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Al contrario di quanto abbiamo riscontrato nell’esperienza spagnola, il tema dell’estensione dei diritti politici, pur essendo affrontato in maniera approfondita dalla dottrina, non è stato mai oggetto specifico di una pronuncia da parte dei Giudici costituzionali. Per rintracciare qualche timido tentativo di interpretazione di tali questioni che caratterizzano questa materia bisogna risalire alla sentenza n. 172/1999 che si riferisce, in realtà, all’obbligo di servizio militare in capo agli apolidi dove la stessa Corte afferma l’esistenza di una «comunità di diritti e di doveri, più ampia e comprensiva di quella fondata sul criterio della cittadinanza in senso stretto, (che) accoglie e accomuna tutti coloro che, quasi come in una seconda cittadinanza, ricevono diritti e restituiscono doveri, secondo quanto risulta dall'art. 2 della Costituzione»379. Pur riconoscendo che i soggetti della pronuncia godono di una

particolare situazione giuridica tra gli stranieri, vale la pena ricordare che, con

377 Così FRANCESCO CERRONE, Identità civica e diritti degli stranieri, Politica del diritto, 26, n. 3, 1995, p. 451. Nelle stesse pagine, pare limitare ex nunc la titolarità, per poi circoscriverla al diritto di voto a livello locale.

378 In tal senso, GIAN ENRICO RUSCONI, Immigrazione in Europa. Impatto culturale e problemi di

cittadinanza, Il Mulino, 1, 1992, p. 116.

379 Cfr. Sentenza 172/1999, cons. in diritto, 2.3. Per un commento generale, si veda ENRICO GROSSO, Sull'obbligo di prestazione del servizio di leva da parte degli apolidi : spunti di riflessione verso possibili

nuove concezioni della cittadinanza : osservazione a Sent. (10 maggio) 18 maggio 1999 n. 172., Giurisprudenza

riferimento all’art. 52 Cost., si dà al disposto il compito di «stabilire in positivo, non già di circoscrivere in negativo i limiti soggettivi del dovere costituzionale», conferendo, in ultimo, allo stesso legislatore il «potere discrezionale nell'apprezzare ragioni che inducano a estendere la cerchia dei soggetti chiamati alla prestazione del servizio militare».

Questa pronuncia, con tutti i limiti presenti, ha il merito di estendere il significato di “comunità statale”, rinnovando il termine “cittadino” in senso inclusivo e non ostativo all’estensione del diritto/dovere in questione380. Per altri versi, è bene

sottolineare che il riferimento specifico ai soggetti “apolidi” scongiura la possibilità di identificare le decisioni della Corte con lo status dello straniero in generale381. Tuttavia,

potrebbe costituire una (timida) apertura all’intervento legislativo, atto a valorizzare discrezionalmente motivazioni che siano tese ad estendere determinate libertà costituzionali382.

I successivi interventi dei Giudici costituzionali sono stati dettati da quella “invettiva” che alcune amministrazioni locali hanno intrapreso per estendere, grazie alle loro potestà rinnovate dalla riformulazione del Titolo V della Costituzione, il diritto di voto anche ai “non cittadini”. Il primo punto su cui riflettere è proprio il potere in capo ad organi di governo regionale di disciplinare questa materia: tanto la giurisprudenza, quanto la dottrina383 hanno escluso la riserva costituzionale delle

Regioni a poter modificare i propri statuti in senso inclusivo per lo straniero. I due

380 Sul punto, MARCO CUNIBERTI, "Alcune osservazioni su stranieri, voto e cittadinanza." In Forum

dei Quaderni Costituzionali, 2004, www.forumcostituzionale.it.

381 In tal senso, TOMMASO F. GIUPPONI, Stranieri extracomunitari e diritti politici. Problemi costituzionali

dell'estensione del diritto di voto in ambito locale, Relazione al Convegno "Cittadini di oggi e di domani. Le

sfide dell’immigrazione per il territorio", Alessandria, 18 novembre 2006, www.forumcostituzionale.it, p. 3.

382 Sullo stesso tenore, ENRICO GROSSO, "art. 48." In Commentario alla Costituzione, Raffaele Bifulco, Alfonso Celotto e Marco Olivetti (a cura di), Torino, UTET Giuridica, 2006, p. 968. La stessa Corte costituzionale, nella sentenza 53/1967 aveva avuto modo di affermare che «sempre che siano osservati i precetti dell'art. 10 della Costituzione e non siano violati altri precetti costituzionali, che una legge possa» estendere (l'obbligo, in quell caso) "quando concorrano interessi che il legislatore consideri meritevoli di tutela, anche a soggetti non in possesso della cittadinanza italiana».

