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I diritti riconosciuti in maniera relativa agli stranieri.

Le libertà a cui facciamo riferimento possono essere definite, senza alcun timore di fraintendere la loro natura, come «diritti innati relativi»209. Si tratta, nello specifico, di

quei diritti universalmente riconosciuti alla persona umana ma che, in grande misura, dipendono dalle condizioni sociopolitiche in cui versano l’ordinamento giuridico e la popolazione in una data epoca storica. Sono quelle libertà che vengono imposte dalle leggi vigenti, la cui sostanza risulta incompatibile con quella dei diritti umani. Per comprendere meglio questa affermazione, ci si fermi a ragionare sul fatto che, negli ordinamenti moderni, lo straniero possiede (sempre) la titolarità di tutti quei diritti che vengono concessi dalla Costituzione, non potendo quindi essere titolare di ulteriori libertà rispetto a quelle previste e che, in questo caso, dipenderanno dalle concezioni sociali

204 Il TC ha ribadito nella STC 107/1984 che «libertà come il diritto alla vita, all’integrità fisica e morale, all’intimità etc. si riferiscono agli stranieri come sancito dalla stessa Costituzione e non è possibile un trattamento differente di questi diritti in relazione ai nazionali».

205 La titolarità di questo diritto può essere dedotta dalla STC 99/1985, FJ. 2

206 Nella STC 115/87, FJ. 1, il TC da piena estensione di tale diritto anche agli stranieri

207 La sua estensione deriva dall’art. 10 della CEDU che sancisce: «ogni persona ha diritto alla libertà d'espressione. Tale diritto include la libertà d'opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza considerazione di frontiera».

208 Da parte di chi scrive, vi è l’intenzione di considerare queste due libertà all’interno del più insieme dei diritti politici, cui titolarità non viene concessa a pieno per gli stranieri. Va, tuttavia, precisato che per una certa parte della dottrina, questi sono diritti connessi allo status giuridico e non concedibili in forma piena allo straniero. In tal senso, si veda PEDRO CRUZ VILLALÓN, Dos cuestiones de titularidad

de derechos: los extranjeros, las personas jurídicas, Revista española de derecho constitucional, n. 35, 1992, p.

69 ss.; più approfondito in RAMÓN MARIA FERRER PEÑA, Los Derechos de los extranjeros en España, Coll. Práctica Juridica, Madrid, Tecnos, 1989, p. 76.

209 In tal senso, concordiamo con la definizione di JOSÉ ANTONIO MIQUEL CALATAYUD,

vigenti. Sono «diritti modulabili»210, soggetti ad un insieme di condizioni variabili che, se

da un lato non possono essere totalmente compressi, al fine di non causare una esclusione completa dello straniero, potranno, per altri versi, essere ristretti in base a determinate necessità. A dir la verità, sarebbe più esaustivo chiamarli «diritti soggettivi relativi»211, i quali non sono emanazione intrinseca della dignità umana; quindi,

l’estensione agli stranieri non sarebbe da considerarsi in maniera equipollente ai nazionali. In ogni caso, deve essere mantenuto dagli organi dello Stato un livello essenziale che potrà essere differente ma non discriminatorio rispetto ai cittadini212.

Per questo motivo, né l’ordinamento italiano, né quello spagnolo si spingono nella totale equiparazione delle due situazioni213 perché un criterio egualitario assoluto

potrebbe mettere in questione la stessa natura dello Stato nazionale. Si consideri, tra questi, il diritto di uguaglianza, la libertà di circolazione e permanenza sul territorio e, infine, alcuni diritti sociali.

Per comprendere quanto tratteremo più avanti, a nostro avviso, è necessario porre una maggiore al cd. principio di uguaglianza che, nella Costituzione spagnola vigente, può essere rintracciato nell’articolo 14 che apre il Titolo II, denominato appunto “Derechos y Libertades”. Il testo del precetto in analisi214 ci pone, sin da subito, dinanzi

ad alcuni quesiti: in primo luogo, gli stranieri possono godere del diritto fondamentale di uguaglianza o questo viene riservato solamente agli spagnoli? Per altri versi, se il diritto

210 Per un’analisi più esaustiva sull’aspetto dottrinale, si veda MARCOS FRANCISCO MASSÓ GARROTE, Los derechos políticos de los extranjeros en el estado nacional: los derechos de participación política y el

derecho de acceso a funciones públicas, San Agustín de Guadalix (Madrid), COLEX, 1997, p. 58.

211 Tale espressione è stata utilizzata per la prima volta da LUCIANO PAREJO ALFONSO, citata da JUAN RODRÍGUEZ-DRINCOURT ÁLVAREZ, Los Derechos Políticos de Los Extranjeros, Universidad de Las Palmas, Madrid, Civitas, 1997, p. 180, nota n. 36.

