forma collettiva, pur tenendo conto che esso completa la funzione partecipativa del soggetto. Il suffragio, quindi, seppur garantito in maniera inequivocabile a livello costituzionale, per come si desume dalla stessa norma, rimane limitato al livello di amministrazione locale. Come è tristemente noto, il

AusländerInnenwahlrecht im europäischen Vergleich, Politische Partizipation von Einwanderern, Bonn, 16

febbraio 2008, p. 10.

499 Si ricorda che «l'ordinamento ungherese si regge su una serie di norme che si sono venute sovrapponendo a seguito di numerosi interventi di revisione della costituzione comunista» Tali emendamenti hanno portato a corpose modifiche sia nel 1989 che nel 1990, con relativi aggiustamenti operati ancora nel 1994. In ogni caso, sul piano delle libertà, è stata sempre perseguita l'uguaglianza di ogni individuo per garantire una «ampia sfera di autonomia senza necessità di forme di costrizione giuridica». Tali presupposti sono desumibili anche nella Costituzione dell'U.R.S.S. del 1936. Cfr. GIUSEPPE DE VERGOTTINI, Diritto costituzionale comparato, Padova, CEDAM, 1999, p. 874 ss. 500 Cfr. FRANCESCA ROMANA DAU, "L’esperienza costituzionale ungherese e l’equilibrio tra democrazia diretta e principio rappresentativo. Brevi note a margine dell’approvazione del nuovo testo costituzionale dell’aprile 2011." In Federalismi.it, 14 dicembre 2011, p. 14.

501 Per cui «Ogni cittadino ungherese ha il diritto di partecipare all’amministrazione dei pubblici affari e di occupare degli uffici pubblici, in conformità alle sue qualità, alla sua esperienza e alle sue qualità professionali».

Parlamento di Budapest, lo scorso 19 aprile 2011, ha provveduto ad approvare la nuova Costituzione ungherese, entrata in vigore il 1 gennaio 2012. Rispetto a quanto abbiamo analizzato sinora, risulta di notevole interesse la formulazione del nuovo articolo XXIII che disciplina i diritti di partecipazione politica e sostituisce quanto espresso in precedenza dell'articolo 70, contenuto nel Testo del 1949.

Il principale aspetto di novità riguarda proprio le votazioni "elettive e deliberative" che, nella formulazione precedente, venivano considerate (e disciplinate) nel loro complesso. La nuova Costituzione, al contrario, da un lato racchiude tutte le disposizioni in materia nell'esteso articolo XXIII, dall'altro lato, provvede a scorporare il diritto di voto dal diritto di partecipazione referendaria502. Non a caso, il comma 7 del suddetto articolo

sancisce che “Ogni persona dotata del diritto di voto alle elezioni legislative ha il diritto di partecipare ai referendum nazionali. Ogni persona dotata del diritto di voto alle elezioni dei membri degli organi rappresentativi delle collettività locali e dei sindaci ha il diritto di partecipare si referendum nazionali.” I requisiti necessari alla partecipazione nelle votazioni deliberative, quindi, rimangono costituzionalmente legati a quelli già richiesti per l’accesso all’elettorato attivo e passivo.

Rispetto a quest’ultimo punto, il terzo comma dell’art. XXIII è estremamente chiaro nel sancire che «ogni persona maggiorenne riconosciuta come rifugiato, immigrato, oppure residente in Ungheria ha diritto di voto attivo nelle elezioni dei deputati locali e dei sindaci». Allo stesso modo, nel comma successivo, si statuisce che «la legge organica può legare il diritto di voto, o la sua pienezza, alla residenza in Ungheria, può altresì stabilire ulteriori condizioni per il diritto di voto passivo». La partecipazione politica, quindi, viene legata indissolubilmente dalla Costituzione al «comune di residenza» o ad un « effettivo domicilio», così come si evince dal quinto comma dell’articolo in esame.

In definitiva, nel loro unicum, le due Costituzioni (irlandese e ungherese) presentano alcuni aspetti che, ad una prima lettura, possono sembrare assai similari nelle loro previsioni. Di certo, entrambi conferiscono, con una norma di rango costituzionale, il diritto politico allo straniero, delimitando anche l’esercizio e i livelli di partecipazione. Tuttavia, il testo irlandese risulta contenere una caratteristica marcatamente “dichiarativa”, lasciando poi al legislatore il compito (e non la discrezionalità) di disciplinare l’accesso e la

502 Questo processo recepisce quanto sancito dalla nota la sentenza n. 52 del 1997 della Corte costituzionale ungherese che ha riconosciuto il “diritto di partecipare ad un referendum” quale diritto politico fondamentale.

riferimenti espliciti alla legislazione ordinaria e, in maniera evidente, si occupa di individuare essa stessa la natura delle differenti titolarità. Certo è che la controversa Costituzione approvata nell’aprile 2011504 non interviene nel ridimensionare gli istituti

della partecipazione politica, tutelando con una certa "effettività" l'esercizio di questi diritti connessi alla cittadinanza e ribadendo il criterio di residenza stabile come prerequisito ineludibile all'esercizio del suffragio attivo e passivo.

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