383 Tra tutti, TOMMASO F. GIUPPONI, Stranieri extracomunitari e diritti politici. Problemi costituzionali

dell'estensione del diritto di voto in ambito locale, Relazione al Convegno "Cittadini di oggi e di domani. Le

casi emblematici riguardano le iniziative della Regione Emilia Romagna e della Toscana. La prima, all’art. 2.f del proprio statuto, stabilisce tra gli obiettivi dell’amministrazione territoriale «il godimento dei diritti sociali degli immigrati, degli stranieri profughi rifugiati ed apolidi, assicurando, nell’ambito delle facoltà che le sono costituzionalmente riconosciute, il diritto di voto degli immigrati residenti»; lo statuto della Regione Toscana, all’art. 3.6, nei principi generali promuove «nel rispetto dei principi costituzionali, l’estensione del diritto di voto agli immigrati». Entrambi gli statuti sono stati impugnati dal Governo per violazione, tra l’altro, dell’art. 117, comma 2, lettera f) della Costituzione384.

La Corte costituzionale, a seguito di un lungo dibattito portato avanti dalla dottrina nazionale385, ha dichiarato inammissibile il ricorso del Governo, con le note

sentenze n. 372 e n. 379 del 2004. La decisione dei giudici ha considerato la natura degli articoli impugnati, definendoli mere «enunciazioni» che, quindi, posseggono «un carattere non prescrittivo e non vincolante». Per altri versi, ha ribadito la Corte, questi enunciati «esplicano una funzione, per così dire, di natura culturale e anche politica, ma non certo normativa» e, quindi, «non comportano né alcuna violazione, né alcuna violazione di competenze costituzionalmente attribuite allo Stato e neppure fondano esercizi di poteri regionali». Con queste sentenze, il risultato ottenuto è duplice: da un lato, le due disposizioni statuarie delle Regioni Emila Romagna e Toscana hanno perso “sostanzialmente” qualsiasi forza prescrittiva e sono state “declassate” a mere dichiarazioni; dall’altro lato, questo “scontro” tra Governo ed Enti locali ha aperto

384 Secondo cui «Lo Stato ha legislazione esclusiva (su) organi dello Stato e relative leggi elettorali;

referendum statali; elezione del Parlamento europeo».

385 Tra i più importanti, cfr. FAUSTO CUOCOLO, I nuovi Statuti regionali fra Governo e Corte costituzionale, Giurisprudenza costituzionale, n. 6, 2004, p. 4047 ss.; ADELE ANZON, La Corte condanna all’inefficacia

giuridica le norme programmatiche degli Statuti regionali ordinari, Giurisprudenza costituzionale, n. 6, 2004, p.

4057 ss.; ANTONIO RUGGERI, Autonomia statutaria e forma di governo regionale: i paletti della Consulta (e

una riflessione finale), Le istituzioni del federalismo, n. 2/3, 2004, p. 377 ss.; ROBERTO BIN, Perché le Regioni dovrebbero essere contente di questa decisione, Le Regioni, n. 1/2, 2005, p. 15 ss.; ROBERTO

ROMBOLI, Il procedimento di controllo degli statuti delle regioni ordinarie e delle leggi statutarie, Il foro italiano, n. 9, 2004, p. 85 ss.; FRANCO PIZZETTI, Il gioco non valeva la candela: il prezzo pagato è troppo alto, Le Regioni, n. 1/2, 2004, p. 37 ss.; PAOLO CARETTI, La disciplina dei diritti fondamentali è materia riservata

alla Costituzione, Le Regioni, n. 3, 2005; Per una prima analisi sulla questione del rapporto Stato/Regioni,

si veda SILVIO GAMBINO, Autonomia statutaria, governo e amministrazione, Queste istituzioni, n. 128, 2002, p. 27 ss.

una questione (non ancora conclusa) sulla disciplina dell’elettorato e dell’estensione di esso agli stranieri386.

Altrettanto interessante, in questo senso, è stato l’intervento della Corte in merito alla legge n. 5 del 2004 della Regione Emilia Romagna. L’art. 8.1 della Legge regionale de quo stabilisce che «La Regione, per promuovere una effettiva partecipazione ed il protagonismo dei cittadini stranieri immigrati nella definizione delle politiche pubbliche, favorisce la realizzazione di percorsi a livello locale, con particolare attenzione all'equilibrio di genere ed alle aree di provenienza e con particolare riferimento a forme di presenza nei Consigli degli Enti locali, di rappresentanti di immigrati e, ove consentito, all'estensione del diritto di voto degli immigrati». Anche in questo caso, la norma si limita a programmare istituti di partecipazione politica per gli stranieri e, «ove consentito», estendere il diritto di voto agli stranieri. Per questo motivo, la Corte costituzionale ha dichiarato, con la sentenza 330/2005, infondate una serie di impugnative da parte del Governo, considerando queste “funzioni” politiche e amministrative non contrarie agli art. 48 e 51 della Costituzione387.