212 Secondo parte della dottrina, questo concetto fa parte della normale sopravvivenza “individualizzata” alla quale ha diritto qualsiasi comunità nazionale indipendente, diritto che sarebbe svilito da una totale equiparazione tra lo status di cittadino e la condizione giuridica dello straniero. Cfr. JOSÉ ANTONIO MIQUEL CALATAYUD, Estudios sobre extranjería, Zaragoza, Bosch, 1987, p. 26. 213 Anche se molte spinte centrifughe provengono anche da istituzioni sovranazionali. Si veda, giusto come esempio, le conclusioni fatte da NILS MUIŽNIEKS, "Rapporto a seguito della visita in Italia", Strasburgo, COE, 2012, p. 31 ss.

214 Secondo l’art. 14 CE: «gli spagnoli sono uguali davanti alla legge, senza che possa realizzarsi alcuna discriminazione per motivi di nascita, razza, sesso, religione, politica o qualsiasi altra condizione o circostanza personale o sociale».

viene esteso anche ai “non cittadini”, in che misura sarà assicurata la tutela? È evidente che un’analisi strettamente letterale dell’articolo sembrerebbe dare risposta ad almeno uno degli interrogativi ma, come abbiamo dimostrato nelle pagine precedenti, lo stesso

Tribunal constitucional ha più volte affermato che il dato testuale del precetto non è

sufficiente a risolvere i problemi relativi alla titolarità215 perciò, anche in questo caso, la

nostra analisi non deve soffermarsi unicamente su quanto stabilito dell’articolo 14 CE. A ricordarlo sarà lo stesso TC che, nell’analizzare la questione, pone sullo stesso piano l’art. 14 e l’art. 13.1 CE, che assicura una effettiva copertura costituzionale alla condizione giuridica dello straniero. I Giudici supremi, infatti, oltre ad interrogarsi sull’estensibilità dell “principio di uguaglianza” ai “non cittadini”, cercano di comprendere se questo potrebbe implicitamente autorizzare disuguaglianze tra stranieri e nazionali sul piano della titolarità dei diritti. Nello specifico e da un punto di vista teleologico, se gli stranieri non beneficiano del principio fondamentale di uguaglianza, l’ambito di protezione costituzionale di tale diritto resterebbe escluso per tali soggetti; allo stesso tempo, se si ammette una titolarità estesa di questo principio, per come è formulato esso non esprime chiaramente il suo contenuto e, quindi, non siamo in grado di comprendere se tale precetto ammetta discriminazioni basate sul criterio della nazionalità.

Così, al momento di individuare la giurisprudenza in materia, il TC esprime chiaramente (come già detto) che l’art. 14 non è bastevole a configurare la portata del principio di uguaglianza ma che il disposto va letto insieme ad altri precetti costituzionali tra cui, in primis, l’art. 13.1, secondo cui «gli stranieri godranno in Spagna dei diritti e delle libertà contenute nel Titolo I», dove si annovera anche il suddetto “principio di uguaglianza”. In definitiva, quindi, se pur non si esplicita nella posizione del Tribunal

constitucional un “via libera” espresso sulla titolarità degli stranieri rispetto all’art. 14, è

evidente una certa “accettazione implicita” riguardo all’estensione di tale precetto216.

215 Si veda il parere già espresso e citato della STC 107/1984, FJ 3.

216 Un’accettazione del principio di uguaglianza è invece subito presente nella giurisprudenza di altre Corti costituzionali europee. Il Conseil constitutionnel francese, ad esempio, con la decisione 269 DC du 22 janvier 1990, RJCI/392, esaminando la costituzionalità di una disposizione legislativa che escludeva gli stranieri dalla titolarità di un sussidio di solidarietà sociale, ha sentenziato che «l’esclusione degli stranieri residenti in Francia dal sussidio supplementare viola il diritto costituzionale all’uguaglianza». Questa decisione è da considerarsi come pioniera e lungimirante, avendo sancito definitivamente che «il principio all’uguaglianza non è un diritto del cittadino ma dell’uomo e, pertanto, sia i nazionali che gli stranieri possono farlo prevalere (dinanzi alla legge)». Allo stesso modo, la Corte costituzionale italiana già con le sentenze n. 120/1967; n. 104/1969; n.144/1970.

