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La normativa ordinaria in materia di immigrazione.

Entrambi gli ordinamenti in esame (italiano e spagnolo) hanno maturato nell’arco degli ultimi quindici anni una corposa normativa sui differenti aspetti relativi al settore dell’immigrazione. Come è noto, in Italia il primo vero grande tentativo di riunire le diverse leggi in materia si è raggiunto con il D.lgs. n. 286 del 1998 (d’ora in poi T.U.I.). Ciò nonostante, le modifiche sono state soventi e spesso hanno contribuito a mutare l’impianto originario del T.U.I., avendo anche molte ricadute negli altri ambiti di regolamentazione (es. quella relativa agli enti locali).

Una vicenda simile è accaduta nell’ordinamento spagnolo, risentendo anch’essa delle diverse maggioranze politiche che si sono alternate in parlamento e delle “linee guida” di riforma che, di volta in volta, sono state suggerite dallo stesso

Tribunal constitucional. Dopo la prima Ley Orgánica 7/1985, i diritti e le libertà degli

stranieri sono stati raccolti e “codificati” nella più ampia Ley Orgánica 4/2000, che tuttora disciplina gran parte della materia che stiamo analizzando. Questa stesse legge, “riscritta” dopo pochissimo tempo dalla Ley Orgánica 8/2000 (investita in più punti dal giudizio negativo del Tribunal constitucional), ha subito innumerevoli variazioni nella struttura e nella portata dei diritti che garantisce, fino alla più moderna e risolutiva riforma operata attraverso la Ley Orgánica 2/2009472. Ogni

processo di riforma, tuttavia, ha comportato (quasi sempre) una certa estensione dei diritti473 in capo allo straniero che oggi, per lo meno per ciò che concerne le libertà

fondamentali, risultano ben definite e strutturate nel loro esercizio e nella loro titolarità. In effetti, quella tripartizione alla quale abbiamo più volte fatto riferimento474, risulta evidente tanto nella dottrina costituzionale che nella legge

ordinaria. L’unica osservazione che possiamo operare in tal senso riguarda il grado D'Ignazio (a cura di), Immigrazione e diritti fondamentali. Fra Costituzioni nazionali, Unione Europea e Diritto internazionale, Milano, Giuffrè, 2010, p. 450 ss.

472 Sulle diverse tappe di riforma e sulle pronunce del TC in materia, si veda MARCOS FRANCISCO MASSÓ GARROTE, Los Derechos y Libertades fundamentales de los extranjeros en el nuevo marco legal, "Iuris Tantum", Revista Boliviana de Derecho, n. 11, 2011.

473 A fronte però, come nel caso della L.O. 8/2000, di un inasprimento delle misure di pubblica sicurezza ed espulsione.

di effettività e limitazione che riguarda l’esercizio di questi diritti. Certo è che i diritti considerati come “irriducibili” devono essere sempre garantiti anche attraverso la normativa ordinaria ma, allo stesso tempo, rimane sempre il dubbio (almeno nel caso spagnolo) se tutti i diritti fondamentali siano effettivamente tutelati dalla normativa vigente475. Per ciò che concerne i diritti politici (intesi, stavolta, come

diritti di partecipazione) possiamo affermare con certezza che, seppur con i limiti precedentemente espressi, essi siano tutelati e garantiti a livello locale per buona parte della comunità straniera presente nel territorio (fatto salvo il cd. principio di reciprocità). Con ciò, tuttavia, non deve intendersi che alla previsione normativa corrisponda una titolarità piena ed effettiva in ogni livello di governo: da un lato, infatti, osserviamo che la più ampia rappresentatività è garantita solo a livello locale; dall’altro lato, constatiamo una certa preponderanza dell’azione locale che determina (o no) l’influenza dello straniero nelle diverse fasi della partecipazione politica. Ciò nonostante, è da considerare come lodevole la possibilità che lo straniero possiede (almeno dal punto di vista normativo) di poter esercitare gran parte dei diritti politici alle stesse condizioni del cittadino nazionale (fatto salvo un determinato periodo di residenza nello Stato spagnolo).

Per ciò che riguarda il caso italiano, la situazione appare alquanto differente. Posto che i diritti politici strictu senso, al momento in cui si scrive, vengono garantiti solo agli stranieri di origine europea (e solo nelle elezioni locali), i livelli di tutela della partecipazione politica risultano avere scarso tenore normativo. L’unico riferimento esplicito si riscontra nell’articolo 2, comma 4 del T.U.I., attraverso il quale si garantisce la partecipazione alla vita pubblica locale dello straniero regolarmente soggiornante. Le restanti previsioni, come ad esempio l’art. 7.4 TUEL, appaiono alquanto timide per giustificare l’estensione dei diritti politici, in quanto menzionano più generalmente il termine «popolazione» (al contrario di popolo, così come costituzionalmente inteso). Le riforme avvenute negli ultimi anni, inoltre, specie per ciò che concerne il D.lgs. n. 286 del 1998 (da ultimo, il cd. “pacchetto sicurezza”, legge n.94/2009) non hanno per nulla contribuito a rinforzare quell’aspetto relativo all’integrazione del “non cittadino” che pur costituiva uno degli obiettivi principali della cd. “Legge Turco-Napolitano”. Ancor di più, la lenta e

475 Sul punto, interessanti sono le osservazioni di EDUARDO ROIG MOLÉS, Los derechos de los

extranjeros: titularidad y limitación, in Miguel Revenga Sánchez (Coord.), Problemas constitucionales de la

numerose censure da parte dei massimi organi di giudizio e impugnative da parte del Governo centrale. Ciò nonostante, le recenti previsioni di riforma degli statuti locali lasciano ben sperare a favore di una “terza via” che possa garantire una più effettiva rappresentatività delle comunità straniere presenti nel territorio nazionale, in attesa di una riforma maggiormente risolutiva a livello parlamentare.

In definitiva, quindi, riscontriamo una situazione normativa parzialmente similare, maggiormente tesa verso altri aspetti dell’immigrazione (sicurezza, lavoro, permanenza sul territorio) anche se notiamo una maggiore propensione del legislatore spagnolo alla tutela dei diritti dello straniero. Ciò, probabilmente, è dovuto all’intenso dibattito in materia, sia a livello dottrinale che giurisprudenziale, concretizzatosi dapprima con la riforma costituzionale del 1992 e successivamente con l’approvazione delle differenti leggi organiche che, a partire dal 2000, hanno contribuito a creare lo scenario normativo attualmente vigente. C’è da sperare, in tal senso, che uno sviluppo delle competenze dell’Unione europea a riguardo ed una maggiore sensibilizzazione degli Stati possa intervenire nell’assicurare un maggiore intervento a favore di una concreta integrazione dello straniero, ancora troppo protesa verso i soli soggetti di origine comunitaria.

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