Anche in Friuli Venezia Giulia, in occasione della redazione della proposta di legge costituzionale per la revisione dello Statuto388, è emerso il tema del

riconoscimento del voto agli immigrati: l’art. 33 del progetto di Legge prevedeva per questi soggetti l’elettorato attivo389. Il testo definitivo dell'articolo, dopo il passaggio in

Commissione e Consiglio che ha visto una "rimodulazione" dettata (anche) dalle

386 La questione non sembra essersi avviata alla chiusura poichè, nonostante la negazione dell’efficacia giuridica dei principi statutari e l’interpretazione fornita dalla Corte sulle competenze regionali in materia di partecipazione politica degli stranieri, ancora nessuna disposizione di tale rango si è spinta a “dichiarare” la titolarità effettiva di questi diritti. In tal senso, si veda CECILIA CORSI, Immigrazione e

ruolo degli enti territoriali, Diritto, Immigrazione e Cittadinanza, n. 1, 2005, p. 47 ss.; ROBERTO BIN, Dopo gli Statuti, c’è molto da fare, Le istituzioni del federalismo, n. 1, 2005, p. 7;

387 Del resto, con la sentenza 300/2005, la Corte ha confermato il “criterio di favore” nei confronti della partecipazione degli immigrati (già individuato nella sent. 379/2004), fondato sull’art. 2.4 del d.lgs. n. 286 del 1998 che prevede la partecipazione dello straniero regolarmente soggiornante alla vita pubblica locale. Per un commento più approfondito, si veda TOMMASO F. GIUPPONI, Gli stranieri

extracomunitari e la vita pubblica locale: c'è partecipazione e partecipazione, Le Regioni, I, 2006, p. 187 ss.

388 Approvata il 1 febbraio 2005

389 Cfr. Relazione di accompagnamento alla proposta di legge costituzionale p. 9 (Pdl cost. n. 519 del 2006).

decisioni precedenti della Corte costituzionale in materia, stabilisce che «sono elettori gli iscritti nelle liste elettorali di un comune del Friuli Venezia Giulia e i cittadini dell’Unione europea iscritti nelle liste elettorali aggiunte per le elezioni comunali. E’ riservata alla legge dello Stato la disciplina dell’iscrizione nelle liste elettorali comunali di tutti i cittadini, compresi quelli di Paesi non appartenenti all’Unione europea, residenti in uno dei comuni del Friuli Venezia Giulia». Come si può notare, nel testo approvato, gli stranieri extracomunitari sono rimasti esclusi dall’allargamento del diritto di voto; questa disposizione, tuttavia, contempla alcuni elementi degni di nota: la norma, da un lato, è stata inizialmente redatta per riconoscere il diritto di voto nelle consultazioni regionali ai cittadini comunitari, novità importante in quanto autorizzerebbe questi soggetti (de facto, privi di cittadinanza italiana) a partecipare all’elezione di un ente a potestà primaria; dall’altro, essa riversa sullo Stato la competenza a disciplinare l’iscrizione degli stranieri extracomunitari alle liste elettorali e, quindi, si presume che tuteli questi soggetti da limitazioni di natura regionale, qualora l'elettorato attivo sia riconosciuto a livello statale anche agli extracomunitari390.

390 Come noto, gli Statuti delle regioni a regime speciale sono approvati con legge costituzionale. Tuttavia, la legge costituzionale n. 2/2001 ha “decostituzionalizzato” alcune materie che vengono disciplinate con legge regionale, approvata a maggioranza assoluta del Consiglio regionale, in armonia con la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica (c.d. “leggi statutarie”). In dottrina, per questo, ancora si dibatte sul tema: se lo Statuto speciale è approvato con legge costituzionale e ha come limite solamente i principi supremi dell’ordinamento, potrebbe esercitare la competenza ad estendere il diritto di voto per le elezioni regionali agli immigrati, anche non interpretando in modo estensivo l’art. 48 Cost.; la legge costituzionale, del resto, lo potrebbe derogare ammettendo altri soggetti all’esercizio del voto). Rimarrebbe comunque il problema della differenziazione del diritto di voto, che seppur prevista con legge costituzionale potrebbe comportare comunque una limitazione irragionevole del principio di uguaglianza non giustificabile. Per un'analisi più approfondita sul tema si veda, ANGELA RODANO, Il diritto di voto agli immigrati: quali possibilità di intervento per le autonomie territoriali?, IX Convegno internazionale della S.I.S.E., "La cittadinanza elettorale", op. cit., p. 22 ss. dalla quale si cita parte del testo.

C) La partecipazione politica dello straniero nel complesso

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