Pertanto, secondo il TC l’uguaglianza nell’esercizio e nella titolarità dei diritti annoverati all’interno del Titolo I della Costituzione spagnola dipenderà, ai sensi dello stesso Testo fondamentale, dalla libera volontà prevista dai trattati e dalle leggi vigenti217, anche se

questa «formula» non sarà possibile nei diritti che corrispondono in maniera eguale agli spagnoli e agli stranieri. Quest’ultima affermazione si desume da quanto sancito nella sentenza STC 95/2000218, consolidato successivamente nella STC 236/2007. Perciò,

quando la legge, nel suo ambito di applicazione soggettiva, non distingue i destinatari per motivi concernenti la nazionalità, il “diritto di uguaglianza” in capo agli stranieri implica che (in forma diretta) sia applicata detta legge in maniera non discriminatoria219.

In definitiva, quindi, se si parte dalla premessa che il contenuto essenziale riguardante lo status giuridico dello straniero discende (nella sua configurazione) direttamente dalla Costituzione, quel criterio di uguaglianza dinanzi alla legge fin qui discusso si può dirsi derivare dallo stesso art. 14 CE. Da questo precetto si ricava che il legislatore non può discriminare lo straniero né per ragioni concernenti la natura umana (razza, sesso, religione, etc.) né per altre circostanze personali o sociali. Da qui, bisognerà vagliare l’eventuale liceità o illiceità di una legge, esaminando se essa introduce differenze

217 Si badi bene a quest’ultima affermazione, poiché caratterizzerà tutta la dottrina costituzionale spagnola e influenzerà inevitabilmente le riforme successive concernenti lo status giuridico dello straniero, che avremo modo di menzionare nel corso della trattazione.

218 Lo stesso TC afferma in questa sentenza (FJ 3) che «non è irrilevante ricordare in questo contesto che la giurisprudenza di questa Corte ha precisato la portata del principio di uguaglianza e non discriminazione dei diritti e delle libertà degli stranieri di cui all'articolo 13.1 CE, affermando che in Spagna (gli stranieri) godono delle libertà pubbliche garantite dal Titolo I, anche nei termini stabiliti dai trattati e dalla legge. Sin dalla nostra STC 107/1984, abbiamo ritenuto che né l'espressione delle libertà civili devono essere interpretate restrittivamente, né che questo riferimento abbia voluto deconstituzionalizzare la posizione giuridica degli stranieri rispetto a questi diritti, ma che questo concerne solo il riconoscimento di questi diritti in base alla loro forma giuridica. E così, come abbiamo affermato nella suddetta sentenza e abbiamo ribadito la STC 99/1985 e 130/1995, gli stranieri godono nel nostro Paese, in una posizione completamente paragonabile a quella degli spagnoli, di quei diritti che appartengono alla persona in quanto tale e sono essenziali per assicurare la dignità umana (art. 10.1 CE) e, al contrario, non è possibile accedere ad altri diritti (art. 23 CE, come disposto dall'articolo 13.2) e, quindi, esiste un terzo gruppo composto da quei diritti di cui (gli stranieri) possono essere titolari nella misura e alle condizioni stabilite nei trattati e dalle leggi, essendo possibile, (solo) in tal caso, fissare differenze rispetto ai nazionali».

219 È quanto già si leggeva nella STC 107/1984 (FJ 3): «la legge può prescindere dal prendere in considerazione come dato rilevante per configurare l’esercizio di un diritto, la nazionalità e la cittadinanza del titolare, attuando una completa uguaglianza tra spagnoli e stranieri».

tra stranieri e nazionali che non siano autorizzate dallo stesso art. 14 CE e se il dato della “nazionalità” sia relazionato con il fine della norma.

Differente appare il discorso se si parte dal presupposto che tutti i diritti relativi allo straniero, siano o non siano fondamentali, posseggono (nella loro configurazione) una natura giuridica, dovuta a quanto viene disposto dall’art. 13.1 CE. Come sostenuto ampiamente anche in dottrina220, l’applicazione di questa posizione può dare luogo a

risultati effettivi e concludenti: se un diritto (dello straniero, in questo caso) ha una configurazione legale, sarà compito delle leggi individuare quali siano le restrizioni che possono essere applicate allo straniero. Da qui, l’unico parametro di validità delle discriminazioni legislative saranno i Trattati internazionali, ai quali rimanda anche il già citato art. 13.1 della Costituzione spagnola.

In conclusione, la posizione che si intende sostenere rispetto al “principio di uguaglianza” è intermedia rispetto a ciò che abbiamo appena espresso: si da come certa la titolarità dello straniero del principio di uguaglianza (art. 14, in relazione all’art. 13.1 CE) sotto il rispetto delle clausole tassative e proibitive che lo stesso art. 14 prevede. Al di fuori di queste clausole, il principio di uguaglianza è un diritto di configurazione legale che può soggiacere ad una “differenziazione” giuridica e non ad una discriminazione, vale a dire che deve essere sempre applicato con un fondamento giuridico razionale e ragionevole.

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